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Terapia della PCOS nell'adolescente
Paolo Moghetti
Sezione di Endocrinologia e Metabolismo, Dipartimento di Medicina, Università di Verona, e UO di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona
(Questo capitolo è in corso di revisione)
Come già ricordato, la diagnosi di PCOS poggia su elementi mal definibili nei primi anni dopo il menarca e richiede quindi cautela. Nondimeno vi sono situazioni in cui l’espressione clinica della sindrome è chiara precocemente e si ritiene che queste manifestazioni meritino un trattamento (1,2), pur in assenza di studi longitudinali che permettano di valutarne gli effetti a distanza.
Va tenuto presente che l’eccesso ponderale sembra giocare un ruolo importante nel mantenimento nel tempo delle alterazioni mestruali comuni nei primi anni dell’adolescenza (3,4). Di conseguenza, deve essere posta particolare energia nel cercare di intervenire su questo aspetto, laddove presente, con interventi basati innanzitutto sulla dieta e sull’attività fisica.
È interessante notare che le figlie delle donne con PCOS presentano precocemente iperinsulinemia e successivamente un aumento degli androgeni nel corso della pubertà (5,6), suggerendo che questi aspetti possano essere valorizzati come possibili manifestazioni precoci della sindrome. Le modalità con cui intervenire in adolescenza sulle manifestazioni cliniche di PCOS restano comunque controverse (7).
Gli estroprogestinici vengono considerati uno strumento di prima linea, in aggiunta alle modifiche dello stile di vita, anche nell’adolescente con PCOS, sia per contrastare le manifestazioni di iperandrogenismo che a scopo contraccettivo (2,8). Gli studi di confronto fra contraccettivi diversi sono estremamente scarsi e limitati e quindi la scelta di un preparato piuttosto che di un altro non è basata su solide evidenze. L’Endocrine Society suggerisce l’utilizzo dei preparati ormonali anche in epoca pre-menarcale, se i segni clinici e biochimici di iperandrogenismo sono chiari e lo sviluppo puberale è avanzato (almeno stadio puberale Breast 4 sec Tanner) (2).
Anche la metformina viene spesso utilizzata in questi casi, sia per i suoi benefici metabolici che per facilitare il controllo del peso (2,8), ma va ricordato che è un utilizzo off label. Dati limitati suggeriscono che la combinazione modifiche dello stile di vita/metformina/estroprogestinico possa permettere di attenuare gli effetti metabolici sfavorevoli dei contraccettivi orali nelle adolescenti obese con PCOS (9).
Alcuni autori propongono nelle adolescenti con PCOS anche l’utilizzo di piccole dosi di flutamide (62.5 mg/die), eventualmente in combinazione con la metformina. Gli studi che suggeriscono benefici con questa strategia sono però limitati e in gran parte non controllati. Inoltre, va tenuta presente la potenziale epatotossicità, non frequente ma talora grave, di questo farmaco anti-androgeno. Al momento non vi sono segnalazioni di epatotossicità severa con 62.5 mg/die di flutamide, ma l’ipotesi che questo effetto avverso sia dose-dipendente non è documentata con certezza. Va segnalato che reazioni molto gravi sono state riportate anche con dosi di 125 mg/die e che il fenomeno si può presentare anche dopo diversi mesi di trattamento (10). Va anche ricordato che l’utilizzo degli anti-androgeni richiede particolare cautela nell’adolescente, per il maggior rischio di una compliance inadeguata nei confronti della copertura contraccettiva (2).
Bibliografia
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Terapia della PCOS in età fertile
Giovanna Spiazzi
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, AOU Integrata di Verona
(aggiornato a settembre 2024)
Il trattamento della PCOS dovrebbe tener conto sia delle problematiche di interesse immediato per la paziente che di quelle a lungo termine, non prescindendo mai dal miglioramento dello stile di vita, che viene riconosciuto come elemento strategico nella gestione di questa patologia. Questo approccio è fondamentale, in particolare in presenza di eccesso di peso, meno chiari sono i benefici quando il peso è nella norma.
Il trattamento di sovrappeso/obesità o semplicemente dell’alterata composizione corporea costituisce una strategia chiave in queste donne, per i benefici attesi sulla qualità della vita oltre che sull'insulino-resistenza, con potenziali effetti positivi sugli aspetti psicologici oltre che su quelli metabolici e riproduttivi (1). Le più recenti LG (2) non suggeriscono l’utilizzo di una dieta specifica, dato che mancano adeguate evidenze in questo senso, ma raccomandano genericamente una dieta equilibrata, basata sugli obiettivi personali e sulle preferenze individuali, supportata quando necessario da professionisti sanitari qualificati.
Anche per quanto riguarda il volume e il tipo di attività fisica non vi sono indicazioni specifiche, ma si raccomanda di evitare uno stile di vita sedentario e si rinvia a quanto suggerito nella popolazione generale, anche in questo caso per la mancanza di adeguate evidenze specifiche per la patologia. Se lo scopo è prevenire l’aumento di peso e mantenersi in salute, è raccomandato un minimo settimanale di 150 minuti di attività fisica di moderata intensità o di 75 minuti di attività vigorosa, suddivisi in almeno tre giorni/settimana e con l’inclusione di attività di potenziamento muscolare in due giorni non consecutivi della settimana. Se lo scopo è un moderato calo di peso, è raccomandato un minimo settimanale di 250 minuti di attività fisica di moderata intensità o di 150 minuti di attività vigorosa aerobica o una combinazione delle due tipologie di attività, sempre associate con attività di potenziamento muscolare in due giorni non consecutivi della settimana. L’uso della tecnologia (conta-passi, applicazioni smartphone) può essere di supporto motivazionale. Viene sottolineato che in queste strategie la terapia comportamentale è fondamentale nel conseguire risultati a lungo termine. Deve essere, inoltre, posta attenzione anche in questa ottica alla cura degli aspetti psico-sociali, proponendo, quando necessario, l’utilizzo di psico-terapia e di terapia ansiolitica e anti-depressiva.
Terapia estetica e farmacologica delle manifestazioni fenotipiche
Le procedure estetiche sono uno strumento ampiamente utilizzato, con minimo rischio di effetti avversi in mani esperte. Sono in particolare indispensabili nel trattamento dell’irsutismo. Le tecniche più efficaci appaiono essere la terapia laser e quella con luce pulsata, anche se la letteratura sugli effetti a lungo termine di questi strumenti resta molto limitata (3). Maggiori dettagli su queste procedure sono reperibili in un’altra sezione di Endowiki. Nelle donne con PCOS, rispetto a quelle con altre cause di irsutismo, è spesso necessario un numero di sessioni maggiore per ottenere risultati soddisfacenti e i risultati vengono potenziati dalla combinazione con farmaci.
