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Fernando Mazzilli, Michele Delfino, Rossella Mazzilli
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università Roma, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Roma

(aggiornato al novembre 2022)

 

Nei casi di infertilità in cui il problema non sia risolvibile con la fecondazione per via naturale, si può ricorrere, previo counselling psicologico e genetico, a programmi di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). Tale decisione dipende da vari fattori: grado di compromissione reale della potenzialità riproduttiva della coppia (causa dell’infertilità, riserva ovarica), durata nel tempo dell’infertilità, equilibrio della vita sessuale, possibilità e disponibilità a sottoporsi a iter diagnostici-terapeutici a volte ripetitivi, e ultimo, certamente non per importanza, l’età, soprattutto della donna. Infatti, la fecondabilità della donna diminuisce in modo significativo e progressivo dopo i 40 anni, soprattutto nei programmi di PMA.

 

 


NORMATIVA
Le “Norme in materia di PMA” sono oggetto della Legge n. 40/2004. Questa legge è stata ed è tuttora oggetto di dibattiti di tipo etico e legislativo, e i vari divieti sono stati via via abbattuti. In particolare:

  • divieto di diagnosi pre-impianto: è stato rimosso con sentenza del TAR Lazio 2008;
  • divieto di produzione di più di tre embrioni, divieto di crio-conservazione embrioni ed obbligo di contemporaneo impianto di tutti gli embrioni prodotti: sono stati rimossi con sentenza della Corte Costituzionale 151/2009;
  • divieto di accesso alle coppie fertili ma portatrici di patologie genetiche: è stato rimosso con sentenza di condanna nei confronti dell’Italia della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo 29 agosto 2012;
  • divieto di fecondazione eterologa (ricorso a un donatore esterno di ovuli o spermatozoi in casi di infertilità assoluta): è stato definito illegittimo con sentenza n. 162 della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014, a seguito del ricorso incidentale presentato dai tribunali di Milano, Catania e Firenze.

Permane il divieto di donazione di embrioni, la sperimentazione su questi, e l’impiego di tecniche di PMA a coppie con partner dello stesso sesso e maternità surrogata.
Dopo la promulgazione della legge 40/2004, è stato istituito il Registro Nazionale di PMA, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità, che consente di censire tutti i centri che operano sul territorio e di verificarne l'attività e le prestazioni offerte. Viene qui di seguito riportata la sintesi dei dati relativi al 2020 (1), in cui sono presi in considerazione:

  • 332 centri di PMA attivi nell'anno, di cui 135 di I livello e 197 di II e III livello;
  • 65.705 coppie trattate con tecniche di PMA di I, II e III livello;
  • 80.099 cicli di trattamento iniziati, con 15.862 gravidanze ottenute;
  • 11.305 bambini nati vivi, che rappresentano il 2,7% del totale dei nati in Italia nel 2020.

I requisiti per l’accesso alle tecniche di PMA prevedono l’esecuzione di esami “pre-concezionali”, in primis lo screening per le patologie genetiche e infettive (vedi i capitoli di diagnostica nell'uomo e nella donna).
Le linee guida per le procedure di PMA in Italia vengono aggiornate ogni tre anni. Le più recenti sono state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale del 17/2/2017 (2). L’accesso a queste tecniche dovrebbe essere consentito, come recita la Legge 40, soltanto “quando sia accertata l’impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione … documentate da atto medico” e deve seguire i principi di gradualità e del consenso informato. La certificazione dello stato di infertilità per l’accesso alle tecniche è effettuata dal medico responsabile del Centro PMA o dagli specialisti medici di volta in volta competenti, quali: uno specialista in genetica medica per le patologie genetiche, un ginecologo per le patologie femminili e un endocrinologo con competenze andrologiche ovvero un urologo con competenze andrologiche per le patologie maschili.

 


TECNICHE DI PMA (3-4)

Si distinguono in livelli, in relazione alla complessità:

  • I livello: induzione dell'ovulazione per rapporti mirati e preparazione del seme per l'inseminazione intra-uterina;
  • II livello: prelievo ovocitario e fertilizzazione in vitro;
  • III livello: tecniche effettuate in laparoscopia con anestesia generale.

 

IUI (Intra Uterine Insemination) (5)

Indicazioni: disfunzione erettile, dispermia di grado lieve/medio, ostilità del muco cervicale, anomalie anatomiche vaginali o peniene, presenza di dispareunia, ripetuti insuccessi di induzione della gravidanza con stimolazione dell’ovulazione e rapporti mirati. Può essere inoltre indicata in coppie discordanti per patologie infettive (HIV).

Pre-requisiti:

  • femminili: pervietà e buona funzionalità tubarica, assenza di patologie uterine;
  • maschili: presenza di spermatozoi mobili.

Descrizione: è una tecnica di 1° livello senza prelievo di ovociti, che prevede l’immissione mediante un catetere flessibile del liquido seminale, precedentemente preparato, all’interno della cavità uterina o in una variante (ICI) nella cervice.

