NET non secernenti
Scheda vaptani
Marco Faustini Fustini
Pituitary Unit, IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna
Meccanismo d’azione
I vaptani sono molecole di sintesi - antagonisti non peptidici dei recettori della vasopressina – che hanno in comune la capacità di bloccare in maniera competitiva il legame tra l’ormone arginin-vasopressina (AVP) e il suo recettore, situato sulla membrana delle cellule del dotto collettore renale (recettore V2), inibendo la sintesi e il trasporto delle proteine che compongono i canali acquaporina-2 (AQP2), situati nella membrana apicale delle cellule del dotto collettore. Il risultato del blocco recettoriale è l’inibizione dell’assorbimento di acqua libera attraverso i canali AQP2, con conseguente aumento del volume urinario ed emissione di urine ipotoniche e, in ultima analisi, incremento della sodiemia. Pertanto, a differenza dei diuretici, che aumentano anche l’escrezione di elettroliti, i vaptani sono acquaretici puri.
Un particolare vaptano, il conivaptan, per uso ev autorizzato da FDA ma non da EMA, è un antagonista non selettivo dei recettori per AVP, che quindi possiede anche un’attività antagonista sui recettori V1a di AVP, situati soprattutto sulle cellule muscolari lisce del sistema vascolare, il cui blocco parziale può favorire la vasodilatazione.
Indicazioni
In considerazione dell’effetto acquaretico dei vaptani, sarebbe ovvio ipotizzarne l’impiego in tutte le condizioni caratterizzate da un eccesso di acqua corporea totale rispetto ai soluti totali dell’organismo – e che si associano, conseguentemente, a iponatremia – qualora si accompagnino a espansione dello spazio extra-cellulare, clinicamente evidente (come avviene, ad esempio, nello scompenso cardiaco congestizio e nella cirrosi epatica con ascite) o no (come nella sindrome da inappropriata antidiuresi, SIAD, nella quale il paziente è clinicamente euvolemico, cioè non ha né edemi nè segni di deplezione del volume extra-cellulare). In realtà, studi clinici controllati hanno confermato l’efficacia e il beneficio dei vaptani soprattutto nella SIAD associata a iponatremia lieve-moderata, mentre rimane qualche dubbio sul reale beneficio – soprattutto in termini di riduzione della mortalità - nelle condizioni in cui l’iponatremia si associa a incremento del volume extra-cellulare clinicamente evidenziabile, ossia con edemi.
In Europa - Italia compresa - l’unico vaptano disponibile è il tolvaptan, che trova indicazione, per il momento, solamente nell’iponatremia ipotonica secondaria a SIAD.
Controindicazioni
Iponatremia ipotonica associata a deplezione del volume extra-cellulare (iponatremia ipovolemica) e tutti gli altri stati d’ipovolemia.
Inoltre, il tolvaptan non è indicato nei casi in cui non vi sia la possibilità di un’attiva collaborazione del paziente.
Altre controindicazioni sono: anuria, ipernatremia, ipersensibilità al farmaco, gravidanza, allattamento.
Preparazioni, via di somministrazione, posologia
L’unico vaptano disponibile in Europa è il tolvaptan - un antagonista selettivo del recettore V2 di AVP, per somministrazione orale. Sono disponibili compresse da 7.5, 15, 30, 45 e 60 mg (Samsca, Jinarc, tolvaptan Accord, tolvaptan TEVA).
La dose iniziale consigliata è di 15 mg/die in unica somministrazione, preferibilmente di mattina. In realtà, in alcuni casi potrebbe essere sufficiente una dose inferiore (7.5 mg/die), ma la scheda tecnica per il momento non prevede una simile posologia, poiché non esistono studi clinici controllati che abbiamo impiegato questa dose giornaliera di farmaco. Pertanto, l’uso di tolvaptan alla dose di 7.5 mg/die è da considerarsi off-label.
Precauzioni
Il paziente deve essere vigile e cosciente, collaborare, essere in grado di avvertire il senso della sete e avere libero accesso all’acqua.
Poiché il farmaco determina un aumento del volume urinario, va assunto preferibilmente di mattina.
La titolazione della dose va eseguita con attenzione, soprattutto la prima settimana di trattamento, mediante dosaggi frequenti della sodiemia.
Grande cautela nei pazienti affetti da malattie epatiche, sebbene le segnalazioni di un aggravamento serio della funzione epato-cellulare siano state riportate finora solamente in una categoria particolare di pazienti, che usavano dosaggi elevati di tolvaptan con indicazioni non previste in Europa.
