Elena Castellano
Endocrinologia, Ospedale S. Croce & Carle, Cuneo
Il termine “globesity” è stato coniato per indicare la globalizzazione del problema obesità, che sembra andare di pari passo con la diffusione dei modelli alimentari occidentali. Anche i Paesi in via di sviluppo sono oramai coinvolti e sembra, anzi, che sia proprio la popolazione meno abbiente a essere maggiormente predisposta. Gli esperti di salute invocano fattori sociali, come il passaggio dall'economia rurale all'urbana, ed economici, in quanto in molti paesi frutta e verdura sono più costosi di grassi e zuccheri.
L’obesità viene classificata a seconda della sua origine (essenziale o secondaria) e della distribuzione del grasso a livello corporeo (androide o ginoide). L’obesità essenziale è la più frequente, caratterizzata dall’aumento di volume delle cellule adipose per uno squilibrio fra le reali necessità energetiche della persona e l’ingestione giornaliera di calorie.
Le obesità secondarie, presenti in circa il 10% dei pazienti, sono più frequentemente dovute a malattie endocrine (ipotiroidismo, sindrome di Cushing, sindrome dell’ovaio policistico, deficit di GH, insulinoma) o all’assunzione di alcuni farmaci (cortisonici, alcuni anti-depressivi, …). Esistono inoltre rare forme di obesità su base genetica.
L’obesità si definisce androide quando la distribuzione del grasso è prevalentemente a livello dell’addome, ginoide quando invece il grasso corporeo è localizzato prevalentemente ai fianchi.
L’obesità è una malattia cronica, con importanti conseguenze sulla salute e con un impatto notevole sulla spesa sanitaria, a causa delle disabilità conseguenti al sovrappeso stesso ed alle sue complicanze metaboliche. Il paziente obeso presenta, infatti, un aumentato rischio di sviluppare altre patologie croniche, quali il diabete mellito di tipo 2, l’ipertensione arteriosa e diverse forme di dislipidemie. Soprattutto l’obesità di tipo viscerale predispone a patologie cardiovascolari e si associa a una riduzione dell’aspettativa di vita. I soggetti obesi sviluppano più frequentemente ipertensione rispetto a quelli normopeso di entrambi i sessi, ad ogni età. L'obesità addominale predispone inoltre a malattie metaboliche, in particolar modo al diabete mellito. I soggetti obesi presentano un aumentato rischio di aritmie e morte improvvisa, anche in assenza di disfunzione cardiaca. L’obesità predispone inoltre alla sindrome delle apnee ostruttive del sonno che, nelle sue forme più gravi, può compromettere ulteriormente la qualità della vita del soggetto affetto. Anche la funzione riproduttiva può essere compromessa, a causa della maggiore frequenza di ipogonadismo.
Il soggetto in sovrappeso, oltre a problematiche di tipo organico, è esposto a situazioni che compromettono l’equilibrio psicologico, poiché tende a subire una colpevolizzazione sociale che spesso lo porta a sviluppare insoddisfazione rispetto alla propria immagine corporea. Questo lo espone, soprattutto in età adolescenziale, a sviluppare un Disturbo del Comportamento Alimentare.
Il primo obiettivo terapeutico è rappresentato dalla modificazione dello stile di vita, attraverso l’educazione alimentare e l’esercizio fisico. L’intervento di correzione dell’obesità, in assenza di altre specifiche indicazioni terapeutiche, mira alla riduzione di circa il 10% del peso iniziale in un periodo di 4-6 mesi. La terapia dietetica, oltre che sul tipo di alimenti ingeriti, si basa su norme comportamentali (la cosiddetta educazione alimentare), indispensabili per garantire il mantenimento a lungo termine del peso raggiunto. La dieta deve essere ben bilanciata, con un’adeguata quantità di carboidrati complessi (pane, pasta) e un controllo degli zuccheri semplici (bibite, dolciumi) e dei grassi. Gli zuccheri devono essere preferibilmente contenuti in alimenti ricchi di fibre, quali pasta e pane integrali e legumi, limitando latte e frutta a quantità inferiori al 10% del totale. Per i grassi è indicata una limitazione dei cibi ricchi in acidi grassi saturi e colesterolo (latte intero e derivati, uova, carni bovine e suine, grassi di origine animale come il burro), mentre sono da preferire alimenti ad alto contenuto in acidi grassi mono- (olio di oliva ) e poli- insaturi (pesce, pollame, oli di derivazione vegetale, ecc). Le terapie dietetiche sono ovviamente calibrate sul singolo individuo; spesso i pazienti possono beneficiare di programmi strutturati con incontri di gruppo a lungo termine.
