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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

Oltre alle forme iatrogene, secondarie alla somministrazione di glucocorticoidi (che possono comparire indipendentemente dalla via di somministrazione), la sindrome di Cushing comprende tutte le condizioni cliniche dovute ad un eccesso cronico di glucocorticoidi e viene distinta in ACTH-dipendente (70-80%) ed ACTH-indipendente (20-30%).

Le forme ACTH-dipendenti sono conseguenti ad un’ipersecrezione di ACTH dovuta a tumori ipofisari (malattia di Cushing) oppure a tumori extraipofisari (sindrome da ACTH ectopico). La malattia di Cushing è molto più frequente rispetto alle cause ectopiche (fino a 90 vs 10%).

Le forme ACTH-indipendenti sono dovute a tumori primitivi del corticosurrene (80% adenomi e 20% carcinomi) e a iperplasie del surrene (micro PPNAD, o macronodulari BPMAH).

 

Classificazione ipercortisolismi
Iatrogeni
Endogeni ACTH-dipendenti ACTHomi
ACTH ectopico
ACTH-indipendenti Adenoma surrenalico
Carcinoma surrenalico
PPNAD (Primary Pigmented Nodular Adrenal Hyperplasia)
BPMAH (Bilateral Primary Macronodular Adrenal Hyperplasia)

 

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Chiara Sabbadin
Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina, Università di Padova

(aggiornato al luglio 2022)

 

Lo pseudo-Cushing (PCS) è una condizione caratterizzata da un quadro clinico e biochimico scarsamente distinguibile dalla sindrome di Cushing (CS), causata dall’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) (1). Tale attivazione è fisiologica in molte situazioni di stress, come chirurgie maggiori, digiuno o sforzi fisici prolungati, ed è funzionale al superamento dello stress acuto. Tuttavia, alcune condizioni morbose, come l’obesità, la sindrome dell’ovaio policistico (PCOS), l’alcoolismo e diversi disturbi psichiatrici possono attivare l’asse HPA in modo più prolungato, inducendo anche la comparsa dei caratteristici segni clinici dell’ipercortisolismo.
Conoscere le condizioni responsabili di un possibile PCS è fondamentale, in quanto queste sono relativamente più comuni della CS e il loro trattamento può modificare le alterazioni cliniche e biochimiche associate allo PCS (2). La diagnosi differenziale tra CS e PCS rimane, comunque, difficile per la sovrapposizione di dati clinici e biochimici e per la possibile interferenza sui test dinamici di farmaci utilizzati nel trattamento della patologia di base.

 

QUALI SONO LE CARATTERISTICHE CLINICHE PIÙ SUGGESTIVE DELLA CS?
I segni clinici che meglio distinguono la CS sono facilità alle ecchimosi, pletora facciale, miopatia prossimale e strie cutanee rosse e larghe più di un centimetro, ma hanno tutti una bassa sensibilità (3). Altre caratteristiche tipiche della CS, come obesità centrale, ipertensione, irsutismo, disturbi dell’umore e osteoporosi, sono molto comuni anche nella popolazione generale e meno diagnostiche di ipercortisolismo endogeno.

 

QUALI SONO LE INDAGINI DI PRIMO LIVELLO NEL SOSPETTO DI CS?
Le linee guida dell’Endocrine Society raccomandano di usare almeno uno dei seguenti esami (4):

  • test di soppressione del cortisolo con 1 mg di desametasone overnight (DST);
  • cortisolo salivare notturno (almeno 2 determinazioni);
  • cortisolo libero urinario (CLU) delle 24 ore (2 determinazioni).

Nello PCS tali test possono risultare comunque patologici, data l’attivazione dell’asse HPA. Solo il cortisolo salivare notturno sembra l’esame più accurato per distinguere la CS dallo PCS, in quanto i pazienti con PCS tendono a mantenere un normale ritmo circadiano del cortisolo, seppur con valori più alti rispetto ai soggetti normali (5).

 

QUALI ASPETTI VANNO CONSIDERATI PRIMA DELLO SCREENING PER CS?
La prima cosa da valutare è la metodica di analisi per la misurazione del cortisolo, che può essere immunologica (RIA, ELISA, ECLIA) o con cromatografia liquida abbinata a spettrometria di massa (LC-MS/MS). I dosaggi immunologici possono essere influenzati dalla reattività crociata coi metaboliti del cortisolo (specialmente il cortisone) o con i glucocorticoidi sintetici; pertanto, è fondamentale escludere terapie steroidee esogene che potrebbero dare un falso ipercortisolismo. L’analisi con LC-MS/MS permette, invece, di distinguere i vari glucocorticoidi e metaboliti ed è, pertanto, considerata la metodica più accurata per la determinazione degli ormoni steroidei (6).
Vanno, inoltre, considerati i concomitanti farmaci che potrebbero alterare il metabolismo del desametasone agendo sull’attività enzimatica del CYP3A4:

  • la aumentano (e quindi danno mancata soppressione e falsi positivi): fenobarbital, carbamazepina, pioglitazone, rifampicina;
  • la riducono (e quindi danno eccesso di soppressione e falsi negativi): ritonavir, itraconazolo, fluoxetina, diltiazem.

La misurazione dei livelli sierici di desametasone, per quanto ancora non di routine, potrebbe aiutare nella corretta interpretazione del test di soppressione.
Anche gli estro-progestinici, aumentando la sintesi di corticosteroid-binding globulin (CBG), aumentano i livelli di cortisolo totale, dando possibili falsi positivi, e andrebbero quindi sospesi almeno 6 settimane prima di eseguire un test di screening per sospetta CS.
Infine, va sempre considerata l’adeguata educazione del paziente nella corretta esecuzione del test (raccolta delle salivet due ore dopo un pasto, lontano dal fumo di sigaretta e dalla pulizia dei denti; raccolta completa delle urine delle 24 ore, eventuale controllo della funzione renale; corretta assunzione del desametasone).

 

QUALI SONO LE CONDIZIONI CHE POSSONO DARE UNO PCS?

Depressione maggiore
I pazienti con depressione maggiore presentano iperattivazione dell’asse HPA, sostenuta da aumentato rilascio di CRH e quindi di ACTH e da una certa resistenza centrale al feedback negativo esercitato dal cortisolo. Questo comporta aumentati livelli di cortisolo al mattino e spesso anche alla sera. Per tali motivi, nei pazienti con depressione maggiore possono risultare alterati tutti e tre i test di screening di primo livello per CS.
Inoltre, è stata descritta anche riduzione dell’attività degli enzimi intra-cellulari deputati all’inattivazione del cortisolo (come la 5α-reduttasi di tipo 1 e l’11β-idrossisteroido-deidrogenasi di tipo 2 - 11β-HSD2), con conseguente ipercortisolismo tissutale. Tutte queste alterazioni potrebbero partecipare all’aumentato rischio di sindrome metabolica e mortalità cardio-vascolare nei pazienti con depressione maggiore.

PCOS
La PCOS e la CS possono presentare quadri clinici e biochimici a volte sovrapponibili e di difficile corretto inquadramento diagnostico. Le donne con CS mild, come quelle ad eziologia ipofisaria, presentano, infatti, molte caratteristiche in comune con la PCOS, come ad esempio le irregolarità dei cicli mestruali, l’iperandrogenismo clinico e biochimico e diverse alterazioni metaboliche (insulino-resistenza, alterata glicemia a digiuno, diabete mellito, obesità). Le pazienti con PCOS, a loro volta, possono presentare ridotti livelli di CBG, secondari al quadro di insulino-resistenza, e aumentati livelli di CLU.
Considerando la diversa prevalenza delle due malattie, può capitare che una giovane donna con CS venga inizialmente inquadrata come PCOS. Tale errore diagnostico, oltre a comportare un ritardo nell’adeguato approccio terapeutico, può risultare anche pericoloso, nel caso in cui, per esempio, venga data una pillola estro-progestinica (terapia di prima linea nella PCOS) a una donna che in realtà ha una CS, che presenta già di base un aumentato rischio trombotico. Le linee guida internazionali (7) sottolineano che la PCOS è fondamentalmente una diagnosi di esclusione e raccomandano di eseguire lo screening per CS nelle donne con irregolarità del ciclo, iperandrogenismo clinico e altri segni tipici di CS (come ecchimosi, facies pletorica, miopatia e strie rubrae). Tra i test, quello con maggior specificità e accuratezza per la diagnosi differenziale sembra il DST.

Obesità
I pazienti con obesità presentano molte caratteristiche cliniche in comune con la CS, quali facies pletorica, gibbo, ipertensione e complicanze metaboliche. Anche dal punto di vista biochimico possono presentare iperattivazione dell’asse HPA, soprattutto agli stress psico-fisici, in parte compensatoria all’aumentata inattivazione del cortisolo a livello epatico da parte dell’enzima 5α-reduttasi di tipo 1. Inoltre, a livello adiposo, l’aumentata espressione dell’enzima 11β-HSD1, che converte il cortisone inattivo in cortisolo attivo, induce ipercortisolismo tissutale, che amplifica la differenziazione dei pre-adipociti e l’ipertrofia degli adipociti, aumentando quindi il grado di obesità. Tali alterazioni sistemiche e tissutali dell’asse corticotropo potrebbero influire sull’aumentato rischio cardio-vascolare e sulle alterazioni dell’asse gonadotropo, tipiche soprattutto dei quadri di obesità viscerale.
Considerando l’attuale pandemia di obesità e la bassa prevalenza della CS, non è raccomandato lo screening per CS in tutti i soggetti con obesità, ma solo in quelli con la concomitanza di più segni clinici sospetti; il test più accurato è il DST (8).

Alcoolismo
I pazienti con alcolismo cronico sono tra i casi di PCS più descritti in letteratura. Oltre a presentare molti dei segni clinici più caratteristici, quali facies pletorica, miopatia prossimale, obesità centrale e a volte strie rubrae, presentano anche ipercortisolismo biochimico, sostenuto a livello centrale da aumentato rilascio del CRH, stimolato dall’alcol, e a livello periferico dalla riduzione della clearance del cortisolo, secondaria all’epatopatia alcolica e all’induzione dell’enzima 11β-HSD1 (2). Questo comporta aumentati livelli di cortisolo al mattino e spesso alterata soppressione al DST. Tuttavia, l’astinenza alcolica per almeno alcune settimane permette la normalizzazione delle alterazioni biochimiche e anche cliniche (9).
Nei casi di sospetta CS con storia di alcolismo è, pertanto, fondamentale eseguire un’anamnesi dettagliata, escludere la persistenza di abuso alcolico e in caso ripetere la valutazione clinica e biochimica dopo almeno un mese di astensione alcolica.

Disturbi del comportamento alimentare (DCA)
Anche le pazienti con DCA presentano un quadro di ipercortisolismo sostenuto da diversi meccanismi: riduzione della clearance del cortisolo, alterata affinità del cortisolo alla CBG o al suo recettore. In particolare, quest’ultimo meccanismo potrebbe spiegare l’assenza di segni clinici di ipercortisolismo nei soggetti con DCA. Anche l’iperattivazione dell’asse HPA partecipa all’ipercortisolismo, mostrando, però, una maggior produzione di CRH, che ha un potente effetto anoressizzante e potrebbe contribuire al severo calo ponderale. Inoltre, a differenza dell’iperattivazione dell’asse HPA riscontrata nei pazienti con depressione maggiore, nei quadri di DCA i livelli di ACTH sono normali e il ritmo circadiano del cortisolo è conservato e anche questo potrebbe contribuire all’assenza del fenotipo cushingoide. Tuttavia, l’ipercortisolismo potrebbe partecipare all’insorgenza di molte comorbilità associate ai DCA, quali disturbi psichiatrici (ansia, depressione, deficit cognitivi e dell’attenzione), perdita di massa ossea, ipogonadismo centrale, resistenza al GH e quadri di low T3 syndrome. Infine, la persistenza di tale iperattivazione dell’asse corticotropo anche nei soggetti in remissione ne suggerisce un ruolo non solo “adattativo”, ma anche patogenetico e potrebbe spiegare il maggiore rischio di eventi trombo-embolici e di accumulo di grasso preferibilmente a livello addominale riscontrato durante il refeeding delle pazienti con anoressia nervosa (10,11).

 

QUALI SONO I TEST DI SECONDO LIVELLO NELLA DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE TRA CS E PCS?
Se uno o più test di primo livello risultano alterati, è fondamentale procedere con esami di secondo livello. Ad oggi ne sono stati proposti diversi, ognuno con un certo grado di accuratezza diagnostica e di limitazioni, per cui non c’è consenso su quale sia il gold standard.

  • Cortisolo sierico notturno: sono stati proposti cut-off di 207 o 256 nmol/L (7.5 e 9.3 μg/dL, rispettivamente) in grado di discriminare CS da PCS con elevata sensibilità e specificità (12). Tuttavia, tale valutazione prevede l’ospedalizzazione del paziente e potrebbe dare falsi negativi nei pazienti con CS mild o latente.
  • DST con 2 mg per 2 giorni combinato al CRH (DST-CRH): questo test combinato sfrutta la capacità dei pazienti con PCS di avere ridotta risposta del cortisolo allo stimolo con CRH, ma adeguata soppressione del cortisolo dopo DST. Sono stati, pertanto, proposti cut-off sia di ACTH sia di cortisolo dopo 15 minuti dal CRH; tuttavia, i cut-off proposti sono diversi e con diversi livelli di sensibilità e specificità, a causa della mancanza di protocolli o metodi di analisi standardizzati, delle variazioni interindividuali del metabolismo del desametasone e delle diverse caratteristiche dei pazienti stessi (2).
  • DST con 2 mg per 2 giorni: il cut-off del cortisolo a 50 nmol/L (1.8 μg/dL) sembra avere accuratezza diagnostica sovrapponibile al DST-CRH nella diagnostica differenziale tra CS e PCS (12).
  • Test di stimolo con CRH: questo test è generalmente utilizzato per distinguere le forme di CS ACTH-dipendente e ha ridotta accuratezza diagnostica per discriminare CS da PCS. Alcuni esperti hanno suggerito l’utilizzo dei seguenti cut-off combinati di ACTH e cortisolo per aumentare l’accuratezza del test nella diagnosi di CS ipofisaria, escludendo quindi anche forme di PCS: un picco di ACTH > 12 pmol/L (54 pg/mL) e un cortisolo sierico basale > 331 nmol/L (12 μg/dL) oppure un picco di ACTH > 10 pmol/L (45 pg/mL) e un picco di cortisolo > 580 nmol/L (21 μg/dL) (13).
  • Test di stimolo con DDAVP: anche questo test è utilizzato nella diagnostica differenziale delle forme di CS ACTH-dipendente e mostra un significativo aumento di ACTH e cortisolo nella maggior parte dei soggetti con CS ipofisaria, ma non nei casi di PCS o nei soggetti sani. È stato proposto un aumento di ACTH rispetto al basale di almeno 6 pmol/L entro 30 minuti dallo stimolo come criterio più efficace per distinguere CS da PCS. Recentemente, è stato proposto di combinare anche la valutazione del cortisolo basale > 331 nmol/L (12 μg/dL) per aumentare l’accuratezza diagnostica del test (13).
  • Combinazione dei test di secondo livello: la combinazione di cortisolo notturno sierico o salivare e DST-CRH non sembra aumentare l’accuratezza diagnostica nel distinguere CS da PCS, mostrando risultati concordi tra loro (12). Il cortisolo salivare notturno e il DST con 1 mg o 2 mg per due giorni sembrano i test più accurati di prima linea. I nuovi cut-off per ACTH e cortisolo proposti da alcuni autori per l’interpretazione del CRH e DDAVP test sembrano avere la maggior accuratezza diagnostica tra i test di secondo livello e l’esecuzione di entrambi questi test sembra indicata solo in casi molto particolari, in quanto mostrano risultati simili tra loro (13).

 

CONCLUSIONI
Lo PCS è una condizione relativamente più frequente della CS, essendo sostenuta da svariate e comuni condizioni cliniche, che possono portare a iperattivazione dell’asse corticotropo e alla manifestazione di caratteristiche fenotipiche simili a quelle della CS.
La diagnosi differenziale risulta, pertanto, fondamentale per il successivo corretto inquadramento terapeutico, che nelle forme di PCS porta a remissione del quadro biochimico e clinico. Tuttavia, rimane spesso difficile anche utilizzando diversi test. È, quindi, fondamentale partire sempre da un’anamnesi attenta e meticolosa, relativa in particolare alle comorbilità e abitudini del paziente e alla durata, comparsa e andamento dei sintomi lamentati. Inoltre, in caso di test incerti, è prudente mantenere un atteggiamento cauto e di stretto follow-up, trattando e correggendo i possibili fattori o condizioni interferenti e rivalutando il quadro biochimico e clinico, che per definizione nelle forme di CS tenderà a peggiorare nel tempo.

