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Marco Capezzone
UOSD Endocrinologia, Ospedale Misericordia di Grosseto, USL Toscana sud-est Grosseto

(aggiornato al 30/6/2025)

 

INTRODUZIONE
I tumori maligni della tiroide comprendono carcinomi derivati dalle cellule follicolari (carcinoma papillare, carcinoma follicolare e carcinoma anaplastico) e dalle cellule para-folllicolari (carcinoma midollare). Forme più rare sono i linfomi primitivi della tiroide e i sarcomi. La tiroide inoltre può essere sede di metastasi da parte di neoplasie maligne di altri organi (mammella, rene, colon, melanoma).
Questo capitolo è dedicato alla gestione clinica dei tumori differenziati tiroidei (DTC). Per specifici approfondimenti si rimanda ai capitoli su manifestazioni cliniche, chirurgia, terapia radiometabolicaradioterapia esterna, follow-up.
Benché vi siano alcune differenze rilevanti nel comportamento biologico del carcinoma papillare (PTC) rispetto al follicolare (FTC, che compare in media in età più avanzata e si associa più frequentemente a metastasi a distanza), ai fini della pratica clinica la gestione dei DTC può essere trattata in comune (1), perchè la prognosi è simile se valutata per stadio (2,3).
L’incidenza dei DTC ha mostrato negli ultimi trent’anni un incremento superiore a quello di altre neoplasie (4,5). L’aumento è in parte conseguenza delle migliorate capacità diagnostiche per la diffusione dell’ecografia (US) e dell’agoaspirato della tiroide (FNA) (fenomeno della sovra-diagnosi) (6). Tuttavia, l’aumentata incidenza dei DTC riguarda non solo i microPTC, ma anche tumori di maggiori dimensioni e pertanto le cause sono multi-fattoriali (7). A fronte della più elevata frequenza dei DTC, la mortalità tumore-specifica è rimasta invariata nel tempo, confermando l’importanza della diagnosi precoce e della gestione terapeutica integrata.

 

1. TERAPIA CHIRURGICA
La chirurgia è la principale modalità terapeutica per i DTC. L’intervento chirurgico dovrebbe essere eseguito da chirurghi con esperienza nella chirurgia della tiroide, per minimizzare il rischio di ipoparatiroidismo e di lesioni a carico dei nervi ricorrenti. Sono disponibili opzioni terapeutiche diverse, in rapporto a tipo istologico, età, estensione della malattia e alla preferenza e condizioni generali del paziente (1).
La scelta dell’approccio chirurgico deve essere sempre preceduta dall’attenta stadiazione pre-operatoria, basata principalmente sulla valutazione US dei linfonodi latero-cervicali e del comparto centrale, al fine di pianificare la corretta procedura chirurgica. L’US del collo può arrivare a identificare linfonodi patologici in circa il 20-30% dei pazienti (8). Per confermare il sospetto di malignità, nei linfonodi di diametro > 10 mm dovrebbe essere eseguito FNA eco-guidato con dosaggio della tireoglobulina (Tg) sull’eluato. In pazienti con malattia locale potenzialmente avanzata potrebbero essere richiesti altri metodi di diagnostica per immagini (RM, TC con contrasto, laringoscopia ed endoscopia), per definire in modo accurato l’estensione del coinvolgimento tracheale, esofageo, laringeo o vascolare (9). Nei casi localmente avanzati, la TC del collo-mediastino con MdC permette di valutare in fase pre-operatoria il coinvolgimento delle catene linfonodali e pianificare il trattamento chirurgico ottimale. In questi casi il beneficio di un’accurata pianificazione chirurgica supera il ritardo temporale della somministrazione del radioiodio necessario dopo l’utilizzo del MdC iodato.
In assenza di studi prospettici, le conclusioni riguardo l’approccio chirurgico ottimale sono basate su analisi retrospettive e su opinioni degli esperti. Nei pazienti con PTC o FTC sono indicate queste procedure.

 

Assenza di estensione extra-tiroidea, assenza di metastasi linfonodali o a distanza:

  • tumori unilaterali ≤ 1 cm: l’approccio preferito è la lobectomia, salvo che non ci siano chiare indicazioni a rimuovere anche il lobo contro-laterale (ad esempio cancro controlaterale clinicamente evidente, storia pregressa di irradiazione nella regione testa-collo, forte familiarità per carcinoma tiroideo). In casi selezionati in alternativa all’intervento chirurgico può essere proposta la sorveglianza attiva (10);
  • tumori di 1-4 cm: la procedura chirurgica iniziale può essere sia la tiroidectomia totale che la lobectomia. La tiroidectomia totale dovrebbe essere scelta in base a preferenza del paziente, presenza di anomalie ecografiche nel lobo controlaterale (noduli, tiroiditi, linfoadenopatie aspecifiche, che potrebbero rendere difficoltoso il follow-up) o al potenziale beneficio del radio-iodio sia come terapia adiuvante sia per facilitare il follow-up (11,12);
  • tumori > 4 cm: è infrequente il riscontro di un PTC > 4 cm senza coinvolgimento linfonodale o estensione extra-tiroidea. Pertanto, la maggioranza di questi pazienti viene sottoposta a tiroidectomia totale, anche se in pazienti attentamente selezionati a basso rischio potrebbe essere presa in considerazione la lobectomia (1).

In pazienti selezionati in modo appropriato la lobectomia, con o senza istmectomia, è un’alternativa accettabile alla tiroidectomia totale, per l’evidenza di dati che riportano bassa mortalità, bassi tassi di recidiva e minore tasso di complicanze chirurgiche. Nei pazienti con tumore intra-tiroideo studi retrospettivi e meta-analisi hanno mostrato tassi di sopravvivenza simili tra i pazienti sottoposti a tiroidectomia totale e a lobectomia (13,14). Sebbene nei pazienti trattati con lobectomia tiroidea il rischio di recidiva loco-regionale sia leggermente aumentato, queste recidive possono essere trattate chirurgicamente in maniera efficace al momento del riscontro.

 

Presenza di estensione extra-tiroidea e/o metastasi (linfonodali e/o a distanza) in tumori di ogni diametro: questi pazienti devono essere sottoposti a tiroidectomia totale.

 

Storia di pregressa irradiazione sul collo e sulla testa in tumori di ogni diametro: dato l’elevato rischio di recidiva tumorale che questi pazienti presentano con interventi chirurgici meno estesi, deve sempre essere eseguita tiroidectomia totale (1).

 

MicroPTC multi-focale:

  • se foci < 5 mm la lobectomia con istmectomia è una procedura appropriata;
  • se foci > 5 mm, soprattutto se con diametro di 8-9 mm di, è preferibile eseguire il completamento della tiroidectomia.

 

Le indicazioni per il completamento della tiroidectomia includono:

  • carcinoma tiroideo poco differenziato;
  • invasione linfatica o invasione vascolare;
  • malattia multi-focale con foci > 10 mm.

 

Dissezione linfonodale:

  • del compartimento centrale del collo (livello VI):
    • deve essere eseguita quando vi è evidenza di impegno linfonodale alla stadiazione pre-operatoria o all’esplorazione intra-operatoria;
    • è controversa in assenza di metastasi evidenziabili (dissezione profilattica). Consente una stadiazione isto-patologica più completa, definendo il pN e orientando più precisamente verso l’opportunità di un trattamento ablativo con radio-iodio. Tuttavia non si associa a riduzione significativa della mortalità a lungo termine, mentre è seguita da incremento delle complicanze permanenti (ipoparatiroidismo e danno del nervo laringeo ricorrente). Dovrebbe essere presa in considerazione solo nei DTC di ampie dimensioni (> 4 cm) o con estensione extra-capsulare, caratteristiche associate con elevata frequenza a metastasi linfonodali (15). Deve comunque essere eseguita in ambienti chirurgici con specifica competenza e alto volume di interventi di tiroidectomia;
  • latero-cervicale: deve essere eseguita in presenza di metastasi linfonodali ecograficamente o clinicamente accertate. La dissezione deve essere funzionale (risparmiando l’integrità di muscoli, fibre nervose e vasi del collo) ed estesa ai compartimenti II, III, IV e V del collo (16,17).