Preparazione donna: la IUI può essere effettuata in ciclo spontaneo (con il monitoraggio del follicolo che si sviluppa spontaneamente), ma più frequentemente si effettua una stimolazione ovarica con clomifene o gonadotropine. Dopo il raggiungimento del diametro > 18 mm da parte di uno o più follicoli, si procede con la somministrazione di hCG, e a distanza di 12-24 h si procede con l’inseminazione.

Preparazione seme (6): l’obiettivo è quello di separare gli spermatozoi dal plasma seminale, sostituendolo con un terreno di coltura con pH ed equilibrio acido-base ottimali, al fine di ottenere un’alta percentuale di cellule mobili, morfologicamente normali, e fornire un campione incontaminato. Le tecniche più utilizzate sono:

  • lavaggio: questa semplice procedura può essere utilizzata per la preparazione di spermatozoi per la IUI, permette un maggior recupero di spermatozoi ed è indicata nei casi in cui i campioni di liquido seminale sono di buona qualità;
  • swim-up: prevede una migrazione attiva di spermatozoi dal plasma seminale (da pellet, dopo centrifugazione e diluizione) in un terreno di coltura appropriato, con incubazione a 37°C per 30-60 minuti prima dell’immissione nella cavità uterina; questa tecnica è indicata prevalentemente in condizioni di normospermia o dispermia di grado lieve/medio, ed è quella più utilizzata per la IUI;
  • separazione per gradiente di densità discontinuo: consiste nella centrifugazione di plasma seminale su gradienti di densità costituiti da silice colloidale rivestita con silano. Le cellule vengono separate a seconda della loro densità; inoltre, gli spermatozoi mobili migrano attivamente attraverso il gradiente, per formare un sottile pellet alla base del tubo di centrifugazione. Si procede all’immissione nella cavità uterina, previa incubazione a 37°C per 30-60 minuti. Questa procedura permette di recuperare un maggior numero di spermatozoi mobili ed è pertanto da preferire in condizioni di oligo-asteno-teratozoospermia moderata/severa.

Non sono ad oggi disponibili evidenze riguardanti il migliore impatto di una tecnica rispetto all’altra (7).

 

IVF-ET (In Vitro Fertilization - Embryo Transfer) (8)

Indicazioni: impervietà tubarica o presenza di endometriosi (III-IV grado).

Pre-requisiti:

  • femminili: assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata;
  • maschili: normospermia o dispermia di grado lieve.

Descrizione: la tecnica è stata messa a punto da Steptoe e Edwards negli anni ’70, con la nascita della prima bimba, Louise Brown, nel luglio del ’78. Prevede l’incontro e la fecondazione in vitro di ovociti prelevati mediante pick-up da parte di spermatozoi precedentemente sottoposti a preparazione specifica.

Preparazione donna (9-10): i protocolli di stimolazione follicolare prevedono una combinazione di gonadotropine e analoghi o antagonisti del GnRH, con la finalità di inibire il processo di selezione spontaneo di un follicolo dominante e di permettere la crescita follicolare multipla. La scelta del protocollo, del farmaco e del suo dosaggio è valutata caso per caso, in base all’età della paziente, alla riserva ovarica e alle sue caratteristiche ovulatorie. Possono essere raggruppati nelle seguenti categorie:

  • protocollo lungo con analoghi (agonisti) del GnRH (triptorelina, leuprolide, buserelin): prevede la somministrazione di FSH a partire dal 3° giorno del ciclo mestruale (con o senza aggiunta di LH nella fase follicolare avanzata), dopo un pre-trattamento con analoghi del GnRH. Questo pre-trattamento inizia il 21° giorno del ciclo precedente a quello in oggetto e determina inibizione della produzione endogena di LH e di FSH e impedisce picchi prematuri di LH che possono determinare la maturazione e la deiscenza dei follicoli prima del prelievo degli ovociti. Una variante è costituita dall’utilizzo degli analoghi del GnRH in fase più tardiva, cioè dal 2°-3° giorno del ciclo, insieme alle gonadotropine. Questo tipo di protocollo (breve flare-up) è da considerarsi piuttosto aggressivo ed è quindi opportuno utilizzarlo, per l’alto rischio di iperstimolazione, esclusivamente in donne poor responders;
  • protocollo breve con antagonista GnRH: prevede la stimolazione ovarica (FSH ed LH) a partire dal 2°-3° giorno, senza pre-trattamento con analogo del GnRH, ma con la somministrazione di antagonisti (cetrotide, orgalutran) quando i follicoli cominciano ad avvicinarsi ai criteri di maturità (un follicolo con diametro di 12-13 mm o almeno 6 follicoli con diametro di 11 mm), ovvero intorno all’8°-9° giorno, per prevenire il fisiologico picco di LH endogeno e quindi l’ovulazione spontanea. L’utilizzo di questo protocollo riduce il rischio di iperstimolazione ed è pertanto consigliato soprattutto in donne con PCOS.

In entrambi questi protocolli, la somministrazione di FSH è necessaria ad annullare il meccanismo di selezione del follicolo dominante e quindi a permettere la crescita di più follicoli.
Quando i follicoli sono maturi, dopo accurato monitoraggio ecografico e valutazione dei livelli di estradiolo, si procede con la somministrazione di hCG o di rhCG (5000-10000 UI). Dopo 24-36 ore dalla somministrazione dell'hCG, si procede al recupero ovocitario (pick-up).