 

BIBLIOGRAFIA

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  11. Mayer L, Walsh BT, Pierson Jr RN, et al. Body fat redistribution after weight gain in women with anorexia nervosa. Am J Clin Nutr 2005, 81: 1286–91.
  12. Alwani RA, Schmit Jongbloed LW, de Jong FH, et al. Differentiating between Cushing’s disease and pseudo-Cushing’s syndrome: comparison of four tests. Eur J Endocrinol 2014, 170: 477–86.
  13. Tirabassi G, Papa R, Faloia E, et al. Corticotrophin releasing hormone and desmopressin tests in the differential diagnosis between Cushing’s disease and pseudo-Cushing state: a comparative study. Clin Endocrinol 2011, 75: 666–72.
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nell'adulto

nel bambino

ciclico

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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

Clinica
Il paziente con ipercortisolismo generalmente presenta un’obesità che interessa soprattutto il tronco e il collo, determinando posteriormente il caratteristico dorso di bufalo. La facies è pletorica e a "luna piena". L’obesità tronculare è la manifestazione più comune e spesso è il segno clinico iniziale; l'aumento di peso può essere minimo e fotografie sequenziali del paziente nell’arco di vari anni possono essere estremamente utili nel dimostrare la progressione verso il tipico fenotipo.
Gli arti possono essere magri e sono spesso incongrui rispetto al tronco; presentano segni di atrofia muscolare nelle forme più avanzate di malattia.
La cute è sottile e fragile, con ecchimosi frequenti soprattutto agli arti o nelle zone più esposte a traumi. Nella parte inferiore dell’addome, ma anche nelle cosce e braccia, sono presenti le caratteristiche “striae rubrae”. Secondo le Linee Guida della Endocrine Society, i segni clinici più sensibili di un ipercortisolismo sono la cute fragile con facilità all’ecchimosi, le strie rubre e la miopatia prossimale (1).
L’ipertensione arteriosa è presente nella maggior parte dei pazienti (70-90%), generalmente di grado lieve-moderato, ma, in alcuni casi, di grado severo. Il ritmo circadiano pressorio è alterato, ma è conservato quello della frequenza cardiaca. L’ipertensione è praticamente sempre presente nelle forme da ACTH ectopico. L’ipertensione può persistere anche dopo la guarigione, per la possibile coesistenza di ipertensione essenziale e per i danni permanenti indotti dal cortisolo al microcircolo vascolare. Generalmente, nella forme severe di ipercortisolismo si osserva una sindrome da apparente eccesso di mineralcorticoidi con ipopotassiemia, edema e alcalosi metabolica. L’ipertrofia ventricolare sinistra, specialmente concentrica, è più grave rispetto a quanto si osserva nelle forme di ipertensione essenziale. Inoltre, il rimodellamento della struttura cardiaca determina precocemente alterazioni della performance sistolica e della funzione diastolica. Anche l’albero vascolare è frequentemente danneggiato, mostrando la precoce comparsa di placche aterosclerotiche in tutti i distretti vascolari (2, 3).
Le complicanze cardiovascolari sono conseguenza della presenza in molti pazienti anche di diabete mellito, dislipidemia e stato protrombotico con episodi tromboembolici maggiori. Tutte queste comorbilità spiegano l’aumentato rischio di eventi cardiovascolari nella sindrome di Cushing e in larga parte l’aumentata mortalità (2, 3).
Molti pazienti presentano turbe psichiche di vario tipo, generalmente depressione; in alcuni casi tali disturbi possono essere il sintomo di esordio della malattia e correlano con la gravità della stessa. In altri casi, sono presenti anche altri disturbi psichiatrici (irritabilità, ansia, labilità emotiva, tendenza al suicidio). Anche le funzioni cognitive possono essere compromesse con importanti deficit della memoria (2, 3).
L’osteoporosi è una complicanza frequente dell’ipercortisolismo e colpisce un gran numero di pazienti anche giovani. Possono manifestarsi fratture spontanee anche con valori di densità ossea normali. L’aumentata clearance del calcio può facilitare la comparsa di calcolosi renale (2, 3).
Nella maggior parte delle donne si hanno alterazioni del ciclo mestruale con quadri di amenorrea ed irsutismo. Nei maschi vi è riduzione della libido, con un quadro ormonale di ipogonadismo ipogonadotropo (2, 3).
Le manifestazioni cliniche sono molto variabili, in conseguenza della severità dell’ipercortisolismo, della sua durata e della sensibilità genetica dell’individuo.
Il quadro clinico è in gran parte comune ad altri quadri morbosi (obesità, ipertensione, diabete, alterazioni mestruali, osteoporosi, ecc.), per questo motivo, la diagnosi nei quadri clinici non floridi è spesso difficile. Una particolare difficoltà consiste nel differenziare gli stati di ipercortisolismo funzionale (pseudo-Cushing), quali l’alcolismo, la depressione, l’obesità severa, che possono avere un quadro clinico e ormonale spesso sovrapponibile alla sindrome di Cushing, soprattutto nei casi di ipercortisolismo lieve-moderato. Altre volte, la difficoltà è rappresentata dalla presenza di un ipercortisolismo ciclico ed intermittente: questi pazienti alternano fasi cliniche e biochimiche di ipercortisolismo a fasi di completa remissione. La durata delle diverse fasi è imprevedibile e può variare da qualche giorno a mesi o anni. L’andamento ciclico può verificarsi indipendentemente dalla causa della sindrome di Cushing (1-3).

 

Diagnostica
Nel caso di sospetto clinico è importante una attenta anamnesi, per escludere l’abuso di alcool e l’uso di glucocorticoidi. Andranno indagati tutti quei pazienti che presentano segni e sintomi di ipercortisolismo, soprattutto se questi sono multipli e progressivi e si presentano in soggetti giovani. Andrebbero indagati anche pazienti con ipertensione resistente o osteoporosi non altrimenti giustificata o con depressione resistente ai farmaci, pazienti con incidentaloma surrenalico e ipofisario, donne obese con sindrome dell’ovaio policistico ed uomini con ipogonadismo ipogonadotropo.
Le valutazioni ormonali che vengono raccomandate comprendono la misura del cortisolo libero nelle urine delle 24 ore (CLU), il cortisolo salivare notturno (CSN) ed il test di soppressione con desametasone a basse dosi (TSD). Queste valutazioni sono spesso complementari e la diagnosi si basa sulla concordanza di almeno due test. I pazienti che presentino test discordanti o ambigui andranno rivalutati con gli stessi test nelle settimane successive.
Il cortisolo libero urinario delle 24 ore (CLU) fornisce una valutazione integrata della secrezione di cortisolo filtrato immodificato dal rene nel corso delle 24 ore. Per questo motivo, la presenza di insufficienza renale rappresenta un limite al suo impiego. Il cortisolo è libero cioè non legato alla globulina legante i corticosteroidi (CBG) e, quindi, non è influenzato dalle condizioni e dai farmaci che alterino la CBG. E’ importante, però, la contemporanea valutazione della cretininuria per verificare una corretta raccolta urinaria. Il CLU, tuttavia, presenta alcune limitazioni dovuto alla presenza di numerosi falsi positivi e falsi negativi. Inoltre, sensibilità e specificità del CLU sono dipendenti dal metodo utilizzato per la sua misura (meglio se si utilizzano tecniche in spettrometria di massa, LC-MS/MS). Considerando che sensibilità e specificità del CLU nella pratica clinica sono subottimali, alcuni autori ne sconsigliano l’impiego nello screening diagnostico.
Il test di soppressione con basse dosi di desametasone è di facile impiego ed economico. Vi sono diverse modalità di esecuzione (test di Nugent e test di Liddle) e soprattutto diversi cut-off utilizzati. In caso di sospetto ipercortisolismo, il test è considerato positivo se la cortisolemia dopo test notturno con 1 mg di desametasone è > 1.8 µg. Si impiega questo cut-off da circa dieci anni, perchè con il precedente cut-off di 5 µg/dl non venivano identificati circa il 15% dei pazienti con forme lievi/moderate di ipercortisolismo. L’aumento di sensibilità (95%), però, comporta una diminuzione della specificità (80%). A tal proposito, va ricordato che alcuni farmaci (cfr tabella nella scheda del test) che modificano il metabolismo del desametasone possono causare falsi positivi e falsi negativi.
Il cortisolo salivare notturno è un ottimo test di screening sia in pazienti ambulatoriali che ospedalizzati. Quando impiegato in centri di terzo livello, ha alta sensibilità e specificità (90-100%). Tuttavia, è probabile che l’ottima performance diagnostica del cortisolo salivare sia destinata a peggiorare quando il test sarà utilizzato con maggior frequenza e regolarità nella pratica clinica. Sono stati usati vari metodi per la sua misurazione (RIA, ELISA e LC-MS/MS), con conseguenti differenti intervalli di riferimento, sensibilità e specificità. Per questo motivo, è importante che ogni laboratorio calcoli i propri range di riferimento. Il cortisolo salivare, tuttavia, non sembra essere un test sensibile per identificare i pazienti con ipercortisolismo subclinico.
E’ importante, però, ricordare che nessuno di questi test ha una sensibilità ed una specificità del 100%, soprattutto in presenza di condizioni cliniche che sono comuni nella popolazione generale come l’obesità severa, la depressione e i disturbi d’ansia. In alcuni casi questi stati clinici determinano grandi difficoltà di diagnosi differenziale, tanto da presentare quadri clinici ed ormonali simili alla sindrome di Cushing senza tuttavia esserlo (PseudoCushing). La misura della cortisolemia notturna, seppure i cut-off proposti siano diversi) sembra essere un buon test per distinguere il paziente con sindrome di Cushing specialmente con forme lievi/moderate da quello con PseudoCushing. Per eseguire questo test, tuttavia, è necessario un ricovero ospedaliero. Per la diagnosi differenziale di queste condizioni, sono stati proposti altri test con differenti criteri interpretativi (test desametasone/CRH, test CRH e soprattutto test alla desmopressina). Tuttavia, anche in questo caso, non è facile identificare i veri pazienti con sindrome di Cushing ed in molti casi è necessario tenere in osservazione il paziente e ripetere a distanza di settimane la valutazione ormonale.

 

Bibliografia

  1. Nieman LK, Biller BM, Findling JW, et al. The diagnosis of Cushing's syndrome: an Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 1526-40.
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  4. Boscaro M, Arnaldi G. Approach to the patient with possible Cushing's syndrome. J Clin Endocrinol Metab 2009, 94: 3121-31.
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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

Contrariamente a quanto si osserva nell’adulto, la sindrome è più frequente nel sesso maschile, almeno fino alla pubertà.
Inizialmente prevalgono le cause surrenaliche, ma con il crescere dell’età la malattia di Cushing diventa la causa più frequente. Molto rare sono le forme da secrezione ectopica di ACTH. Tra le cause surrenaliche, vi può essere una relativa prevalenza delle iperplasie tipo PPNAD e delle forme maligne (1-4).
La prevalenza di ipertensione nel bambino e nell’adolescente sembra essere inferiore a quella della popolazione adulta. Ciò nonostante, l’ipertensione prevalentemente di tipo sistolico rappresenta una delle caratteristiche cliniche principali dell’ipercortisolismo in questa fascia d’età (4-6). Quando presente, entro un anno circa dalla guarigione, la pressione arteriosa si normalizza.
L’arresto di crescita associato ad aumento ponderale sono le principali manifestazioni cliniche della sindrome di Cushing pediatrica (7). L'arresto di crescita staturale, tuttavia, può essere l'unico segno di una sindrome di Cushing nei bambini.

La diagnosi si basa sugli stessi strumenti diagnostici impiegati nell’adulto. Nel bambino più piccolo, la misura del cortisolo salivare può essere uno strumento molto utile, considerando la difficoltà a eseguire ripetuti prelievi ematici e a raccogliere in modo affidabile le urine delle 24 ore (2, 7).

 

Bibliografia

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  5. Dias RP, Kumaran A, Chan LF, et al. Diagnosis, management and therapeutic outcome in prepubertal Cushing's disease. Eur J Endocrinol 2010, 162: 603-9.
  6. Magiakou MA, Mastorakos G, Zachman K, Chrousos GP. Blood pressure in children and adolescents with Cushing's syndrome before and after surgical care. J Clin Endocrinol Metab 1997, 82: 1734-8.
  7. Nieman LK, Biller BM, Findling JW, et al. The diagnosis of Cushing's syndrome: an Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 1526-40.
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Soraya Puglisi & Giuseppe Reimondo
Dipartimento di Scienze Cliniche e Biologiche, Medicina Interna 1 a Indirizzo Endocrinologico, AOU San Luigi di Orbassano, Università di Torino 

(aggiornato all'8 marzo 2016)

 

La sindrome di Cushing (SC) ciclica è una malattia rara, caratterizzata da ripetuti episodi di aumentata produzione di cortisolo intervallati da periodi di normale secrezione. I cicli di ipercortisolismo possono presentarsi regolarmente o irregolarmente, con fasi inter-cicliche di durata variabile da giorni ad anni.
Secondo la definizione classica, per formalizzare la diagnosi di SC ciclica dovrebbero essere dimostrati tre picchi e due cadute della secrezione di cortisolo (1), ma questo criterio in alcuni pazienti può essere difficile da applicare a causa della lunga durata delle fasi inter-cicliche. Per tale motivo, nonostante una ciclicità della malattia sia stata dimostrata in circa il 15% dei pazienti affetti da SC (2), si ritiene che vi sia una sotto-stima della sua reale prevalenza, anche a causa delle difficoltà della diagnosi differenziale con forme di pseudo-Cushing da depressione o da abuso di alcol, con SC lieve o subclinica e con SC da recettori aberranti (clinica sospetta ma dosaggi ormonali normali o discrepanti), o con casi di resistenza ai glucocorticoidi e SC factitia (riscontro laboratoristico di ipercortisolismo malgrado una clinica poco significativa)(3).
L’origine dell’ipersecrezione di cortisolo è nella maggior parte dei casi un adenoma ipofisario, ma una percentuale non trascurabile è costituita da tumori neuroendocrini con secrezione di ACTH ectopico (principalmente carcinoidi) e in minima parte la genesi è surrenalica.
La patogenesi della ciclicità è sconosciuta. Sono state ipotizzate tra le cause eventuali episodi emorragici, il sincronismo di crescita e apoptosi delle cellule tumorali, fluttuazioni del feed-back nell’asse ipofisario-surrenalico e, solo per i casi di tumore ipofisario, anomalie del controllo ipotalamico. In particolare, a tal proposito era stato proposto il trattamento con sodio valproato, agonista del GABA, capace di inibire la secrezione di CRH. Le varie ipotesi proposte non sono state tuttavia ritenute soddisfacenti per spiegare tutti i casi e pertanto la questione ezio-patogenetica è ancora aperta.
La clinica, nei periodi di ipercortisolismo, è simile a quella dei pazienti affetti da SC (obesità centripeta, strie rubrae, miopatie prossimali, ipertensione, diabete mellito, disturbi psichici, ecc), ma spesso si riscontrano quadri più sfumati, con edemi periferici ricorrenti o disturbi del ritmo cardiaco. Inoltre, nei pazienti con SC ciclica è comune un periodico riscontro di ipokalemia, così come una leucocitosi intermittente.
Posto il sospetto di SC ciclica, è fondamentale la rapidità di esecuzione diagnostica in coincidenza con le manifestazioni cliniche, ed è necessario effettuare dosaggi seriati vista la frequenza di falsi positivi e negativi. In particolare, il dosaggio del cortisolo libero urinario (CLU) può essere inficiato da raccolte incomplete delle urine delle 24 ore. A tale problema si potrebbe ovviare con l’utilizzo di dosaggi seriati di rapporto CLU/creatinuria su raccolte urinarie effettuate in un tempo più limitato (solo notturne) o perfino sulla prima urina del mattino (con le opportune raccomandazioni al paziente sulla necessità di non urinare durante la notte). Strumenti diagnostici particolarmente utili sono anche il cortisolo salivare notturno (sensibilità del 92% e specificità del 95%) e il cortisolo plasmatico della mezzanotte (il cut-off 7.5 µg/dL ha una sensibilità del 96% e una specificità del 100% nella diagnosi differenziale con le forme di pseudo-Cushing) (4). Invece è dubbio l’utilizzo dei test di soppressione con desametasone ad alte dosi (descritte in letteratura anche risposte paradosse) e il CRH test per differenziare le forme ectopiche da quelle ipofisarie, a causa della ciclicità della produzione di cortisolo, con conseguente elevata probabilità di falsi positivi e di falsi negativi. Recentemente è stato proposto il dosaggio del cortisolo sul capello, che, oltre a un’alta sensibilità e specificità, offre il vantaggio di valutare la secrezione di cortisolo relativamente a un lasso di tempo abbastanza lungo (1 cm di capello = 1 mese), risultando quindi particolarmente adatto per la diagnosi di SC ciclica (5).
I risultati laboratoristici guidano poi la scelta dello studio di imaging. Se il sospetto è la malattia di Cushing, si procederà con la RM ipofisi, tenendo conto che non sempre questa è in grado di visualizzare l’adenoma. In questi casi può essere utile il cateterismo dei seni petrosi, che deve essere eseguito rigorosamente in fase di attività di malattia. Nel caso in cui il sospetto sia di una produzione ectopica di ACTH, dovrebbero essere eseguite TC o RM di collo, torace e addome, ed eventualmente una 18F-FDG-PET oppure, sfruttando la presenza di recettori per la somatostatina su molti tumori neuroendocrini, un Octreoscan o una 68Ga-DOTATOC-PET. La sensibilità diagnostica aumenta associando queste metodiche, ma in circa il 15% dei pazienti il tumore non viene comunque localizzato.
Il trattamento previsto in caso di adenoma ipofisario è in prima linea neurochirurgico, tenendo a mente però che in caso di SC ciclica il tasso di remissione è più basso (25%) e quello di recidiva più alto (63%) (3) rispetto alle forme classiche di SC (in cui è descritto un successo chirurgico in circa l’80% dei casi)(6). In tali eventualità si ricorre in seconda linea alla radioterapia o alle terapie mediche (pasireotide, cabergolina, ketoconazolo, metirapone, mitotane).
Per i tumori neuroendocrini in prima linea il trattamento previsto è la chirurgia eradicante, ma i pazienti non operabili o quelli con residuo tumorale post-chirurgico possono beneficiare della terapia con analoghi della somatostatina (octreotide) e recentemente si sta valutando il ruolo della terapia target con radionuclidi.
Infine, nei casi in cui non sono praticabili le altre opzioni di trattamento, bisogna procedere con la surrenectomia bilaterale, con conseguente ipocortisolismo iatrogeno che richiede terapia sostitutiva a vita.
La strategia terapeutica in questi pazienti è tuttavia complicata sia dalla ciclicità della patologia, con possibilità di persistenza di malattia non immediatamente evidenziabile dopo il trattamento, sia dal rischio di ipocortisolismo clinico e biochimico nelle fasi inter-cicliche. È pertanto raccomandabile un follow-up lungo e attento (7).