L’impiego dell’ecografia intra-operatoria o della chirurgia radio-guidata potrebbe essere utile in caso di re-intervento per recidiva linfonodale o nel letto tiroideo in pazienti già sottoposti a precedente linfoadenectomia, per ridurre i tempi operatori e minimizzare il rischio di complicanze.

 

Approccio chirurgico più aggressivo: deve essere impiegato nei tumori avanzati della tiroide che coinvolgono i muscoli e le strutture vitali del collo. L’intervento deve consentire il miglioramento dell’aspettativa e/o della qualità di vita e non deve essere causa di alterazioni anatomiche o funzionali invalidanti. In queste circostanze è necessaria un’accurata stadiazione pre-operatoria da condurre con TC o RM del collo e torace con MdC, studio endoscopico delle vie aeree e digestive superiori, e, ove possibile, PET-TC con 18F-fluorodeossiglucosio (18,19).

 

2. STADIAZIONE
La stadiazione post-operatoria dei pazienti con DTC riveste un ruolo fondamentale per la gestione nel tempo della malattia. Dopo l’intervento chirurgico, deve essere valutata l’assenza o la presenza di malattia persistente e il rischio di recidiva, per individuare la necessità di trattamento terapeutico aggiuntivo, in particolare la terapia ablativa con radioiodio. Sebbene la stratificazione iniziale del rischio possa essere utilizzata per guidare le decisioni iniziali sulla strategia di follow-up diagnostica e terapeutica, è importante ricordare che le stime iniziali del rischio potrebbero cambiare man mano che vengono accumulati nuovi dati durante il follow-up (stratificazione dinamica del rischio) (1,20). Pertanto, nella pratica clinica è opportuno utilizzare tre sistemi di stadiazione, in grado di guidare la condotta clinica in fasi diverse.
Il rischio di mortalità tumore-specifico può essere definito sulla base dei dati isto-patologici disponibili dopo l’intervento chirurgico (tabella 1). Il sistema di stadiazione più diffuso e accettato è il TNM, adottato dalla UICC e dall’AJCC (21). Si distinguono 4 stadi, caratterizzati da un rischio crescente di mortalità, sulla base di età, dimensioni del tumore, estensione locale di malattia e presenza di metastasi a distanza (tabella 2). La predittività del TNM è soddisfacente nel definire la mortalità ma, essendo basata sui soli dati anatomo-patologici, è meno precisa nel definire il rischio di recidiva o persistenza di malattia.

 

Tabella 1
Stadiazione TNM per il tumore della tiroide
(papillare, follicolare, scarsamente differenziato, a cellule di Hürthle e anaplastico)
(modificato da 21)
Categoria Criteri
T (tumore primitivo)* Tx Il tumore primitivo non può essere valutato
T0 Non evidenza di tumore primitivo
T1 Tumore ≤ 2 cm, limitato alla tiroide
T1a Tumore ≤ 1 cm
T1b Tumore > 1 cm ma ≤ 2 cm
T2 Tumore > 2 cm ma ≤ 4 cm, limitato alla tiroide
T3 Tumore > 4 cm limitato alla tiroide, o con macroscopica estensione extra-tiroidea, con invasione solo dei muscoli anteriori del collo
T3a Tumore limitato alla tiroide
T3b Tumore di qualunque dimensione, con estensione extra-tiroidea macroscopica solo nei muscoli anteriori del collo (sterno-ioideo, sterno-tiroideo, omo-ioideo)
T4 Tumore di qualsiasi dimensione, con invasione macroscopica extra-tiroidea
T4a L’estensione extra-tiroidea invade tessuto sotto-cutaneo, trachea, laringe, esofago, o nervo ricorrente
T4b L’estensione extra-tiroidea infiltra la fascia pre-vertebrale o l’arteria carotidea o i vasi mediastinici
N (linfonodi)** Nx Linfonodi regionali non valutabili
N0 Assenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1 Presenza di metastasi ai linfonodi regionali
N1a Uni- o bilaterali ai linfonodi del VI o VII livello
N1b Ai linfonodi del collo omolaterali, bilaterali o controlaterali (livelli I, II, III, IV o V) o ai linfonodi retro-faringei
M (metastasi) M0 Assenti metastasi a distanza
M1 Presenti metastasi a distanza

*Tutte le categorie possono essere suddivise in:

  • (S) tumore solitario
  • (m) tumore multi-focale (il più grande determina la classificazione)

**I linfonodi regionali sono il compartimento centrale laterale del collo e i linfonodi del mediastino superiore

 

 

Tabella 2
Raggruppamento in stadi
(modificato da 21)
Stadio T N M T N M
Età < 55 anni

Età 55 anni

I Qualsiasi Qualsiasi M0 T1/T2 N0/Nx M0
II Qualsiasi Qualsiasi M1 T1/T2 N1 M0
T3a/b Qualsiasi M0
III       T4a Qualsiasi M0
IVa       T4b Qualsiasi M0
IVb       Qualsiasi Qualsiasi M1

 

Il rischio di malattia persistente e/o di recidiva è meglio definito dal sistema di stadiazione clinico-patologica dell’American Thyroid Association (ATA). Questo sistema stratifica i pazienti principalmente sulla base delle caratteristiche clinico-patologiche. Il rischio di recidiva è dinamico, distinto in tre categorie (basso, intermedio e alto) (tabella 3) (1,20).

 

Tabella 3
Rischio iniziale di recidiva secondo American Thyroid Association

(modificato da 1)
Basso

PTC con le seguenti caratteristiche:

  • non metastasi locali e a distanza (M0);
  • resezione completa del tumore (R0);
  • nessuna invasione dei tessuti loco-regionali (T1/T2);
  • istologia non aggressiva (non carcinoma a cellule alte, insulare, a cellule colonnari, a cellule di Hürthle, variante hobnail);
  • non invasione vascolare;
  • N0 o N1 con ≤ 5 metastasi (< 0.2 cm di diametro max);
  • non captazione extra-tiroidea di 131I alla WBS post-ablazione;
  • intra-tiroideo, variante follicolare capsulata;
  • microPTC, intra-tiroideo, uni- o multi-focale (inclusi i casi con mutazione BRAF V600E).

FTC intra-tiroideo ben differenziato, con invasione capsulare e invasione vascolare assente o minima (< 4 foci).

Intermedio Tumore con invasione microscopica dei tessuti lassi peri-tiroidei.
Tumore con istologia aggressiva (a cellule alte, insulare, a cellule colonnari, a cellule di Hürthle, carcinoma follicolare, variante hobnail).
PTC con invasione vascolare.
N1 clinico o riscontro istologico N1 con > 5 metastasi (< 3 cm di diametro max).
MicroPTC multi-focale con estensione extra-tiroidea (inclusi i casi con mutazione BRAF V600E).
Presenza di iodio-captazione nel collo alla scintigrafia post-dose di 131I.
Alto Tumore con invasione macroscopica dei tessuti lassi peri-tiroidei.
Resezione tumorale incompleta con residuo macroscopico.
Presenza di metastasi a distanza.
Tg post-operatoria suggestiva di metastasi a distanza.
Riscontro istologico N1 con metastasi > 3 cm di diametro max.
FTC con invasione vascolare massiva > 4 foci.

 

La stratificazione dinamica del rischio del Memorial-Sloan Kettering Cancer Center consente di modificare nel tempo il rischio di recidiva o decesso del paziente sulla base della risposta alla terapia nel corso del follow-up. La ri-stratificazione, condotta sulla base dei risultati dei primi due anni, permette di descrivere lo stato clinico in qualsiasi momento durante il follow-up. A ogni visita, i pazienti vengono classificati in base a uno dei seguenti risultati clinici (tabella 4):

  • risposta eccellente: nessuna evidenza clinica, biochimica o strutturale di malattia;
  • risposta incompleta biochimica: Tg aumentata o valori in aumento degli Ab anti-Tg, in assenza di malattia localizzabile;
  • risposta strutturale incompleta: persistenza o recidiva loco-regionale o metastasi a distanza;
  • risposta indeterminata: reperti non specifici biochimici o strutturali, che non possono con sicurezza essere classificati né benigni né maligni. Questo include pazienti con livelli di Ab anti-Tg stabili o in riduzione, senza sicura evidenza strutturale di malattia.