Pick-up: viene effettuato tramite introduzione in vagina di una sonda ecografica, provvista di supporto che consente il passaggio dell’ago. Si penetra attraverso il fornice vaginale, si raggiungono le ovaie e si procede con l’aspirazione dei singoli follicoli ovarici. Il liquido follicolare contenente gli ovociti viene posto in una provetta sterile; gli ovociti recuperati, prima di essere posti in specifici terreni di coltura, vengono classificati, in base alla morfologia, in:

  • maturi (MII): evidenza di 1° globulo polare – metafase II;
  • immaturi (MI): metafase I;
  • molto immaturi (VG): presenza di vescicola germinale - profase I.

Gli ovociti MII rappresentano il livello ottimale di maturità per le tecniche di PMA.

Preparazione seme: è analoga a quella utilizzata nella IUI (swim-up e separazione per gradiente di densità discontinuo), ma con tempi di incubazione più lunghi, in quanto ha come obiettivo la “capacitazione in vitro” dello spermatozoo; lo spermatozoo deve cioè essere in grado di acquisire la motilità iperattivata e la reazione acrosomiale.

Fecondazione: gli spermatozoi preparati e gli ovociti recuperati vengono posti in incubatore e dopo circa 24 ore viene valutata l’avvenuta fecondazione.

Incubazione: gli ovociti eventualmente fecondati vengono posti in appositi terreni di coltura in incubatore fino al 3°-5° giorno dello sviluppo embrionale, ossia fino al momento del transfer o della crio-conservazione.

 

ICSI (Intra Cytoplasmic Sperm Injection) (11)

Indicazioni: oltre a quelle relative alla IVF-ET, un’indicazione molto frequente è data da una condizione di dispermia di grado severo (da cause genetiche e non), di criptozoospermia o di azoospermia, previo  di spermatozoi dal testicolo o dall’epididimo, oppure ridotto recupero di ovociti.

Pre-requisiti: assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata.

Descrizione: questa tecnica, messa a punto da Palermo nel 1992, prevede la micro-iniezione di un singolo spermatozoo direttamente all’interno del citoplasma di un ovocita in metafase II, rimosso dalle cellule del cumulo dopo aver esposto quest’ultimo all’azione dell’enzima ialuronidasi.

Preparazione donna: come nel programma FIVET.

Preparazione seme: la preparazione del seme, oltre alle tecniche di preparazione sovra-esposte (swim-up e separazione per gradiente di densità discontinuo) e alla capacitazione, prevede anche l’“immobilizzazione meccanica” degli spermatozoi, per permetterne l’iniezione all’interno dell’ovocita.

Incubazione: gli ovociti eventualmente fecondati vengono posti in appositi terreni di coltura in incubatore fino al 3°-5° giorno dello sviluppo embrionale, fino al momento del transfer o alla crio-conservazione.

 

Trasferimento dell’embrione (Embryo Transfer, ET)
A seguito di entrambe le tecniche, il trasferimento in utero viene effettuato in 3° giornata (8-10 cellule) o in 5° giornata, allo stadio di blastocisti (circa 100 cellule), oppure nei cicli successivi, previo crio-congelamento degli embrioni (vedi tecniche).
L’ET avviene mediante l’utilizzazione di un catetere morbido per via trans-cervicale con guida ecografica. Successivamente, la donna può essere sottoposta a trattamento con progestinici allo scopo di supportare il trofismo embrionario.
Dopo 14 giorni dal transfer si effettua il dosaggio della β-hCG per valutare l’eventuale impianto dell’embrione.

 

GIFT (Gamete Intra Fallopian Transfer) (12)
È una tecnica proposta da Asch nel 1984, che prevede il contemporaneo trasferimento dei gameti (sia maschili che femminili) nella tuba di Falloppio attraverso un catetere flessibile. Il razionale è quello di permettere l’incontro dei gameti nella sede naturale della fecondazione. Ad oggi questa tecnica è utilizzata solo in alcuni centri prevalentemente per motivi religiosi.

 

Altre tecniche, quali la ZIFT (trasferimento intra-tubarico di zigoti) e la TET (trasferimento intra-tubarico di embrioni) sono ormai pressoché in disuso.

 

 

Tecniche di PMA
Tecnica 1° livello 2°-3° livello
IUI FIVET ICSI
Modalità Introduzione del liquido seminale, precedentemente preparato, all’interno della cavità uterina mediante catetere flessibile. Incontro e fecondazione in vitro di ovociti, precedentemente prelevati mediante pick-up, da parte di spermatozoi, precedentemente preparati. Micro-iniezione dello spermatozoo all’interno del citoplasma ovocitario.
Pre-requisiti Pervietà e buona funzionalità tubarica, assenza di patologie uterine, spermiogramma lievemente o moderatamente compromesso. Assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata, spermatozoi dotati di motilità (oligozoospermia non severa). Assenza di patologie uterine, funzionalità ovarica conservata.
Indicazioni Disfunzione erettile, dispermia di grado lieve/medio, anomalie anatomiche peniene.
Ostilità del muco cervicale, anomalie anatomiche vaginali, presenza di dispareunia.
Coppie discordanti per patologie infettive (HIV).
Precedenti fallimenti IUI, fattore tubarico, endometriosi, dispermia moderata-severa. Come FIVET.
Fattore maschile severo (anomalie genetiche, criptozoospermia, azoospermia ostruttiva).
Risultati* Coppie trattate 8.462 57.243
Cicli iniziati 12.171 67.928
Gravidanze ottenute/ cicli iniziati 1.400 (11.5%) 14.462 (21.3%)