Effetti collaterali
Sono stati segnalati incrementi troppo rapidi della sodiemia in corso di trattamento con tolvaptan. Occorre, pertanto, essere particolarmente attenti nella fase iniziale di titolazione della dose.
Limitazioni prescrittive
Classe H, prescrizione medica limitativa (RNRL), da rinnovare volta per volta, vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri o di specialisti endocrinologo, nefrologo, oncologo.
Sottoposto a monitoraggio AIFA da settembre 2014.
Ipersodiemia
Marco Faustini Fustini
IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, Ospedale Bellaria, Bologna
(aggiornato al 10 dicembre 2015)
Definizione e fisiopatologia
L’ipersodiemia (sodio sierico > 145 mmol/L) è un disordine iperosmolare caratterizzato da un deficit di acqua rispetto ai soluti corporei ed è sempre sinonimo d’iperosmolalità, poiché lo ione sodio è il principale costituente dell’osmolalità plasmatica (1). Al contrario, la condizione d’iperosmolalità può aversi anche in assenza d’ipersodiemia, quando un eccesso di soluti osmoticamente attivi diversi dal sodio si accumula in circolo, come accade in corso di coma iperglicemico iperosmolare.
Un altro concetto essenziale da ricordare è che l’ipersodiemia si associa sempre a disidratazione, ossia a perdita di acqua dal compartimento interstiziale e intra-cellulare. Infatti, quando si perde acqua dalla cute, dal tratto gastro-enterico o dal rene, l’ipertonicità che si crea nel compartimento extra-cellulare si trasferisce direttamente nel più ampio compartimento intra-cellulare. Se l’ipertonicità non è corretta e progredisce, l’impatto maggiore si avrà proprio sul compartimento intra-cellulare, che rappresenta la maggior riserva d’acqua dell’organismo, e in misura minore sul compartimento interstiziale. In altri termini, disidratarsi significa perdere acqua dalle cellule e stimolare la sete e la secrezione di AVP. Il sistema nervoso centrale è l’organo più sensibile alla disidratazione. Non stupisce, pertanto, che la confusione, le convulsioni e lo stato di coma rappresentino i sintomi e i segni neurologici più gravi cui può andare incontro il paziente.
Cause
La tabella evidenzia le cause, fra cui la perdita d’acqua corporea totale è certamente la più frequente.
Tabella 1 Cause di ipersodiemia |
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Da perdita d’acqua | Pura | Ridotto senso della sete (ipodipsia) Perdita insensibile (da cute e vie respiratorie) |
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Diabete insipido | Centrale (congenito o acquisito) | ||
Nefrogenico (congenito o acquisito) | |||
Perdita di fluidi ipotonici | Cause renali | Diuretici dell’ansa Diuresi osmotica Fase poliurica della necrosi tubulare acuta Diuresi post-ostruttiva |
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Cause gastro-intestinali | Vomito Diarrea Sondino naso gastrico Fistola entero-cutanea Uso di agenti catartici osmotici |
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Cause cutanee | Ustioni estese Iperidrosi marcata non bilanciata |
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Da aumento di sodio totale corporeo rispetto all’acqua (aumento di sodio “ipertonico”) | Infusione di soluzioni ipertoniche di bicarbonato di sodio Infusione di soluzioni saline ipertoniche Preparazioni ipertoniche per alimentazione artificiale Ingestione di acqua di mare Ingestione di cloruro di sodio in eccesso Emetici ricchi di cloruro di sodio Iniezioni intra-uterine di soluzioni ipertoniche Clistere con soluzione salina ipertonica Dialisi ipertonica |
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Aumentata attività mineralcorticoide | Iperaldosteronismo primario | ||
S. di Cushing |
Clinica, diagnostica e trattamento
La velocità d’insorgenza dell’ipernatremia – acuta se < 48 ore - può avere un ruolo nella scelta del trattamento appropriato e caratterizzare il quadro clinico, il quale, tuttavia, risente maggiormente dell’età del paziente.
Il bambino ipernatremico mostra debolezza muscolare, è spesso polipnoico, agitato, insonne, presenta non raramente un pianto stridulo con tonalità alta, per divenire poi letargico, convulsivante (raramente) e, infine, entrare in coma. La trombo-embolia è stata riportata come una rara ma temibile complicanza dell’ipernatremia, soprattutto nei bambini.