 

Tabella 4
Classificazione dinamica del rischio di recidiva o mortalità
Risposta Intervento iniziale
Tiroidectomia totale + ablazione con 131I Tiroidectomia totale senza 131I Lobectomia
Eccellente Ab anti-Tg indosabili e imaging negativo.
Tg non stimolata < 0.2 ng/mL o stimolata < 1 ng/mL. Tg stabile non stimolata < 30 ng/mL.
Biochimica incompleta Livelli di Ab anti-Tg in aumento e imaging negativo.
Tg non stimolata > 1 ng/mL* o stimolata > 10 ng/mL*. Tg non-stimolata > 5 ng/mL* o stimolata > 10 ng/mL* o livelli in aumento con livelli simili di TSH. Tg non-stimolata > 30 ng/mL* o livelli in aumento con livelli simili di TSH.
Strutturale incompleta Evidenza strutturale o funzionale di malattia, indipendentemente da Tg o Ab anti-Tg.
Indeterminata   Risultati non specifici negli studi di imaging, in assenza di malattia strutturale o funzionale, o livelli di Ab anti-Tg stabili o in riduzione.
Debole captazione nel letto tiroideo al WBS.  
Tg non stimolata tra 0.2-1 ng/mL* o stimolata tra 1-10 ng/mL*. Tg non stimolata tra 0.2-5 ng/mL* o stimolata tra 2-10 ng/mL*.
*in assenza di Ab anti-Tg interferenti

 

 

3. TERAPIA RADIOMETABOLICA
Il trattamento ablativo con 131I provoca, attraverso l’emissione di radiazioni β, la distruzione del tessuto tiroideo residuo e degli eventuali residui microscopici di malattia; consente inoltre di visualizzare la persistenza di malattia e le eventuali metastasi a distanza con la scintigrafia whole-body post-dose, completando la stadiazione della neoplasia, e rende il dosaggio della Tg sierica un marcatore di malattia sensibile e di semplice impiego per il follow-up.
È impiegata nel DTC come trattamento adiuvante dopo l’intervento di tiroidectomia totale, perché è in grado di ridurre significativamente il rischio di recidiva di malattia a 10 anni e di ridurre, in minor misura, la mortalità tumore-specifica.
Attualmente è riservata solo ai pazienti ad alto rischio e ad alcuni selezionati a rischio intermedio, perchè non sembra migliorare la prognosi nei pazienti con micro-carcinoma o con stadiazione iniziale a basso rischio (1,20,22-24).
Per le indicazioni, modalità di preparazione ed esecuzione, norme protezionistiche, risultati e complicanze vedi i capitoli dedicati. Gravidanza e allattamento costituiscono una controindicazione assoluta alla terapia con 131I.
Nel tentativo di standardizzare la terminologia, un gruppo di lavoro inter-societario, con rappresentanti di ATA, European Thyroid Association, European Association of Nuclear Medicine e Society of Nuclear Medicine and Molecular Imaging ha raggiunto il seguente consenso riguardo agli obiettivi della terapia con 131I nel DTC.

 

Ablazione del residuo post-chirurgico: l'obiettivo primario è la distruzione del tessuto tiroideo residuo, presumibilmente benigno, dopo la tiroidectomia totale, al fine di facilitare la stadiazione iniziale e il follow-up. Questo, a sua volta, consentirà di:

  • migliorare la specificità delle misurazioni della Tg come marcatore tumorale;
  • aumentare la specificità della scintigrafia con 131I per l'individuazione di malattia recidivante o metastatica, eliminando l'assorbimento del tessuto sano residuo.

Nei pazienti con basso rischio ATA (T1a/T1b, N0/Nx, M0/Mx), l'ablazione del residuo non è generalmente raccomandata. Tuttavia, la valutazione di caratteristiche specifiche potrebbe portare a prenderla in considerazione in singoli pazienti.
Nei pazienti a rischio intermedio o basso-intermedio (T1/T2, N1a/N1b, M0/Mx), l'ablazione dovrebbe essere presa in considerazione, in particolare in presenza di caratteristiche avverse (età avanzata, tumori di dimensioni maggiori, linfonodi macroscopici o clinicamente evidenti o presenza di estensione extra-tiroidea, o istologia aggressiva o invasione vascolare) (25).
Nei pazienti ad alto rischio o a rischio intermedio-alto (T3(T4, qualsiasi N, qualsiasi M), l'ablazione è raccomandata di routine.

 

Trattamento adiuvante: l'obiettivo primario è la distruzione dei depositi tumorali subclinici (che possono essere presenti o meno dopo la resezione chirurgica di tutto il tessuto tumorale primario) e dei focolai metastatici. Poiché il trattamento adiuvante viene somministrato in base al rischio di persistenza/recidiva di malattia in assenza di evidenza di malattia biochimica o strutturale, è ipotizzabile che alcuni pazienti selezionati per il trattamento adiuvante possano essere già stati trattati in modo adeguato con l'intervento chirurgico primario. Pertanto, la decisione di raccomandare il trattamento adiuvante richiede un bilanciamento tra il rischio oncologico (rischio di persistenza/recidiva di malattia e mortalità specifica per malattia) e i rischi associati al trattamento adiuvante (rischi a breve e lungo termine di 131I) e il potenziale beneficio del trattamento adiuvante (potenziale di riduzione delle recidive, miglioramento della sopravvivenza libera da progressione e/o miglioramento della mortalità specifica per malattia). Pertanto, in pazienti opportunamente selezionati, i potenziali benefici potrebbero includere:

  • distruzione dei focolai microscopici subclinici di malattia residui dopo chirurgia;
  • riduzione del rischio di recidiva;
  • miglioramento della sopravvivenza specifica per malattia;
  • miglioramento della sopravvivenza libera da progressione.

 

Trattamento di malattia nota: l'obiettivo primario in questo caso è la distruzione della malattia macroscopica clinicamente evidente (evidenziata da valori anomali di Tg o da reperti strutturali), non suscettibile di terapia chirurgica (1,20,24). Il trattamento con radioiodio della malattia residua e della malattia metastatica può ridurre il rischio di recidiva e mortalità, soprattutto nelle lesioni di piccole dimensioni avide di radioiodio. La terapia con radioiodio ad alte dosi è un efficace mezzo terapeutico per le metastasi polmonari e, in minor misura, per le altre metastasi a distanza (scheletro, fegato, cervello). Complessivamente, i pazienti trattati con 131I per metastasi a distanza hanno una sopravvivenza a 5 anni che è circa il doppio dei non trattati. La risposta terapeutica è migliore nei pazienti con metastasi polmonari di piccole dimensioni non visualizzabili radiologicamente.

 

4. TERAPIA CON ORMONE TIROIDEO
Dopo la tiroidectomia iniziale, è necessaria la terapia con levotiroxina (LT4) per prevenire (e curare) l’ipotiroidismo e, nella maggior parte dei pazienti, per ridurre al minimo la potenziale stimolazione del TSH sulla crescita di un eventuale residuo neoplastico. L’ipotesi che valori soppressi di TSH riducano il rischio di mortalità in tutti i pazienti con DTC non è stata dimostrata (26).
È importante sottolineare che la dose di LT4 va adattata all’estensione della malattia e alla probabilità di recidiva. Queste decisioni possono essere basate in parte sulla stadiazione tramite il TNM, in combinazione con il sistema di rischio di recidiva proposto dall’ATA.
La terapia deve essere monitorata con il TSH sierico, misurato annualmente e 6-8 settimane dopo qualsiasi aggiustamento della dose (1).

Pazienti a basso rischio:

  • trattati con tiroidectomia e con livelli sierici di Tg dosabili (con o senza ablazione del residuo): mantenere valori di TSH tra 0.1 e 0.5 mU/L;
  • trattati con tiroidectomia e con livelli sierici di Tg non rilevabili (con o senza ablazione del residuo): il TSH può essere mantenuto tra 0.5 e 3.0 mU/L;
  • trattati con lobectomia: il trattamento con LT4 potrebbe non essere necessario nel paziente il cui TSH si mantiene nell’intervallo desiderato (dal limite inferiore della norma a 3 mU/L) (1).