*Dati del report 2020 dell’Istituto Superiore di Sanità

 

Azoospermia, eiaculazione retrograda e aneiaculazione
In caso di azoospermia è possibile ricorrere a tecniche di recupero di spermatozoi dagli epididimi, mediante la Percutaneous Epididymal Sperm Aspiration (PESA) e la Microsurgical Epididymal Sperm Aspiration (MESA), oppure direttamente dai testicoli mediante la Testicular Sperm Aspiration/Fine Needle Aspiration (TESA/FNA), la Testicular Sperm Extraction (TESE) e la micro-TESE, che prevede l’utilizzo del microscopio durante la procedura (13-15).
Le tecniche di aspirazione (PESA, TESA) sono utilizzate soprattutto a scopo diagnostico nei casi di sospetta azoospermia ostruttiva; tuttavia, se il recupero nemaspermico è soddisfacente, queste tecniche possono essere utilizzate per programmi di PMA. Nei casi di oligozoospermia severa o di azoospermia non ostruttiva, sono invece indicate le tecniche “estrattive” (MESA e, più frequentemente, TESE e micro-TESE).
Il tasso di recupero spermatico (Sperm Retrieval Rate, SRR), ossia la percentuale di casi in cui vengono recuperati degli spermatozoi, è molto elevata in condizioni di azoospermia ostruttiva e di oligozoospermia di grado severo. Nelle azoospermie non ostruttive, l’SRR riportato è molto variabile (5-55%) a seconda dell’eziopatogenesi dell’azoospermia, dei livelli di FSH e della tecnica utilizzata (TESE o micro-TESE).
In caso di eiaculazione retrograda, possono essere recuperati spermatozoi da urine post-orgasmiche, previa dieta alcalinizzante con bicarbonato di sodio per almeno 24-48 ore.
In caso di aneiaculazione, può essere effettuato prelievo trans-uretrale dopo elettro-stimolazione dell’apparato genitale.

 

Tecniche di recupero dei gameti maschili
PESA (Percutaneous Epididymal Sperm Aspiration)
MESA (Microsurgical Epididymal Sperm Aspiration)
TESA/FNA (Testicular Sperm Aspiration/Fine Needle Aspiration)
TESE (Testicular Sperm Extraction) e micro-TESE

 

 


DIAGNOSI GENETICA PRE-IMPIANTO (PGD) E SCREENING GENETICO PER ANEUPLOIDIE (PGT-A) (16-18)
Questa procedura consiste in una biopsia del trofoectoderma (ovvero delle cellule che daranno origine agli annessi placentari dopo l’impianto) allo stadio di blastocisti, per la diagnosi di anomalie cromosomiche numeriche o strutturali dell’embrione.
Trova indicazione in:

  • presenza in uno o entrambi i partner di un’anomalia numerica e/o strutturale dei cromosomi;
  • coppie ad aumentato rischio per: avanzata età riproduttiva della donna; aborti spontanei, ripetuti o ricorrenti; ripetuti fallimenti di impianto embrionale durante precedenti cicli di PMA.

La PGD e la PGT-A prevedono ovviamente il crio-congelamento dell’embrione e il transfer in utero nei cicli successivi.
In alternativa alla biopsia del trofoectoderma, la PGD può essere effettuata mediante:

  • analisi del blastomero allo stadio di 6-8 cellule;
  • recupero e analisi del 1° o 2° globulo polare; in quest’ultimo caso si tratta di diagnosi pre-concezionale, ossia prima della fusione dei pronuclei maschile e femminile, e si riferisce perciò soltanto alla partner

 


CRIO-CONSERVAZIONE DI GAMETI ED EMBRIONI (6,19-21)
Queste tecniche permettono la conservazione delle cellule a tempo indeterminato. Per preservare le cellule dallo shock termico, provocato dal passaggio di stato dell’acqua, viene utilizzato un medium di congelamento contenente specifiche sostanze crio-protettrici (tuorlo d'uovo, glicerolo, glicina), sale, zuccheri e antibiotico. Lo scongelamento prevede un graduale processo inverso. Indispensabile lo screening preliminare infettivologico.

 

Crio-conservazione degli spermatozoi
Lo spermatozoo si presta bene alla crio-conservazione, poiché all’interno della cellula è presente poca acqua. La procedura consiste nel portare il liquido seminale a temperature progressivamente più basse, fino all’immersione in azoto liquido a -196°C; può essere effettuato con metodo rapido o con metodo lento, che prevede l’utilizzo di apparecchiature automatiche che portano al crio-congelamento con velocità controllata. In talune condizioni si può prendere in considerazione la crio-conservazione di campioni di tessuto testicolare.