Il paziente anziano - probabilmente la maggior parte dei soggetti ipernatremici appartiene a questa categoria - spesso non presenta sintomi evidenti finchè la natremia non raggiunge 160 mmol/L. La sete, che costituisce il sintomo principale nel paziente ipernatremico cosciente, è talora poco evidente, soprattutto nel momento in cui l’ipernatremia progredisce e il paziente diviene debole e confuso. La riduzione acuta del volume cerebrale per disidratazione può comportare la rottura di vasi cerebrali e la conseguente emorragia subaracnoidea. Come nel bambino, l’ipernatremia non corretta può portare allo stato di coma e alla morte anche il paziente adulto. Nell’anziano la sintomatologia neurologica iniziale (debolezza muscolare, confusione mentale) può confondersi con la vasculopatia cerebrale cronica sottostante.
Nella gestione del paziente con ipernatremia sono potenzialmente utili parametri quali l’osmolalità urinaria, il bilancio idrico giornaliero e, seppure con alcune limitazioni, la secrezione urinaria giornaliera (24 ore) di sodio, quale indicatore indiretto dello stato di idratazione e del volume extra-cellulare. In realtà, dovrebbero essere considerate anche altre variabili, non sempre facili da acquisire al letto del malato, che, soprattutto se anziano, talora giunge in ospedale in stato confusionale e non accompagnato da familiari in grado di fornire informazioni utili: la temperatura corporea nei giorni antecedenti il ricovero, il tipo di dieta abituale (in particolare l’apporto idrico e di soluti), i farmaci assunti.
La ricerca della possibile causa dell’ipernatremia, la severità del quadro clinico e biochimico e la valutazione clinica dello stato del volume extra-cellulare sono i principi fondamentali che guidano la scelta del trattamento. Non esistono farmaci per il trattamento dell’ipernatremia e, quando ciò sia possibile, è preferibile utilizzare l’idratazione per bocca e riservare le soluzioni ipotoniche in infusione endovenosa solo ai casi severi, senza superare le 8-10 mmol/L di riduzione media della natremia nelle 24 ore, stante il rischio d’indurre edema cerebrale. La formula di Adrogue-Madias può essere utilmente impiegata, con cautela, allo scopo (2).
Deficit di acqua (in litri) = acqua totale corporea * [1–(140/sodiemia)]
L’acqua corporea è pari a una frazione del peso corporeo:
- bambino, uomo adulto = 0.6 * peso corporeo
- donna, uomo anziano = 0.5 * peso corporeo
- donna anziana = 0.45 * peso corporeo
(Esempio: donna di 70 anni e 60 kg con sodiemia di 158 mM/L, il deficit di acqua è pari a (0.45 * 60) * [1- (140/158)] = 3.1 L)
Variazione della sodiemia = [(sodio infuso + eventuale potassio infuso) – sodiemia]/(acqua totale corporea + 1)
Tabella 2 Sodio infuso |
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Soluzione | Na (mM/L) | Distribuzione extra-cellulare (%) |
Glucosata 5% | 0 | 40 |
0.2% NaCl in glucosata 5% | 34 | 55 |
Ipotonica (NaCl 0.45%) | 77 | 73 |
Ringer lattato | 130 | 97 |
Fisiologica 0.9% | 154 | 100 |
(Esempio: se nella stessa donna infondo glucosata 5%, la variazione della sodiemia è (0 – 158)/(0.45*60 + 1) = 5.6 mM/L)
Si possono poi distinguere 4 situazioni particolari, che comportano differenze nella gestione clinica.
- Paziente sintomatico che ha sviluppato l’ipernatremia in poche ore (ad esempio nelle forme iatrogene per infusione di soluzione salina ipertonica): la riduzione della natremia può essere più rapida (4-6 mmol/L nelle prime 4-6 ore di trattamento).
- Paziente ipernatremico che presenta anche segni clinici di deplezione del volume extra-cellulare: è verosimile che la causa sia una perdita di acqua libera e, in misura minore, di sodio, ossia una perdita di fluidi ipotonici (diuretici dell’ansa, vomito, diarrea, fistole entero-cutanee, …). In questo caso, è preferibile impiegare anche la soluzione salina 0.9% NaCl - oltre all’acqua libera per os o ev – allo scopo di stabilizzare rapidamente i segni vitali.
- Paziente ipernatremico senza segni clinici di alterato volume extra-cellulare: è probabile che la causa sia da ricercare nella perdita di acqua libera (ipodipsia, diabete insipido). In questo caso, il trattamento si limiterà a introdurre acqua libera (per bocca o ev).
