dell'iperparatiroidismo
Terapia della PCOS nell'adolescente
Paolo Moghetti
Sezione di Endocrinologia e Metabolismo, Dipartimento di Medicina, Università di Verona, e UO di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata, Verona
questo capitolo è in attesa di aggiornamento
Come già ricordato, la diagnosi di PCOS poggia su elementi mal definibili nei primi anni dopo il menarca e richiede quindi cautela. Nondimeno vi sono situazioni in cui l’espressione clinica della sindrome è chiara precocemente e si ritiene che queste manifestazioni meritino un trattamento (1,2), pur in assenza di studi longitudinali che permettano di valutarne gli effetti a distanza.
Va tenuto presente che l’eccesso ponderale sembra giocare un ruolo importante nel mantenimento nel tempo delle alterazioni mestruali comuni nei primi anni dell’adolescenza (3,4). Di conseguenza, deve essere posta particolare energia nel cercare di intervenire su questo aspetto, laddove presente, con interventi basati innanzitutto sulla dieta e sull’attività fisica.
È interessante notare che le figlie delle donne con PCOS presentano precocemente iperinsulinemia e successivamente un aumento degli androgeni nel corso della pubertà (5,6), suggerendo che questi aspetti possano essere valorizzati come possibili manifestazioni precoci della sindrome. Le modalità con cui intervenire in adolescenza sulle manifestazioni cliniche di PCOS restano comunque controverse (7).
Gli estroprogestinici vengono considerati uno strumento di prima linea, in aggiunta alle modifiche dello stile di vita, anche nell’adolescente con PCOS, sia per contrastare le manifestazioni di iperandrogenismo che a scopo contraccettivo (2,8). Gli studi di confronto fra contraccettivi diversi sono estremamente scarsi e limitati e quindi la scelta di un preparato piuttosto che di un altro non è basata su solide evidenze. L’Endocrine Society suggerisce l’utilizzo dei preparati ormonali anche in epoca pre-menarcale, se i segni clinici e biochimici di iperandrogenismo sono chiari e lo sviluppo puberale è avanzato (almeno stadio puberale Breast 4 sec Tanner) (2).
Anche la metformina viene spesso utilizzata in questi casi, sia per i suoi benefici metabolici che per facilitare il controllo del peso (2,8), ma va ricordato che è un utilizzo off label. Dati limitati suggeriscono che la combinazione modifiche dello stile di vita/metformina/estroprogestinico possa permettere di attenuare gli effetti metabolici sfavorevoli dei contraccettivi orali nelle adolescenti obese con PCOS (9).
Alcuni autori propongono nelle adolescenti con PCOS anche l’utilizzo di piccole dosi di flutamide (62.5 mg/die), eventualmente in combinazione con la metformina. Gli studi che suggeriscono benefici con questa strategia sono però limitati e in gran parte non controllati. Inoltre, va tenuta presente la potenziale epatotossicità, non frequente ma talora grave, di questo farmaco anti-androgeno. Al momento non vi sono segnalazioni di epatotossicità severa con 62.5 mg/die di flutamide, ma l’ipotesi che questo effetto avverso sia dose-dipendente non è documentata con certezza. Va segnalato che reazioni molto gravi sono state riportate anche con dosi di 125 mg/die e che il fenomeno si può presentare anche dopo diversi mesi di trattamento (10). Va anche ricordato che l’utilizzo degli anti-androgeni richiede particolare cautela nell’adolescente, per il maggior rischio di una compliance inadeguata nei confronti della copertura contraccettiva (2).
Bibliografia
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- Metcalf MG, Skidmore DS, Lowry GF, et al. Incidence of ovulation in the years after the menarche. J Endocrinol 1983, 97: 213–9.
- van Hooff MH, Voorhorst FJ, Kaptein MB, et al. Predictive value of menstrual cycle pattern, body mass index, hormone levels and polycystic ovaries at age 15 years for oligo-amenorrhoea at age 18 years. Hum Reprod 2004, 19: 383-92.
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- Sir-Petermann T, Codner E, Pérez V, et al. Metabolic and reproductive features before and during puberty in daughters of women with polycystic ovary syndrome. J Clin Endocrinol Metab 2009, 94: 1923-30.