Pazienti a rischio intermedio: mantenere valori di TSH tra 0.1 e 0.5 mU/L (1).

Pazienti a rischio alto: mantenere valori di TSH < 0.1 mU/L (1).

Adeguamento degli obiettivi di TSH in base alla risposta alla terapia: per il follow-up a lungo termine, bisogna basarsi sulla risposta alla terapia e sulla presenza di comorbilità che aumentano i potenziali rischi di soppressione prolungata del TSH (come menopausa, età avanzata, tachicardia/fibrillazione atriale, osteopenia/osteoporosi) (27).

  • Nei pazienti a rischio intermedio che dimostrano eccellente risposta alla terapia durante i primi uno-due anni di follow-up, la dose può essere ridotta per consentire al TSH di tornare nel range di normalità.
  • Per i pazienti che inizialmente presentavano malattia ad alto rischio ma che hanno eccellente risposta clinica alla terapia, è accettabile un obiettivo di TSH da 0.1 a 0.5 mU/L fino a cinque anni, dopodiché il grado di soppressione può essere ulteriormente allentato (con sorveglianza continua per il rischio di recidiva).
  • Nei pazienti in remissione completa, mantenere i livelli di TSH nel range della norma.

 

5. RADIOTERAPIA ESTERNA 
Ha scarsa indicazione nel trattamento iniziale dei DTC (1,28). Può essere utilizzata come trattamento adiuvante per ridurre/rallentare la recidiva di malattia in pazienti con neoplasie localmente avanzate (pT4). Può essere utile in particolare per i pazienti più anziani con estensione extra-tiroidea macroscopica al momento dell’intervento chirurgico o in pazienti più giovani, selezionati, con malattia estesa e caratteristiche istologiche sfavorevoli (ad esempio, istologia insulare o scarsamente differenziata), la cui malattia viene resecata ma in cui esiste alta probabilità di malattia microscopica residua (29).
La radioterapia esterna è un trattamento palliativo efficace per le metastasi a distanza (prevalentemente cerebrali o scheletriche, soprattutto se iperalgiche), non controllabili dal solo trattamento con radioiodio (30,31).

 

6. FOLLOW-UP
Anche se la maggioranza delle recidive dei DTC ha luogo entro 5 anni dal trattamento iniziale (32), il follow-up deve essere esteso per tutta la vita, perché si possono verificare recidive anche alcune decadi dopo la diagnosi della neoplasia.
Elementi essenziali del follow-up sono la determinazione della Tg e l’ecografia del collo (33,34). La scintigrafia whole-body è importante nella stadiazione post-dose ablativa, ma ha un ruolo limitato nel follow-up a lungo termine: deve essere impiegata nei soli casi ad alto rischio o con sospetta recidiva di malattia (Tg sierica in incremento), in assenza di lesioni cervicali dimostrabili all’esame ecografico (1).
Gli accertamenti da eseguire nel corso del follow-up dipendono dalla risposta clinica iniziale al trattamento e dalla classe di rischio.

 

Follow-up a breve termine dopo trattamento iniziale (chirurgia e radioiodio)
In tutti i pazienti, nel primo anno dopo il trattamento iniziale (che sia lobectomia o tiroidectomia, con o senza terapia ablativa con 131I) misurare dopo 3 mesi TSH, FT4, Tg e Ab anti-Tg. L’obiettivo di TSH in questa fase andrà modulato sulla base della classe di rischio del paziente (cfr sopra). Successivamente la frequenza del monitoraggio della Tg dipenderà dalla risposta alla terapia e il dosaggio dovrebbe essere eseguito usando sempre lo stesso metodo (preferibile un metodo con sensibilità funzionale di 0.05-0.1 ng/mL). Nei pazienti con presenza di Ab anti-Tg, le concentrazioni sieriche di Tg da sole non possono essere utilizzate come marcatore per rilevare la persistenza o la recidiva di malattia. Con i nuovi e più sensibili test ultrasensibili di Tg (sensibilità funzionale < 0.1 ng/mL), le concentrazioni sieriche di Tg (misurate durante la terapia TSH-soppressiva con LT4) sono correlate alle concentrazioni di Tg stimolate da TSH ricombinante (rhTSH) e, pertanto, possono rendere superflua la necessità di misurazioni stimolate da rhTSH (35). L'interpretazione dei livelli sierici di Tg dipende dalla terapia iniziale e dalla presenza di Ab anti-Tg.

  • Tiroidectomia + ablazione con 131I: in questi pazienti la risposta viene considerata ottimale se Tg non stimolata < 0.2 ng/mL (o stimolata con rhTSH < 1 ng/mL).
  • Tiroidectomia senza ablazione con 131I: l'interpretazione della Tg dipende dalle dimensioni del residuo tiroideo. Molti pazienti hanno livelli basali di Tg non rilevabili (< 0.2 ng/mL), mentre valori in aumento nel tempo sono sospetti per la crescita del tessuto tiroideo o per il cancro.
  • Lobectomia: sebbene non siano stati definiti criteri specifici per distinguere il tessuto tiroideo residuo normale dal cancro tiroideo persistente o recidivante, la maggior parte dei pazienti con risposta eccellente dovrebbe avere un livello di Tg sierica < 30 ng/mL e molti pazienti hanno livelli di Tg compresi tra 2 e 10 ng/mL.
  • Presenza di anticorpi anti-Tg elevati: i valori di Tg sierica non sono affidabili in presenza di aumento del titolo di Ab anti-Tg, che può riscontrarsi nel 25% dei pazienti affetti da DTC (1). È opportuno procrastinare di alcuni mesi la ristadiazione prevista a 6-12 mesi, in attesa di una loro possibile normalizzazione. Le variazioni della concentrazione degli Ab anti-Tg possono essere usate come marcatore surrogato di malattia, posto che gli Ab siano determinati costantemente con lo stesso metodo. Generalmente, nei pazienti in remissione di malattia la negativizzazione degli Ab anti-Tg si verifica dopo una mediana di circa tre anni. La ricomparsa degli Ab anti-Tg dopo precedente negativizzazione o l’aumento del titolo anticorpale può essere indicativo di recidiva e/o persistenza di malattia.
  • Imaging: nel primo anno dopo il trattamento del DTC (lobectomia, tiroidectomia con o senza ablazione con iodio radioattivo) si deve eseguire ecografia del collo, in genere a intervalli di 6-12 mesi a seconda della valutazione del rischio. Successivamente, la frequenza dell'US dipende dalla risposta alla terapia. La recidiva tumorale nel collo e la presenza di metastasi linfonodali può essere rilevata dall'esame clinico o dall'aumento delle concentrazioni sieriche di Tg, ma l'US è la tecnica più sensibile per la localizzazione (1,36). L’impiego della scintigrafia diagnostica con 131I non è indicata di routine e trova possibile applicazione solo in casi selezionati (1,20,24).

 

Follow-up a lungo termine
I controlli successivi dovranno essere previsti basandosi sulla risposta al trattamento iniziale e sui risultati dei controlli successivi, ridefinendo in maniera dinamica lo stato di malattia.

  • Pazienti a basso rischio ATA con risposta eccellente alla terapia (Tg on L-T4 indosabile, Tg dopo stimolo < 1 ng/mL e US cervicale negativa per persistenza di malattia nel controllo 6-12 mesi dopo la terapia iniziale): controllo clinico ogni 12-18 mesi, con determinazione della Tg on L-T4 e degli Ab anti-Tg e con l’US del collo.
  • I pazienti con risposta indeterminata hanno una minima possibilità di evoluzione verso una persistenza di malattia, per cui non necessitano di controlli frequenti e il trattamento con LT4 dovrà essere di tipo semi-soppressivo.
  • I pazienti con risposta incompleta biochimica (in genere 10-20% in tutte le categorie di rischio) dovrebbero eseguire periodiche misurazioni di Tg e Ab anti-Tg on L-T4 e US del collo ogni 6-12 mesi. Il progressivo incremento dei valori di Tg con tempo di raddoppio < 12 mesi indica progressione rapida della malattia e richiede esami morfologici per valutare la presenza di malattia strutturale. Il test di stimolo della Tg con rhTSH può essere utile solo per ri-stadiare i pazienti, dopo terapie aggiuntive. In questi pazienti viene raccomandata la soppressione del TSH moderata (0.1-0.5 mIU/mL) o completa (< 0.1 mIU/mL), da individualizzare in accordo ai livelli di Tg e Ab anti-Tg e al loro trend di incremento.
  • I pazienti con risposta strutturale incompleta necessitano di stretto follow-up, con esecuzione periodica di esami morfologici per valutare lo stato di malattia e il bisogno di un appropriato trattamento terapeutico. Il programma individuale di follow-up dovrebbe essere pianificato in base al diametro e al sito delle metastasi, alla captazione con 131I e in base all’intensità di captazione alla FDG-PET. Il TSH dovrebbe essere mantenuto indosabile (< 0.1 mU/L) (1).