- Paziente ipernatremico con segni clinici di espansione del volume extra-cellulare (edema): conviene pensare a un aumento di acqua libera e, in maggior misura, di sodio, come avviene nell’impiego di soluzioni ipertoniche. In questo caso, è utile utilizzare diuretici dell’ansa assieme all’acqua libera e, se questo trattamento combinato non sortisce effetti, considerare l’emodialisi.
Bibliografia
- Verbalis JG. Disorders of body water homeostasis. Best Pract Res Endocrinol Metab 2003, 17: 471-503.
- Adrogue HJ, Madias NE. Hypernatremia. N Engl J Med 2000, 342: 1493-9.
SIAD e CWS
Marco Faustini Fustini
IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna (ISNB), Ospedale Bellaria
(aggiornato al 10 dicembre 2015)
Premesse
L’iponatremia (sodiemia < 135 mmol/L) è il disordine elettrolitico più frequente nella pratica clinica. L’inquadramento generale delle condizioni morbose in grado di produrre iponatremia esula dagli scopi di questo paragrafo ed è stata ampiamente considerata in altre parti di Endowiki. Qui s’intende portare l’attenzione su una questione ancora ampiamente dibattuta e non ancora risolta nell’ambito dell’iponatremia: la diagnosi differenziale tra la sindrome da inappropriata antidiuresi (SIAD, nota anche con l’acronimo SIADH, sindrome da inappropriata secrezione di ADH) e la “cerebral salt wasting syndrome” (CSWS). In realtà, il problema è ancora più complesso, dal momento che alcuni autori consigliano di sostituire il termine “cerebral” con “renal”, essendo stati riportati alcuni casi di iponatremia con le caratteristiche della CSWS, ma in pazienti senza patologie del SNC in atto documentabili. Tralasciando le questioni semantiche, dal punto di vista pratico va, comunque, ricordato che tutta questa questione è sorta per la difficoltà di attuare il trattamento più idoneo nei pazienti che sviluppano iponatremia ipotonica associata a patologie del SNC, quali emorragie subaracnoidee, traumi, chirurgia cerebrale, chirurgia trans-sfenoidale, voluminosi tumori cerebrali con o senza idrocefalo. La mancanza di studi prospettici controllati rende ragione della difficoltà a trarre conclusioni basate su solide evidenze scientifiche. Esiste, tuttavia, un accordo quasi unanime nel ritenere la SIAD assai più frequente della CSWS quale causa d’iponatremia di origine “centrale”.
Le iponatremie di origine “centrale”
Le iponatremie di origine “centrale” sono essenzialmente riconducibili a due condizioni: la SIAD e la CSWS. Esse si caratterizzano, soprattutto, per il differente stato del volume del fluido contenuto nel compartimento extra-cellulare (CEC), che è lievemente aumentato nella SIAD (in cui, comunque, il paziente rimane clinicamente euvolemico), mentre risulta essere ridotto nella CSWS (in cui si ha anche una riduzione del volume arterioso efficace a stimolare i barocettori dei grandi vasi intra-toracici).
SIAD. Fu inizialmente descritta (nel 1957) come sindrome paraneoplastica in pazienti con carcinoma polmonare in assenza di uno stimolo fisiologico alla secrezione di ormone antidiuretico (aumentata osmolalità plasmatica o ridotta volemia). In generale, si caratterizzata per iponatremia con ipo-osmolalità plasmatica e urine inappropriatamente concentrate (ossia non diluite in maniera massimale: Uosm > 100 mOsm/kg H2O in presenza di normale funzione renale), aumentate concentrazioni di sodio nell’urina (> 40 mmol/L con dieta normosodica) e volume intra-vascolare normale o lievemente aumentato (per lo stato di espansione del volume extra-cellulare, che tuttavia non è evidente dal punto di vista clinico), in assenza di altre cause note di iponatremia ipotonica euvolemica (ipotiroidismo, iposurrenalismo).
CSWS. Come la SIAD, anche la CSWS è caratterizzata dal punto di vista bioumorale dalla triade costituita da iponatremia con ipo-osmolalità plasmatica, urine inappropriatamente concentrate (Uosm > 100 mOsm/kg H2O) e aumentate concentrazioni di sodio nell’urina (> 40 mmol/L). Contrariamente a quanto si rileva nella SIAD, tuttavia, la CSWS si accompagna a uno stato di deplezione del volume extra-cellulare, che solitamente è tale da rendersi evidente anche dal punto di vista clinico con segni d’ipovolemia (caduta della pressione arteriosa e del polso periferico in ortostatismo, mucose secche, vene periferiche appiattite, …). Si tratta, pertanto, di una forma d’iponatremia ipotonica ipovolemica. La presenza d’iponatremia ipotonica e d’ipovolemia clinicamente evidente indica deplezione dei soluti corporei rispetto all’acqua corporea totale. La concentrazione urinaria elevata di sodio suggerisce l’origine renale della perdita di soluti. Nel caso, invece, d’iponatremia ipotonica ipovolemica da perdita extra-renale di soluti, la sodiuria è ridotta. La riduzione del volume intra-vascolare si accompagna a elevazione dell’ematocrito, dell’albuminemia e del rapporto uremia/creatininemia.