L’approccio farmacologico alla PCOS è ancora essenzialmente sintomatico e fa spesso ricorso a farmaci non approvati per questo utilizzo. La terapia va in ogni caso sempre discussa con la paziente e “ritagliata” sulle manifestazioni fenotipiche e sulle alterazioni che la paziente avverte e il medico ritiene di maggior rilevanza nel caso specifico.
La prima scelta, in assenza di controindicazioni, è rappresentata da un contraccettivo orale combinato (COCP) (2). La terapia estro-progestinica è in particolare la terapia di scelta, secondo quanto riportato dalle LG, per la gestione dell’irsutismo e/o delle irregolarità mestruali nelle donne con PCOS. Eventuali controindicazioni a tale tipologia di farmaci vanno valutate sulla base delle indicazioni per la popolazione generale (4), dato che anche in questo caso non ci sono adeguate informazioni patologia-specifiche. Va ricordato che gli estro-progestinici possono esercitare un potenziale effetto negativo anche su taluni aspetti metabolici, in particolare la sensibilità insulinica e i livelli di trigliceridi, e sulla base di dati osservazionali ottenuti in ampie popolazioni generali comportano un piccolo ma significativo incremento del rischio cardio-vascolare (CV), soprattutto con i progestinici di seconda generazione (come il levonorgestrel), e in modo particolare di quello trombo-embolico, soprattutto con quelli di terza generazione (come desogestrel e gestodene), drospirenone e ciproterone acetato (5,6). Il fumo, l’età e l’eccesso ponderale incrementano questi rischi, che devono essere tenuti presenti. La COCP è comunque indicata in queste pazienti perché regolarizza (anche se artificialmente) il ciclo mestruale, contrasta il rischio potenziale di iperplasia e neoplasia endometriale, garantisce la contraccezione, spesso opportuna data la difficoltà di prevedere eventuali ovulazioni, in modo particolare quando si associno farmaci anti-androgeni, ed esercita un effetto favorevole sull’acne e, più modesto, sull’irsutismo.
Le recenti LG 2023 suggeriscono di preferire in linea generale formulazioni contenenti estrogeni naturali o etinilestradiolo a basse concentrazioni (20-30 μg/die), valutando il bilancio tra efficacia, profilo di rischio metabolico e CV, effetti collaterali, costo e disponibilità. La combinazione etinilestradiolo 35 μg + ciproterone acetato 2 mg viene indicata come seconda scelta rispetto ad altre formulazioni, in rapporto ai potenziali effetti avversi, in particolare trombo-embolici. La minipillola con solo progestinico viene indicata come soluzione alternativa utilizzabile per la protezione endometriale, pur in assenza, ancora una volta, di adeguati studi nelle donne con PCOS (2). L’utilizzo in questi preparati di progestinici ad azione anti-androgena non riceve specifica attenzione nelle attuali LG, in mancanza di evidenze che ne sostengano l’effettiva utilità. La scelta del drospirenone come progestinico, in particolare, gode attualmente di una certa popolarità, soprattutto per l’azione anti-androgena propria di questa sostanza, ma non vi sono studi controllati che documentino una maggior efficacia delle combinazioni che lo contengono. Inoltre, l’effetto anti-androgeno atteso è in realtà modesto alle dosi presenti nei contraccettivi.
Un approccio terapeutico completamente diverso, in queste pazienti, è quello basato sui farmaci insulino-sensibilizzanti, in particolare la metformina, che è in grado di migliorare non solo le alterazioni metaboliche ma, in molti casi, anche le alterazioni riproduttive tipiche di queste donne. Una frazione significativa delle donne con PCOS riprende, infatti, ad avere cicli regolari e ovulatori durante terapia con metformina (7). Resta ancora oscuro se questo risultato dipenda dall’attenuazione, comunque parziale, dell’insulino-resistenza o da altri meccanismi. Scarsi sono invece i risultati che si possono avere con questo farmaco in termini di miglioramento dell’irsutismo, anche se la letteratura in proposito è di qualità assai modesta (8). Le LG 2023 suggeriscono di considerare la metformina terapia di prima linea nelle donne con BMI > 25 kg/m2 per gli esiti antropometrici e metabolici (2), ma è un’opzione utilizzabile anche nelle donne con valori di BMI inferiori, pur in presenza di evidenze meno chiare. La metformina può essere anche combinata con gli estro-progestinici per la terapia complessiva delle problematiche cliniche di queste pazienti, alterazioni mestruali, irsutismo e problemi metabolici, in particolare nella paziente obesa e/o ad alto rischio di diabete tipo 2 (2). Quando viene prescritta, è sempre consigliabile raccomandare l’assunzione della metformina a stomaco pieno e iniziare con basse dosi, non > 500 mg/die, per ridurre il rischio di effetti collaterali gastro-enterici, incrementando la posologia ogni 1-2 settimane, fino al dosaggio massimo di 2.5 g/die. Va ricordata la possibile insorgenza (specie in pazienti con DM, sottoposte a chirurgia bariatrica, vegane, ecc) di carenza di vitamina B12, che va ricercata e trattata se presente.
Da alcuni anni si discute l’efficacia, in queste pazienti, di integratori alimentari a base di inositolo, in una delle sue isoforme disponibili, da solo o in associazione con acido folico e/o altre sostanze, con l’obiettivo principale di esercitare potenziali effetti favorevoli sulla sensibilità insulinica. I dati relativi alla potenziale efficacia di questa strategia sugli aspetti metabolici e riproduttivi sono però ancora molto limitati ed è in ogni caso da considerarsi uno strumento di minor efficacia clinica rispetto alla metformina, anche se privo di effetti gastro-intestinali avversi. Al momento la letteratura disponibile non permette di suggerire specifici dosaggi, tipologie di preparato o combinazioni nell’utilizzo di questi integratori (2).
Il pioglitazone, farmaco insulino-sensibilizzante della categoria dei tiazolidinedioni, ha pure dimostrato benefici sugli aspetti riproduttivi, ma gli studi sono assai scarsi e limitati e il farmaco presenta un profilo di sicurezza incerto in relazione all’obiettivo di ripristinare la capacità ovulatoria. Le LG attuali non fanno menzione di questa possibilità terapeutica, che deve essere considerata sperimentale.