 

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Piernicola Garofalo
UOC Endocrinologia, AOR Villa Sofia - V. Cervello, Palermo

 

Il gozzo è un disturbo caratterizzato da un aumento di volume della tiroide, che può interessare l'intera ghiandola o essere limitato a lesioni focali (formazione di uno o più noduli).
La prevalenza del gozzo varia in rapporto a diversi fattori, quali l'area geografica, l'età e il periodo di tempo preso in considerazione.

 

Classificazione del gozzo
In base alla diffusione diffuso
uninodulare
plurinodulare
In base alla funzione eutiroideo
ipotiroideo
ipertiroideo
In base alle modalità di comparsa endemico > 5% della popolazione adulta di una determinata area geografica
> 10% della popolazione in età scolare
sporadico occasionale riscontro
familiare presente in più membri della stessa famiglia
In base all'eziologia diffuso sporadico

tiroidite di Hashimoto
tiroidite subacuta
tiroidite acuta suppurativa
gozzo "puberale"
da agenti anti-tiroidei
disormonogenetico
compensatorio (dovuto a aumento del TSH)
resistenza agli ormoni tiroidei

endemico deficit di iodio
sostanze gozzigene
esposizione a radiazioni
nodulare multinodulare
uninodulare

 

 

GOZZO NEONATALE

L'evidenza di gozzo neonatale è una condizione poco frequente. Gozzi di elevate dimensioni possono essere responsabili di comparsa di distress respiratorio neonatale per problemi di tipo compressivo. Le cause possono essere rappresentate da:

  • patologia tiroidea autoimmune materna (morbo di Basedow o molto raramente tiroidite)
  • assunzione materna di farmaci anti-tiroidei
  • difetti dell'ormonogenesi
  • eccessiva assunzione di iodio (farmaci materni)
  • deficit di iodio

 

Gozzo neonatale da patologia autoimmune materna
La patologia tiroidea in gravidanza, pur rappresentando un tema strettamente specialistico e settoriale, rappresenta un importante problema clinico per la sua discreta diffusione nel sesso femminile, il suo frequente mancato riconoscimento, i potenziali effetti sul feto e sul neonato e una certa tendenza all’over- o under-treatment.
Si calcola che la prevalenza delle disfunzioni tiroidee in gravidanza possa variare dallo 0.2% dell’ipertiroidismo (con complicazioni feto-neonatali anche gravi e frequenti), al 2.5% dell’ipotiroidismo, al 4-5% per i noduli tiroidei.
La premessa fondamentale è che tutti i farmaci anti-tiroidei attraversano la placenta e possono interferire con la funzione tiroidea del feto e del neonato e a dosi elevate possono bloccare per lungo tempo il funzionamento della tiroide del feto e del neonato con conseguente gozzo e ipotiroidismo fetale-neonatale.

 

Gozzo neonatale da deficit di iodio
La carenza alimentare di iodio durante la gravidanza compromette la funzione tiroidea del bambino e si traduce in quadri morbosi che variano a seconda del periodo della vita interessato da questo deficit. La quantità di iodio nel neonato raccomandata dalla World Health Organization (WHO) e dall’United Nations Children’s fund (UNICEF) è di 40 µg/die. La particolare sensibilità del neonato alla carenza nutrizionale di iodio è dovuta al basso contenuto tiroideo di questo micronutriente, a fronte di un elevato turn-over intra-tiroideo.
Il deficit funzionale tiroideo si traduce in un aumento del TSH neonatale, rilevabile allo screening, e nella presenza di gozzo neonatale.

 

Disormonogenesi
La disormonogenesi tiroidea è una forma di ipotiroidismo primitivo congenito, presente dunque alla nascita, dovuto a difetti genetici della sintesi dell'ormone tiroideo. La disormonogenesi è dovuta ai difetti ereditari nelle tappe della sintesi e della secrezione dell'ormone tiroideo, la maggior parte dei quali è trasmessa con modalità autosomica recessiva.
La disormonogenesi tiroidea rappresenta il 10-15% dei casi di ipotiroidismo permanente congenito. Oltre ai segni dell'ipotiroidismo, i pazienti con disormonogenesi possono presentare il gozzo.

 

 

GOZZO IN ETÁ PEDIATRICA

Le tiroiditi rappresentano al momento attuale, nel nostro paese, la causa più frequente di gozzo in età pediatrica, mentre il deficit di iodio mantiene la sua importanza in aree limitate del nostro paese.
La diagnosi differenziale di un gozzo deve essere inizialmente fatta tra forme diffuse e forme nodulari. In generale, un aumento diffuso della ghiandola è espressione di uno stimolo “in toto” della tiroide a opera del TSH o di immunoglobuline specifiche, più raramente di un infiltrato diffuso; talvolta un aumento diffuso della ghiandola è dovuto alla presenza di numerose strutture nodulari stipate (gozzo multinodulare). Le forme nodulari possono coesistere con ectopia tiroidea, agenesia unilaterale, presenza del dotto tireoglosso, igroma cistico, cisti dermoide. La diagnosi differenziale, nelle forme nodulari, va effettuata con le neoplasie benigne (adenoma) o maligne (carcinoma midollare, carcinoma follicolare, carcinoma anaplastico)(vedi nodulo in età pediatrica).

 

Forme diffuse
La tiroidite cronica autoimmune è una patologia che colpisce fino al 10% della popolazione giovanile, con una predilezione per il sesso femminile e picco in periodo puberale. E’ una malattia autoimmune della tiroide, caratterizzata cioè da una reazione immunitaria dell’organismo contro un proprio costituente, che si manifesta con l’infiltrazione linfocitaria della tiroide e con la comparsa di autoanticorpi diretti contro antigeni tiroidei (anticorpi anti-tireoperossidasi, ab-TPO, anticorpi anti-tireoglobulina, ab-Tg). La tiroidite cronica autoimmune può presentarsi con gozzo, tiroide di volume normale o più raramente atrofica.
Tra le cause più frequenti di gozzo diffuso ricordiamo la  ridotta sintesi di ormoni tiroidei dovuta alla carenza di iodio, che determina iperstimolazione della ghiandola da parte del TSH, con conseguente aumento di volume del tessuto ghiandolare.
La malattia di Graves è una malattia autoimmune responsabile di circa il 95% dei casi di ipertiroidismo in età pediatrica, e può essere causa di gozzo. E’ per fortuna rara in età pediatrica, con prevalenza di  0.8 casi per 1.000.000 di abitanti tra 0 e 15 anni. Le forme che compaiono in età prepubere sono in genere più aggressive e più difficili da trattare rispetto a quelle che si manifestano nell’adolescenza. L’ipertiroidismo nella malattia di Graves è dovuto alla presenza in circolo di anticorpi particolari, detti anticorpi anti-recettore per il TSH (TRAb)(vedi overview sull’ipertiroidismo).

 

 

DIAGNOSI DI GOZZO

L'inquadramento clinico del gozzo è il passo più importante: nelle zone iodo-carenti, si penserà in prima istanza al deficit di iodio; in una zona non iodo-carente, in un soggetto di sesso femminile, in età adolescenziale si penserà ad una forma autoimmune.

 

Valutazione strumentale
In epoca pre-ecografica, la diagnosi di gozzo  si basava unicamente sull'ispezione e sulla palpazione. In base a questi criteri, la Pan American Health Organization  suggeriva di parlare di gozzo quando il volume dei lobi tiroidei fosse superiore a quello della falange distale del pollice del soggetto in esame e di classificarlo in 5 gradi.