Descritta inizialmente nel 1950 da Peters e coll, la CSWS conobbe in seguito un periodo di relativo declino dopo la scoperta della SIADH nel 1957. Negli anni ’80 e sul finire degli anni ’90, tuttavia, l’interesse fu riacceso da alcuni lavori sperimentali, condotti soprattutto in pazienti neurochirurgici affetti da patologie cerebrali a esordio acuto, in cui, a fronte di un quadro biochimico simile a quello riscontrato nella SIADH, si riscontrava uno stato di contrazione del volume extra-cellulare e della volemia, in alcuni casi documentato anche dalla misurazione della pressione venosa centrale.
I meccanismi patogenetici responsabili dell’aumentata escrezione renale di Na+ che si realizza nella CSWS non sono stati completamente chiariti. Alcune evidenze sperimentali (raccolte soprattutto nell’emorragia subaracnoidea) indicano la secrezione di peptidi natriuretici (soprattutto BNP) come maggior responsabile della natriuresi nella CSWS. Questi peptidi riducono il riassorbimento di Na+ a livello della midollare profonda del dotto collettore. Tuttavia, sono stati proposti altri meccanismi. In particolare, sembra poter avere un ruolo importante l’interruzione di fibre simpatiche centrali dirette al rene da parte della noxa patogena acuta. Il ridotto tono simpatico al rene potrebbe causare un ridotto riassorbimento di sodio e urati a livello prossimale. Infatti, poiché questa porzione del nefrone è quella coinvolta nella maggior parte del riassorbimento tubulare del Na+ filtrato, è sufficiente una minima riduzione di efficacia di questo meccanismo per fare giungere grandi quantità di Na+ al nefrone distale, che non sarà in grado di riassorbirle. La natriuresi senza perdita di potassio si spiega anche per la ridotta secrezione di renina e aldosterone che accompagna la CSWS, forse per effetto inibitorio diretto da parte di peptidi natriuretici o forse per azione indiretta mediata dal ridotto tono simpatico. Infatti, la condizione d’ipovolemia che caratterizza la CSWS dovrebbe stimolare sia il sistema renina-angiotensina-aldosterone (che, invece, rimane soppresso), sia - tramite i barocettori - la secrezione di AVP, che in effetti si realizza, ma in maniera “appropriata” (mentre nella SIAD è “inappropriata”, mancando sia lo stimolo osmotico sia lo stimolo barocettoriale, essendo presente uno stato di espansione del volume extra-cellulare).
Quadri clinici e diagnosi differenziale
Le iponatremie di origine “centrale” (SIAD e CSW), come tutte le altre forme di iponatremia ipotonica, determinano uno spostamento di acqua all’interno delle cellule, finchè non viene raggiunto un nuovo equilibrio osmotico. Questo fatto è particolarmente pericoloso per le cellule cerebrali, poiché la rigidità della scatola cranica limita lo spazio per l’espansione. Se l’iponatremia si sviluppa rapidamente, è elevato il rischio di edema cerebrale (encefalopatia iponatremica). D’altra parte, anche l’iponatremia che si sviluppa più lentamente può comportare rischi seri per il paziente, soprattutto nel caso di correzione troppo rapida (sindromi osmotiche demielinizzanti: mielinolisi pontina centrale e mielinolisi extra-pontina).
La sintomatologia può iniziare in maniera subdola con sintomi aspecifici (anoressia, nausea, crampi muscolari). Successivamente, compaiono sintomi da interessamento del SNC, che possono limitarsi a disorientamento, letargia, confusione, atassia, ma che possono anche progredire in un crescendo dall’esito talora fatale (tremori, agitazione, delirio, convulsioni, riflessi profondi iporeattivi, riflessi patologici, deficit focali neurologici, paralisi pseudo-bulbare, respiro di Cheyne-Stokes).
La tabella riassume le principali caratteristiche che differenziano SIAD e CSWS.