I farmaci anti-obesità, come gli agonisti GLP-1 (liraglutide, semaglutide) e l’orlistat possono essere utilizzati in queste pazienti, come nella popolazione generale, per trattare l’obesità, sempre in associazione con le azioni di miglioramento dello stile di vita e assicurando ove necessario adeguata copertura contraccettiva, quando si utilizzino i GLP-1R agonisti, dati i rischi potenziali di questi farmaci sul prodotto del concepimento. Vi sono segnalazioni promettenti che gli analoghi del GLP-1 possano portare anche alla regolarizzazione del ciclo mestruale, attraverso il calo ponderale e forse altri meccanismi (9). Il loro utilizzo a fini riproduttivi è però da considerarsi sperimentale. Anche la chirurgia bariatrica può essere presa in considerazione in queste donne, anche in questo caso secondo le LG della popolazione generale.
Una categoria di farmaci ampiamente utilizzata in queste pazienti è quella degli anti-androgeni. Vanno presi in considerazione, secondo le più recenti LG, sempre in combinazione con un'efficace contraccezione, dopo almeno sei mesi di terapia con COCP e/o trattamento estetico con risposta clinica subottimale (2). Nella scelta va in ogni caso privilegiata la sicurezza di utilizzo. Sotto questo profilo è possibile utilizzare con sufficiente tranquillità lo spironolattone, antagonista recettoriale degli androgeni (oltre che dell’aldosterone), alla posologia di 25-100 mg/die.
Il ciproterone acetato può essere prescritto in dosi elevate (> 10 mg/die), superiori a quelle presenti nei COCP che lo contengono, per sfruttare meglio la sua azione anti-androgena. È però un’opzione attualmente sconsigliata in rapporto ai suoi rischi potenziali, che includono l’insorgenza di meningioma. Per la sua potente azione progestinica deve essere in ogni caso sempre combinato, anche a dosaggi inferiori, con gli estrogeni.
Una potenziale alternativa è la finasteride, inibitore della 5 alfa-reduttasi senza effetti collaterali di rilievo. La flutamide e la bicalutamide, antagonisti non-steroidei del recettore androgenico, sono potenzialmente molto efficaci, ma hanno purtroppo un rischio di possibile epato-tossicità, non frequente ma talora assai grave (10), che deve essere tenuto presente.
Va ricordato che la valutazione dell’efficacia di un trattamento anti-androgeno richiede almeno 6 mesi di terapia e che si tratta sempre (in Italia) di trattamenti off-label, fatto salvo l’utilizzo di combinazioni estro-progestiniche pre-formulate contenenti basse dosi di ciproterone acetato.
Terapia dell’infertilità
Va ricordato che nelle donne con PCOS la gravidanza può essere in molti casi ottenuta in modo naturale, anche se con qualche ritardo rispetto a quanto accade nella popolazione generale (11). Spesso è però necessario o conveniente, in rapporto all’età e all’attesa, ricorrere a strumenti farmacologici.
Se il desiderio della paziente è concepire e vi è eccesso ponderale, vanno in primis messe in atto misure di miglioramento dello stile di vita per mitigare gli effetti avversi della sindrome e dell’eccesso di peso sulla fertilità, migliorare l’esito delle terapie pro-fertilità e minimizzare i rischi di complicanze durante la gravidanza.
La terapia farmacologica di prima scelta per l’induzione della gravidanza, secondo le LG internazionali più recenti (2), è quella con letrozolo, inibitore dell'aromatasii. Vi sono buone evidenze che questo farmaco sia superiore al trattamento con clomifene citrato in termini di tasso di ovulazione, tasso di gravidanza clinica e bambini nati vivi (12). Va tenuto presente che al momento questa terapia per l’infertilità della donna con PCOS è off-label nel nostro come in numerosi altri Paesi e che da noi è ancora assai poco impiegata.
In alternativa, può essere considerato l’approccio tradizionale con clomifene citrato, eventualmente associato a metformina (con migliori risultati sull’ovulazione, sulla percentuale di gravidanze e di nati vivi), o anche la metformina da sola, pur con beneficio atteso inferiore. Il clomifene è comunque un farmaco che va incontro ad accumulo tissutale e non dovrebbe essere utilizzato per una terapia pro-ovulatoria cronica. Va ricordato che anche quello della metformina è peraltro un utilizzo off-label nel nostro Paese, in pazienti non diabetiche.
Se questo primo livello di approccio non si dimostra efficace, si passa alla seconda linea di terapia, che prevede l’utilizzo delle gonadotropine associate al monitoraggio US, considerando eventualmente, secondo disponibilità locale di adeguata expertise, la chirurgia ovarica laparoscopica (drilling ovarico).
Infine come terza linea, dopo fallimento delle precedenti, si può ricorrere alla fertilizzazione in vitro (2). Il rischio di gravidanze multiple e di sindrome da iperstimolazione ovarica indotto dalla stimolazione dell’ovulazione è maggiore in queste pazienti e va per quanto possibile mitigato. È utile anche a questo scopo l’utilizzo della metformina, adiuvante nelle procedure di fertilizzazione in vitro e capace di ridurre il rischio della sindrome da iperstimolazione ovarica (13).
Le LG internazionali 2023 concludono che l’utilizzo dell’inositolo, da solo o in combinazione, come terapia dell’infertilità in queste donne va considerato un’opzione puramente sperimentale, perché i benefici sono ancora troppo incerti per poterlo raccomandare (2).
La tabella riassume le possibili strategie terapeutiche attuabili nelle donne con PCOS.