 

Classificazione della gravità del gozzo
Grado Caratteristiche
0 assente
1A palpabile, ma non visibile
1B visibile solo con il capo in posizione estesa
2 visibile con il capo in posizione normale
3 visibile a distanza

 

Questa classificazione, riportata esclusivamente per il valore storico, non è ormai utilizzata, sostituita dalla valutazione ecografica che permette una diagnosi esatta del volume e della morfologia della ghiandola.
Particolare attenzione, in età pediatrica, va posta alle dimensioni di riferimento da considerare: studi su popolazione normale hanno mostrato come i limiti di normalità non siano sempre sovrapponibili. Tale disomogeneità dipende non solo dall'età del paziente, ma anche dal differente apporto di iodio con la dieta che si riflette sul volume ghiandolare. È opportuno che l'ecografia, in età pediatrica venga effettuata solo da personale esperto, che ogni paese elabori ed utilizzi i propri valori di normalità in ragione delle varie fasi di sviluppo puberale e uniformando i limiti massimi di volume della ghiandola da considerare.

 

Valutazione ecografica (volume della tiroide in mL per età e sesso: 50° e 97° centile)
  Maschi Femmine
Età P50 P97 P50 P97
6 1.6 2.91 1.57 2.84
7 1.8 3.29 1.81 3.26
8 2.03 3.71 2.08 3.76
9 2.3 4.19 2.4 4.32
10 2.59 4.73 2.76 4.98
11 2.92 5.34 3.17 5.73
12 3.3 6.03 3.65 6.59

 

 

TERAPIA

L'atteggiamento terapeutico dipende da una serie di variabili che comprendono la valutazione clinica, ormonale, funzionale e dall'apporto iodico ambientale. L'approccio medico farmacologico dipende dalla patogenesi dell'iperplasia ghiandolare.

  • In caso di deficit iodico severo, supplementazione iodica secondo i parametri stabilita dall'OMS.
  • In caso di voluminoso gozzi da disormonogenesi non responsiva alla terapia medica è indicata la terapia chirurgica.
  • Per quanto concerne il gozzo tossico diffuso e la tiroidite cronica autoimmune si rimanda ai relativi capitoli.

 

 

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Carlo Cappelli
Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina Interna, Spedali Civili di Brescia

 

Gozzo multinodulare
Il TSH è il principale, anche se non unico, fattore che regola la proliferazione e funzione delle cellule tiroidee. Nei paesi iodio-carenti il deficit di iodio rappresenta la principale causa predisponente allo sviluppo di gozzo multinodulare. Il meccanismo principale attraverso il quale la carenza iodica porta alla formazione del gozzo è legato ad una iniziale riduzione della sintesi degli ormoni tiroidei che causano una maggiore increzione di TSH. Il cronico stimolo tireotropinico indurrà ipertrofia e iperplasia dei follicoli.
Un complesso network di vie TSH-dipendenti ma anche indipendenti dirette sulla crescita e funzione delle cellule follicolari tiroidee svolge un ruolo nel processo di goitrogenesi, qualunque sia la causa della diminuita concentrazione di iodio intra-ghiandolare. In particolare, numerosi fattori di crescita, derivanti sia dal circolo sanguigno sia da secrezioni autocrine e paracrine, regolano la proliferazione e differenziazione delle cellule tiroidee (1). A questo proposito è stata dimostrata la presenza sulle cellule follicolari di recettori per fattori stimolanti la crescita, come l’epidermal growth factor (EGF), l’insulin-like growth factor (IGF-1 e IGF-2), o di fattori inibenti quale il transforming growth factor ß (TGF ß) (1). Mutazioni somatiche monoclonali di cellule ad elevata capacità di metabolizzare lo iodio daranno origine a formazioni funzionanti (noduli “caldi”), mentre l’espansione di cloni a bassa o nulla capacità daranno origine a noduli non funzionanti (noduli “freddi”) (2).

 

Mutazioni genetiche del recettore per TSH
Mutazioni somatiche per il recettore del TSH (TSH-R) si riscontrano nel 30-80% dei pazienti affetti da adenoma autonomo (M. di Plummer):

  • mutazioni attivanti il gene del TSH-R causano una sua attivazione costitutiva con proliferazione clonale
  • mutazioni del gene Gs-alfa causano una attivazione costitutiva dell’adenilato-ciclasi con conseguente proliferazione clonale.

 

Adenomi follicolari
Mutazioni puntiformi dei proto-oncogeni H-ras, K-ras e N-ras sono stati identificati sia negli adenomi che carcinomi follicolari (3-7).

 

La teoria del gozzo nodulare come patologia delle cellule staminali
Cellule staminali totipotenti sono state recentemente individuate nel tessuto tiroideo, indipendentemente dall’età del soggetto (8).
In vitro si è evidenziato come la loro potenziale proliferazione e sdifferenzazione sia sotto stretto controllo ed in equilibrio tra processi di apoptosi e fattori di crescita. L’aumento dei processi apoptotici o l’eccessivo stimolo proliferativo può alterare la fine regolazione di questo equilibrio, così da indurre proliferazione delle cellule staminali e trasformazione in cellule progenitrici differenziate, base per lo sviluppo di formazioni nodulari (9).

 

 

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  9. Frisch SM, Francis H. Disruption of epithelial cell-matrix interactions induces apoptosis. J Cell Biol 1994, 124: 619-26.
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Marco Chianelli
UOC Endocrinologia, Ospedale Regina Apostolorum, Albano Laziale, Roma

 

Il gozzo multinodulare normofunzionante è una condizione frequente dell’età avanzata, che può determinare segni e sintomi compressivi cervicali con vario grado di disfagia e/o dispnea, anche severi. La terapia di elezione in questa patologia è la tiroidectomia, che consente la risoluzione immediata della compressione, in modo definitivo, e anche la diagnosi di eventuali focolai di carcinoma tiroideo. A causa delle dimensioni aumentate e del prolungato tempo operatorio, tuttavia, l’intervento può essere  gravato da una maggiore frequenza di complicanze locali. I pazienti portatori di questa patologia, inoltre, sono frequentemente affetti da comorbilità, che sconsigliano o controindicano l’intervento chirurgico.
Una possibile alternativa è la terapia medico-nucleare, basata sull’uso dello iodio-131 (131I). La terapia citoriduttiva medico-nucleare è molto ben tollerata, non determina effetti sistemici. È semplice ed economica e può essere effettuata in regime ambulatoriale, compatibilmente con i limiti imposti dalla normativa radioprotezionistica. Può essere ripetuta se necessario. Evita i possibili effetti collaterali della terapia chirurgica (1,2).

 


MODALITÀ STANDARD

Note metodologiche
Per questa indicazione lo 131I viene utilizzato a bassa attività/grammo di tessuto tiroideo (dose assorbita di radiazioni: 100 Gy), allo scopo di ridurre la possibilità di effetti collaterali locali, particolarmente importante in questo gruppo di pazienti in cui esistono già effetti compressivi (3).
Secondo la normativa vigente in Italia, la terapia può essere effettuata in regime ambulatoriale se l'attività da somministrare non supera i 600 MBq (16.2 mCi) (4).
I pazienti non necessitano di preparazione, tranne una dieta povera di iodio nei 10 giorni precedenti la terapia e l'evitare l'assunzione di farmaci contenenti iodio e mezzi di contrasto organo-iodato per un tempo idoneo, variabile in base al composto (vedi tutto sul radioiodio).

 

Risultati attesi
Nei pazienti con gozzo di medie dimensioni (fino a 100 cc), la terapia citoriduttiva con radioiodio determina una riduzione di volume della tiroide pari a circa il 25% dopo 3-6 mesi, per raggiungere il 50% dopo un anno e arrivare fino al 60% dopo 3-5 anni. Una seconda dose di 131I, se necessaria, determina un effetto aggiuntivo. Per gozzi di elevate dimensioni (> 100 cc), l’effetto citoriduttivo atteso è minore (circa 30-40% a un anno) e si riduce all’aumentare delle dimensioni iniziali. Nel gozzo semplice l’effetto citoriduttivo è maggiore rispetto a quello osservato nel gozzo nodulare. In oltre il 75% dei pazienti si ottiene un significativo miglioramento dei sintomi compressivi e della funzionalità respiratoria (5).