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- Geller DH, Pacaud D, Gordon CM, Misra M; of the Drug and Therapeutics Committee of the Pediatric Endocrine Society. State of the Art Review. Emerging Therapies: The Use of Insulin Sensitizers in the Treatment of Adolescents with Polycystic Ovary Syndrome (PCOS). Int J Pediatr Endocrinol 2011, 2011: 9.
- Hoeger K, Davidson K, Kochman L, et al. The impact of metformin, oral contraceptives, and lifestyle modification on polycystic ovary syndrome in obese adolescent women in two randomized, placebo-controlled clinical trials. J Clin Endocrinol Metab 2008, 93: 4299-306.
- Brahm J, Brahm M, Segovia R, et al. Acute and fulminant hepatitis induced by flutamide: case series report and review of the literature. Ann Hepatol 2011, 10: 93-8.
Terapia della menopausa
Agostino Paoletta1 & Simona Ambroggio2
1Endocrinologia ULSS 6 Euganea, Cittadella (PD)
2Ginecologia Endocrinologica, Torino
(aggiornato al 25 febbraio 2018) questo capitolo è in attesa di aggiornamento
INDICE
- Terapia ormonale sostitutiva
- Gli studi clinici
- Indicazioni attuali
- Premessa
- Quando e per quanto tempo
- Modalità di somministrazione e dosaggi
- Estrogeni
- Progestinici
- Schemi di terapia ormonale
- Risultati
- Vampate
- Atrofia vaginale
- Sessualità
- Apparato urinario
- Depressione
- Funzione cognitiva
- Osso
- Metabolismo
- Sistema cardio-vascolare
- Sistema cerebro-vascolare
- Mortalità
- Rischi
- Trombo-embolici
- Colecistopatie
- K mammario
- K ovarico
- K endometriale
- K colon
- Altri trattamenti ormonali
- Terapia ormonale bioidentica
- Tibolone
- Raloxifene
- Ospemifene
- Complesso tessuto selettivo degli estrogeni (TSEC)
- Terapie alternative
- Fito-estrogeni
- Anti-depressivi
- Clonidina
- Gabapentina
- Terapie comportamentali
- Indicazioni per la pratica clinica
- Sono necessari i progestinici quando la donna usa gli estrogeni per via topica?
- Che fare nella donna con:
- menopausa precoce
- osteoporosi (nota o forte familiarità)
- familiarità per tumore mammario
- pregresso tumore mammario
- anamnesi oncologica (diversa da quella mammaria)
- fibromi uterini
- dislipidemia
- ipertensione
- diabete
- obesità
- trombofilia nota o pregressa patologia trombo-embolica
- epatopatia
- tabagismo
- Conclusioni e raccomandazioni per la pratica clinica
- Bibliografia
Tabella 1 Terapie disponibili |
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Terapia ormonale sostitutiva | Estrogenica Estro-progestinica |
Altre terapie ormonali | Terapia ormonale bioidentica Tibolone Raloxifene Ospemifene TSEC |
Terapie alternative | Fito-estrogeni Anti-depressivi Clonidina Gabapentina Terapie comportamentali |
LA TERAPIA ORMONALE SOSTITUTIVA (TOS)
GLI STUDI CLINICI
Alla fine degli anni Novanta il ricorso alla TOS in menopausa ebbe un importante “boom”, in termini di prescrizioni e di consumi, a seguito della pubblicazione di studi osservazionali che ne indicavano i benefici per i sintomi e per ridurre l’incidenza delle malattie cardio-vascolari e dell’osteoporosi.