Principali approcci terapeutici raccomandati dalle LG 2023 sulla PCOS, in rapporto all’obiettivo terapeutico | ||||
Intervento | Obiettivo | Efficacia (scala arbitraria) |
Uso approvato (in Italia) | |
Terapia globale | Interventi sullo stile di vita | Eccesso peso/ alterazioni metaboliche | +± | NA |
Insulino-sensibilizzanti | Alterazioni metaboliche/ anovulazione | +± | No | |
Inositoli | Alterazioni metaboliche/ anovulazione/ irsutismo (?) | ± | NA | |
Infertilità | Clomifene citrato | Gravidanza | +± | Sì |
Gonadotropine | +± | Sì | ||
Drilling ovarico | ± | Sì | ||
Fertilizzazione in vitro | ++± | Sì | ||
Inibitori aromatasi | ++/- | Sì | ||
Metformina | +± | No | ||
Anovulazione cronica | Interventi sullo stile di vita | Funzione riproduttiva | ± | NA |
Metformina | Oligo-anovulazione cronica | +± | No | |
Rischio endometriale | Estro-progestinici | Protezione | +± | Sì |
Progestinici | Protezione (in particolare quando uso COCP è indesiderato o controindicato) | +± | Sì | |
Iperandrogenismo | Misure estetiche | Irsutismo | +± | NA |
Terapia specifica, per via generale e topica (antibiotici, derivati Vit A, ecc) | Acne | +± | Sì | |
Estro-progestinici | Irsutismo/acne | ±/+± | Sì | |
Anti-androgeni | Irsutismo/acne/(FPHL) | +± | No | |
Alterazioni tolleranza ai carboidrati | Interventi sullo stile di vita | IFG/IGT/Diabete tipo 2 | ++± | NA |
Metformina | IFG/IGT | +± | No | |
Diabete tipo 2 | +± | Sì | ||
Obesità (seguire LG per la popolazione generale) | Interventi sullo stile di vita | Calo di peso | ± | NA |
Analoghi GLP-1 | ++± | Sì | ||
Orlistat | +± | Sì | ||
Chirurgia bariatrica | +++ | Sì |
Bibliografia
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Epidemiologia della PCOS
Giovanna Spiazzi
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, AOU Integrata di Verona
(aggiornato a settembre 2024)
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) viene considerata l’endocrinopatia più comune nelle donne in età riproduttiva (interessa fino a una donna su cinque), ma le dimensioni epidemiologiche reali del problema restano ad oggi ancora mal definite. Questa incertezza è legata a diversi fattori, in primo luogo la scarsa accuratezza e riproducibilità di molte delle misure utilizzate ai fini diagnostici e l’afferenza di queste pazienti a figure mediche diverse, per la presentazione clinica eterogenea della sindrome, con approccio spesso settoriale e scarsa visione d’insieme del problema (1).
La prevalenza di PCOS, nelle differenti aree geografiche del mondo, varia dal 5 al 10% considerando i criteri diagnostici più restrittivi proposti nel 1990 da una consensus dell’NIH (vedi oltre per le modalità di diagnosi della PCOS), sale al 6-25% utilizzando i criteri ESHRE/ASRM, oggi prevalenti (Consensus di Rotterdam 2003 e successive rivisitazioni, l’ultima nel 2023), e si assesta a valori intermedi secondo i criteri AE-PCOS prposti nel 2006. Le sensibili differenze di prevalenza riscontrate in Paesi diversi possono essere attribuite a intrinseche diversità etniche, alla non standardizzazione degli studi di popolazione e all’utilizzo di criteri di diagnosi eterogenei (2).
La diagnosi e la stima della dimensione epidemiologica diventano ancora più complesse quando si considerino le adolescenti e le donne in post-menopausa. Queste ultime non presentano più gli elementi diagnostici classici, se non su base anamnestica, ma possono presentare sequele con implicazioni terapeutiche potenzialmente assai rilevanti (3).
Bibliografia
- Bozdag G, Mumusoglu S, Zengin D, et al. The prevalence and phenotypic features of polycystic ovary syndrome: a systematic review and meta-analysis. Hum Reprod 2016, 31: 2841–55.
- Pundir CS, Deswal R, Narwal V, Dang A. The prevalence of polycystic ovary syndrome. A brief systematic review. J Hum Reprod Sci 2020, 13: 261–71.
- Teede HJ, Tay CT, Laven JJE, et al. Recommendations from the 2023 International evidence-based guideline for the assessment and management of polycystic ovary syndrome. J Clin Endocrinol Metab 2023, 108: 2447-69.
Fisiopatologia, clinica e diagnostica della PCOS
Giovanna Spiazzi
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, AOU Integrata di Verona
(aggiornato a settembre 2024)
La fisiopatologia della PCOS è complessa e resta ad oggi in buona parte non completamente compresa, anche per il buio che tuttora avvolge l’eziologia della sindrome. Sono stati identificati una serie di fattori genetici e ambientali che possono favorirne la comparsa, ma a nessuno di questi può essere attribuito il ruolo di fattore eziologico (1).
Se la diagnosi resta eminentemente clinica, basata sulla presenza contemporanea di alcuni elementi tipici, queste donne presentano frequentemente numerose altre alterazioni, che le espongono anche a possibili sequele cardio-vascolari (CV) a lungo termine, e mostrano un aumentato rischio di problematiche psicologiche e sociali, che possono comprometterne la qualità di vita.
In queste donne sono tipicamente presenti una serie di alterazioni ormonali, con la frequente caratteristica combinazione di iperandrogenismo (60-80% dei casi) e iperinsulinemia/insulino-resistenza (50-80% dei casi). Anche se neppure questi elementi caratteristici sono universali, vi sono solide evidenze che l’insulino-resistenza, quando è presente e verosimilmente attraverso l'iperinsulinemia compensatoria che tipicamente l’accompagna, favorisca la secrezione di androgeni e riduca la produzione epatica di SHBG, così determinando un aumento dei livelli circolanti degli androgeni liberi. Tuttavia, è anche possibile che l’eccesso di androgeni possa favorire l’insulino-resistenza attraverso diversi meccanismi, generando i circoli viziosi che caratterizzano questa sindrome (2). Le manifestazioni fenotipiche possono in ogni caso variare molto tra i soggetti e possono cambiare nel corso della vita. Questa eterogeneità ha portato nel tempo alla formulazione di diverse proposte di criteri diagnostici, legate spesso più a opinioni autorevoli che a evidenze inequivocabili. Manca infatti un gold standard diagnostico.
La PCOS è stata descritta per la prima volta in modo organico nei suoi aspetti più classici da Stein e Leventhal nel 1935, in epoca pre-ecografica (3). In quella descrizione erano riportati i casi di sette donne con ovaie ingrandite e policistiche (alla laparotomia), che sul piano clinico presentavano amenorrea secondaria, infertilità, obesità e talora irsutismo.
Risale però solo al 1990 il primo tentativo di definizione nosografica, realizzato in occasione di una conferenza di consenso sul tema organizzata negli USA dal National Institute of Child Health and Human Development, uno dei National Institutes of Health. I criteri, già allora discussi e chiamati successivamente criteri NIH (4), stabilivano che la diagnosi di PCOS potesse essere posta in presenza contemporanea di oligo-anovulazione cronica (spesso suggerita da irregolarità mestruali) e di iperandrogenismo (con evidenze cliniche, come irsutismo, acne o alopecia, e/o biochimiche, con aumento dei livelli circolanti di un qualsiasi androgeno), ma solo dopo esclusione di altre patologie che potessero dare origine a queste manifestazioni (in primis iperplasia surrenalica congenita, tumori androgeno-secernenti o iperprolattinemia). La mancata valorizzazione degli aspetti ecografici era legata all’epoca alla scarsa diffusione di questa tecnica sul territorio americano ed era anche stata motivata dall’aspecificità di questi aspetti. Queste scelte non sono mai state completamente accettate dalla scuola britannica e in generale europea, fortemente legata invece, per motivi storici, agli aspetti ecografici.