 

Effetti indesiderati
Raramente il paziente lamenta nausea, ma nei pazienti a rischio è indicata l’assunzione di gastro-protettori (ranitidina 150 1 cp x 2/die per una settimana, iniziando il giorno precedente la terapia con 131I).
Si può verificare ipertiroidismo transitorio da tiroidite attinica (nel 3-5% dei casi), a causa della immissione in circolo degli ormoni tiroidei preformati in seguito al danno cellulare; più raramente ipertiroidismo autoimmune (5%) di lunga durata.
Non è descritto in letteratura un significativo aumento del volume tiroideo conseguente alla terapia con 131I, molto temuto in questi pazienti: uno studio del 1995 ha riportato a 7 giorni dalla terapia un aumento di volume massimo pari al 4% (3,6).
Raramente può insorgere lieve dolenzia cervicale, tipicamente qualche giorno dopo il trattamento, responsiva ai comuni farmaci anti-infiammatori.
L'ipotiroidismo può insorgere dopo circa un anno nel 20% dei pazienti ed entro 6-8 anni nel 30-40% dei pazienti trattati (7).

 

Monitoraggio dopo la terapia
I pazienti dovranno essere monitorati per la verifica del successo terapeutico e per l’insorgenza di possibili effetti collaterali.
Nelle prime settimane dovrà essere monitorata la comparsa di effetti collaterali precoci (dolore ed ipertiroidismo).
Si consiglia una frequente valutazione dello stato funzionale tiroideo nei primi mesi (30 giorni dopo il trattamento e poi ogni 2-3 mesi in base ai risultati) e una volta all’anno dopo i primi 12 mesi, anche nei pazienti eutiroidei. Il monitoraggio della funzione tiroidea, almeno una volta l’anno, deve continuare indefinitamente per la possibile comparsa di ipotiroidismo anche molti anni dopo la terapia (8).
E’ opportuno eseguire una TC del collo di controllo dopo 6-12 mesi, per verificare l’effetto citoriduttivo e la decompressione locale, valutando il diametro traverso della trachea, ed eventualmente pianificare un successivo trattamento, consigliabile nel caso in cui non si verifichino  riduzione clinicamente significativa del volume dopo 6 mesi.

 

Controindicazioni
Le uniche controindicazioni alla terapia con 131I sono la gravidanza e l’allattamento.
La presenza di noduli sospetti per malignità è una precisa indicazione alla tiroidectomia totale.

 

Limiti della terapia citoriduttiva medico-nucleare
Al momento della dimissione i pazienti avranno una residua attività circolante di 131I e dovranno seguire scrupolosamente istruzioni radioprotezionistiche per limitare l’esposizione a radiazioni ionizzanti al pubblico e ai familiari; ciò può comportare limitazioni dell'attività sociale e/o lavorativa. La terapia medico-nucleare non può essere eseguita in pazienti non in grado di seguire tali raccomandazioni (vedi tutto sul radioiodio).
Poichè gli effetti della terapia medico nucleare si ottengono dopo vari mesi, la terapia con 131I non è consigliabile nei pazienti con gravi effetti compressivi, in cui sia indicato un effetto decompressivo rapido.
L’efficacia di questo tipo di terapia, infine, è limitata dalla captazione del radioiodio: solo le aree tiroidee captanti subiscono gli effetti dell’irraggiamento; l’efficacia, pertanto, sarà minore nei gozzi disomogenei, con estese aree non captanti, e limitata alle sole aree captanti.

 


CON UTILIZZO DI rhTSH
Per superare i limiti della terapia citoriduttiva con 131I, è stato recentemente proposto l’impiego del rhTSH perchè la somministrazione del rhTSH aumenta la captazione del 131I, anche nelle aree scarsamente captanti.
A tutt’oggi l’uso del rhTSH per questa indicazione è off label e deve essere impiegato in studi sperimentali dopo autorizzazione del comitato etico, o nel singolo paziente, dopo consenso informato sotto la responsabilità del medico che effettua la somministrazione.

 

Vantaggi
L’impiego del rhTSH, consente il trattamento medico-nucleare in regime ambulatoriale anche di pazienti che, a causa della scarsa captazione avrebbero necessitato di ricovero protetto per le elevate dosi necessarie. Esempio: se un paziente ha una bassa captazione del 131I a 24 ore (20%) e la sua tiroide pesa 60 g, per ottenere una concentrazione di 131I pari a 100 µCi/g è necessario somministrare 30 mCi di 131I (il 20% di 30 mCi è pari a 6 mCi, dose captata dalla tiroide, che, per 60 g di tiroide corrispondono a 100 µCi/g). Per somministrare 30 mCi di 131I è necessario il ricovero ospedaliero in ambiente protetto. Se il paziente viene pre-trattato con rhTSH, si ottiene un aumento della captazione del 131I di circa il 100%; dopo stimolo, pertanto, la captazione del 131I sarà di circa il 40%; per ottenere la stessa concentrazione intra-tiroidea del radioiodio, pertanto, sarà possibile somministrare al paziente solo 15 mCi, compatibili con il trattamento ambulatoriale. La riduzione dell'attività somministrata, infine, determina una netta riduzione dell'esposizione alle radiazioni ionizzanti, con riduzione del rischio e semplificazione delle norme radioprotezionistiche.
La riduzione di volume complessiva ottenuta dopo somministrazione di rhTSH, inoltre, è maggiore, in quanto rispondono al trattamento anche i noduli che, di base, sono scarsamente captanti. L’uso del rhTSH determina una riduzione di volume dal 35 al 56% maggiore rispetto all’uso del 131I senza stimolo con rhTSH. (3,9,10). In contrasto con quanto avviene con il solo 131I, l’effetto citoriduttivo dopo rhTSH aumenta all’aumentare delle dimensioni del gozzo.

 

Effetti collaterali
L’effetto collaterale più temuto è il transitorio aumento di volume tiroideo, che si può verificare 24-48 ore dopo la somministrazione di rhTSH in circa il 20% dei pazienti. Tale effetto è dose-dipendente: pari al 35% per 0.9 mg rhTSH, 24% per 0.3 mg rhTSH, e 10% for 0.1 mg rhTSH (9,11).
L'aumento di volume, dovuto a edema tiroideo, è sensibile alla somministrazione di cortisone, che può essere somministrato preventivamente nei pazienti a maggior rischio (betametasone 4 mg per via e.v. prima della terapia, da ripetere 24 e 48 ore dopo).
Un altro effetto che si verifica frequentemente è un transitorio ipertiroidismo, conseguente alla stimolazione della produzione di ormoni tiroidei indotta dal rhTSH. Inizia 4-8 ore dopo la somministrazione, raggiunge il massimo 24-48 ore dopo, per normalizzarsi entro 3 settimane. Dosi di rhTSH pari a 0.1 mg determinano un aumento della produzione di ormoni tiroidei contenuta entro i limiti della norma nella maggior parte dei pazienti (12), in assenza di significativi effetti cardiovascolari (13).

 

Note metodologiche
Nonostante non esista un protocollo riconosciuto e condiviso, sono stati ottenuti numerosi dati. Una dose di rhTSH tra 0.1 e 0.03 mg aumenta la captazione di circa il 100%; l’impiego di 0.1 mg sembra dare risultati maggiormente riproducibili. Dosi superiori, fino a 0.3 mg, sono state impiegate ma con scarso incremento della captazione tiroidea del 131I, a scapito di un significativo aumento degli effetti collaterali (14).
Il rhTSH somministrato 24-48 ore prima della dose terapeutica di 131I consente il massimo aumento della captazione. Il protocollo attualmente più consigliabile si basa sulla somministrazione di 0.1 mg di rhTSH seguito, 24 ore dopo, dalla somministrazione di una dose diagnostica di 131I per scintigrafia e captazione e, 48 ore dopo, dalla somministrazione di una dose terapeutica di 131I, tipicamente calcolata per ottenere una concentrazione di 100-120 µCi/g di tessuto tiroideo.