 

Bibliografia

  1. Brown RD, Van Loon GR, Orth DN, Liddle GW. Cushing’s disease with periodic hormonogenesis: one explanation for paradoxical response to dexamethasone. J Clin Endocrinol Metab 1973, 36: 445–51.
  2. Alexandraki KI, Kaltsas GA, Isidori AM, et al. The prevalence and characteristic features of cyclicity and variability in Cushing's disease. Eur J Endocrinol 2009, 160: 1011-8.
  3. Meinardi JR, Wolffenbuttel BH, Dullaart RP. Cyclic Cushing's syndrome: a clinical challenge. Eur J Endocrinol 2007, 157: 245-54.
  4. Velez DA, Mayberg MR, Ludlam WH. Cyclic Cushing syndrome: definitions and treatment implications. Neurosurg Focus 2007, 23: E4.
  5. Manenschijn L, Koper JW, van den Akker EL, et al. A novel tool in the diagnosis and follow-up of (cyclic) Cushing's syndrome: measurement of long-term cortisol in scalp hair. J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: E1836-43.
  6. Orth DN. Cushing’s syndrome. N Eng J Med 1995, 332: 791–803.
  7. Albiger NM, Scaroni CM, Mantero F. Cyclic Cushing's syndrome: an overview. Arq Bras Endocrinol Metabol 2007, 51: 1253-60.
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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

Le forme ACTH-dipendenti sono conseguenti ad un’ipersecrezione di ACTH dovuta ad adenomi ipofisari (malattia di Cushing da adenoma ACTH-secernente) oppure a tumori extra-ipofisari (sindrome da ACTH ectopico). La malattia di Cushing è molto più frequente rispetto alle cause ectopiche (90 vs 10%).

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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

La malattia di Cushing è dovuta ad un tumore ipofisario ACTH-secernente (ACTHoma). L’ACTHoma è la causa più comune di ipercortisolismo endogeno, rappresentando il 60-80% di tutte le forme di sindrome di Cushing (1, 2).
Si tratta generalmente di un microadenoma con un diametro di 4-5 mm, ma in molti casi l'adenoma è di dimensioni tanto ridotte da non essere individuato nè dalla RMN pre-operatoria nè dal neurochirurgo al momento dell’intervento. Meno frequentemente, si tratta di macroadenomi ACTH-secernenti. Infine, sono stati descritti in letteratura rari casi di iperplasia delle cellule corticotrope a volte in coesistenza con adenomi (1,3). I carcinomi sono rarissimi, anche se spesso gli adenomi ACTH-secernenti possiedono grande invasività ed elevato indice mitotico (3).
Gli ACTHomi sono costituiti da cellule simili alle normali cellule corticotrope, ma resistenti al feed-back negativo dei glucocorticoidi (3). La presenza nel tumore delle cellule di Crooke (cellule corticotrope che accumulano citocheratina nel citoplasma, forse a causa dell’ipercortisolismo) si associa ad un comportamento più aggressivo del tumore (4).
In alcuni casi, l’ACTHoma è “silente”, in quanto possiede una positività immuno-istochimica all’ACTH senza alcun segno clinico ed ormonale di ipercortisolismo. Queste forme silenti sono relativamente frequenti, rappresentando fino al 6% dei tumori ipofisari operati ed il 20% di tutti i tumori ipofisari secernenti ACTH (5). E‘ dibattuto se vi sia una diversa prevalenza di genere. Nella maggior parte dei casi queste forme silenti sono macroadenomi che si manifestano clinicamente per disturbi compressivi. In alcuni casi, questi tumori rimangono silenti per molti anni per poi progredire verso forme secernenti floride (6). Gli ACTHomi silenti rappresentano la dimostrazione che la crescita del tumore e la sua capacità secretiva non sempre sono concordanti. Negli ACTHomi tipici, però, i macroadenomi sembrano associarsi ad un ipercortisolismo di maggior grado, anche se un recente studio ha contraddetto questa opinione (7).
Le basi molecolari della  secrezione tumorale di ACTH sono ancora largamente ignote. Gli ACTHomi hanno un’origine monoclonale, sebbene siano stati decritti anche casi policlonali. Numerose sono le alterazioni molecolari che si osservano in questi tumori. Alcuni studi hanno dimostrato l’assenza di mutazioni del recettore dell’ACTH, sebbene la sua espressione tumorale sia ridotta. Per contro, il recettore dei glucocorticoidi, quello del CRH e della vasopressina di tipo 3 sono iperespressi (8). Anche le citochine prodotte dal tumore corticotropo stesso sembrano poter avere un ruolo nella secrezione di ACTH, con un meccanismo autocrino-paracrino (9).
Sebbene in massima parte i tumori ipofisari ACTH-secernenti siano tumori sporadici, essi possono presentarsi nell’ambito di sindromi genetiche, come la MEN-1 o la recentemente descritta MEN-4, il complesso di Carney e gli adenomi ipofisari familiari isolati (FIPA). Nel caso delle MEN 1, gli ACTHomi sono rari, anche se la prevalenza degli adenomi ipofisari è del 40%. L’ACTHoma nei pazienti con FIPA non è frequente. E’ interessante, però, notare che nei casi descritti non vi erano mutazioni del gene AIP, contrariamente a quanto in genere si ha negli altri tumori FIPA (8).
Negli ultimi dieci anni notevoli sviluppi sono derivati dalla studio di alcuni recettori espressi dalla cellula corticotropa normale e tumorale. Importanti sono state le implicazioni terapeutiche che ne sono derivate (10-15). I recettori dell’acido retinoico sono presenti nei tumori corticotropi. Anche i recettori nucleari PPARgamma sono abbondantemente espressi sulla cellula corticotropa tumorale e la loro attivazione induce apoptosi ed inibisce la secrezione di ACTH, sia in vitro che in vivo (12). Analogamente, sulla superficie delle cellule corticotrope tumorali sono frequentemente presenti i recettori dell’EGF. Uno studio recente ha ipotizzato che l’attivazione di questi recettori possa avere un ruolo patogenetico nello sviluppo degli ACTHomi. Ma i recettori che più hanno influenzato recentemente il trattamento medico degli ACTHomi nell’uomo sono quelli della dopamina (specialmente il D2) e sopratutto della somatostatina, l'SSTR5 (14). Infatti, alcuni studi hanno mostrato che l'impiego della cabergolina, dopaminoagonista D2, può essere utile nella terapia di questi pazienti. Infine, il pasireotide, nuovo analogo della somatostatina in grado di legare 4 dei 5 recettori della somatostatina, è stato approvato recentemente, sia in Europa che negli USA, per la terapia medica della malattia di Cushing.

 

Bibliografia

  1. Nieman LK, Biller BM, Findling JW, et al. The diagnosis of Cushing's syndrome: an Endocrine Society Clinical Practice Guideline. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 1526-40.
  2. Arnaldi G, Angeli A, Atkinson AB, et al. Diagnosis and complications of Cushing's syndrome: a consensus statement. J Clin Endocrinol Metab 2003, 88: 5593-602.
  3. Dahia PLM, Grossman AB. The molecular pathogenesis of corticotroph tumours. Endocr Rev 1999, 20: 136-55.
  4. George DH, Scheithauer BW, Kovacs K, et al. Crooke's cell adenoma of the pituitary: an aggressive variant of corticotroph adenoma. Am J Surg Pathol 2003, 27: 1330-6.
  5. Karavitaki N, Ansorge O, Wass JA. Silent corticotroph adenomas. Arq Bras Endocrinol Metabol 2007, 51: 1314-8.
  6. Raverot G, Wierinckx A, Jouanneau E, et al. Clinical, hormonal and molecular characterization of pituitary ACTH adenomas without (silent corticotroph adenomas) and with Cushing's disease. Eur J Endocrinol 2010, 163: 35-43.
  7. Mathioudakis N, Pendleton C, Quinones-Hinojosa A, et al. ACTH-secreting pituitary adenomas: size does not correlate with hormonal activity. Pituitary 2011, 15: 526-32..
  8. Yaneva M, Vandeva S, Zacharieva S, et al. Genetics of Cushing's syndrome. Neuroendocrinology 2010, 92 Suppl 1: 6-10.
  9. Paoletta A, Arnaldi G, Papa R, et al. Intrapituitary cytokines in Cushing's disease: do they play a role? Pituitary 2011, 14: 236-41.
  10. Paez-Pereda M, Kovalovsky D, Hopfner U, et al. Retinoic acid prevents experimental Cushing’s syndrome. J Clin Invest 2001, 108: 1123-31.
  11. Pecori Giraldi F, Ambrogio AG, Andrioli M, et al. Potential Role for Retinoic Acid in Patients with Cushing's Disease. J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 3577-83.
  12. Heaney AP, Fernando M, Melmed S. PPAR-gamma receptor ligands: novel therapy for pituitary adenomas. J Clin Invest 2003, 111: 1381-8.
  13. Fukuoka H, Cooper O, Ben-Shlomo A, et al. EGFR as a therapeutic target for human, canine, and mouse ACTH-secreting pituitary adenomas. J Clin Invest 2011, 121: 4712-21
  14. Hofland LJ, Feelders RA, de Herder WW, Lamberts SW. Pituitary tumours: the sst/D2 receptors as molecular targets. Mol Cell Endocrinol 2010, 326: 89-98.
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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

È una condizione eterogenea, caratterizzata dalla produzione di ACTH da parte di tumori extra-ipofisari. I meccanismi patogenetici e molecolari sono solo in parte noti e, anche se le nostre capacità diagnostiche e terapeutiche sono migliorate, questa condizione pone problemi clinici di difficile diagnosi e complessa gestione (1-5).
La sindrome da ACTH ectopico è stata inizialmente descritta da Brown nel 1928 in una donna con un carcinoma bronchiale, 4 anni prima che Cushing descrivesse la sindrome da eccesso da glucocorticoidi che prese poi il suo nome. Solo nel 1960, però, Liddle ne delineò le caratteristiche e attualmente si ritiene che tale condizione rappresenti il 10-20% di tutte le sindromi di Cushing.

 

Aspetti anatomopatologici e patogenetici
I tumori responsabili della sindrome da ACTH ectopico sono generalmente tumori neuroendocrini ben differenziati oppure carcinomi neuroendocrini scarsamente differenziati. Tra le forme ben differenziate sono compresi i carcinoidi tipici, che hanno un comportamento benigno, e i carcinoidi atipici in genere a basso grado di malignità. I carcinomi sono più spesso a piccole cellule, ma sono stati anche descritti tumori a cellule intermedie e grandi.
Mentre in passato i carcinomi polmonari erano i tumori più frequentemente coinvolti nella secrezione ectopica di ACTH, attualmente i tumori neuroendocrini responsabili della sindrome sono i carcinoidi bronchiali e timici, il microcitoma polmonare, i tumori insulari del pancreas, il carcinoma midollare della tiroide e il feocromocitoma. Anche se più raramente, possono esserci anche carcinoidi gastroenteropancreatici e “tumorlets” polmonari (nidi multipli e di piccole dimensioni di cellule neuroendocrine ben differenziate).
Il gruppo di tumori responsabili della secrezione ectopica di ACTH è, tuttavia, molto ampio ed eterogeneo e a volte coinvolge tumori che, pur non essendo propriamente neuroendocrini, possiedono una differenziazione neuroendocrina intra-tumorale. È questo il caso di neoplasie che originano nell’osso, rene, prostata, mammella, fegato, ovaio, pancreas esocrino; sono stati anche descritti un caso originato dai seni paranasali e uno dalla corteccia surrenalica (6).
Nella valutazione delle sindromi paraneoplastiche in generale è opportuno ricordare che dovrebbero essere rispettati alcuni criteri per una corretta diagnosi (tabella).

 

Criteri per una corretta diagnosi delle sindromi paraneoplastiche in generale
Clinici Presenza di sindrome clinica associata a un tumore
Presenza di livelli ormonali ematici e/ urinari inappropriatamente elevati e non sopprimibili
Esclusione di altre cause di ipersecrezione
Reversibilità della sindrome dopo asportazione del tumore
Molecolari Presenza di ormoni nel tessuto tumorale
Presenza di mRNA dell’ormone prodotto
Capacità di produrre l’ormone da parte delle cellule tumorali in coltura
Gradiente artero-venoso intra-tumorale per l’ormone

 

Recentemente, sono stati in parte chiariti i meccanismi fisiopatologici della secrezione di ACTH e del suo precursore pro-opiomelanocortina (POMC). In particolare, il POMC può essere espresso in maniera variabile in molti tessuti anche extra-ipofisari, a seconda del promotore da cui inizia la trascrizione. Una volta trascritto, il pre-pro-ormone POMC va incontro a un progressivo e complesso clivaggio proteolitico, che produce molecole più piccole. Nella maggior parte dei tumori ipofisari ACTH-secernenti, la trascrizione genica non è alterata e i prodotti derivati dal POMC sono simili a quelli presenti nelle cellule corticotrope normali. Nei tumori ectopici, come i carcinoidi bronchiali associati a sindrome di Cushing, invece, l’espressione genica del POMC è frequentemente alterata e il tumore non-ipofisario produce una molecola di POMC uguale a quella ipofisaria causando quindi la sindrome da ACTH ectopico. Per contro, i tumori bronchiali non associati a sindrome da ACTH ectopico, esprimono bassi livelli di POMC, prevalentemente nella forma a basso peso molecolare. In alcuni tumori associati a sindrome endocrina e in alcuni tessuti normali extra-ipofisari, inoltre, è stata isolata una forma di POMC più grande della normale ipofisaria (7).
Anche il processo di maturazione del POMC è frequentemente anomalo nei tumori non-ipofisari. Per tali ragioni, molti tumori aggressivi e poco differenziati, come i carcinomi polmonari a piccole cellule, possono secernere prevalentemente POMC intatto oppure abbondanti quantità di frammenti anomali (ßMSH e CLIP), come avviene in tumori molto differenziati. Nei casi di anomalo metabolismo del POMC, la capacità di produzione di ACTH da parte del tumore è in parte compromessa, così che il paziente sembra protetto dagli effetti indotti dall’ipercortisolismo causato principalmente dall’ACTH.
Molti studi hanno focalizzato l’attenzione sui fattori che regolano l’espressione del POMC, come il recettore del CRH, il recettore tipo 3 della vasopressina (V3) e il recettore dei glucocorticoidi. In particolare, la contemporanea espressione del POMC ipofisario e del recettore V3 sono alla base della differenziazione corticotropa che appare indistinguibile nei differenti tumori ACTH-secernenti, siano essi ipofisari od extra-ipofisari (8).