Per superare queste divergenze, nel 2003 venne convocata a Rotterdam una nuova conferenza di consenso, dove si confrontarono numerosi esperti, appartenenti alle società della riproduzione europea e americana (ESHRE e ASRM). Le conclusioni, ricordate come criteri di Rotterdam e pubblicate l’anno seguente sulle riviste delle due società scientifiche (5), confermavano ai fini diagnostici gli elementi individuati dall’NIH, ma includevano anche la valorizzazione dell’aspetto ecografico come ulteriore elemento diagnostico. Tuttavia, nessuno di questi elementi fu considerato indispensabile dalla consensus di Rotterdam. La diagnosi poteva, infatti, essere posta in presenza di almeno due elementi qualsiasi fra oligo-anovulazione, iperandrogenismo (definito secondo i criteri NIH) e quadro ecografico, sempre in assenza di possibili cause secondarie. Per quanto concerne l’aspetto ecografico, era stato stabilito che le caratteristiche da usare per formulare una diagnosi di ovaio micro-policistico fossero volume > 10 mL e/o presenza di almeno 12 follicoli, in almeno un ovaio (conclusione basata su dati limitati). La conseguenza dell’utilizzo di questi nuovi criteri diagnostici è stata l’aumento della prevalenza della malattia e l’identificazione sotto il termine di PCOS di aspetti fenotipici diversi da quello classico, in particolare donne con solo oligo-anovulazione e ovaio micro-policistico (fenotipo normoandrogenico) o donne con solo iperandrogenismo e ovaio micro-policistico (fenotipo ovulatorio).
Anche questa consensus è stata oggetto di ampio dibattito e nel 2006 la Androgen Excess and PCOS (AE-PCOS) Society, una società scientifica internazionale cui aderiscono molti studiosi di questa patologia, ha pubblicato una propria revisione dei criteri di diagnosi, criteri AE-PCOS (6,7), che pur mantenendo gli elementi di diagnosi della consensus di Rotterdam si distingue nel porre l’iperandrogenismo come elemento centrale indispensabile alla diagnosi, in associazione con almeno uno qualsiasi fra gli altri aspetti, oligo-anovulazione e morfologia ecografica ovarica, sempre in assenza di cause secondarie. In questa visione veniva escluso quindi il fenotipo normo-androgenico della PCOS. Venivano indicati, inoltre, come elementi diagnostici preferenziali dell’iperandrogenismo, la presenza di irsutismo, dal punto di vista clinico, e l’aumento del testosterone libero, misurato o calcolato in modo adeguato, sotto il profilo biochimico. L’AE-PCOS ha successivamente rivisto anche le modalità di valutazione del criterio ecografico, come conseguenza del fatto che le strumentazioni ecografiche moderne permettono la visualizzazione di un numero di follicoli decisamente maggiore che nel passato, con necessità di evitare un’ulteriore e inappropriata amplificazione delle dimensioni epidemiologiche della PCOS basata sul dato ultrasonografico: il cut-off diagnostico del numero dei follicoli sull’intero ovaio è stato fissato a 25, mantenendo invariati i 10 mL come limite del volume ovarico (8).
La conseguenza di questi diversi sistemi di caratterizzazione diagnostica è che i lavori pubblicati non sono ben confrontabili, con effetti negativi sul progresso delle conoscenze in questo campo. Su questi temi è tornata successivamente anche l’NIH, in un nuovo Workshop del 2012 sulla PCOS, che ha fatto propri i criteri di Rotterdam, stabilendo però la necessità di definire anche nella diagnosi il fenotipo della sindrome (9).
Più recentemente questa tematica è stata oggetto di un’ulteriore e approfondita analisi da parte di un gruppo di studio internazionale, che ha cercato di rivedere criticamente la letteratura disponibile, per formulare conclusioni per quanto possibile basate sulle evidenze. Da questo lavoro è nata l’International Evidence-Based guideline for the assessment and management of PCOS, pubblicata nel 2018 (10) e revisionata nel 2023 (11). Questa linea guida (LG), che nella sua ultima edizione è stata pubblicata sotto l’egida di ESHRE, ASRM, Endocrine Society ed European Society of Endocrinology, attualmente rappresenta il riferimento universale per la diagnosi della sindrome. I criteri di diagnosi raccomandati restano quelli della originaria consensus di Rotterdam, ma con la rivisitazione di alcuni aspetti, in particolare per quanto riguarda l’aspetto relativo alla morfologia ovarica e la possibilità di sostituire questa valutazione con il dosaggio dell’AMH e, inoltre, i paletti posti alla valutazione diagnostica in epoca adolescenziale.
La tabella 1 riassume i criteri pregressi e attuali per la diagnosi di PCOS nella donna adulta.
Tabella 1 Criteri utilizzati a partire dal 1990 per la diagnosi di PCOS nella donna adulta |
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Criteri NIH 1990 | Necessari tutti i seguenti tre elementi:
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Criteri di Rotterdam 2003 |
Necessari almeno due (qualsiasi) fra gli elementi 1-3 + l’elemento 4:
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Criteri AE-PCOS 2006/2013 |
Necessari l’elemento 1 e 4 + almeno uno (qualsiasi) fra gli elementi 2-3:
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International PCOS Network 2023 |
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† Il volume ovarico può essere calcolato, utilizzando la formula dell’ellissoide, a partire dai tre diametri dell’ovaio: 0.52 x (D1 x D2 x D3) Punteggio mFG: punteggio di Ferriman-Gallwey modificato. |
Va ricordato che i criteri diagnostici della sindrome non sono applicabili dopo la menopausa, anche se molti ritengono che la diagnosi di PCOS sia una diagnosi da considerarsi “per tutta la vita”. L’Endocrine Society aveva proposto, nelle sue LG del 2013, la possibilità di una diagnosi in questa fase della vita basata su una storia clinica suggestiva, specie in presenza di un quadro ecografico ovarico tipico (12). Questa posizione è stata fatta propria recentemente anche dalle LG internazionali del 2023 (11). L'iperandrogenismo clinico e biochimico può comunque perdurare, pur attenuato, anche dopo la menopausa. In presenza di manifestazioni di questo tipo va comunque sempre sospettata ed esclusa con particolare attenzione un’origine neoplastica, nei casi di nuova insorgenza o caratterizzati da rapido peggioramento.
È opportuno fare alcune considerazioni sui singoli aspetti clinici e biochimici alla base della diagnosi di PCOS e sulle criticità che permangono a questo proposito.