Le prime importanti osservazioni su un possibile effetto protettivo della TOS nascevano dai risultati di un famoso studio osservazionale di coorte controllato, il Nurses’ Health Study (1), che aveva segnalato una minore incidenza di eventi cardio-vascolari nelle donne in menopausa sottoposte a TOS. Nel 2002 sono stati resi noti i dati dello studio Women’s Health Initiative (WHI) (2). Il WHI era un trial randomizzato e controllato (RCT) disegnato per valutare gli effetti della TOS in menopausa, in 16608 donne, di età compresa tra 50 e 79 anni, reclutate in 40 centri clinici americani dal 1993 al 1998. Lo studio prevedeva 2 bracci: nel primo (8.506 donne) veniva utilizzata una terapia estro-progestinica con Estrogeni Equini Coniugati (ECE) orali (0.625 mg/die) + Medrossiprogesterone Acetato (MAP) (2.5 mg/die), secondo lo schema combinato-continuo; nell’altro (8.102 donne senza utero) solo la terapia con ECE. Per l’indice globale dei rischi e benefici erano stati scelti come end-point principali il cancro della mammella e la malattia coronarica, mentre gli altri indici di rischio globale prevedevano l’ictus, l’embolia polmonare, il cancro dell’endometrio, del colon-retto, le fratture del femore e la morte per altre cause. Alla fine del 5° anno di trattamento (sugli almeno 8 previsti), il Comitato Indipendente per il Monitoraggio sulla Sicurezza del Farmaco decise di interrompere lo studio nel braccio di trattamento estro-progestinico, a causa di un apparente aumento del rischio di carcinoma della mammella e di un apparente effetto negativo su alcuni indici di rischio globale. Dopo 7 anni anche la parte dello studio che includeva le donne isterectomizzate, trattate con soli estrogeni, fu bloccata dal National Institutes of Health. La decisione venne presa in base all’osservazione di una mancata cardio-protezione e di una maggiore incidenza di ictus, come nel gruppo trattato con estro-progestinici. I dati dello studio evidenziarono che il rapporto rischi-benefici non era favorevole all’impiego della TOS per la prevenzione di malattie croniche in menopausa. Va sottolineato che gli studi presentavano alcune sostanziali differenze: negli studi osservazionali, la TOS era stata prescritta durante la transizione menopausale a donne quasi tutte di età > 55 anni che nella maggioranza dei casi non presentavano sintomi menopausali e non avevano mai assunto terapia estro-progestinica in precedenza. La pubblicazione dello studio WHI scatenò numerose polemiche. Si rilevò che l'età media delle donne partecipanti era di 63 anni e che solo il 3.5% era di età compresa tra 50-54 anni, età in cui le donne di solito prendono una decisione per quanto riguarda l'inizio dell’eventuale TOS. Inoltre, il WHI non aveva affrontato la principale indicazione per l'uso della TOS, rappresentata dal sollievo dei sintomi. Lo studio WHI presentava, inoltre, numerosi importanti bias: l'uso di una sola via di somministrazione (orale), una sola formulazione di estrogeni (ECE) e un solo tipo di progestinico (MAP). Questo studio esercitò un forte impatto sulla decisione da parte delle donne e dei loro operatori sanitari: dopo la pubblicazione dello studio WHI ci fu un drammatico cambiamento nelle abitudini prescrittive, con un declino entro il 2003 di circa il 40% della TOS in menopausa.
Il Million Women Study (MWS), un altro grande studio prospettico condotto su oltre 1 milione di donne inglesi in menopausa e pubblicato nel 2003 (3), rafforzò ed estese i risultati dello studio WHI. Le conclusioni evidenziarono che l’uso della TOS poteva essere associato a un aumentato rischio di carcinoma della mammella, che aumentava progressivamente con la durata del trattamento. Per il gran numero di partecipanti in questo studio, si è potuto valutare l’effetto del trattamento anche in base al tipo di terapia ormonale utilizzata: il rischio di carcinoma mammario era maggiore quando si utilizzava la terapia combinata estrogeni + progestinici; il rischio era più basso con l’uso dei soli estrogeni e non differiva significativamente nè in base al tipo di preparato (ECE o etinil-estradiolo), nè al dosaggio o alla via di somministrazione (orale, trans-dermica, impianto). Analogamente, anche il rischio con l’uso di progestinici era indipendente dal tipo di progestinico utilizzato (derivati del progesterone o del testosterone) e dalla modalità di somministrazione (sequenziale o continua).
Rossouw et al. (4) hanno rivalutato i dati dello studio WHI sulla base dell’età delle pazienti e del tempo trascorso dalla menopausa al momento dell’arruolamento. Pur in assenza di significatività statistica, questa nuova analisi dimostra che l’aumento del rischio cardio-vascolare riportato nei primi studi pubblicati è da attribuirsi, essenzialmente, alle pazienti che cominciano il trattamento in età più avanzata e a maggiore distanza dalla menopausa. Al contrario, l’incidenza delle malattie cardio-vascolari e la mortalità diminuiscono nelle donne più giovani (50-59 anni) trattate con TOS.