Indipendentemente dal peso, è noto che i soggetti che svolgono attività fisica hanno un minor rischio di malattie cardiovascolari, metaboliche e persino di alcune neoplasie. L’attività fisica in sè svolge un ruolo favorevole anche quando non si verifica un calo ponderale: risulta infatti a maggior rischio un soggetto normopeso sedentario rispetto ad uno obeso che svolge invece un regolare esercizio fisico. L’attività fisica regolare riduce inoltre la possibilità di recuperare peso a lungo termine.
Il ruolo dei farmaci nella cura della obesità è di supporto all’interno di un programma globale che includa già dieta ed attività fisica. Attualmente, l’unico farmaco approvato in Italia è l’Orlistat. Esso va assunto solo su prescrizione specialistica e trova indicazione solo in pazienti con una buona aderenza alle prescrizioni dietetiche, a causa degli effetti collaterali gastro-intestinali: perdita di feci untuose in caso di assunzione di alimenti ricchi di grassi.
La chirurgia bariatrica è l’opzione terapeutica riservata a pazienti adulti con obesità severa, in cui precedenti tentativi di perdere peso e/o di mantenere la perdita di peso siano falliti e in cui vi sia la disponibilità ad un prolungato follow-up post-operatorio. La chirurgia dell’obesità è una branca recente della chirurgia generale: i primi interventi risalgono agli anni ’50, ma è solo negli anni ’80 che questa disciplina ha cominciato ad assumere numeri di rilievo. L’utilizzo dell’accesso laparoscopico nei primi anni ’90 e la contemporanea pandemia dell’obesità hanno reso questa pratica sempre più diffusa. Tutti gli interventi, se vengono rispettate le indicazioni e limitazioni, sono in convenzione SSN, comprese le procedure di selezione pre-operatoria, di preparazione all'intervento e di follow-up post-operatorio. Attualmente tutti gli interventi si eseguono con accesso laparoscopico. Le tecniche chirurgiche agiscono con meccanismo restrittivo oppure malassorbitivo:
- con gli interventi restrittivi la perdita di peso si ottiene con la riduzione dell’introito di cibo: negli interventi restrittivi meccanici è possibile mangiare solo piccole quantità di cibo per volta, perché il transito è reso difficile da un ostacolo a livello dello stomaco. I rischi operatori sono bassi, ma i risultati a lungo termine sono fortemente legati al grado di collaborazione offerto dal paziente. Anche negli interventi restrittivi ormonali (tra i quali il più diffuso è il by-pass gastrico) lo stomaco è ridotto di volume, ma l’appetito risulta fortemente ridotto grazie a modificazioni degli ormoni gastrici che inducono così un senso di sazietà precoce;
- negli interventi malassorbitivi la perdita di peso si ottiene con la riduzione dell’assorbimento intestinale, mentre l’introito di cibo resta simile al pre-operatorio. Questo tipo di intervento espone al rischio di deficit nutritivi potenzialmente gravi.
In generale gli effetti della chirurgia bariatrica, eseguita da operatori esperti su pazienti selezionati, sembrano essere piuttosto soddisfacenti a lungo termine, non solo sulla perdita e sul mantenimento del peso, ma anche e soprattutto sulle patologie legate all’obesità, in particolare in relazione alla riduzione del rischio cardiovascolare.