L’algoritmo diagnostico semplificato proposto nelle più recenti LG (11) sottolinea che ai fini diagnostici il dosaggio degli androgeni può non essere indispensabile in presenza di chiari segni clinici di iperandrogenismo, ma va tenuto presente che le misure cliniche e biochimiche di questo fenomeno sono mal correlate fra loro. Le manifestazioni cliniche di iperandrogenismo includono in primo luogo l’irsutismo (eccesso di pelo terminale con distribuzione con pattern maschile), che viene considerato l’aspetto clinico più specifico e comune, presente nel 60-70% delle donne con PCOS. Meno frequenti e soprattutto meno specifiche sono altre possibili manifestazioni di iperandrogenismo, quali acne e female pattern hair loss (FPHL, termine da preferire a quello spesso utilizzato di alopecia androgenetica). Nelle donne con PCOS queste manifestazioni sono presenti (stime approssimative) solo nel 20% circa dei casi per quanto riguarda l’acne e nel 10% dei casi per il FPHL. Cosa più importante, questi due aspetti sono meno specifici e dovrebbero essere considerati più una motivazione per indagare che non un elemento diagnostico certo di iperandrogenismo (13,14). Va ricordato che la crescita del pelo presenta sensibili differenze costituzionali e che la frequenza dell’irsutismo e i parametri di riferimento usati per definire i limiti “normali” di questo fenomeno possono essere sensibilmente diversi a seconda del gruppo etnico (15). La quantificazione del grado di irsutismo viene comunemente realizzata utilizzando il punteggio modificato di Ferriman-Gallwey (mFG), con un punteggio da da quantificare fra 0 e 4 per ognuna di 9 aree anatomiche diverse (16,17). Va notato che le LG internazionali del 2023 suggeriscono di utilizzare un limite patologico di questo punteggio di 4-6 (11), più basso di quello abitualmente utilizzato per la nostra popolazione, ma quale sia realmente la normalità di questo parametro resta un aspetto mal definito. Esiste quindi una zona grigia in questa valutazione. Questa metodica soffre di limitazioni anche per la caratteristica operatore-dipendenza dell’attribuzione del punteggio e per il possibile importante effetto di precedenti procedure estetiche di rimozione del pelo. Il grado di FPHL può essere quantificato utilizzando la scala visiva di Ludwig (11), mentre non esiste una scala condivisa per la valutazione dell’acne.
Il dosaggio degli androgeni, per la diagnosi di iperandrogenismo biochimico, costituisce un altro punto controverso, in relazione soprattutto ai gravi limiti dei metodi di dosaggio routinari di questi ormoni. Il marcatore più sensibile di iperandrogenismo biochimico è costituito dal testosterone libero che, valutato con metodi gold standard (dialisi all’equilibrio o precipitazione con solfato d’ammonio) oppure calcolato a partire da misure di SHBG e testosterone totale, come più facilmente realizzabile e suggerito dalle LG, risulta elevato in molte delle donne con PCOS (11). Premessa necessaria è comunque poter disporre di dosaggi di qualità adeguata di questi due parametri, per quanto riguarda in particolare il testosterone, utilizzando cromatografia liquida e spettrometria di massa (LC-MS/MS). Purtroppo queste tecniche sono ancora assai poco diffuse nei laboratori clinici. Con metodiche RIA sono stati talora osservati risultati sovrapponibili a quelli della spettrometria di massa (18), ma questo tipo di dosaggio trova oggi un sempre minor utilizzo nei laboratori di routine, che quasi sempre ricorrono invece alla chemiluminescenza diretta, con costi e problematiche minori ma performance assai meno valide. Il dosaggio dell’androstenedione e del DHEAS individua come iperandrogeniche solo una limitata ulteriore frazione di queste donne, circa il 10% con ciascuno di questi dosaggi (7). Inoltre, il significato clinico del dosaggio di questi androgeni deboli resta mal definito (11). Va anche notato che la ripetizione di questi dosaggi nel tempo ha un ruolo limitato e non è quindi raccomandata dalle attuali LG.
Le alterazioni del ciclo mestruale (range normale attualmente suggerito 21-45 giorni nel 2°-3° anno dopo il menarca, 21-35 gg dai tre anni dopo il menarca alla menopausa), sono un altro aspetto molto comune in queste pazienti, anche se non specifico. Queste alterazioni costituiscono un marcatore di disfunzione ovulatoria, altra caratteristica fondamentale della PCOS. Sotto questo profilo le attuali LG, nel loro disegno molto pragmatico, hanno spostato l’attenzione sul ciclo (11), più semplice da valutare. Deve essere però tenuto presente che oligo-anovulazione e irregolarità mestruali non sono sempre manifestazioni equivalenti. In accordo con questo, le LG riportano ancora la possibile necessità di verificare la funzione ovulatoria, quando il ciclo risulti sostanzialmente regolare ma vi sia comunque il sospetto clinico di PCOS. Questo accertamento può essere fatto con il dosaggio del progesterone nella presunta fase luteinica (11), circa una settimana prima del giorno in cui è attesa la mestruazione successiva. In questo caso il risultato dovrebbe essere idealmente confermato da un secondo dosaggio in un ciclo successivo. Il valore di progesterone sopra il quale si può parlare di avvenuta ovulazione varia in rapporto al singolo laboratorio, ma è comunque intorno a 3-4 ng/mL (9.5-12.7 nmol/L). In alternativa a questo dosaggio, si può ricorrere al monitoraggio ecografico (selezione del follicolo, presenza di corpo luteo).
La PCOS costituisce la causa più frequente di infertilità anovulatoria, ma circa il 60% di questi soggetti è comunque fertile (concepimento entro 12 mesi di tentativi), anche se spesso con tempi allungati rispetto a quelli della popolazione generale (19). L’infertilità si associa frequentemente con l’obesità (20), che riduce anche l’efficacia dei trattamenti finalizzati ad avviare la gravidanza e aumenta il rischio di aborto.
Va ricordato che le alterazioni mestruali delle donne con PCOS tendono ad attenuarsi con l’aumentare dell’età (21), come altri aspetti di questa sindrome.