 

Manifestazioni cliniche
Contrariamente alla malattia di Cushing, dove vi è una netta prevalenza femminile, la sindrome da ACTH ectopico sembra essere più comune nell’uomo.
Il quadro clinico della sindrome di Cushing da ACTH ectopico è estremamente variegato e può essere indistinguibile da quello delle altre forme di ipercortisolismo. In alcuni casi l’insorgenza è graduale, mentre in altri, generalmente nei tumori meno differenziati, l’esordio può essere improvviso con un andamento rapidamente progressivo.
In alcuni casi l’ipercortisolismo è ciclico e si alterna a fasi di completa remissione, tanto quanto nelle forme ipofisarie e, raramente anche in quelle surrenaliche. La durata delle diverse fasi è imprevedibile e può variare da qualche giorno a mesi o anni (9). In presenza di carcinoidi il quadro clinico può essere sovrapponibile a quello del Cushing classico e la neoplasia può non dare segni di sè per anni.
Esistono, tuttavia, alcuni elementi clinici che possono suggerire la presenza di una sindrome da ACTH ectopico. In particolare, un ipercortisolismo severo e una maggior gravità delle comorbilità (diabete, tromboembolia, fratture) con una grave ipertensione associata a ipopotassiemia medio/grave, alcalosi metabolica, edemi periferici e miopatia prossimale. Si tratta infatti di una sindrome da apparente eccesso di mineralcorticoidi, dovuta ad un blocco funzionale dell’11ß-idrossisteroido-deidrogenasi di tipo 2 (11ßHSD2), enzima che, convertendo il cortisolo in cortisone, impedisce al cortisolo di attivare il recettore dell’aldosterone. Ricordiamo, infatti, che il cortisone non ha affinità per il recettore dei mineralcorticoidi, a differenza del cortisolo che ha un’affinità simile a quella dell’aldosterone, essendo però presente in circolo in maggiori quantità. Questo meccanismo giustifica l'impiego di farmaci anti-aldosteronici nel trattamento di queste condizioni, anche se spesso sono poco efficaci. È importante, però, ricordare che questa sindrome da apparente eccesso di mineralcorticoidi non è specifica delle forme da ACTH ectopico, ma si osserva in tutte le condizioni di severo ipercortisolismo. Si può infatti osservare in alcuni casi di carcinomi surrenalici secernenti e di tumori ipofisari ACTH-secernenti. Un altro elemento suggestivo di ACTH ectopico può essere l’iperpigmentazione cutanea per gli effetti melanodermici indotti da alti livelli di ACTH e degli altri peptidi derivati dalla POMC.
Altre volte, la sindrome ormonale non è così evidente, come abbiamo visto quando prevale la secrezione di CLIP. Inoltre, nelle neoplasie maligne di grandi dimensioni possono associarsi e/o prevalere i disturbi legati alla crescita neoplastica (segni di interessamento locale, dimagrimento, anoressia, ecc.) su quelli dell’ipercortisolismo.

 

Diagnosi
L’iter diagnostico dell'ipercortisolismo su base ectopica è complesso e può richiedere molto tempo e pazienza. In tutti i casi la valutazione ormonale deve sempre precedere qualunque tentativo di localizzare il tumore responsabile della secrezione ectopica di ACTH.
Quando la diagnosi di ipercortisolismo è confermata, la presenza di un ACTH non soppresso (> 20 pg/mL) indirizzerà verso una forma di Cushing ACTH-dipendente. I livelli di ACTH sono generalmente più elevati nelle forme ectopiche rispetto a quanto si osserva nei tumori ipofisari. Bisogna tuttavia ricordare che in molti casi i livelli di ACTH nelle due forme sono sovrapponibili e anzi l’ACTH può risultare nel “range” di norma. Utile, ma purtroppo raramente disponibile nella pratica clinica, è la determinazione del POMC e dei precursori dell’ACTH, che sono molto elevati in pazienti con sindrome da ACTH ectopico e nelle forme ipofisarie invasive.
Per la diagnosi differenziale delle forme ACTH-dipendenti, vanno utilizzati alcuni test dinamici (10). Il test di soppressione con alte dosi di desametasone sopprime la secrezione di cortisolo di oltre il 50% nella maggior parte degli adenomi ipofisari (80-90%) ma non nei tumori ectopici poco differenziati. Purtroppo, un’adeguata soppressione di cortisolo (> 50%) si può avere anche in una percentuale significativa di tumori extra-ipofisari ben differenziati. La specificità di questo test può essere aumentata se si aumenta il cut-off della soppressione del cortisolo a valori > 80% rispetto al basale, ma in nessun caso si può raggiungere il 100%.
La valutazione dell’ACTH dopo stimolo con CRH è uno dei test ormonali migliori da utilizzare nella diagnosi differenziale della sindrome di Cushing. Lo stimolo con CRH determina un netto incremento dell’ACTH (almeno > 35%, meglio se > 50%) e del cortisolo (> 20%) nei tumori ipofisari ACTH-secernenti, mentre non si hanno modificazioni nei tumori surrenalici (dove il test non andrebbe eseguito) e nelle forme da secrezione ectopica di ACTH, seppure ancora una volta siano state descritte delle eccezioni.
Quando le indagini ormonali hanno fornito risultati contrastanti e confusi, è consigliabile il cateterismo dei seni petrosi per il dosaggio dell'ACTH nel sangue refluo ipofisario. La presenza di un gradiente significativo tra i livelli di ACTH centrali e periferici (rapporto centro/periferia > 2 basale oppure > 3 dopo CRH) conferma l'origine ipofisaria della sindrome. La mancanza di detto gradiente indirizza verso una secrezione ectopica dell'ACTH. La presenza di gradiente centro-periferia non è condizione che consente di diagnosticare con assoluta certezza la sede ipofisaria dell'ipercortisolismo, in quanto anche per questo esame esistono alcuni potenziali trabocchetti diagnostici, come nei rari casi di tumori non-ipofisari a secrezione di CRH/ACTH oppure localizzati in modo ectopico nel seno sfenoidale. Il cateterismo andrà eseguito solo in centri con esperienza in questa procedura e nei momenti di attività della malattia (aumento del CLU). Infatti, va ricordato che l'ipercortisolismo intermittente e ciclico è relativamente frequente e può determinare falsi negativi nel corso degli accertamenti diagnostici.
Se il cateterismo non indica la presenza di un gradiente di ACTH fra seni petrosi e periferia, escludendo quindi l'origine ipofisaria della patologia, la localizzazione del tumore responsabile della secrezione ectopica di ACTH rappresenta la fase finale dell’iter diagnostico. Tale fase può avvalersi della TAC o RMN estese a collo, torace e addome (11). I carcinoidi polmonari, in particolare, possono essere di piccole dimensioni (< 1 cm) e difficili da localizzare; in tali situazioni è consigliabile una TAC dinamica a strato sottile. Attenzione andrà posta a non confondere strutture vascolari con piccoli carcinoidi. La RMN si è dimostrata superiore alla TAC per questo aspetto; in genere i carcinoidi bronchiali presentano iperintensità in T2. I carcinoidi timici, per contro, hanno un diametro di circa 2 cm e non pongono grandi problemi di localizzazione. La scintigrafia con analoghi della somatostatina (12,13), soprattutto con nuovi traccianti (DOTATOC), può integrare lo studio radiologico con TAC/RMN. In alcuni casi, però, nonostante l’impiego di queste tecniche diagnostiche, il tumore rimane occulto e può rimanere tale per molti anni. Il ruolo della PET nella localizzazione di questi tumori sembra essere scarso (14).

 

CRH ectopico
Si tratta di rari casi di sindrome di Cushing dovuti ad attivazione ipofisaria. Sono stati descritti alcuni tumori (carcinoidi bronchiali, midollari della tiroide, carcinomi prostatici) che contenevano CRH ma non ACTH. In alcuni casi, tuttavia, è stata trovata la presenza contemporanea di CRH e ACTH; in tal caso non è chiaro il ruolo eziologico del CRH. Nei pochi casi disponibili, l’istologia ipofisaria ha mostrato un’iperplasia senza aver mai documentato la presenza di un adenoma. Dal punto di vista clinico, questi pazienti hanno elevati livelli plasmatici di ACTH e CRH ed alla valutazione ormonale si comportano come le forme da ACTH ectopico.

 

Terapia
Due sono gli obiettivi del trattamento: il controllo delle manifestazioni cliniche e la rimozione del tumore responsabile della sindrome. Naturalmente, quando possibile, la rimozione chirurgica del tumore ottiene rapidamente entrambi i risultati.
In presenza di una florida sindrome ormonale associata a tumori occulti o inoperabili sarà necessaria la correzione dell’ipercortisolismo con terapia medica. Il farmaco più tollerato e di facile impiego è il chetoconazolo, un anti-fungino capace di inibire la steroidogenesi surrenalica. La dose terapeutica è variabile ed è compresa tra i 400 e gli 800 mg/die. In alcuni casi, si utilizzano con successo gli analoghi della somatostatina (octreotide e lanreotide). Sicuramente promettente sarà l'impiego del pasireotide in grado di agire su quattro dei cinque recettori della somatostatina.
In casi particolari, potrà anche essere necessario ricorrere rapidamente alla bisurrenectomia, attualmente resa più agevole dalle tecniche laparoscopiche. Questa soluzione, è infatti indicata nei casi di ipercortisolismo molto severo quando non è stato possibile localizzare il tumore responsabile della sindrome o nei casi di sua inoperabilità. In alternativa, possono essere impiegati farmaci adrenolitici come il mitotane. In casi particolarmente severi trova impiego anche il mifepristone, un bloccante il recettore dei glucocorticoidi.
Nei casi di neoplasie di grandi dimensioni o di lesioni metastatiche, ai farmaci per il controllo dell’ipercortisolismo sono stati affiancati i convenzionali trattamenti chemioterapici, purtroppo con scarso beneficio, e l'interferone. Molto promettenti, sono invece i risultati dell'impiego dell'everolimus, un derivato della rapamicina in grado di intervenire sulla via di mTOR e biodisponibile per via orale.
Da qualche anno, infine, è utilizzato con un certo successo il trattamento radiometabolico con analoghi marcati della somatostatina.

 

Bibliografia

  1. Wajchenberg BL, Mendica BB, Liberman B, et al. Ectopic Adrenocorticotropic Hormone Syndrome. Endocr Rev 1994, 15: 752-78.
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  14. Pacak K, Ilias I, Chen CC, et al. The role of 18F-fluorodeoxyglucose positron emission tomography and 111In-diethylenetriaminepentaacetate-D-Phe-pentetreotide scintigraphy in the localization of ectopic adrenocorticotropin-secreting tumors causing Cushing's syndrome. J Clin Endocrinol Metab 2004, 89: 2214-21.
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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

La Sindrome di Nelson rappresenta una temibile complicanza della surrenectomia bilaterale eseguita per il trattamento della malattia di Cushing.
Sebbene siano stati condotti numerosi studi in merito, ad oggi non vi è tuttavia consenso nel definire tale condizione. Per cui la diagnosi di Sindrome di Nelson viene posta da alcuni sulla base del riscontro di una lesione espansiva ipofisaria in evoluzione dopo surrenalectomia bilaterale per malattia di Cushing, mentre da altri semplicemente sulla base di livelli plasmatici di ACTH progressivamente crescenti, indipendentemente dalla presenza di una chiara lesione ipofisaria all’imaging (1).
Il suo sviluppo non è infrequente, presentando una prevalenza media dell’8-43% negli adulti e del 25-66% nei bambini, ed è purtroppo gravata da un elevato tasso di morbilità e mortalità (2).
Il tempo di comparsa dalla bisurrenectomia è variabile, potendo esordire anche dopo 24 anni dall'intervento. Di qui la necessità di un follow-up attento e a lunghissimo-termine.
Dal punto di vista clinico, quindi, il quadro può essere dominato da sintomi e segni secondari alla crescita della lesione espansiva ipofisaria (cefalea, deficit campimetrico, oftalmoplegia, ipopituitarismo, ...) e/o dall’ipersecrezione di ACTH (iperpigmentazione di cute e mucose) (1).
Nonostante le maggiori conoscenze sulla fisiopatologia dei tumori ACTH-secernenti, poco è noto sulla patogenesi degli adenomi ACTH-secernenti che evolvono in Sindrome di Nelson, dal momento che non tutti i pazienti sottoposti a bisurrenectomia per malattia di Cushing sviluppano tale complicanza. L’ipotesi più probabile è che la progressione da adenoma ipofisario ACTH-secernente a sindrome di Nelson si osservi nei pazienti con caratteristiche intrinseche di maggiore aggressività. La presenza di una chiara lesione ipofisaria in sede chirurgica o all’imaging, soprattutto in caso di macroadenoma ipofisario, e la sua aggressività sono stati infatti identificati quali fattori predittivi di sviluppo di tale complicanza. Oltre al livello di ACTH pre-surrenectomia (considerato il fattore predittivo principale, anche se non è possibile stabilire un cut-off di uso clinico), la giovane età del paziente al momento della bisurrenectomia, la durata della malattia di Cushing e gli elevati valori di cortisolo urinario sembrerebbero ulteriori fattori predittivi, ma non vi è tuttavia unanime consenso nel considerarli tali (3).
Altro importante ma altrettanto controverso aspetto, riguarda il ruolo della radioterapia ipofisaria nel ridurre il rischio di progressione verso una sindrome di Nelson o ritardarne perlomeno lo sviluppo (4).
La frequente natura invasiva delle lesioni ipofisarie che evolvono in sindrome di Nelson impone spesso un approccio terapeutico aggressivo, volto ad arrestare la crescita tumorale e ridurre l’ipersecrezione di ACTH. Le opzioni terapeutiche al momento disponibili includono la chirurgia ipofisaria, il cui tasso di successo è estremamente variabile (10-70%) in funzione dei criteri utilizzati e della durata del follow-up, la radioterapia e la terapia medica (2, 5).
Per ciò che riguarda la radioterapia, diversi studi riportano una sua relativa efficacia nel ridurre il volume tumorale e contrastarne la crescita (6). Complicanze tardive sono state lo sviluppo di ipopituitarismo e la paralisi dei nervi cranici.
In merito invece alla terapia medica, i dati della letteratura sono meno incoraggianti. Acido valproico, rosiglitazone e cabergolina si sono infatti dimostrati inefficaci nel contrastare la crescita tumorale e l’ipersecrezione di ACTH nei pazienti affetti da sindrome di Nelson (2). Pochi i dati sull’efficacia di octreotide/lanreotide, mentre promettenti (perlomeno in vitro) sembrerebbero i dati circa l’efficacia del nuovo analogo della somatostatina pasireotide (7, 8). Altrettanto promettenti sembrerebbero inoltre i più recenti dati relativi all’impiego della temozolomide, agente alchilante orale utilizzato nel trattamento dei tumori ipofisari aggressivi. L'impiego di questo farmaco in alcuni casi di sindrome di Nelson ha consentito di ridurre il volume tumorale ed i livelli di ACTH (9).