 


BIBLIOGRAFIA

  1. AACE/AME/ETA Thyroid Nodule Guidelines. Endocr Pract 2010, 16 (Suppl 1): 1-43.
  2. Royal College of Physicians. Radioiodine in the management of benign thyroid disease: clinical guidelines. Report of a Working Party. London: RCP, 2007.
  3. Bonnema SJ, Bertelsen H, Mortensen J, et al. The feasibility of high dose iodine 131 treatment as an alternative to surgery in patients with a very large goiter: effect on thyroid function and size and pulmonary function. J Clin Endocrinol Metab 1999, 84: 3636–41.
  4. Raccomandazioni procedurali per la terapia medico nucleare. AIMN 2012.
  5. Nygaard B, Hegedus L, Gervil M, et al. Radioiodine treatment of multinodular non-toxic goitre. BMJ 1993, 307: 828–32.
  6. Nygaard B, Faber J, Hegedus L. Acute changes in thyroid volume and function following 131I therapy of multinodular goitre. Clin Endocrinol (Oxf) 1994, 41: 715–8.
  7. Bonnema SJ, Nielsen VW, Hegedus L. Long-term effects of radioiodine on thyroid function, size and patient satisfaction in non-toxic diffuse goitre. Eur J Endocrinol 2004 150: 439–45.
  8. Association for Clinical Biochemistry, British Thyroid Foundation and British Thyroid Association. UK guidelines for thyroid function tests.
  9. Nielsen VE, Bonnema SJ, Boel-Jorgensen H, et al. Stimulation with 0.3-mg recombinant human thyrotropin prior to iodine 131 therapy to improve the size reduction of benign nontoxic nodular goiter: a prospective randomized double-blind trial. Arch Intern Med 2006, 166: 1476-82.
  10. Silva MN, Rubio IG, Romao R, et al. Administration of a single dose of recombinant human thyrotrophin enhances the efficacy of radioiodine treatment of large compressive multinodular goitres. Clin Endocrinol (Oxf) 2004, 60: 300-8.
  11. Nielsen VE, Bonnema SJ, Hegedus L. The effects of recombinant human thyrotropin, in normal subjects and patients with goitre. Clin Endocrinol (Oxf) 2004, 61: 655-63.
  12. Nieuwlaat WA, Huysmans DA, van den Bosch HC, et al. Pretreatment with a single, low dose of recombinant human thyrotropin allows dose reduction of radioiodine therapy in patients with nodular goiter. J Clin Endocrinol Metab 2003, 88: 3121-9.
  13. Barca MF, Gruppi C, Oliveira MT, et al. Cardiovascular assessment of hyperthyroid patients with multinodular goiter before and after radioiodine treatment preceded by stimulation with recombinant human TSH. Endocrine 2007, 32: 175-81.
  14. Fast S, Nielsen VE, Bonnema SJ, et al. Time to reconsider nonsurgical therapy of benign non-toxic multinodular goitre: focus on recombinant human TSH augmented radioiodine therapy. Eur J Endocrinol 2009, 160: 517-28.
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Marco Cappa & Carla Bizzarri
Unità Operativa Complessa di Endocrinologia e Diabetologia, Dipartimento Pediatrico Universitario-Ospedaliero, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma

 

Epidemiologia
I noduli tiroidei in età pediatrica ed adolescenziale sono globalmente rari, con una prevalenza stimata tra 0.05% e 1.8%. Essi risultano però maligni in una percentuale significativamente maggiore rispetto all’età adulta (fino al 25% dei casi); di conseguenza, richiedono una valutazione attenta e un iter diagnostico più aggressivo di quello proposto di solito nell'adulto.

 

Ipotesi diagnostiche da considerare in caso di nodulo tiroideo in un bambino

La caratterizzazione clinica ed eziologica dei noduli tiroidei esorditi in età pediatrica manca di studi ampi e controllati e la maggior parte dei lavori si sono focalizzati sulle due patologie maligne più frequenti: i carcinomi differenziati (papillare e follicolare), mentre esistono pochi dati sugli altri istotipi.
L'irradiazione del collo (es. l'irradiazione a mantellina utilizzata nel linfoma di Hodgkin) predispone sia ai noduli benigni che al cancro della tiroide.
Il nodulo dolente ad insorgenza improvvisa deve far pensare alla tiroidite subacuta o acuta suppurativa o al sanguinamento intra-lesionale di una lesione cistica.
L'incluso timico all'interno della tiroide appare come una lesione nodulare. Esso è in genere un rilievo occasionale nei bambini sottoposti a ecografia del collo, non richiede di per sè alcun trattamento, nè un monitoraggio specifico, ma per la diagnosi differenziale è spesso rischiesto l'agoaspirato.
Il teratoma della tiroide è una lesione rara, di solito si riscontra nel neonato e ha un comportamento benigno, anche se sono stati segnalati foci di cellule maligne all'interno della lesione.

 

Tiroidite autoimmune e noduli tiroidei
I dati sull’incidenza di noduli tiroidei e cancro della tiroide nei pazienti con tiroidite autoimmune riguardano quasi esclusivamente l’età adulta, con una prevalenza riportata nei diversi studi variabile tra l’1% e il 30%. Uno studio recente (1) ha preso in esame la relazione tra tiroidite autoimmune, cancro e noduli tiroidei in un'ampia casistica pediatrica. La presenza di noduli tiroidei veniva riscontrata in 115 su 365 patienti con tiroidite autoimmune (31.5%): 69 soggetti (60%) presentavano un nodulo solitario e 46 soggetti (40%) avevano noduli multipli, 38 noduli erano palpabili (33%). Undici casi di carcinoma papillare venivano diagnosticati mediante esame istologico, dopo aver eseguito la tiroidectomia totale, 5 di essi erano associati a metastasi linfonodali. Otto pazienti presentavano un cancro multifocale e 3 pazienti un cancro unifocale. La prevalenza del sesso maschile era significativamente più elevata nei pazienti con cancro, rispetto a quelli con tiroidite autoimmune (odds ratio: 2.95). Il rilievo di linfoadenopatia ed incremento del volume nodulare in corso di terapia con levotiroxina era significamente più frequente nei pazienti con cancro della tiroide, rispetto ai pazienti con una lesione benigna. La multinodularità all'ecografia era significativamente più frequente dell'uninodularità nei pazienti con cancro.

 

Diagnosi
Le indagini di primo livello sono le stesse proposte nell’età adulta (TSH, FT4, Ab anti-tireoperossidasi, Ab anti-tireoglobulina, ecocolordoppler della ghiandola tiroidea). Anche i criteri anamnestici, clinici ed ecografici di sospetta malignità sono sostanzialmente simili (tabella).

 

Fattori di rischio per malignità del nodulo tiroideo
Anamnestici Accrescimento rapido del volume nodulare
Pregressa esposizione del collo a radiazioni
Età < 6 anni
Storia familiare positiva per carcinoma midollare o per MEN
Clinici Nodulo solitario
Linfoadenomegalia associata
Consistenza dura
Aderenza ai tessuti circostanti

 

Un nodulo tiroideo in un bambino va sempre sottoposto ad ago-aspirato anche se non è ancora stata definita la dimensione minima che renda tecnicamente possibile l’esame. Ci si attiene in generale alle stesse indicazioni/linee guida proposte per l’età adulta. In caso di bambini piccoli o comunque non collaboranti può essere necessario effettuare l’esame in sedazione.
La scintigrafia tiroidea è invece scarsamente utilizzata, in quanto noduli benigni possono non concentrare il radioisotopo (essere cioè freddi), mentre alcuni carcinomi papilliferi possono risultare ipercaptanti (caldi)(2,3).

 

Bibliografia essenziale

  1. Corrias A, Cassio A, Weber G, et al. Thyroid nodules and cancer in children and adolescents affected by autoimmune thyroiditis.Arch Pediatr Adolesc Med 2008, 162: 526–31.
  2. Tfayli HM, Teot LA, Indyk JA, Witchel SF. Papillary  thyroid  carcinoma in an autonomous hyperfunctioning   thyroid  nodule:   case report and review of the literature. Thyroid 2010, 20: 1029-32.
  3. Damle N, Gupta S, Kumar P, Mathur S, Bal C. Papillary carcinoma masquerading as clinically toxic adenoma in very young children. J Pediatr Endocrinol Metab 2011, 24: 1051-4.