Dal 1980 l’ultrasonografia, in particolare con l'evoluzione ad alta risoluzione e con l’approccio trans-vaginale, ha permesso la valutazione estensiva, non invasiva, del quadro morfologico ovarico micropolicistico (PCOM). Questa valutazione si basa sul numero dei follicoli per ovaio (FNPO) o, in seconda istanza, per sezione (FNPS), e sul volume ovarico (OV) (per le immagini vedi capitolo Valutazione ecografica nella policistosi ovarica). Va però ricordato che l’aspetto micro-policistico è presente in molte donne per il resto normali (almeno nel 25% delle donne giovani che si riduce sotto il 10% oltre i 35 anni) e non deve essere considerato di per sé patologico (11). Resta, inoltre, un parametro operatore-dipendente, tecnologia-dipendente (influenzato da sonde ad alta risoluzione e software più aggiornati) e anche paziente-dipendente (rifiuto/impossibilità di approccio trans-vaginale, caratteristiche antropometriche della paziente). È necessario che l’esame venga effettuato nella presunta fase follicolare e che l’operatore abbia cura di misurare i tre diametri dell’ovaio, per poterne calcolare il volume, oltre al numero e alle dimensioni dei follicoli. Le LG internazionali raccomandano unanimemente di non tener conto dei referti ecografici che non quantifichino il volume ovarico e il numero dei follicoli, problema che nella pratica si riscontra spesso. D’altra parte, restano oggetto di discussione i cut-off del volume e soprattutto del numero di follicoli definiti dalla consensus di Rotterdam e rivisti successivamente. Le LG più recenti indicano di diagnosticare la PCOM quando si rilevano almeno 20 follicoli (FNPO) in almeno un ovaio, utilizzando un approccio trans-vaginale e una sonda con frequenza di almeno 8 MHZ (11). Utilizzando tecnologia meno avanzata, si possono considerare valori soglia di FNPS ≥ 10 e/o di OV ≥ 10 mL, sempre in almeno un ovaio. Le più recenti LG hanno esplicitato che la valutazione US non è necessaria per la diagnosi di PCOS nelle donne con iperandrogenismo clinico associato a irregolarità del ciclo mestruale (11). Questo atteggiamento è in contrasto con altre posizioni, come quella dell’ultima consensus NIH del 2012 (9), che in rapporto all’eterogeneità della patologia raccomanda di fenotipizzare in ogni paziente tutti gli aspetti della PCOS, per quanto possibile, non limitandosi ai soli elementi indispensabili a formulare la diagnosi della sindrome. Resta discusso anche l’utilizzo di indicatori ecografici diversi, come il rapporto fra area stromale e area ovarica totale (22), che secondo alcuni autori ha una buona specificità ma aggiunge complessità all’indagine ecografica.
Nelle più recenti LG è stato introdotto il dosaggio dell’AMH come possibile marcatore diagnostico surrogato, alternativo ai criteri ecografici. L’AMH è un polipeptide secreto dalle cellule della granulosa dei follicoli ovarici pre-antrali e piccoli antrali. Ha concentrazioni circolanti significativamente maggiori nelle donne con PCOS rispetto alla popolazione generale, in qualche misura correlate con il numero dei follicoli ovarici. Le problematiche di standardizzazione del dosaggio di questo ormone ne hanno contrastato in passato l’utilizzo, ma le LG più recenti lo ritengono un’alternativa praticabile alla valutazione US della PCOM. In queste LG non vengono peraltro indicati valori di cut-off generalizzabili, ma viene raccomandato di utilizzare limiti che siano metodo- e popolazione-specifici e al momento questo rende assai complesso trasferire tale opzione nella pratica. Va ricordato inoltre che AMH è influenzato anche da età, BMI, pregressa chirurgia ovarica e fase del ciclo ovarico (23).
Nella PCOS ci sono altri aspetti clinici comuni e rilevanti, che non rientrano però fra gli elementi attualmente utilizzati a fini diagnostici. Fra questi l’eccesso di peso, che era invece fra gli elementi presenti nella definizione originaria della sindrome di Stein-Leventhal. La prevalenza di sovrappeso e obesità in queste donne è mal definita e appare diversa in differenti aree geografiche (24). Questi aspetti, quando presenti, sono clinicamente importanti, poiché aumentano il rischio e l’entità dell’insulino-resistenza e più in generale delle alterazioni metaboliche, del rischio CV potenziale e probabilmente anche dell’entità delle alterazioni riproduttive ed endocrine. Va tenuto presente che nelle donne con PCOS l’eccesso di grasso centrale può presentarsi anche con BMI normale (25). Nella valutazione degli aspetti antropometrici di queste pazienti è quindi importante non limitarsi alla misura del peso, ma rilevare anche gli indici di adiposità centrale, come la circonferenza vita.
Come ricordato, nelle donne con PCOS l’insulino-resistenza è un'anomalia metabolica frequente (50-80%), che si riscontra spesso anche nelle pazienti non obese. Inoltre, direttamente o attraverso l’iperinsulinemia che induce, viene considerata un elemento patogenetico cardine della sindrome. La sua identificazione e quantificazione resta però problematica. Infatti, la metodica gold standard è il clamp euglicemico iperinsulinemico, tecnica non applicabile nella pratica clinica comune. In molti casi si ricorre pertanto a indici surrogati, come l’indice HOMA, derivato dai valori di glicemia e insulinemia a digiuno. Le LG attuali sconsigliano però l’utilizzo clinico di questi indici surrogati, vista la loro inaccuratezza. Sotto questo profilo vi sono soprattutto limiti di sensibilità. Pertanto questi indici sono in ogni caso utili a confermare ma non a escludere una condizione di alterata sensibilità insulinica (26).
Date queste caratteristiche della sindrome, non è sorprendente che il rischio di alterazioni della tolleranza ai carboidrati sia aumentato nelle donne con PCOS, anche indipendentemente dalla presenza di obesità (27). In accordo con queste evidenze, le più recenti LG raccomandano la valutazione di questi aspetti alla diagnosi e poi ogni 1-3 anni in tutte le donne con PCOS, indipendentemente da età e BMI, con ricorso preferenziale al carico orale di glucosio (OGTT) (11), con misura della glicemia basale e a due ore dalla somministrazione dello zucchero. La sola glicemia a digiuno non ha infatti sufficiente sensibilità nell’individuare le donne con PCOS che presentano alterata tolleranza al glucosio (28) e anche il dosaggio della HbA1c presenta analoghi limiti. Queste donne sono ad elevato rischio anche di diabete gestazionale. Pertanto, le attuali LG raccomandano che nelle donne con PCOS il carico orale di glucosio venga proposto sistematicamente in fase pre-concezionale o, in alternativa, precocemente in corso di gravidanza, oltre che successivamente nella finestra classica delle 24-28 settimane gestazionali (11).
Anche le alterazioni del profilo lipidico (soprattutto ipertrigliceridemia e basso HDL-C) sono comuni nelle donne con PCOS. Queste alterazioni vengono esacerbate dalla presenza di eccesso ponderale, ma possono essere presenti anche nelle pazienti normo-peso. Le LG raccomandano quindi che la diagnostica di queste pazienti includa sempre una misura iniziale di colesterolo (totale, LDL, HDL e non-HDL) e trigliceridi (11), da ripetersi nel tempo con frequenza condizionata dalle caratteristiche individuali.