Indicazioni: preservazione della fertilità in pazienti:

  • affetti da patologie neoplastiche o autoimmuni che devono essere sottoposti a terapie, in particolare chemio/radioterapia, in grado di alterare la funzione riproduttiva;
  • che devono subire interventi chirurgici in grado di alterare i meccanismi dell’eiaculazione (prostatectomia) o che si sottopongono a vasectomia;
  • inseriti in programmi di PMA;
  • donazione di spermatozoi.

 

Crio-conservazione degli ovociti
A differenza dello spermatozoo, l’ovocita ha una maggiore componente liquida, che rende più difficoltosa la crio-conservazione. Il crio-congelamento classico prevede il congelamento lento degli ovociti attraverso una progressiva riduzione della temperatura; la vitrificazione, invece, prevede un congelamento immediato, con raggiungimento di una temperatura pari a -196°C entro 1 minuto. Questa modalità limita ulteriormente l’esposizione degli ovociti a temperature critiche che si associano a cristallizzazione citoplasmatica.

Indicazioni: preservazione della fertilità in pazienti:

  • prima di interventi chirurgici, chemio/radioterapia, sospetto POF, ecc);
  • inserite in programmi di PMA;
  • social freezing (rende possibile l’utilizzo in età più avanzata di ovociti di una donna ancora in età pienamente fertile);
  • donazione gameti.

Può essere effettuata anche la crio-conservazione del tessuto ovarico, il quale risulta meno suscettibile ai danni da congelamento rispetto agli ovociti e permette di preservare la funzione ovarica in toto.
La scelta della metodica più idonea va ovviamente valutata in base all’età della paziente, alla motivazione e al tempo a disposizione.

 

Crio-conservazione degli embrioni
Gli embrioni possono essere congelati al 2-3° giorno dopo la fecondazione oppure al 5° giorno allo stadio di blastocisti. La metodica è analoga a quella della conservazione dell’ovocita (rapido raggiungimento di una temperatura pari a -196°C).
Indicazioni: necessità di effettuare l’embrio-tranfer nei mesi successivi a quello del pick-up (effettuazione PGD, transfer successivi al primo).

 


FECONDAZIONE ETEROLOGA (22)
Tutte le tecniche di PMA possono essere effettuate anche ricorrendo alla donazione di gameti, sia femminili che maschili.
Le indicazioni cliniche alla fecondazione eterologa sono costituite da:

  • tutte le situazioni di sterilità comprovata di uno dei due partner o di entrambi;
  • i casi in cui la partner femminile è Rh-negativa e gravemente iso-immunizzata e il partner maschile è Rh-positivo.

I potenziali donatori e donatrici, oltre ad essere dotati di buona potenzialità riproduttiva, devono naturalmente essere sottoposti a uno screening genetico (cariotipo, ecc) e infettivologico (HIV, HCV, HbsAg, VDRL, ecc).
In Italia, solo pochi centri, pubblici e privati, offrono al momento disponibilità per la fecondazione eterologa, mediante una collaborazione con banche di gameti estere, dal momento che vi è scarsa reperibilità di donatori/donatrici.
Infine, variano da paese a paese le normative riguardanti l’eventuale anonimato e la scelta dei caratteri somatici del donatore/donatrice, il numero di coppie da trattare con i gameti di un donatore/donatrice, la possibilità di donare embrioni o di ricorrere a maternità surrogata.

 


BIBLIOGRAFIA

  1. Scaravelli G, De Luca R, Vigiliano V, et al. 16° Report - Attività del Registro Nazionale della Procreazione Medicalmente Assistita. Report 2020 dell’Istituto Superiore di Sanità.
  2. Ministero della Giustizia. Regolamento recante norme in materia di manifestazione della volontà di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, in attuazione dell'articolo 6, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40. (17G00024). Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, Serie Generale, n 40 del 17 febbraio 2017.
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  6. World Health Organization. Laboratory manual for the examination and processing of human semen. 6th New York: Cambridge University Press 2021.
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Fernando Mazzilli, Soraya Olana, Virginia Zamponi, Rossella Mazzilli
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Università “Sapienza”, Roma

(aggiornato al 15 gennaio 2017)

 

La sindrome da iperstimolazione ovarica (Ovaric Hyper Stimulation Syndrome - OHSS) è una condizione che si può manifestare a seguito di una stimolazione della crescita e della deiscenza follicolare (1-12).
I protocolli di stimolazione possono prevedere la somministrazione di:

  • clomifene citrato, più frequentemente nei programmi di semplice stimolazione ovarica o nelle tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA) di I livello;
  • gonadotropine in combinazione con analoghi (protocollo lungo) o antagonisti (protocollo breve) del GnRH, nei cicli di PMA di II livello;
  • gonadotropina corionica (hCG estrattiva o ricombinante), LH ricombinante oppure analoghi GnRH per l’induzione della deiscenza follicolare.

Dati presenti in letteratura riportano una prevalenza di OHSS, moderata o grave, in circa l’1-5% dei cicli. Tuttavia, è difficile valutarne la reale incidenza, poiché molte sono le variabili presenti da tenere in considerazione. Sembra comunque che l’utilizzazione sempre più frequente del protocollo breve con antagonisti di GnRH, invece degli agonisti, abbia significativamente ridotto il rischio di OHSS.