SIAD vs CSWS: diagnosi differenziale e terapia | ||
Caratteristiche cliniche e biochimiche | SIAD | CSWS |
Stato del volume extra-cellulare | Aumentato | Ridotto |
Volemia | Essenzialmente normale | Ridotta |
Cambiamenti posturali di PA e frequenza | Assenti | Presenti |
Membrane mucose | Normali | Secche |
Vene periferiche | Normali | Appiattite |
Pressione venosa centrale | Normale o lievemente aumentata | Ridotta |
Uricemia | Ridotta | Normale o ridotta |
Azotemia/creatininemia | Ridotta | Aumentata |
Ematocrito | Normale | Aumentato |
Albuminemia | Normale | Aumentata |
Potassiemia | Normale | Normale o aumentata |
Sodiuria | > 40 mmol/L | |
Osmolarità urinaria | > 100 mOsm/kg H2O | |
Bilancio idrico | In equilibrio o lievemente positivo | Negativo |
Bilancio del sodio | In equilibrio | Negativo |
Perdita di peso | Assente | Presente |
Trattamento | Restrizione idrica (casi pauci-sintomatici) Sol. NaCl 3% (sintomi severi) Vaptani (casi selezionati) |
Sol. salina (NaCl 0.9%) Sol. NaCl 3% (casi selezionati) |
Terapia
Dal momento che SIAD e CSWS si differenziano essenzialmente per il diverso stato del volume extra-cellulare, ne consegue che si rende assolutamente necessario una preventiva diagnosi differenziale tra le due forme di iponatremia “centrale” per impostare la corretta terapia. In entrambi i casi, comunque, prima di iniziare il trattamento, è necessario considerare soprattutto la severità della sintomatologia e la durata dell’iponatremia, mentre l’entità dell’iponatremia costituisce un dato forse meno importante, seppure certamente non secondario. Per il trattamento generale delle forme d’iponatremia acuta e cronica (e in particolare per la SIAD) si rimanda al relativo capitolo di Endowiki. In questa sezione, ci si limita a fornire alcuni ulteriori elementi di discussione nel caso di CSWS.
CSWS. Lo stato di deplezione del volume extra-cellulare richiede l’infusione di abbondante quantità di soluzione salina 0.9%. Il paziente è sintomatico, ma spesso, come nella SIAD, non si conosce la durata dell’iponatremia. In questi casi, il tasso di correzione dell’iponatremia non deve superare 6 mmol/L ogni 24 ore di trattamento. Si tratta di un cut-off ancora più restrittivo di quello che comunemente si utilizza per la SIAD e altre forme d’iponatremia ipotonica euvolemica, poiché, in presenza d’ipovolemia, è maggiore il rischio di sottostimare l’incremento della natremia in seguito alla terapia infusionale (in questo caso di soluzione salina 0.9% NaCl). Infatti, allorchè il volume circolante è ripristinato, lo stimolo fisiologico alla secrezione – appropriata – di AVP viene meno e il rene riacquista prontamente la capacità di eliminare un carico d’acqua, con conseguente rischio di una rapida impennata della natremia.
Per completezza d’informazione, va riferita anche la posizione - forse eccessivamente pragmatica - assunta da alcuni autori, i quali, scettici sulla reale esistenza della CSWS come entità nosologica a sè stante, consigliano di trattare tutti i pazienti con patologia del SNC associata a iponatremia ipotonica con soluzione ipertonica NaCl 3%, senza porsi il problema della diagnosi differenziale tra SIAD e CSWS.
Quando una malattia acuta del SNC si associa a CSWS, questa tende a mantenersi per diverse settimane. Pertanto, una volta ristabilito il volume intra-vascolare con soluzione salina, appena il paziente è in grado di assumere farmaci per via orale, è auspicabile l’uso di tavolette contenenti sale. È stato proposto da alcuni autori l’impiego combinato di fludrocortisone (0.1-0.3 mg/die) per accelerare la risoluzione dell’iponatremia in pazienti affetti da CSWS, ma mancano evidenze in grado di sostenere questa terapia per uso routinario.
Nei pazienti con CSWS è controindicato l’impiego degli antagonisti del recettore V2 di AVP (acquaretici puri), poichè l’ipovolemia peggiora per effetto della perdita renale di acqua libera.
Bibliografia
- Berendes E, Walter M, Cullen P, et al. Secretion of brain natriuretic peptide in patients with aneurismal subarachnoid Haemorrhage. Lancet 1997, 349: 245-9.