 

Bibliografia

  1. Barber TM, Adams E, Ansorge O, et al. Nelson's syndrome. Eur J Endocrinol 2010, 163: 495-507.
  2. Assié G, Bahurel H, Coste J, et al. Corticotroph tumor progression after adrenalectomy in Cushing’s disease: a reappraisal of Nelson’s syndrome. J Clin Endocrinol Metab 2007, 92: 172–9.
  3. Assié G, Bahurel H, Bertherat J, et al. The Nelson’s syndrome … revisited. Pituitary 2004, 7: 209-15.
  4. Jenkins PJ, Trainer PJ, Plowman PN, et al. The long-term outcome after adrenalectomy and prophylactic pituitary radiotherapy in adrenocorticotropin-dependent Cushing’s syndrome. J Clin Endocrinol Metab 1995, 80: 165–71.
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  6. Vik-Mo EO, Øksnes M, Pedersen P, et al. Gamma knife stereotactic radiosurgery of Nelson syndrome. Eur J Endocrinol 2009, 160: 143–8.
  7. Batista DL, Zhang X, Gejman R, et al. The effects of SOM230 on cell proliferation and adrenocorticotropin secretion in human corticotroph pituitary adenomas. J Clin Endocrinol Metab 2006, 91: 4482–8.
  8. Hofland LJ, van der Hoek J, Feelders R, et al. The multi-ligand somatostatin analogue SOM230 inhibits ACTH secretion by cultured human corticotroph adenomas via somatostatin receptor type 5. Eur J Endocrinol 2005, 152: 645–54.
  9. Moyes VJ, Alusi G, Sabin HI, et al. Treatment of Nelson’s syndrome with temozolomide. Eur J Endocrinol 2009, 160: 115–9.
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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

La sindrome di Cushing è una condizione associata a un elevato tasso di morbilità e mortalità (1). Per questo motivo è importante riuscire a diagnosticarla tempestivamente, così da consentire un'appropriata terapia e rapida guarigione. Purtroppo, sia la diagnosi che la guarigione non sempre sono facili da ottenere.
Il trattamento di prima scelta della malattia di Cushing è rappresentato dalla chirurgia ipofisaria (2). La surrenectomia per via laparoscopica, invece, rappresenta la terapia elettiva in caso di tumori surrenalici secernenti cortisolo. Analogamente, quando possibile, la rimozione chirurgica della neoplasia è la terapia di scelta nei casi di secrezione ectopica di ACTH.
La correzione dell’ipercortisolismo si accompagna ad un significativo miglioramento, fino in taluni casi alla completa risoluzione delle comorbilità associate. Tuttavia, anche dopo remissione clinica e biochimica il rischio cardiovascolare di tali soggetti rimane spesso incrementato e il trattamento delle comorbilità associate all'ipercortisolismo (ipertensione, diabete, dislipidemia, osteoporosi, rischio tromboembolico, ecc) richiede la massima attenzione e aderenza durante la lunga durata di malattia (3).
Purtroppo la chirurgia ipofisaria spesso è inefficace, così come frequenti sono le recidive che si possono avere dopo molti anni dall'intervento. Gli ulteriori approcci terapeutici in caso di fallimento chirurgico o recidiva includono la possibilità di un secondo intervento chirurgico ipofisario (il cui tasso di successo appare però limitato (4)), la radioterapia/radiochirurgia ipofisaria, la bisurrenectomia e la terapia medica. La terapia medica può inoltre trovare indicazione nei pazienti con sindrome di Cushing sia in preparazione all’intervento chirurgico (ipofisario ed extra-ipofisario) per un migliore controllo delle comorbilità associate, sia, nelle forme ipofisarie, dopo radioterapia/radiochirurgia ipofisaria in attesa degli effetti benefici di quest’ultima (2).

 

Bibliografia

  1. Clayton RN, Raskauskiene D, Reulen RC, Jones PW. Mortality and Morbidity in Cushing's Disease over 50 Years in Stoke-on-Trent, UK: Audit and Meta-Analysis of Literature. J Clin Endocrinol Metab 2011, 96: 632–42.
  2. Arnaldi G, Mancini T, Tirabassi G, et al. Advances in the epidemiology, pathogenesis, and management of Cushing's syndrome complications. J Endocrinol Invest 2012, 35: 434-48
  3. Biller BM, Grossman AB, Stewart PM, et al. Treatment of adrenocorticotropin-dependent Cushing's syndrome: a consensus statement. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 2454–62.
  4. Patil CG, Veeravagu A, Prevedello DM, et al. Outcomes after repeat transsphenoidal surgery for recurrent Cushing's disease. Neurosurgery 2008, 63: 266-70.
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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

Obiettivo
Il trattamento elettivo nella malattia di Cushing rimane l'exeresi chirurgica per via trans-naso-sfenoidale, sia con tecnica microscopica che endoscopica. Questo consente idealmente la guarigione dall'ipercortisolismo e la preservazione della normale funzionalità ipofisaria.

 

Preparazione all’intervento
I pazienti con malattia di Cushing presentano un elevato rischio cardiovascolare. Per questo motivo è molto importante un controllo farmacologico delle comorbilità cardiovascolari per ridurre il rischio operatorio. Alcuni autori suggeriscono un trattamento medico pre-operatorio in grado di ridurre l'ipercortisolismo o per normalizzare i livelli di cortisolo. Non vi sono però studi che abbiano valutato questa strategia terapeutica che in molti casi si basa sull'esperienza dei singoli autori.
A causa della trombofilia, correlata all'ipercortisolismo, i pazienti con sindrome di Cushing nell'immediato post-operatorio devono essere sottoposti a profilassi con eparina (1). Seppure non vi siano protocolli standardizzati, si consiglia di utilizzare sempre calze anti-trombo e dopo 24 ore dall'intervento chirurgico, di somministrare 4000 U di enoxiparina; questa terapia andrà proseguita per circa 15-20 giorni, ma questo schema andrà modificato in funzione degli altri fattori di rischio presenti. La ricerca di fattori di rischio trombotico aggiuntivi consente di identificare quei pazienti ad alto rischio che richiedono un’attenzione particolare. In altri termini, è necessario stratificare i pazienti per il rischio trombo-embolico.
Il trattamento steroideo non è indicato prima e durante l'intervento chirurgico, ma è necessario nell'immediato post-operatorio, anche se alcuni centri con particolare esperienza iniziano il trattamento sostitutivo solo dopo aver verificato la presenza di ipocortisolismo o di sintomatologia. E' molto importante, però, ricordare che questa strategia richiede una valutazione molto attenta del paziente nel periodo post-operatorio.

 

Risultati della chirurgia
I fattori principali che influenzano la guarigione sono l’esperienza del neurochirurgo e le caratteristiche del tumore ipofisario. I migliori risultati si hanno nei microadenomi non invasivi. Le casistiche migliori riportano a breve termine una remissione globale del 66-80%, rispettivamente dell’80-90% nei casi di microadenoma intra-sellare e del 20-25% nei macroadenomi) (1).
Tuttavia, le recidive sono molto frequenti quando il follow-up si estende a lungo termine (2-10): dopo circa 2-7 anni dall’intervento chirurgico circa il 25-30% dei pazienti ha una recidiva di malattia, ma in alcuni casi le recidive si presentano dopo oltre dieci anni. La valutazione del rischio di recidiva è condizionata dall’impossibilità di distinguere i pazienti “guariti” da quelli in “remissione”. L’alto rischio di recidiva di questi pazienti, quindi, impone un controllo periodico e prolungato, probabilmente indefinito.

 

Valutazione del risultato
Una cortisolemia molto bassa (< 2 µg/dL al mattino) dopo 2-15 giorni dall’intervento rappresenta probabilmente il miglior indice di remissione della malattia (1). In questo caso, il rischio di recidiva è basso (circa 10-15% a dieci anni). Il paziente può essere considerato in remissione quando la cortisolemia è compresa tra 2 e 5 µg/dL. In questi casi, però, il paziente deve essere attentamente rivalutato, anche se il numero di recidive non sembra essere superiore rispetto ai pazienti che hanno il cortisolo indosabile. In alcuni casi, il cortisolo può ridursi più lentamente nelle settimane successive all’intervento (fino a 20-60 giorni), con la comparsa di veri episodi di insufficienza surrenalica clinica. Questi pazienti, però, sono a maggior rischio di recidiva. Nessun cut-off di cortisolo esclude la possibilità di una recidiva a lungo termine (11).
Oltre alla cortisolemia, molti sono i parametri ormonali che nell’immediato post-operatorio possono essere predittivi di guarigione: ACTH, cortisolo salivare notturno, cortisolo e ACTH dopo test al CRH e desmopressina, cortisolo dopo soppressione con desametasone. Alti livelli urinari di cortisolo sembrano essere un fattore prognostico negativo, almeno in alcuni studi. Anche in questo caso, nessun cut-off può escludere la possibilità di recidive. Fattori di rischio per una possibile recidiva sono le dimensioni e l’invasività del tumore (12-18).
La visualizzazione del tumore al momento dell’intervento sembra migliorare la prognosi, contrariamente alla sua localizzazione RMN. La conferma istologica sembra essere un fattore prognostico positivo, ma in alcuni casi si ottiene una remissione/guarigione anche in casi con istologia negativa. Alcuni studi hanno indicato altri fattori prognostici quali l’età (peggiore prognosi per i giovani), la presenza di depressione maggiore e la necessità del trattamento sostitutivo (prognosi migliore quando necessaria per lungo tempo). I pazienti con ipercortisolismo ciclico presentano un particolare rischio di recidiva.
Infine, vanno ricordate le possibili complicanze della neurochirurgia.

 

Bibliografia

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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

Oggi l'approccio laparoscopico rappresenta l'intervento di scelta per eseguire la surrenectomia (1, 2).

L'asportazione del tumore surrenalico cortisolo-secernente consente di curare i pazienti con sindrome di Cushing surrenalica (2, 3). Gli effetti sull'ipercortisolismo sono immediati ed il paziente deve iniziare il trattamento sostitutivo surrenalico immediatamente. I tempi necessari perchè l'asse ipotalamo-ipofisi-surrene riprenda il normale funzionamento sono molto variabili (settimane-anni). La terapia sostitutiva steroidea può richiedere inizialmente dosi di steroide maggiori di quelle fisiologiche come terapia sostitutiva (cortisone acetato 37.5-50 mg/die in 2-3 somministrazioni) in quanto l'organismo è abituato a livelli elevati di cortisolo. Per questo motivo la dose fisiologica usuale di steroidi viene avvertita come insufficiente, con sintomi tipici da iposurrenalismo, in particolare astenia. La dose di steroide viene progressivamente ridotta, fino alla sua sospensione nella maggior parte dei casi. La riduzione del farmaco si basa principalmente sulla clinica, sui valori pressori e sui livelli glicemici; i livelli di cortisolo dopo stimolo con ACTH 1 µg sono un ulteriore elemento da utilizzare per questa decisione. 

La surrenectomia bilaterale rappresenta la scelta chirurgica necessaria per la maggior parte delle sindromi di Cushing ACTH-indipendenti (AIMAH e PPNAD), anche se la monosurrenectomia consente in alcuni casi un controllo dell'ipercortisolismo per molto tempo.

La bisurrenectomia, infine, rappresenta l'opzione terapeutica per i pazienti con malattia di Cushing che non hanno risposto ai precedenti trattamenti o nei pazienti con ACTH ectopico occulto e severo ipercortisolismo (1, 3-5).

Il paziente bisurrenectomizzato necessita di un trattamento sostitutivo glucocorticoide e mineralcorticoide a vita. Ovviamente, gli effetti sull'ipercortisolismo sono rapidi ed il paziente deve iniziare il trattamento sostitutivo cortisonico immediatamente.

In caso di malattia di Cushing, il rischio maggiore della surrenectomia bilaterale è la comparsa di una sindrome di Nelson (6).

 

Bibliografia

  1. Biller BM, Grossman AB, Stewart PM, et al. Treatment of adrenocorticotropin-dependent Cushing's syndrome: a consensus statement. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 2454-62.
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  6. Assiè G, Bahurel H, Coste J, et al. Corticotroph tumor progression after adrenalectomy in Cushing’s disease: a reappraisal of Nelson’s syndrome. J Clin Endocrinol Metab 2007, 92: 172–9.
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Alessandro Mondin & Chiara Sabbadin
UOC di Endocrinologia, Azienda Ospedale Università di Padova

(aggiornato ad agosto 2024)

 

INTRODUZIONE
Il trattamento di prima linea per la sindrome di Cushing (CS, Cushing’s syndrome), dove praticabile, resta ad oggi la terapia chirurgica. Nei casi in cui il trattamento chirurgico non sia praticabile, o che quest’ultimo non sia risolutivo (mancata radicalità, recidive), sono necessari altri tipi di trattamento (1-4):

  • applicabili a tutte le forme di CS: ripetizione della chirurgia, trattamento farmacologico ad azione surrenalica o periferica, bisurrenectomia;
  • forma ipofisaria: possono essere presi in considerazione anche farmaci ad azione ipofisaria e radioterapia;
  • forme ectopiche aggressive o carcinoma surrenalico: considerare anche trattamenti mirati alla patologia di base (chemioterapia, radioterapia, trattamento radio-metabolico o approcci locali come la chemio-embolizzazione).

L’ampliamento del panorama dei principi attivi disponibili ha determinato un crescente interesse per la terapia farmacologica dell’ipercortisolismo (5): la tabella 1 riporta le molecole maggiormente impiegate.

 

Tabella 1
Principali farmaci per la sindrome di Cushing
Sede d’azione Meccanismo Farmaci
Ipofisi Agonista sul recettore dopaminergico D2 Cabergolina
Agonista sui recettori della somatostatina Pasireotide
Surrene Inibitore della steroidogenesi Metirapone
Osilodrostat
Chetoconazolo/ Levo-chetoconazolo
Etomidate
Inibitore della steroidogenesi + citotossicità Mitotane
Periferia Antagonista sul recettore dei glucocorticoidi Mifepristone

 

Da sottolineare comunque che in ogni paziente vanno affrontare con terapie specifiche le comorbilità e le complicanze della CS, a livello cardiologico, vascolare, osseo, metabolico, infettivo e psichiatrico, senza aspettare che la terapia della CS le risolva: questo talvolta/spesso non avviene o avviene con grave ritardo rispetto alle necessità cliniche.

 

RUOLO DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
L’obiettivo primario del trattamento per la CS è normalizzare i livelli di cortisolo per correggere le manifestazioni cliniche e prevenire le complicanze correlate all’ipercortisolismo. Infatti, dopo la chirurgia, la diminuzione del cortisolo conseguente al trattamento è un indice prognostico di remissione dell’ipercortisolismo (6). Ferma restando la centralità dell’approccio chirurgico quale terapia eziologica primaria, il trattamento farmacologico può entrare in gioco nella fase pre e/o post-chirurgica, o come unica terapia nei casi in cui la chirurgia risulta controindicata o rifiutata dal paziente. Questi tre scenari sono brevemente analizzati di seguito.

 

Trattamento farmacologico in fase pre-chirurgica

Indicazioni: l’utilizzo del trattamento medico pre-chirurgico, solitamente di breve durata, è generalmente indicato in:

  • casi gravi in cui vi sia necessità di correggere o ridurre rapidamente i livelli di cortisolo per i rischi derivanti dalle alterazioni indotte dall’ipercortisolismo (grave ipertensione, ipopotassiemia, diabete scompensato, difetti della coagulazione, suscettibilità alle infezioni, psicosi). Queste situazioni possono dipendere dal (frequente) ritardo diagnostico o conseguire alla rapidità di insorgenza della condizione (forme da secrezione ectopica di ACTH o carcinomi del surrene);
  • i dati sul trattamento per le forme non severe sono meno chiari, ma un’ulteriore indicazione può essere l’impossibilità ad accedere alla terapia chirurgica in tempi brevi.

Obiettivo: ridurre i livelli di cortisolo e i sintomi collegati al suo eccesso, per preparare adeguatamente il paziente all’atto operatorio. L’utilizzo della terapia farmacologica pre-chirurgica non sembra influenzare l’esito chirurgico, ma può confondere l’interpretazione del cortisolo post-operatorio come marcatore iniziale di remissione (7).

Scelta del trattamento: dipende da:

  • eziologia della CS;
  • condizioni cliniche generali e stato di gravità del paziente;
  • rapidità d’azione del farmaco nel ridurre i livelli di cortisolo.