 

Patogenesi
Le ovaie iperstimolate possono produrre notevoli quantità di Vascular Endothelial Growth Factor (VEGF) e di altre sostanze vasoattive, quali interleuchine (IL-6, IL-1 e IL-2), angiotensina, prostaglandine, istamina e serotonina, che, inducendo un aumento della permeabilità capillare, causano fenomeni di trasudazione generalizzata, con conseguente emoconcentrazione e ipovolemia.
Sulla base dello sviluppo della sintomatologia, possiamo distinguere (13-14):

  • OHSS “precoce”, a insorgenza nella fase medio-luteale, derivante dalla somministrazione di hCG esogeno per stimolare l’ovulazione;
  • OHSS “tardiva”, per la produzione di hCG endogeno nella fase iniziale dell’eventuale gravidanza.

 

Fattori di rischio
Tutte le donne che si sottopongono a stimolazione ovarica possono sviluppare tale sindrome. È stata comunque individuata una classe di pazienti definite “high responders” che, reagendo in modo eccessivo a dosi standard di stimolazione, sono a maggior rischio di sviluppo di OHSS. I fattori di rischio individuati finora sono (1-12):

  • età < 30 anni;
  • micropolicistosi ovarica;
  • BMI ridotto;
  • valori elevati di AMH (> 3.4 ng/mL);
  • elevata Conta Follicoli Antrali (AFC) (> 24);
  • elevati valori di estradiolo alla somministrazione di hCG (> 3.500-4.000 pg/mL);
  • elevato numero di follicoli sviluppati (> 35) dopo somministrazione di hCG.

Il giusto approccio mira pertanto a individuare, già dalla raccolta anamnestica, le pazienti più a rischio, al fine di minimizzare l’insorgenza di tale sindrome, pianificando, quando possibile, un trattamento preventivo o alternativo. A tal riguardo, sono stati proposti diversi approcci terapeutici preventivi, con risultati discordanti. Tra questi, un trattamento con metformina in donne con ovaio policistico oppure, sempre a scopo preventivo, l’utilizzazione di cardioaspirina e la supplementazione di calcio (1,15).

 

Quadro clinico
Varia a seconda della gravità, come riportato in tabella (1-12).

 

Manifestazioni cliniche della OHSS
Grado Clinica Parametri di laboratorio
Lieve Dolori/distensione addominale
Nausea/vomito moderati
Diarrea
Aumento volume ovaie (diametro < 8 cm)
Non alterazioni importanti
Moderata Evidenza ecografica di ascite
Oliguria
Aumento volume ovaie (diametro 8-12 cm)
Emococentrazione
Leucocitosi (WBC > 15.000/mL)
Ipoprotidemia
Severa Evidenza clinica di ascite
Idrotorace
Dispnea severa
Oliguria/anuria
Nausea/vomito intrattabili
Notevole aumento volume ovaie (diametro > 12 cm)
Emoconcentrazione severa (Ht > 55%)
Leucocitosi (WBC > 25.000/mL)
Clearance Creatinina < 50 mL/min
Creatinina > 1.6 mg/dL
Sodio < 135 mEq/L
Potassio > 5 mEq/L
Incremento enzimi epatici
Critica Ipotensione severa
Ascite tesa
Versamento pleurico
Versamento pericardico
Dolori addominali severi
Anuria, insufficienza renale acuta
Aritmie
Tromboembolie
Adult Respiratory Distress Syndrome (ARDS)
Sepsi
Ulteriore compromissione dei suddetti parametri

 

 

Trattamento

Il trattamento a seguito dell’insorgenza di OHSS è di tipo prevalentemente sintomatico (16-18) nei casi di OHSS lieve, con:

  • riposo a letto;
  • monitoraggio di sintomi, peso corporeo;
  • follow-up clinico-laboratoristici ravvicinati e correzione di eventuali squilibri idro-elettrolitici;
  • analgesici e/o anti-emetici.

Nelle forme moderate-severe è invece indicata l’ospedalizzazione e in tali casi il management consiste in:

  • monitoraggio di peso corporeo, circonferenza addominale e diuresi;
  • controllo seriato dell’ematocrito, del quadro elettrolitico, della funzione renale e dei fattori di coagulazione;
  • monitoraggio ecografico addomino-pelvico.

L’obiettivo è quello di ripristinare una corretta volemia ed emoconcentrazione, nonché di migliorare la perfusione renale. In caso di complicanze tromboemboliche, deve essere immediatamente instaurata una terapia con anti-coagulanti. In alcuni casi si può rendere necessaria la paracentesi.