- Sterns RH, Silver SM. Cerebral salt wasting versus SIADH: what difference? J Am Soc Nephrol 2008, 19: 194-6.
- Palmer BF. Hyponatraemia in a neurosurgical patient: syndrome of inappropriate antidiuretic hormone secretion versus cerebral salt wasting. Nephrol Dial Transplant 2000, 15: 262-8.
- Maesaka JK, Miyawaki N, Palaia T, et al. Renal salt wasting without cerebral disease: diagnostic value of urate determinations in hyponatremia. Kidney Int 2007, 71: 822-6.
- Lee P, Jones GRD, Center JR. Successful treatment of adult cerebral salt wasting with fludrocortisone. Arch Intern Med 2008, 168: 325-6.
Iperfosfatemia
Andrea Guarnieri
SC Nefrologia e Dialisi - AO S. Croce e Carle – Cuneo
CLINICA
In letteratura mancano dati che individuano la concentrazione sierica di fosfato che si accompagna alla comparsa di sintomi. Nei pazienti con insufficienza renale cronica è infrequente la presenza di disturbi per valori < 7 mg/dL.
L’iperfosfatemia è generalmente asintomatica; occasionalmente i pazienti possono manifestare sintomi da ipocalcemia, quali crampi, tetania, intorpidimento o formicolio peri-orale, più raramente dolori osteo-articolari, prurito ed eruzioni cutanee. I sintomi più frequentemente accusati sono quelli relativi alla condizione causa di iperfosfatemia, il più delle volte l’uremia: affaticamento, dispnea, anoressia, nausea e vomito, disturbi del sonno.
Nell’iperfosfatemia acuta, causata in particolare dalla somministrazione parenterale di fosfato, il paziente può essere ipoteso o manifestare segni di ipocalcemia grave, quali segno di Trousseau o di Chvostek, iper-reflessia, spasmo carpo-pedalico o convulsioni.
EZIOPATOGENESI
L’iperfosfatemia può manifestarsi in due condizioni:
- entrata nei liquidi extra-cellulari di fosfato in eccesso rispetto alla quantità che può essere eliminata;
- aumento della soglia renale per l’escrezione del fosfato.
Le cause sono riassumibili in quattro circostanze: carico acuto di fosfato, passaggio acuto di fosfato nello spazio extra-cellulare, danno renale acuto o cronico, incremento primario del riassorbimento tubulare del fosfato.
Carico acuto di fosfato
Un carico di fosfato sufficiente a superare la capacità renale di escrezione può derivare sia da risorse endogene sia esogene. Poiché il fosfato è il principale anione intra-cellulare, ogni causa di marcata lisi cellulare può portare a un rilascio di fosfato nei liquidi extra-cellulari. L’iperfosfatemia che ne consegue, può provocare la precipitazione di fosfato di calcio nei tessuti, con conseguente ipocalcemia.
Sindrome da lisi tumorale. Normalmente causata da terapie cito-tossiche, ma occasionalmente spontanea, in pazienti con una grossa massa tumorale caratterizzata da alto turn-over cellulare (linfoma di Burkitt, linfoma non-Hodgkin, alcune leucemie; più raramente descritta in pazienti con tumori solidi, come epatoblastoma e neuroblastoma in fase avanzata). La lisi cellulare comporta, oltre all’iperfosfatemia, un rapido sviluppo di iperuricemia, iperkaliemia, ipocalcemia e, frequentemente, danno renale acuto (1).
Rabdomiolisi. Anche il danno muscolare porta a un rilascio di fosfato nel comparto extra-cellulare. Poiché una delle conseguenze più frequenti della rabdomiolisi è il danno renale, la gravità dell’iperfosforemia può essere ancora maggiore qualora si abbia una riduzione acuta del filtrato glomerulare.
Fosfato esogeno. L’iperfosfatemia esogena è più frequentemente indotta dall’ingestione di grosse quantità di lassativi contenenti fosfato (anche come preparazione per la colonscopia). In questi pazienti si può anche manifestare una nefropatia acuta con insufficienza renale (2). Un’iperfosfatemia esogena è stata raramente descritta anche in pazienti con convulsioni trattati con alte dosi di fosfenitoina.
Passaggio acuto di fosfato nell’extra-cellulare
Un passaggio massivo di fosfato dalle cellule al comparto extra-cellulare è una causa rara di iperfosfatemia, ma è stata descritta in presenza di acidosi lattica e cheto-acidosi diabetica. L’acidosi metabolica, oltre a promuovere il passaggio del fosfato nell’extra-cellulare, può diminuire la glicolisi e quindi l’utilizzo cellulare del fosfato, con conseguente ulteriore aumento della concentrazione sierica. Per ragioni non chiare, altre forme di acidosi sono meno comunemente associate a iperfosfatemia.