I farmaci più utilizzati nel pre-operatorio sono gli inibitori della steroidogenesi. Specie nei casi in cui sia necessario un rapido controllo dell’ipercortisolismo, i farmaci di scelta sono osilodrostat e metirapone per os (2). Vari dati sono disponibili anche per il chetoconazolo, ma bisogna considerare la necessità di monitoraggio epatico intensivo. Nelle forme gravi è possibile considerare anche regimi di associazione, tenendo conto del rischio di potenziamento di alcuni effetti collaterali (p.e. allungamento del QT riportato sia con osilodrostat che con chetoconazolo). L’iposurrenalismo è un effetto indesiderato “voluto” in questi contesti, e, specie se si agisce in modo aggressivo sui livelli di cortisolo, può essere opportuno considerare uno schema “block and replace”, in cui ai farmaci ipocortisolemizzanti viene associata la terapia ormonale steroidea a scopo sostitutivo. Il timing di tale provvedimento è guidato dalla clinica e dai valori di cortisolemia mattutini, anche se quest’ultima può risultare falsamente elevata in dosaggio immunometrico per accumulo di precursori in corso di trattamento con alcuni inibitori della steroidogenesi (8). Alcune casistiche cliniche supportano anche l’utilizzo off-label dell’etomidate in questo contesto (9). In caso di ipercortisolismo grave con fallimento della terapia farmacologica, può anche essere considerata la bisurrenectomia in urgenza (10).

 

Trattamento farmacologico in fase post-chirurgica

Indicazioni: fallimento chirurgico o recidive, dove è possibile utilizzare la terapia farmacologica sia da sola che in combinazione ad altri provvedimenti (p.e. in attesa dell’effetto della radioterapia in caso di malattia di Cushing persistente o recidivata) (2).

Scelta del farmaco: è influenzata dalle caratteristiche del paziente, dalle sue condizioni cliniche (comorbilità, intolleranze) e dalla durata prevista del trattamento (descritti fenomeni di escape con alcuni trattamenti). La tabella 2 riporta alcuni suggerimenti. I dati sulle terapie di combinazione sono minori rispetto a quelli sui singoli trattamenti, ma sono state proposte varie combinazioni mirate ad aumentare l’efficacia e a ridurre gli effetti collaterali in caso di alti dosaggi. Va tenuto presente che alcuni schemi possono comportare aumento di alcune tossicità (2).

 

Trattamento farmacologico come unica terapia

Indicazioni: prima linea in alcuni pazienti con CS non operabili, come ad esempio quelli con massa tumorale non accessibile, con forme neoplastiche metastatiche in stadio avanzato, con condizioni cliniche generali compromesse e, infine, in cui l’intervento chirurgico viene rifiutato o sconsigliato (2).

Scelta del trattamento: come nel post-chirurgia, si basa sulla forma eziologica, sulle condizioni generali del paziente, sulla gravità del quadro clinico, sulla rapidità d’azione e tollerabilità dei farmaci, soprattutto considerando un possibile trattamento a lungo termine (11).

 

Tabella 2
Accenni sulla scelta dei farmaci per la sindrome di Cushing
Necessità di rapido controllo dell’ipercortisolismo Metirapone, osilodrostat (ed eventualmente etomidate off-label)
Ipercortisolismo lieve o moderato in forme ipofisarie, con necessità di controllare il volume della lesione Pasireotide (ed eventualmente cabergolina off-label)
Forme persistenti con desiderio di gravidanza o gravidanza in atto* Metirapone (è il principio attivo con maggiori dati in tale contesto)
Giovani donne con clinica correlata all’iperandrogenismo Chetoconazolo
Giovani uomini con sindrome di Cushing Evitare chetoconazolo per il rischio di ipogonadismo (meglio metirapone)
Presenza di comorbilità
  • soggetti già diabetici: attenzione con pasireotide
  • epatopatia pre-esistente o utilizzo concomitante di farmaci metabolizzati dal CYP3A4: attenzione con chetoconazolo
* In caso di malattia mal controllata può avere indicazione a tale scopo la bisurrenectomia, previo adeguato counseling sul conseguente iposurrenalismo e, nelle forme ipofisarie, sul rischio di sindrome di Nelson

 

 

GESTIONE DEL TRATTAMENTO FARMACOLOGICO
Il monitoraggio della risposta alla terapia è generalmente sia clinico che biochimico, fatta eccezione per gli antagonisti del recettore dei glucocorticoidi (mifepristone), in cui è richiesto solo lo stretto monitoraggio clinico.
Il monitoraggio clinico deve tenere conto anche di manifestazioni cliniche correlabili all’insorgenza di iposurrenalismo iatrogeno, che potrebbero essere confuse con effetti avversi dei trattamenti utilizzati, in primis per quanto riguarda le manifestazioni gastro-intestinali.
Per quanto riguarda il monitoraggio biochimico, il parametro maggiormente utilizzato è la cortisoluria delle 24 ore, mentre è più dibattuto il ruolo del ripristino del ritmo circadiano (misurato come cortisolo sierico o salivare notturno) (12). Tali parametri, tuttavia, non sono informativi per quanto riguarda il rischio di iposurrenalismo iatrogeno, per cui è opportuna anche la valutazione concomitante della cortisolemia del mattino (2). In relazione alle metodiche di laboratorio utilizzate, va ricordato che i dosaggi immunometrici sono soggetti al rischio di cross-reazione da steroidi affini al cortisolo: l’utilizzo di inibitori della steroidogenesi può comportare il rischio di accumulo di precursori, che possono portare a sotto-stimare l’efficacia del trattamento ma anche a mascherare l’insorgenza di un eventuale iposurrenalismo. Anche se ancora non diffusamente disponibile, la valutazione in spettrometria di massa può ovviare a questa problematica (13).
Una volta instaurato il trattamento, in caso di adeguata tolleranza al principio attivo, si possono verificare due situazioni:

  • nei pazienti responsivi al trattamento, può essere valutata la prosecuzione eventualmente a dosaggi più bassi se sufficienti a garantire l’eucortisolismo, proseguendo un regolare follow-up per possibili fenomeni di escape dall’efficacia di alcuni farmaci (2);
  • nei pazienti non responsivi o pauci-responsivi o che nel tempo subiscono un escape, il farmaco di prima scelta può essere sostituito o associato a un altro. La sostituzione o l’associazione farmacologica sono decise su base individuale.

La poli-terapia potrebbe trovare indicazione qualora il tentativo con un secondo preparato farmacologico risulti poco efficace. L’associazione potrebbe considerare l’abbinamento di farmaci con diversa rapidità d’azione, ad esempio a rapido effetto (metirapone e/o ketoconazolo) con farmaci più lenti (mitotane) (14) o, nel caso di malattia di Cushing, con diversi target d’azione (ipofisario e surrenalico) (15).

 

CARATTERISTICHE E RISULTATI DEI SINGOLI FARMACI (ulteriori informazioni più dettagliate sono riportare nelle schede dei singoli farmaci)

 

Tabella 3
Approvazione e indicazione dei farmaci per la sindrome di Cushing
Farmaco FDA EMA Off-label
Chetoconazolo   x  
Metirapone   x  
Pasireotide x (solo malattia di Cushing) x (solo malattia di Cushing)  
Osilodrostat x x  
Cabergolina     x (solo malattia di Cushing)
Mitotane x (carcinoma del surrene) x (carcinoma del surrene) x (forme gravi di sindrome di Cushing, Legge 648/1996)
Levo-chetoconazolo x    
Etomidate     x
Mifepristone x    

 

 

Chetoconazolo (Ketoconazole HRA®)

Meccanismo d’azione: è un inibitore della steroidogenesi, che inibisce varie tappe enzimatiche della biosintesi del cortisolo a livello surrenalico. Inibisce inoltre la sintesi surrenalica di aldosterone e la produzione di androgeni surrenalici e gonadici (nel maschio). Alcuni dati in vivo e in vitro suggerirebbero anche un possibile effetto diretto sulle cellule tumorali ACTH-secernenti nei pazienti con malattia di Cushing (16).

Farmaco-cinetica: è assorbito rapidamente (picco plasmatico a 1-2 ore), presenta emivita crescente con dose e durata del trattamento (fino a 10 ore), ed è eliminato prevalentemente per via biliare.

Indicazione: è registrato in Europa per il trattamento di pazienti di età > 12 anni affetti da ipercortisolismo.

La dose raccomandata all’inizio del trattamento è 400-600 mg/die, per via orale, che può essere aumentata rapidamente fino al dosaggio massimo di 1200 mg/die.

I dati salienti di efficacia di questo farmaco sono tutti retrospettivi e basati principalmente su studi monocentrici, salvo uno studio multicentrico francese (tabella 4). In una precedente metanalisi era riportato un tasso medio di normalizzazione della cortisoluria del 49% (17), anche se nel 10-15% dei casi è stato descritto un fenomeno di escape dall’efficacia del trattamento, che può richiedere un incremento della dose. Anche se la cortisoluria non viene normalizzata, è stato descritto un miglioramento clinico (5).

Avvertenze per l’utilizzo:

  • può indurre epatotossicità;
  • può indurre iposurrenalismo iatrogeno;
  • può determinare allungamento dell’intervallo QTc;
  • è implicato in molteplici interazioni farmacologiche;
  • può indurre ipogonadismo nei maschi per inibizione della steroidogenesi androgenica surrenalica e gonadica;
  • è controindicato durante la gravidanza e non deve essere impiegato in donne in età fertile che non usano misure contraccettive efficaci.

 

 

Metirapone (Cormeto®)

Meccanismo d’azione: inibisce la sintesi di cortisolo e corticosterone bloccando principalmente la 11ß-idrossilasi surrenalica. Ne conseguono da un lato un accumulo di precursori, tra cui 11-desossicortisolo e desossicorticosterone, e dall’altro un calo della concentrazione plasmatica di cortisolo in grado di stimolare la secrezione di ACTH, che accelera la biosintesi di steroidi, inclusa quella di androgeni.

Farmaco-cinetica: è assorbito rapidamente, con picco di concentrazione plasmatica un’ora dopo la somministrazione orale. Il farmaco è eliminato rapidamente dal plasma via glucuronidazione epatica (emivita plasmatica di circa 2 ore).

La dose iniziale può variare da 250 a 1000 mg/die, a seconda della gravità e della causa dell’ipercortisolismo; la titolazione può essere rapida in base alla clinica e ai dati biochimici, con un periodo di aggiustamento solitamente di 1–4 settimane. Tale farmaco si presta ad approcci di tipo block and replace per le forme severe di CS.

In relazione all’efficacia, una precedente metanalisi riportava una media di normalizzazione della cortisoluria nel 76% dei pazienti (17) e i dati preliminari di un recente studio prospettico multicentrico di fase III/IV sembrano corroborare i riscontri di precedenti studi retrospettivi (tabella 4).

Avvertenze per l’utilizzo:

  • può causare riduzione rapida dei livelli di cortisolemia con potenziale iposurrenalismo iatrogeno;
  • il trattamento cronico può provocare ipertensione;
  • non è raccomandato in gravidanza e in donne in età fertile che non usano misure contraccettive.

 

 

Pasireotide (Signifor®)

Meccanismo d’azione: è un analogo della somatostatina con elevata affinità per 4 delle 5 isoforme recettoriali, in particolare per l’isoforma 5, espressa dalle cellule dei tumori ACTH-secernenti.

Indicazione: adulti con malattia di Cushing non candidabili all’intervento chirurgico o in cui quest’ultimo è fallito.

Farmaco-cinetica: va somministrato per via sc due volte al giorno, è rapidamente assorbito e il picco nel plasma è raggiunto entro 30 minuti. È eliminato principalmente per via epatica (escrezione biliare).

La risposta clinica e bioumorale va valutata dopo due mesi e, se assente, va considerata l’interruzione del trattamento. Anche se non presente in RCP, in caso di risposta parziale è possibile considerare terapie di associazione (18).

Pasireotide è stato approvato a seguito di un ampio studio di fase III (tabella 4). Oltre all’efficacia biochimica, in alcuni pazienti è stata riportata riduzione del volume dell’adenoma ipofisario (19).

Avvertenze per l’utilizzo:

  • è frequentemente associato a iperglicemia;
  • è raccomandato il monitoraggio della funzionalità epatica;
  • può indurre allungamento del QTc;
  • può indurre iiposurrenalismo iatrogeno;
  • non si può escludere l’inibizione di ormoni ipofisari diversi dall’ACTH;
  • non deve essere usato durante la gravidanza.

 

 

Osilodrostat (Isturisa®)

Meccanismo d’azione: potente inibitore della 11β-idrossilasi surrenalica, con conseguente accumulo di precursori, tra cui l’11-deossicortisolo. Il calo della concentrazione plasmatica di cortisolo stimola di riflesso la secrezione di ACTH, che accelera la biosintesi di steroidi, inclusa quella di androgeni.

Indicazione: in Italia negli adulti per il trattamento della CS endogena.

Farmaco-cinetica: osilodrostat presenta rapido assorbimento orale (picco plasmatico a 1 ora), l’emivita stimata è di 4 ore e lo stato stazionario sembra raggiunto entro il secondo giorno di trattamento. L’eliminazione è principalmente per metabolismo epatico.

Va assunto per via orale, solitamente con dose iniziale di due compresse da 1 mg due volte al giorno (ogni 12 ore circa). In base alla risposta al trattamento (cortisolo libero urinario e cortisolo sierico/plasmatico), la dose potrà essere aumentata (con titolazione graduale) fino alla dose massima raccomandata di 30 mg x 2 volte/die, con dose di mantenimento usuale tra 2 e 7 mg x 2 volte/die. Tale farmaco si presta ad approcci di tipo block and replace per le forme severe.
Osilodrostat è stato approvato a seguito di solidi studi di fase III (tabella 4).

Avvertenze per l’utilizzo:

  • può causare riduzione rapida dei livelli di cortisolemia, con potenziale iposurrenalismo iatrogeno;
  • può causare allungamento del QTc;
  • alcuni pazienti con malattia di Cushing hanno presentato progressione del tumore corticotropo in corso di terapia;
  • pre-terapia correggere ipokaliemia, ipocalcemia e ipomagnesiemia;
  • non deve essere usato durante la gravidanza e in donne in età fertile che non usano misure contraccettive.

 

 

Cabergolina (Dostinex® e altri)

Utilizzata off-label per la malattia di Cushing per forme lievi o come add-on ad altri trattamenti, essendo poco costosa, per uso orale e con buon profilo di tollerabilità.

Farmaco-cinetica: è rapidamente assorbita a livello intestinale e presenta emivita di qualche giorno e metabolismo epatico.

Il più grande studio retrospettivo multicentrico ha evidenziato ottima risposta (tabella 4), seppur gravata frequentemente da fenomeni di escape. In alcuni casi cabergolina si è dimostrata anche efficace nell’indurre una riduzione del volume dell’adenoma corticotropo.

Il trattamento prevede generalmente un dosaggio tra 0.5 e 7 mg alla settimana.

Avvertenze per l’utilizzo:

  • dopo un uso prolungato si sono osservati processi infiammatori delle sierose, fibrosi polmonare, fibrosi retro-peritoneale e valvulopatie cardiache. Cabergolina è pertanto controindicata in pazienti con storia o sospetto di fibrosi polmonare, pericardica o retro-peritoneale;
  • le valvulopatie cardiache sembrano correlare all’esposizione cumulativa al farmaco;
  • può indurre ipotensione posturale;
  • può associarsi a disturbi psichiatrici da perdita del controllo sugli impulsi (ludopatia, ipersessualità, spese eccessive o compulsive, bulimia) ed esacerbazione di disturbi psichiatrici pre-esistenti.

 

 

Mitotane (Lysodren®)

Indicazioni: è autorizzato in Italia per il carcinoma surrenalico, mentre è off-label per le altre forme di CS. È possibile prescriverlo nelle forme severe attraverso la Legge 648/1996, in cui comunque è generalmente considerato come add-on ad altre terapie ad effetto più rapido (metirapone, osilodrostat).

Mitotane ha dimostrato di essere efficace nel controllare l’ipercortisolsmo: una metanalisi ha individuato un tasso medio di normalizzazione della cortisoluria dell’82% (escludendo il carcinoma surrenalico) (tabella 4). I dati suddetti però derivavano principalmente da casistiche vecchie (dubbia affidabilità dei dosaggi), monocentriche e retrospettive.

Inoltre, mitotane presenta stretta finestra terapeutica e molteplici effetti collaterali, per cui la più recente consensus sulla malattia di Cushing suggerisce, quando possibile, di limitarne l’utilizzo al carcinoma surrenalico (2).