 

Bibliografia

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  16. Foresta C (coordinatore), et al. Consensus: iter terapeutico della coppia infertile. Libraria Editrice, Università di Padova, 2005.
  17. Chen CD, Chen SU, Yang YS. Prevention and management of ovarian hyperstimulation syndrome. Best Pract Res Clin Obstet Gynaecol 2012, 26: 817-27.
  18. Shmorgun D, Claman P, Gysler M, et al. The diagnosis and management of ovarian hyperstimulation syndrome. Int J Gynaecol Obstet 2012, 116: 268-73.
Stampa

Fernando Mazzilli, Rossella Mazzilli, Soraya Olana
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, “Sapienza” Università Roma, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Roma

 

Meccanismo d’azione
Il Clomifene Citrato (CC) rientra nella categoria dei SERM che agiscono con meccanismo recettoriale, direttamente sui recettori estrogenici (ER α, ER β e GPR30), fungendo da agonista su alcune funzioni e da antagonista su altre. In entrambi i sessi provoca un blocco dei recettori ipotalamici e ipofisari per gli estrogeni, con conseguente aumento delle gonadotropine ipofisarie, in particolare dell’FSH. Nella donna mima quindi quanto avviene fisiologicamente nella fase pre-mestruale e follicolare precoce del ciclo mestruale.

 

Indicazioni
Nelle donne: induzione dell’ovulazione in pazienti con cicli anovulatori (oligomenorrea/amenorrea, policistosi ovarica) o con ridotta quantità di LH (1-4).
Nell’uomo: terapia off-label proposta per il trattamento dell’oligo-astenozoospermia idiopatica (5,6). Particolarmente efficace sembrerebbe nel trattamento dell’ipogonadismo indotto da steroidi anabolizzanti (7).

 

Controindicazioni
Non utilizzare in donne con menometrorragia in atto, con alterazioni funzione epatica, in gravidanza e in allattamento.
Speciali avvertenze: accurato esame della pelvi (terapia sconsigliata in presenza di cisti ovarica o endometriosi ovarica).
L’utilizzo di CC (e di tutti i SERM e inibitori delle aromatasi) è vietato negli atleti, sia in gara che fuori gara. Queste sostanze risultano infatti inserite nella lista delle classi di sostanze vietate del D.M.S. del 19.04.2010. L’azione dopante è dovuta alla loro interferenza con la miostatina (sostanza che limita la crescita muscolare).

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
È disponibile in compresse da 50 mg (Clomid) ed è utilizzato per via orale.
Il trattamento nelle donne prevede 1 cp/die da 50 mg per 5 giorni dal 4°-5° giorno del ciclo mestruale spontaneo o indotto da progestinico. In caso di amenorrea, il trattamento può essere iniziato ad libitum. In caso di mancata ovulazione con 50 mg/die, si può raddoppiare la dose a 100 mg (2 cp/die in unica somministrazione) almeno 30 giorni dopo il precedente ciclo di trattamento. Se dopo 3 cicli non si risolve il problema, procedere con il riesame della diagnosi.
Nell’uomo 25-50 mg/die per 2-3 mesi.

 

Effetti collaterali
Alle dosi raccomandate, in considerazione della breve durata del trattamento, gli effetti indesiderati sono contenuti. I più comuni sono: vampate di calore, dolori addominali con senso di gonfiore. Tra i meno frequenti: nausea, vomito, diarrea, stitichezza, aumento della tensione mammaria, dermatite allergica e vertigini. Tali effetti generalmente regrediscono con la sospensione del farmaco.

 

Limitazioni prescrittive
Prescrivibile in classe A nella donna.
Off label nell’uomo.

 

Bibliografia

  1. Roy S, Greenblatt RB, Mahesh VB, et al. Clomiphene citrate: further observations on its use in induction of ovulation in the human and on its mode of action. Fertil Steril 1963, 14: 575-95.
  2. Perales-Puchalt A, Legro RS. Ovulation induction in women with polycystic ovary syndrome. Steroids 2013, 78: 767-72.
  3. Von Hofe J, Bates GW. Ovulation induction. Obstet Gynecol Clin North Am 2015, 42: 27-37.
  4. Ellakwa HE, Sanad ZF, Hamza HA, et al. Predictors of patient responses to ovulation induction with clomiphene citrate in patients with polycystic ovary syndrome experiencing infertility. Int J Gynaecol Obstet 2016, 133: 59-63.
  5. World Health Organization. A double-blind trial of clomiphene citrate for the treatment of idiopathic male infertility. Int J Androl 1992, 15: 299-307.
  6. Roth LW, Ryan AR, Meacham RB. Clomiphene citrate in the management of male infertility. Semin Reprod Med 2013, 31: 245-50.
  7. Rahnema CD, Lipshultz LI, Crosnoe LE, et al. Anabolic steroid-induced hypogonadism: diagnosis and treatment. Fertil Steril 2014, 10: 1271-9.
Stampa

Fernando Mazzilli, Rossella Mazzilli, Francesco Benedetti
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Unità di Andrologia, AO Sant’Andrea, Università “Sapienza”, Roma

 

Meccanismo d’azione
Le gonadotropine (FSH e LH) regolano la gametogenesi e la produzione steroidea gonadica.

 

Azioni gonadotropine
  Nel maschio Nella femmina
FSH Sulle cellule tubulari del Sertoli stimola la spermatogenesi Induce la maturazione dei follicoli ovarici e stimola la produzione di estrogeni da parte dei follicoli
LH Sulle cellule interstiziali di Leydig stimola la produzione di testosterone Stimola la produzione di testosterone da parte delle cellule tecali, che viene poi convertito in estrogeni da parte delle cellule della granulosa
Induce la deiscenza follicolare, con fuoriuscita dell’ovocita maturo nel fluido peritoneale
Stimola la produzione di progesterone da parte del corpo luteo

 

 

Indicazioni
Trattamento dell’infertilità nei pazienti con ipogonadismo ipogonadotropo.
hCG può essere impiegata anche:

  • nel bambino con criptorchidismo o pubertà ritardata;
  • nella donna con menometrorragia, minaccia di aborto, aborto ricorrente.