In queste donne è obbligatorio anche un controllo pressorio almeno annuale. Dato l'aumento di incidenza di alterazioni metaboliche, queste donne presentano un potenziale rischio aumentato di sviluppare patologia CV. A questo proposito, sono numerosi gli studi che hanno documentato la comparsa di alterazioni precoci dei marcatori pre-clinici di aterosclerosi. Non ci sono però al momento studi clinici longitudinali a lungo termine che abbiano quantificato con chiarezza il rischio di malattia e di mortalità CV. Alla luce delle pur limitate evidenze disponibili, le attuali LG (11) suggeriscono in ogni caso di considerare le donne con PCOS soggetti a rischio CV aumentato, con l’indicazione ad applicare tutte le strategie di prevenzione che possano ridurre questo rischio.
Nella PCOS si possono riscontrare altre problematiche cliniche, quali la sleep apnea, in particolare, ma non esclusivamente, nelle pazienti in sovrappeso, e la MAFLD (metabolic associated fatty liver disease). Questi aspetti devono essere quindi tenuti presenti, anche se le LG non ritengono indicato uno screening sistematico.
Aumentato è anche il rischio di iperplasia e carcinoma endometriale, anche questo da valutare su base individuale e non sistematicamente.
Le LG più recenti (11) pongono particolare attenzione anche alla ricerca di possibili problematiche psicologiche che possono essere associate alla PCOS. Sotto questo profilo viene raccomandato lo screening sistematico di disturbi del tono dell’umore, in particolare depressione e ansia, attraverso brevi questionari e il successivo eventuale invio allo specialista. Infine, viene suggerita la ricerca di disturbi del comportamento alimentare, di anomalie del vissuto sessuale e dell'immagine di sé. Va ricordato che anche manifestazioni cliniche modeste di iperandrogenismo possono rappresentare per le pazienti un grave carico emotivo, con un impatto negativo importante sulla qualità di vita. Le alterazioni della capacità riproduttiva e quelle antropometriche sono altri elementi che possono giocare ruoli importanti sotto questo profilo.
Come ricordato, la diagnostica della PCOS, qualunque sia il criterio diagnostico utilizzato, prevede costantemente l’esclusione preventiva delle cause secondarie. Le cause secondarie da escludere, per poter confermare la diagnosi di PCOS, possono essere diverse, ma non appare razionale ed economica una ricerca sistematica di ognuna di queste possibilità. Le attuali LG (11), in accordo con documenti precedenti, raccomandano quindi di effettuare sempre solo alcune di queste valutazioni, in particolare i dosaggi di:
- 17-idrossi-progesterone, per lo screening dell’iperplasia surrenalica congenita late-onset, con eventuale test con ACTH di verifica in caso di valori basali > 2 ng/mL (6 nmol/L);
- TSH;
- prolattina;
- FSH, eventualmente abbinato a LH, è utile a escludere l’ipotesi di insufficienza ovaricai o per la diagnosi differenziale con l'amenorrea ipotalamica. Anche quest’ultima è una diagnosi di esclusione e PCOS e amenorrea ipotalamica funzionale non sono sempre così ben distinguibili clinicamente come ci si potrebbe attendere sulla base dell’assai diversa fisiopatologia (29).
La ricerca di altre patologie, quali una neoplasia androgeno-secernente o la sindrome di Cushing, viene raccomandata solo in presenza di quadro clinico sospetto. In particolare, la neoplasia deve essere considerata in caso di comparsa recente o di brusca accentuazione delle manifestazioni di iperandrogenismo ovvero di riscontro di concentrazioni molto elevate degli androgeni.
Futuri miglioramenti nella diagnostica della PCOS potranno derivare dalla realizzazione di soglie di riferimento degli androgeni validate su vasta scala, su popolazioni di differenti fasce di età e origini etniche, dalla diffusione di metodiche di dosaggio più precise di questi ormoni, dalla miglior standardizzazione del dosaggio dell’AMH e forse dalla diffusione dei metodi di dosaggio degli androgeni 11-ossigenati, che sono presenti in circolo in elevate quantità (30), ma il cui significato non è ancora ben conosciuto. Va ricordato che la diagnosi di PCOS non dovrebbe essere ritardata ma nemmeno posta senza adeguata valutazione e senza essere accompagnata da chiare spiegazioni delle sue implicazioni. Per la donna che la riceve comporta un importante carico di stress psico-sociale, con possibile contributo alla comparsa di depressione, ridotta auto-stima, ansia e paura per il proprio futuro di fertilità e di salute. In presenza di disturbi significativi, possono comunque essere adottati appropriati interventi terapeutici sintomatici.
La tabella 2 riassume le indagini ulteriori da considerare nella diagnostica di una donna con diagnosi di PCOS, per l’inquadramento clinico complessivo.
Tabella 2 Valutazioni ulteriori da effettuare/considerare dopo la diagnosi di PCOS (secondo le LG internazionali 2023) |
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Aspetto clinico | Indagini da effettuare |
Rischio cardio-vascolare | Ricercare tutti i fattori di rischio CV: oltre a BMI e circonferenza vita, misurare valori pressori (frequenza almeno annuale e quando si programma gravidanza) e profilo lipidico completo (indipendentemente da età e BMI) alla diagnosi e poi con frequenza variabile a seconda del quadro individuale. |
Alterazioni glicemiche | OGTT con misura della glicemia a due ore, sempre alla diagnosi (indipendentemente da BMI) e poi ogni 1-3 anni. In gravidanza, se non eseguito prima del concepimento, in fase precoce* e poi a 24-28 s.g. Dosaggio insulinemia non raccomandato. |
Sindrome apnee notturne | Indagare sintomi (sonnolenza diurna, cefalea mattutina, russamento, pause respiratorie). Se vi è sospetto, inviare a valutazione specialistica con poli-sonnografia. |
Iperplasia e carcinoma endometriale | Non raccomandato screening sistematico; considerare biopsia se spessore endometriale aumentato. |
Depressione e ansia | Utilizzare questionari di screening validati nell’area geografica. Se alterati, inviare a valutazione specialistica. |
Funzione psico-sessuale | Discuterne, se la paziente è disponibile a farlo. |
Disordini alimentari | Indagare la possibile presenza di disturbi del comportamento alimentare, indipendentemente dal peso. Se si sospettano, inviare a valutazione specialistica. |
* Sulla base delle LG italiane dell’ISS per la gestione della gravidanza, valutazione precoce corrisponde a 16-18 s.g. (le attuali LG italiane non prevedono espressamente la PCOS fra i fattori di rischio per diabete gestazionale). |
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