 

 

Terapie di combinazione
I dati relativi sono ad oggi limitati, ma tale approccio risulta ragionevole nella pratica clinica per ottimizzare la risposta clinica e biochimica in pazienti con ipercortisolismo severo o parzialmente resistente alla mono-terapia. Importante considerare che, se da un lato l’utilizzo di terapie combinate può consentire un dosaggio inferiore dei singoli agenti e limitare i rischi di tossicità, dall’altro alcuni farmaci possono avere effetti avversi analoghi con incremento quindi del loro rischio (p.e. allungamento del QTc). La tabella 4 riporta alcuni degli studi sul tema.

 

Tabella 4
Studi per la terapia di combinazione nella sindrome di Cushing
Farmaci usati (ref) Setting Risultati
Cabergolina + Chetoconazolo (20) Malattia di Cushing Normalizzazione della cortisoluria aggiungendo chetoconazolo in circa 2/3 dei casi
Pasireotide + Cabergolina + Chetoconazolo (21) Malattia di Cushing Normalizzazione della cortisoluria nell'88% dei casi
Metirapone + Chetoconazolo (22) Sindrome di Cushing Normalizzazione della cortisoluria nel 45% dei casi
Mitotane + Metirapone + Chetoconazolo (14) Sindrome di Cushing severa Miglioramento clinico
Significativa riduzione della cortisoluria
Cabergolina + Chetoconazolo (15) Malattia di Cushing Normalizzazione della cortisoluria nel 79% dei casi
Pasireotide + Cabergolina (18) Malattia di Cushing Normalizzazione della cortisoluria nel 40% dei casi

 

 

I FARMACI DISPONIBILI IN ITALIA (tabelle 5,6)

Ad oggi solo 4 farmaci sono approvati da AIFA per l’indicazione CS:

  • Chetoconazolo (Ketoconazole HRA®),
  • Metirapone (Cormeto®),
  • Pasireotide (Signifor®), nella formulazione sottocutanea BID (nonostante studi di fase III con ottimi risultati inel Cushing (23), la formulazione intramuscolo mensile è prescrivibile solo per l’acromegalia);
  • Osilodrostat (Isturisa®).

 

Tabella 5
Principali studi sull’efficacia dei singoli farmaci in uso in Italia
Farmaco Ref Disegno (N) Normalizzazione CLU
Chetoconazolo 24 Retrospettivo (N = 200) 49%
Metirapone 25 Prospettico (N = 50) 47%
Pasireotide 19 Prospettico (N = 162) 20%
Osilodrostat 26 Prospettico (N = 137) 53%
27 Prospettico (N = 48) 77%
Cabergolina 28 Retrospettivo (N = 53) 40%
Mitotane 29 Retrospettivo (N = 76) 72%

 

 

Tabella 6
Indicazioni da RCP per aggiustamento della dose in pazienti con ridotta funzione renale o epatica
Farmaco Compromissione funzione renale (prestare attenzione alla ridotta affidabilità della cortisoluria) Compromissione funzione epatica (Child-Pugh CTP)
Chetoconazolo Invariata Controindicato con insufficienza epatica acuta o cronica
Metirapone Non riportate indicazioni specifiche Non riportate indicazioni specifiche.
Nota: pazienti con cirrosi epatica presentano spesso ritardo nella risposta a causa del danno epatico che prolunga l’emivita di eliminazione plasmatica del cortisolo.
Pasireotide Invariata
  • compromissione lieve (CTP-A): invariata;
  • compromissione moderata (CTP-B): riduzione dose iniziale (0.3 mg x 2/die);
  • compromissione severa (CTP-C): controindicato.
Osilodrostat Invariata
  • compromissione lieve (CTP-A): invariata;
  • compromissione moderata (CTP-B): riduzione dose iniziale (1 mg x 2/die);
  • compromissione severa (CTP-C): 1 mg/die preferibilmente alla sera.

 

L’utilizzo del mitotane (Lysodren®) è off-label, salvo che per l’utilizzo nel carcinoma surrenalico o prescrivibile attraverso la Legge 648/1996 nella CS grave.
La cabergolina (Dostinex®) è utilizzata off-label per il trattamento delle forme ipofisarie a seguito di evidenze di efficacia.
Levo-chetoconazolo e mifepristone sono approvati da FDA ma non da EMA, per cui non sono disponibili in Italia.
L’etomidate è un potente inibitore della steroidogenesi, maggiormente utilizzato per le sue proprietà anestetiche; il suo uso off-label è supportato per la CS severa per via parenterale (2).
Nelle forme aggressive il controllo di malattia può essere ottenuto anche con l’impiego di farmaci chemioterapici, mirando alla cito-tossicità sulle cellule neoplastiche (temozolomide nelle forme ipofisarie o etoposide/doxorubicina/cisplatino nel carcinoma surrenalico) (30,31).

 

NUOVE PROSPETTIVE TERAPEUTICHE
La tabella 7 riporta le nuove prospettive terapeutiche per la CS con riferimento alla fase di sperimentazione in corso.

 

Tabella 7
Nuovi farmaci in sperimentazione per il trattamento della sindrome di Cushing
Fase di studio Riferimenti agli studi Principio attivo Target
Fase III CORT125134-455 (completato)
CORT125134-452 (in corso)
Relacorilant Periferico
Fase II NCT02160730 (completato)
NCT03774446 (in corso)
Roscovitina Ipofisario
NCT02484755 (in corso) Gefitinib Ipofisario
NCT04339751 (in corso) Vorinostat Ipofisario
EudraCT 2020-005605-93 (in corso) Silibinina Ipofisario
EudraCT 2019-004019-29 (in corso) Acido retinoico (+ cabergolina) Ipofisario
EudraCT 2021-006184-19 (in corso) SPI-62 Periferico
Dati su volontari sani TBR-065 Ipofisario
Dati pre-clinici JQ-1 Ipofisario
MC2R antagonisti Surrenalico

 

CONCLUSIONI
Il trattamento della CS sta vivendo un periodo di rinnovamento grazie alla presenza di nuove opzioni terapeutiche autorizzate per la specifica indicazione con proprietà farmacologiche, meccanismi d’azione e anche controindicazioni molto diverse. Tutto ciò porta a un utilizzo “personalizzato” della terapia farmacologica, in base alle caratteristiche cliniche e al momento della storia clinica del paziente in cui deve agire il trattamento medico. Infatti, pur considerando l’approccio chirurgico il trattamento di prima linea nel paziente con CS, la terapia farmacologica riveste un ruolo fondamentale nella gestione del paziente con CS in diverse fasi della sua storia clinica.
Le difficoltà e il ritardo diagnostico possono portare il paziente con CS a sviluppare numerose e rilevanti complicanze internistiche, che possono aumentare i rischi dell’atto chirurgico. La possibilità, quindi, di controllare la malattia e i suoi sintomi prima dell’intervento e in tempi rapidi è di fondamentale importanza per ridurre i rischi correlati alla chirurgia e all’ospedalizzazione del paziente.
Nel caso delle recidive post-chirurgiche, il trattamento farmacologico deve poter rispondere a esigenze di durata del trattamento molto variabili, essendo utilizzato in attesa di un secondo intervento o dell’effetto terapeutico della terapia radiante, o, addirittura, come unica opzione.
Infine, la terapia farmacologica riveste un ruolo centrale, laddove rappresenta l’unica possibilità terapeutica percorribile. Nei casi di pazienti non responsivi o di escape al trattamento medico, la presenza di più opzioni farmacologiche, diverse tra loro, permette eventuali combinazioni o sostituzioni, come nel caso di effetti collaterali non gestibili.

 

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  31. Fassnacht M, Dekkers OM, Else T, et al. European Society of Endocrinology clinical practice guidelines on the management of adrenocortical carcinoma in adults, in collaboration with the European Network for the Study of Adrenal Tumors. Eur J Endocrinol 2018, 179: G1-46.
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Alessandro Mondin & Chiara Sabbadin
UOC di Endocrinologia, Azienda Ospedale Università di Padova

 

Meccanismo d’azione
Il chetoconazolo, anti-micotico derivato imidazolico, è in grado di inibire varie tappe enzimatiche della steroidogenesi: interferisce con l’attività del citocromo CYP3A in diversi organi (cortico-surrene, testicolo, ovaio, fegato, rene).  La sua azione è rapida, dose-dipendente e reversibile.
La sua azione inibitoria riguarda la scc, la 11β/18-idrossilasi e, soprattutto, la 17-idrossilasi/C17-20 liasi, enzima coinvolto nella sintesi degli ormoni sessuali. Per questa ragione, il farmaco possiede proprietà anti-androgena che può essere utile in presenza di irsutismo ma, nell’uomo, può causare ipogonadismo e ginecomastia, soprattutto se utilizzato in alte dosi. Alcuni dati in vivo e in vitro suggerirebbero anche un possibile effetto diretto sulle cellule tumorali ACTH-secernente in pazienti con malattia di Cushing.

 

Indicazioni
Tutti i pazienti > 12 anni con sindrome di Cushing endogena, in particolare in pazienti con:

 

Contro-indicazioni
Insufficienza corticosurrenalica. Ipersensibilità al chetoconazolo.
Insufficienza renale (clearance creatinina < 60 mL/min) ed epatica. Cirrosi epatica.
Gravidanza (non deve essere impiegato in donne in età fertile che non usano misure contraccettive efficaci) e allattamento.

 

Farmaco-cinetica
Chetoconazolo è assorbito rapidamente (picco plasmatico a 1-2 ore), presenta emivita crescente con dose e durata del trattamento (fino a 10 ore), ed è eliminato prevalentemente per via biliare.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Farmaco per uso orale in capsule da 200 mg in confezioni da 60 compresse (Ketoconazole HRA). Le capsule devono essere assunte a stomaco pieno.
La dose raccomandata all’inizio del trattamento è 400-600 mg/die, suddivisa in due o tre somministrazioni, che può essere aumentata rapidamente, con l’obiettivo di normalizzare il cortisolo urinario, fino al dosaggio massimo di 1200 mg/die, con titolazione su base individuale seguendo parametri clinici e biochimici. La decisione di aumentare la dose deve essere presa in base al giudizio clinico, alla tollerabilità e al grado di miglioramento delle manifestazioni cliniche dell’ipercortisolismo.

 

Avvertenze per l’utilizzo ed effetti collaterali
Escape
dall’efficacia del trattamento: descritta nel 10-15% dei casi, può richiedere un incremento della dose.
Possibile epatotossicità: nel 10-20% dei casi si osserva un rialzo delle transaminasi e un aumento degli indici di colestasi, che si normalizzano alla sospensione della terapia. È opportuna la valutazione basale di transaminasi, gamma-GT, fosfatasi alcalina e bilirubina: in caso di enzimi epatici aumentati oltre 2 volte il limite superiore di normalità (LSN) il trattamento non va iniziato. Il monitoraggio degli enzimi è raccomandato a cadenza settimanale il primo mese di trattamento (o dall’aumento della posologia) e poi a cadenza mensile per 6 mesi; a seguire il monitoraggio è su base clinica a parità di dose. In caso di aumento degli enzimi epatici ≥ 3 x LSN, chetoconazolo deve essere interrotto e se ripreso, reintrodotto a dosaggio ridotto, dato l’alto rischio di grave epatotossicità.
Possibile insufficienza surrenalica iatrogena, che può essere identificata per via clinica e laboratoristica (opportuno cortisolo del mattino a una settimana). I medici e i pazienti dovrebbero essere educati a riconoscere i segni ed i sintomi dell’ipocortisolismo (debolezza muscolare, astenia, anoressia, nausea, vomito, dolori addominali, cefalea, ipotensione, iperpotassiemia, iponatremia, ipoglicemia). L’ipocortisolismo deve sempre essere riconosciuto e può essere adeguatamente fronteggiato nella maggior parte dei casi riducendo la dose del chetoconazolo, oppure sospendendolo temporaneamente. In alcuni casi può essere somministrato un trattamento glucocorticoide sostitutivo per un breve periodo di tempo.
Allungamento dell’intervallo QTc, sia per azione diretta sia perchè, inibendo il CYP3A4, aumenta la concentrazione di altri farmaci che prolungano il QT. Sono raccomandati un ECG basale, dopo la prima settimana, in seguito quando clinicamente indicato.
Molteplici interazioni farmacologiche: è metabolizzato prevalentemente dal CYP3A4, per cui farmaci concomitanti induttori enzimatici (e.g., carbamazepina, fenobarbital, rifampicina) possono ridurne significativamente la biodisponibilità, mentre quelli inibitori (anti-depressivi, cimetidina, claritromicina, diltiazem, inibitori delle proteasi) possono aumentarne la biodisponibilità. Chetoconazolo è a sua volta un potente inibitore del CYP3A4 e può inibire il metabolismo dei farmaci metabolizzati da questo enzima (calcio-antagonisti, alprazolam, simvastatina), con potenziamento dei loro effetti e tossicità. Il chetoconazolo può, infine, inibire il trasporto di farmaci da parte della glicoproteina P, causando un possibile aumento della concentrazione plasmatica dei medicinali substrato di questa proteina.
Chetoconazolo può indurre ipogonadismo e ginecomastia nei maschi per inibizione della steroidogenesi androgenica surrenalica e gonadica.

 

Limitazioni prescrittive
Classe A. Ricetta non ripetibile (RNRL). Medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o specialisti (endocrinologo, internista).

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Alessandro Mondin & Chiara Sabbadin
UOC di Endocrinologia, Azienda Ospedale Università di Padova

 

Meccanismo d’azione
Multiligando analogo della somatostatina, attivo su 4 dei 5 sottotipi recettoriali (SST1, SST2, SST3, SST5) e con affinità maggiore per SST5.

 

Indicazioni
Il pasireotide short-acting trova indicazione nei pazienti con sindrome di Cushing ACTH-dipendente, ma il suo uso è stato approvato solo per i pazienti adulti con malattia di Cushing per i quali la chirurgia non è indicata o è stata inefficace.
Il pasireotide long-acting è approvato nel trattamento di pazienti adulti con acromegalia per i quali l’intervento chirurgico non è indicato o non è stato risolutivo e che non sono adeguatamente controllati con il trattamento con un altro analogo della somatostatina.

 

Contro-indicazioni
Insufficienza corticosurrenalica.
Ipersensibilità al pasireotide.
Gravidanza, allattamento.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Il pasireotide (Signifor) è disponibile in fiale in diverse dosi:

  • fiale da 1 mL contenenti 0.3-0.6-0.9 mg di principio attivo, in diverse confezioni contenenti fiale multiple (6,18,30,60 fiale);
  • fiale da 10 mg, 20 mg, 40 mg, 60 mg per uso intramuscolare (acromegalia).

La dose raccomandata è una fiala da 0.6 mg per due volte al giorno nel Cushing e 40 mg ogni 28 gg nell’acromegalia. In funzione dell'efficacia basandosi sui parametri ormonali e clinici, è possibile proseguire con questa dose o aumentarla a 0.9 mg due volte al giorno nel Cushing e a 60 mg ogni 28 gg nell’acromegalia. Se si manifestano effetti indesiderati, è consigliabile ridurre la dose a 0.3 mg per iniezione temporaneamente nel Cushing o a 20 mg ogni 28 gg nell’acromegalia.

 

Farmaco-cinetica
Pasireotide sc è rapidamente assorbito e il picco nel plasma è raggiunto entro 30 minuti, con concentrazione massima dose-dipendente. È stata dimostrata una farmaco-cinetica lineare e tempo-indipendente nel range di dose da 0.3 mg a 1.2 mg due volte al giorno, con raggiungimento dello stato stazionario nei pazienti con malattia di Cushing dopo un range variabile tra 1.5 e 15 giorni.
Pasireotide è eliminato principalmente per via epatica (escrezione biliare).
In caso di insufficienza renale, non è necessario aggiustamento della dose.
In caso di insufficienza epatica:

  • con compromissione lieve (Child-Pugh A): nessun aggiustamento dose;
  • compromissione moderata (Child-Pugh-B): riduzione dose iniziale (0.3 mg x 2/die);
  • compromissione epatica severa (Child-Pugh-C): controindicato.

 

Effetti collaterali
Il profilo di sicurezza del pasireotide si è dimostrato simile a quello di octreotide e lanreotide, con l’eccezione dell’iperglicemia, più frequente con il pasireotide.
Gli eventi avversi più comunemente riportati (incidenza ≥ 10%) includono diarrea, nausea, dolori addominali, colelitiasi, reazioni cutanee nel sito di iniezione, iperglicemia, diabete mellito, astenia e aumento dell’emoglobina glicata.
Eventi avversi di Grado 1 e 2, secondo la classificazione NCI-CTC AE, sono stati segnalati nel 57.4% dei pazienti, mentre eventi avversi di Grado 3 e Grado 4 erano presenti rispettivamente nel 35.8% e nel 2.5% dei casi. L’iperglicemia è stato l’evento avverso più frequentemente responsabile dell’evento di Grado 3 e Grado 4.