 

Controindicazioni

  • In entrambi i sessi: pubertà precoce, neoplasie dell’ipofisi e dell’ipotalamo, insufficienza gonadica primitiva.
  • Nel maschio: neoplasie prostatiche, testicolari o altre neoplasie androgeno-dipendenti.
  • Nella femmina: gravidanza, allattamento, tromboflebite in fase attiva, cisti ovariche non riferibili a PCOS, emorragie ginecologiche di ndd, menopausa precoce, neoplasie dell’ovaio, dell’utero, della mammella.

 

Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Le gonadotropine possono essere:

  • di origine estrattiva urinaria;
  • prodotte da cellule ovariche di criceto cinese con la tecnologia del DNA-ricombinante.

La somministrazione è iniettiva (sottocutanea o intramuscolare).
La posologia varia secondo l’indicazione al trattamento e la tipologia di gonadotropina.

 

Le gonadotropine in commercio
Azione Origine Principio attivo Preparati commerciali
FSH Estrazione urinaria da donne in post-menopausa Urofollitropina Fostimon (IBSA), fl 75 UI, fl 150 UI, fl 225 UI, fl 300 UI
DNA-ricombinante Follitropina-α

Gonal-F (Merck Serono), fl 37.5 UI, fl 75 UI, fl  150 UI, penna 300 UI, penna 450 UI, penna 900 UI, fl 1050 UI
Ovaleap (TEVA Italia), fl 300 UI, fl 450 UI, fl 900 UI
Bemfola - Finox Biotech Italy (Fase 4), penna 75 UI, penna 150 UI, penna 225 UI, penna 300 UI, penna 450 UI.

Follitropina-β Puregon (MSD), fl 100 UI, cart 300 UI, cart 600 UI, cart 900 UI
Corifollitropina-α Elonva (MSD), fl 100 µg, fl 150 µg
FSH + LH Estrazione urinaria da donne in post-menopausa Menotropina (hMG) Meriofert (IBSA), fl 75 IU, fl 150 IU, fl 900 IU
Meropur (Ferring), fl 75 UI, fl 600 UI, fl 1200 UI
FSH + LH (hMG) DNA-ricombinante Follitropina-α + Lutropina-α Pergoveris (Merck Serono), fl 150 UI + 75 UI, fl 300 IU + 300 IU, fl 450 IU + 225 IU, fl 900 IU + 450 IU
LH Estrazione urinaria da donne gravide Gonadotropina corionica umana (hCG) Gonasi HP (IBSA), fl 250 UI, 1000 UI, 2000 UI, 5000 UI, 10000 UI
DNA-ricombinante Coriogonadotropina-α Ovitrelle (Merck Serono), penna 250 µg
Lutropina-α Luveris (Merck Serono), fl 75 UI, penna 450 UI

Vi è inoltre una nuova formulazione di Follitropina-β (Fertavid - MSD Italia) in fase di approvazione. 

 

Avvertenze
Sulla base dei dati di letteratura e al fine di evitare l’iperstimolazione ovarica, viene suggerito di non superare il dosaggio massimo complessivo di 12.600 UI/paziente, diviso in due o più cicli.
Nell’infertilità maschile si suggerisce di non superare il dosaggio massimo, per singola prescrizione, di 150 UI di FSH per 3 volte alla settimana per 4 mesi. Se dopo i trattamenti con tali dosi non si ottiene un risultato positivo (nel trattamento dell’infertilità), eventuali nuovi trattamenti possono comportare rischi superiori ai risultati attesi.

 

Effetti collaterali

Effetti collaterali delle gonadotropine
  Nell’uomo In entrambi i sessi Nella donna
Urofollitropina, Menotropina   Dolore addominale
Cefalea
Sindrome da iperstimolazione ovarica (OHSS)
hCG Ginecomastia Cefalea
Senso di stanchezza
Irritabilità, irrequietezza
Depressione
Edemi
Pubertà precoce
OHSS
Follitropina-α, Follitropina-β, Corifollitropina-α, Coriogonadotropina-α, Lutropina-α, Follitropina-α + Lutropina-α Ginecomastia Cefalea
Dolore addominale
Vomito, nausea
Cisti ovariche
OHSS

 

 

Limitazioni prescrittive
La prescrivibilità dell’FSH è regolamentata dalla nota 74 AIFA: “La prescrizione a carico del SSN, su diagnosi e piano terapeutico di strutture specialistiche, secondo modalità adottate dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano, è limitata alle seguenti condizioni:

  • trattamento dell'infertilità femminile: in donne di età non > 45 anni con valori di FSH, al 3° giorno del ciclo, non > 30 Ul/L;
  • trattamento dell'infertilità maschile: in maschi con ipogonadismo-ipogonadotropo con livelli di gonadotropine bassi o normali e comunque con FSH non > 8 UI/L.

 

Bibliografia

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