Malattia renale acuta o cronica
Solo una percentuale del 5–20% del fosfato filtrato dai reni è escreto con le urine, essendo la maggior parte riassorbita a livello del tubulo prossimale. Una riduzione sia acuta sia cronica del filtrato glomerulare diminuirà la filtrazione e l’escrezione del fosfato. Inizialmente il bilancio può essere mantenuto in equilibrio riducendo il riassorbimento prossimale, grazie all’aumento dei livelli di PTH e FGF-23 con azione fosfaturica. Per valori di GFR < 20-25 mL/min il riassorbimento del fosfato è massimamente soppresso e l’escrezione urinaria non è più in grado di mantenere livelli sierici normali; a questo punto la fosfatemia aumenta riequilibrando il bilancio.
Aumento del riassorbimento tubulare
L’escrezione del fosfato può essere ridotta anche per un incremento del riassorbimento tubulare prossimale.
Ipoparatiroidismo. Sia il deficit di PTH sia la resistenza renale all’azione dell’ormone (pseudo-ipoparatiroidismo) comportano un incremento del riassorbimento del fosfato, con conseguente iperfosfatemia.
Acromegalia. In alcuni pazienti con acromegalia può manifestarsi iperfosfatemia, probabilmente per uno stimolo diretto all’assorbimento del fosfato da parte di GH o IGF-1.
Bisfosfonati. Principalmente l’etidronato può causare modesta iperfosfatemia, per stimolo diretto dell’assorbimento renale.
Tossicità da vitamina D. La vitamina D aumenta l’assorbimento di calcio e fosfato e l’ipercalcemia diminuisce l’escrezione urinaria di fosfato.
Calcinosi Tumorale Familiare (CT). La CT è una malattia congenita, ereditata con modalità autosomica recessiva, caratterizzata dalla formazione, nei primi 20 anni di vita, di depositi di calcio a livello della cute e delle strutture muscolo-tendinee che circondano le articolazioni, in particolare quelle di bacino, spalle, piedi e mani (3). La CT è caratterizzata da normocalcemia, iperfosfatemia, livelli di vitamina D nella norma ma inadeguati per i valori di fosfato. Nei pazienti con CT sono state riscontrate mutazioni di vario tipo e gravità in tre diversi geni deputati al controllo dei livelli circolanti di fosfato e vitamina D: GALNT3 (il cui prodotto è la glicosil-trasferasi, un enzima che previene la degradazione di FGF-23), FGF-23 e Klotho. Complessivamente, le mutazioni descritte determinerebbero un deficit di FGF-23 o una resistenza periferica alla sua azione.
Pseudo-iperfosfatemia. Un’iperfosfatemia “spuria”, dovuta a interferenza con i metodi analitici, può manifestarsi in pazienti con iperglobulinemia (mieloma multiplo, macroglobulinemia di Waldenstrom, gammopatie monoclonali), iperlipidemia, emolisi e iperbilirubinemia. È stata anche descritta una pseudo-iperfosfatemia secondaria a terapia con alte dosi di amfotericina B liposomiale e a contaminazione del campione con attivatore del plasminogeno tissutale ricombinante ed eparina.
TRATTAMENTO
Iperfosfatemia acuta
Se la funzione renale è preservata, si risolve spontaneamente in 6–12 ore. L’escrezione urinaria può essere aumentata con infusione di soluzione fisiologica. In pazienti con ipocalcemia sintomatica è spesso indicata l’emodialisi.
Iperfosfatemia cronica
Si manifesta in pazienti affetti da insufficienza renale cronica o calcinosi tumorale familiare. La terapia consiste nel ridurre l’apporto alimentare di fosfato e nell’utilizzo di chelanti.
BIBLIOGRAFIA
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- Gonlusen G, Akgun H, Ertan A, et al. Renal failure and nephrocalcinosis associated with oral sodium phosphate bowel cleansing: clinical patterns and renal biopsy findings. Arch Pathol Lab Med 2006, 130: 101-6.
- Slavin RE, Wen J, Kumar D, et al. Familiar tumoral calcinosis. A clinical, histophatologic, and ultrastructural study with an analysis of its calcifying process and pathogenesis. Am J Surg Pathol 1993, 17: 788-802.