Nello studio registrativo, il 72.8% dei pazienti ha riportato iperglicemia come evento avverso e il 6.2% dei pazienti ha dovuto interrompere il trattamento a causa dell’iperglicemia. Alcuni studi sembrano suggerire un effetto sia diretto di riduzione della secrezione insulinica sia indiretto attraverso la riduzione della secrezione incretinica. Condizioni di diabete pre-esistente o ridotta tolleranza ai carboidrati aumentano il rischio di iperglicemia e anche il grado di iperglicemia risulta peggiore nei pazienti con condizioni di pre-diabete o diabete conclamato. Pertanto, prima di iniziare il trattamento deve essere valutato lo stato glicemico (glicemia a digiuno/HbA1c). La glicemia, in genere, aumenta entro il primo mese di trattamento, con riduzione e stabilizzazione nei successivi mesi. L'iperglicemia va gestita con diagnosi precoce e intervento adeguato: inizio o modifica del trattamento ipoglicemizzante se già in uso. Se l'iperglicemia persiste nonostante adeguata terapia medica, la dose di pasireotide deve essere ridotta o il trattamento interrotto. In genere il trattamento di prima linea con metformina è sufficiente a mantenere l’omeostasi glucidica, in seconda linea è possibile considerare l’associazione con farmaci incretinici.

Deve essere sottolineato che la terapia con pasireotide può causare ipocortisolismo (nell'8% dei casi trattati) in alcuni pazienti particolarmente sensibili al farmaco. La cortisoluria può risultare inferiore alla norma in modo transitorio, senza per questo causare sintomi da insufficienza surrenalica. L’ipocortisolismo deve sempre essere riconosciuto e può essere adeguatamente fronteggiato nella maggior parte dei casi riducendo la dose del pasireotide, mantenendo così l’efficacia del farmaco:

  • la dose può essere ridotta di 0.3 mg/bid;
  • Il trattamento può essere temporaneamente interrotto se la riduzione della dose non è stata sufficiente per normalizzare i livelli di cortisolo e/o in caso di persistenza dei segni e sintomi di ipocortisolismo;
  • in alcuni casi può essere somministrato un trattamento glucocorticoide sostitutivo per un breve periodo di tempo.

 

Avvertenze per l’utilizzo

  • È raccomandato il monitoraggio della funzionalità epatica basale e dopo 1, 2, 4, 8 e 12 settimane dall’avvio di pasireotide. Successivamente è sufficiente un monitoraggio secondo clinica. Come per gli analoghi di prima generazione, anche per pasireotide è stato riportato un rischio aumentato di colelitiasi. Opportuno quindi controllare pre-terapia e poi periodicamente gli indici di colestasi e l’ecografia della colecisti.
  • Pasireotide può indurre un allungamento del QTc, per cui è opportuna la valutazione basale e poi periodica dell’ECG; in pazienti a rischio significativo di sviluppare un prolungamento del QTc, pasireotide deve essere usato con cautela.
  • Poiché l’azione farmacologica di pasireotide imita quella della somatostatina, non si può escludere l’inibizione di ormoni ipofisari diversi dall’ACTH. Il monitoraggio delle funzioni ipofisarie (TSH/FT4, GH/IGF-1) prima e periodicamente durante la terapia deve essere considerato in modo clinicamente appropriato.

 

Limitazioni prescrittive
Classe A. Ricetta non ripetibile (RNRL). Medicinale soggetto a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti - endocrinologo, neurochirurgo e internista.

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Alessandro Mondin & Chiara Sabbadin
UOC di Endocrinologia, Azienda Ospedale Università di Padova

 

Meccanismo d’azione
Inibisce la sintesi di cortisolo e corticosterone bloccando principalmente la 11ß-idrossilasi surrenalica. Ne conseguono da un lato un accumulo di precursori, tra cui 11-desossicortisolo e desossicorticosterone, e dall’altro un calo della concentrazione plasmatica di cortisolo in grado di stimolare la secrezione di ACTH, che accelera la biosintesi di steroidi, inclusa quella di androgeni.

 

Indicazioni
Trattamento dell’ipercortisolismo endogeno
Test diagnostico per la carenza di ACTH
Test diagnosi differenziale Cushing ACTH-dipendente

 

Contro-indicazioni
Insufficienza corticosurrenalica primaria

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Il metirapone autorizzato in Italia è commercializzato per via orale in capsule molli da 250 mg, in confezioni da 50 capsule (Cormeto®).
La dose iniziale può variare da 250 a 1000 mg/die, a seconda della gravità e della causa dell’ipercortisolismo; la titolazione può essere rapida (entro una settimana) in base alla clinica e ai dati biochimici (cortisolemia/uria), con un periodo di aggiustamento solitamente di 1–4 settimane.
Al raggiungimento di valori normali, può essere necessario aggiungere terapia sostitutiva surrenalica (block and replace) per le forme severe di CS.

 

Farmaco-cinetica
È assorbito rapidamente, con picco di concentrazioni plasmatiche un’ora dopo la somministrazione orale. È eliminato rapidamente dal plasma via glucuronidazione epatica (emivita plasmatica di circa 2 ore), seppur una quota venga convertita a metabolita attivo (metirapol).

 

Effetti collaterali
Insufficienza surrenalica per riduzione rapida dei livelli di cortisolemia. Fondamentale riconoscerne i segni e sintomi (debolezza, astenia, anoressia, nausea, vomito, ipotensione, iperkaliemia, iponatremia, ipoglicemia) in modo da ridurre o sospendere temporaneamente la terapia e/o introdurre una terapia steroidea sostitutiva.
Ipertensione (per accumulo di DOC).
Capogiri, sedazione, cefalea, raramente anche irsutismo e dermatite allergica.
Ipopotassiemia.
Può potenziare tossicità del paracetamolo per interferenza sulla glucuronidazione (raccomandare la riduzione della dose massima giornaliera di paracetamolo).
Rischio di infezioni opportunistiche (polmonite da Pneumocystis).

 

Avvertenze per l’utilizzo

  • I dati relativi all’uso in gravidanza sono limitati, per cui non è raccomandato in gravidanza (salvo in caso di chiara necessità, con monitoraggio della pressione arteriosa e sua gestione con misure appropriate) e in donne in età fertile che non usano misure contraccettive.
  • Non sono riportate indicazioni specifiche per l’aggiustamento della dose in caso di insufficienza renale o epatica. I pazienti con cirrosi epatica presentano spesso ritardo nella risposta a causa del danno epatico che prolunga l’emivita di eliminazione plasmatica del cortisolo.

 

Limitazioni prescrittive
Classe A. Ricetta non ripetibile (RNRL). Medicinali soggetti a prescrizione medica limitativa, da rinnovare di volta in volta, vendibili al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti.

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Chiara Sabbadin
Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina, Università di Padova

 

Meccanismo d’azione
Antagonista non selettivo del recettore del progesterone, dei glucocorticoidi e in misura minore degli androgeni.
A basso dosaggio (fino a 600 mg) blocca l’azione del progesterone e viene solitamente utilizzato come pillola abortiva in associazione sequenziale con un analogo delle prostaglandine, fino al 63° giorno di amenorrea. Ad alto dosaggio, invece, agisce come antagonista competitivo del recettore dei glucocorticoidi, con un’affinità 3-4 volte maggiore del desametasone e 18 volte maggiore del cortisolo (1).

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Compresse da 200 mg o 600 mg (Mifegyne).
Viene raccomandato di iniziare con 300 mg/die e di aumentare di 300 mg alla volta in 2-4 settimane, fino ad una posologia massima di 1200 mg (2). Essendo un antagonista recettoriale, non ci sono parametri biochimici specifici per monitorarne l’andamento, per cui la titolazione deve essere fatta solo sulla base della tollerabilità e della risposta clinica del paziente (in particolare, in termini di glicemia e calo ponderale) (3).

 

Indicazioni
Approvato da FDA nel 2012 come farmaco orfano nel trattamento della sindrome di Cushing endogena associata a iperglicemia o non candidabile a chirurgia o persistente/recidivata dopo chirurgia.

 

Contro-indicazioni

  • Insufficienza surrenalica cronica.
  • Desiderio o gravidanza in corso.
  • Ipersensibilità al mifepristone o a uno degli eccipienti presenti nelle compresse.
  • Asma severa non controllata dalla terapia.
  • Porfiria ereditaria.

 

Avvertenze

  • Data la difficoltà del monitoraggio biochimico, è fondamentale un corretto e periodico follow-up clinico del paziente.
  • L’eventuale co-assunzione di forti inibitori del CYP3A4 (come ketoconazolo, itraconazolo, eritromicina e succo di pompelmo) può aumentare i livelli di mifepristone e richiedere una riduzione della posologia di tale farmaco.

 

Effetti collaterali

  • Nausea, vomito, mal di testa.
  • Amenorrea nelle donne e ginecomastia negli uomini.
  • Pseudo-iperaldosteronismo: ritenzione idrica, aumento ponderale, ipertensione, ipokaliemia anche grave. Tale condizione è legata all’attivazione dell’asse corticotropo secondaria al mancato feed-back centrale: il conseguente ipercortisolismo satura l’attività dell’enzima 11β-idrossisteroido-deidrogenasi tipo 2 (in grado di inattivare il cortisolo a cortisone), permettendo l’attivazione del recettore mineralcorticoide da parte del cortisolo. Il trattamento può richiedere la supplementazione di potassio per os e l’uso di antagonisti del recettore mineralcorticoide (spironolattone e derivati).
  • Insufficienza surrenalica: tale condizione è ricercata dalla terapia per il Cushing e sembra essere una complicanza rara nei soggetti con un asse corticotropo intatto. Tuttavia, se misconosciuta, severa o non adeguatamente monitorata durante stress intercorrenti, può diventare fatale. Risulta, pertanto, fondamentale monitorare le condizioni cliniche del paziente, in particolare se astenia profusa, ipoglicemia, ipotensione. Il trattamento prevede la sospensione del mifepristone e la somministrazione di desametasone ad alto dosaggio (con un rapporto di circa 1 mg per ogni 400 mg di mifepristone assunti), che va proseguita per almeno 4 giorni (considerando la lunga emivita del farmaco fino a 90 h).
  • Iperplasia endometriale: dovuta all’antagonismo progestinico, per cui nel trattamento a lungo termine è raccomandato il monitoraggio con ecografia trans-vaginale.
  • Transitorio ipotiroidismo, per cui si raccomanda monitoraggio dei valori di TSH, per valutare eventuale inizio di terapia ormonale sostitutiva con levotiroxina.

 

Limitazioni prescrittive
Nel 2009 il mifepristone è stato approvato dall’AIFA solo come pillola abortiva in fascia C con ricetta ospedaliera, mentre è stato escluso dall’elenco dei medicinali erogabili a totale carico nel SSN ai sensi della Legge 648/96, con cui era stato precedentemente autorizzato con l’indicazione per “Sindrome di Cushing di origine paraneoplastica”. L’utilizzo, pertanto, nella sindrome di Cushing risulta attualmente off-label in Italia. Inoltre, i trial clinici al momento disponibili sull’uso del mifepristone nella sindrome di Cushing sono relativamente di breve durata e focalizzati al miglioramento delle caratteristiche cliniche legate all’ipercortisolismo. Non sono noti gli effetti sulla sopravvivenza e sul rischio cardio-vascolare.

 

Bibliografia

  1. Johanssen S, Allolio B. Mifepristone (RU 486) in Cushing’s syndrome. Eur J Endocrinol 2007, 157: 561-9.
  2. Nieman LK, Biller B, Findling JW, et al; Endocrine Society. Treatment of Cushing's syndrome: an Endocrine Society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab 2015, 100: 2807-31.
  3. Fleseriu M, Biller BM, Findling JW, et al; SEISMIC Study Investigators. Mifepristone, a glucocorticoid receptor antagonist, produces clinical and metabolic benefits in patients with Cushing's syndrome. J Clin Endocrinol Metab 2012, 97: 2039–49.
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Giorgio Arnaldi
Clinica di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ancona, Ospedali Riuniti di Ancona

 

La radioterapia rappresenta una seconda scelta terapeutica nei casi in cui la chirurgia ha fallito. Può essere eseguita con tecnica frazionata o con stereotassi radiochirurgica. Può essere particolarmente indicata nei pazienti sottoposti a surrenectomia bilaterale che sviluppano sindrome di Nelson.
Effetti positivi possono esserci sulle dimensioni del tumore (stabilizzato o diminuito nel 80-90% dei casi) e sulla secrezione ormonale (ridotta nel 50% dei casi). Consente di ottenere la remissione in circa il 50-60% dei pazienti dopo 3-5 anni (1-4). Purtroppo, anche nei pazienti considerati responsivi ed in remissione si sono avute recidive dopo molti anni (5, 6). 

Uno dei problemi legati a questa soluzione terapeutica è però il ritardo con cui si vedono gli effetti positivi ed il rischio molto elevato di sviluppare ipopituitarismo a lungo termine (fino al 70% dei casi in alcune casistiche). Il rischio di ipopituitarismo sembra simile tra le tecniche frazionate e quelle radiochirurgiche, anche se recenti studi hanno mostrato un minor rischio con queste ultime tecniche (4). La radioterapia convenzionale è stata associata ad un maggior rischio di eventi cerebrovascolari e disturbi cognitivi. Questi rischi sembrerebbero essere minori con le tecniche di radiochirurgia, ma al momento non vi sono dati su larghe casistiche e con lungo periodo di osservazione (6, 7).

Seppure non si possa affermare che i tumori ACTH-secernenti abbiano una maggiore radiosensibilità, alcuni studi hanno mostrato in questi tumori una più rapida comparsa degli effetti anti-secretivi rispetto ai tumori GH-secernenti e PRL-secernenti (8).

I pazienti radiotrattati dovranno essere seguiti per moltissimo tempo e valutati periodicamente, sia per la possibile comparsa di deficit ipofisari che per la possibile remissione/guarigione ormonale e i cambiamenti tumorali. In genere gli effetti si manifestano gradualmente ed il rischio di ipopituitarismo dipende da molti fattori (dose impiegata, localizzazione del residuo, distanza dal peduncolo, precedente chirurgia o radioterapia). Generalmente la valutazione ormonale ipofisaria deve avvenire annualmente. La RMN di controllo viene consigliata dopo 3 mesi dal trattamento e poi annualmente. Nel tempo necessario affinchè la radioterapia sia efficace, sarà necessario iniziare e/o proseguire la terapia medica per il controllo dell'ipercortisolismo.

 

Bibliografia

  1. Biller BM, Grossman AB, Stewart PM, et al. Treatment of adrenocorticotropin-dependent Cushing's syndrome: a consensus statement. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 2454-62.
  2. Castinetti F, Nagai M, Dufour H, et al. Gamma knife radiosurgery is a successful adjunctive treatment in Cushing's disease. Eur J Endocrinol 2007, 156: 91-8.
  3. Petit JH, Biller BM, Yock TI, et al. Proton stereotactic radiotherapy for persistent adrenocorticotropin-producing adenomas. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 393-9.
  4. Mortini P, Losa M, Barzaghi R, et al. Results of transsphenoidal surgery in a large series of patients with pituitary adenoma. Neurosurgery 2005, 56: 1222-33.
  5. Ronchi CL, Attanasio R, Verrua E, et al. Efficacy and tolerability of gamma knife radiosurgery in acromegaly: a 10-year follow-up study. Clin Endocrinol (Oxf) 2009, 71: 846-52
  6. Castinetti F, Nagai M, Morange I, et al. Long-term results of stereotactic radiosurgery in secretory pituitary adenomas. J Clin Endocrinol Metab 2009, 94: 3400-7.
  7. Castinetti F, Brue T. Gamma Knife radiosurgery in pituitary adenomas: Why, who, and how to treat? Discov Med 2010, 10: 107-11.
  8. Jagannathan J, Yen CP, Pouratian N, Laws ER, Sheehan JP. Stereotactic radiosurgery for pituitary adenomas: a comprehensive review of indications, techniques and long-term results using the Gamma Knife. J Neurooncol 2009, 92: 345-56.