Ulteriori importanti informazioni si sono avute successivamente con i dati dell’Etude Epidemiologic de femmes de la Mutuelle Générale de l’Education Nationalle (E3N), uno studio prospettico condotto su una larga coorte di donne francesi (5). Due caratteristiche del disegno di questo studio lo differenziavano in maniera sostanziale dai precedenti: erano state incluse soltanto donne che non avevano mai effettuato in precedenza TOS ed era stato arruolato un numeroso gruppo di donne trattate con progesterone naturale. I risultati di questo studio hanno dimostrato che il rischio di cancro della mammella non era aumentato nelle donne trattate con estrogeni + progesterone naturale o didrogesterone, al contrario di quanto accadeva con l’associazione dell’estrogeno con altre tipologie di progestinico di sintesi; veniva dunque ipotizzato che il grado di androgenicità del progestinico utilizzato fosse responsabile dell’aumentato rischio di tumore mammario.
Dopo la pubblicazione dei risultati del WHI sono stati condotti numerosi ulteriori studi per esaminare gli effetti della TOS in donne di età compresa tra 50-55 anni, maggiormente indicata per il suo inizio. Altri studi sono in corso e sicuramente si farà ulteriore luce sugli eventuali benefici e rischi che tale terapia può comportare.
LE INDICAZIONI ATTUALI
Premessa
Prima di intraprendere un'eventuale terapia farmacologica ormonale in post-menopausa, è consigliabile migliorare lo stile di vita della donna: sono fondamentali dieta equilibrata, attività fisica regolare, riduzione dell’assunzione di alcool e cessazione del fumo di sigaretta. Molte donne aumentano di peso durante il periodo di transizione menopausale e il sovrappeso e l’obesità sono associati molto spesso ad aumentata morbilità e mortalità per malattie cardio-vascolari e diabete, oltre che per alcuni tipi di tumore, tra i quali quello della mammella e dell’endometrio.
Quando e per quanto tempo
La TOS non è indicata per tutte le donne in post-menopausa, in assenza di una chiara indicazione alla prescrizione, ma è una terapia da valutare con ciascuna donna, considerando le sue aspettative, i benefici del trattamento, i potenziali rischi, le tipologie di preparati. Infatti, la TOS comprende differenti composti (estrogeni, progesterone/progestinici, combinazione di estrogeni + progesterone/progestinico, tibolone, SERM, TSEC), che hanno differenti benefici e profili di sicurezza a seconda della via di somministrazione e del dosaggio. Pertanto, non si può parlare di UNA terapia ormonale sostitutiva, ma di DIFFERENTI tipologie di trattamento.
La TOS è un efficace trattamento per la sintomatologia vasomotoria, la sindrome genito-urinaria, i disturbi dell’umore e del sonno, e per migliorare la qualità di vita. Tuttavia, occorre valutare il profilo di rischio personale della paziente: l’età, l’età al momento della menopausa, la causa della menopausa, il tempo trascorso dall’ultima mestruazione, eventuali condizioni mediche emerse negli anni in seguito all’utilizzo di terapie ormonali, il rischio cardio-vascolare, metabolico, oncologico, osteoporotico e cognitivo.
Per permettere una decisione pienamente consapevole, le donne dovrebbero essere preliminarmente ben informate della transitorietà di alcuni sintomi, dei benefici e dei potenziali rischi della terapia, della possibile ricomparsa dei sintomi alla sospensione del trattamento ed anche delle possibili terapie alternative non ormonali.
Tabella 2 Controindicazioni assolute alla TOS in menopausa |
Sanguinamento vaginale non diagnosticato Trombosi venosa idiopatica in atto o recente Storia di neoplasia mammaria Patologia epatica attiva o cronica Cardiopatia coronarica Ipertensione arteriosa non trattata Porfiria cutanea tarda |
Prima di una eventuale TOS, la donna dovrebbe ricevere una completa valutazione anamnestica e clinica. Se si decide di intraprendere la TOS, sarà utile avere il risultato di una mammografia eseguita da non oltre 12 mesi, che dovrà essere ripetuta annualmente nel corso della terapia, come da normale protocollo di screening. In base alle caratteristiche di ciascuna donna, devono essere consigliati altri esami, come la densitometria ossea, l’ecografia pelvica e gli esami ematochimici.
Non esistono ancora dati definitivi circa la durata ottimale del trattamento per il controllo dei sintomi che nello stesso tempo non produca rischi, ma un trattamento personalizzato, iniziato prima dei 60 anni, e comunque prima di 10 anni dall’insorgenza della menopausa, ha il miglior rapporto rischio/beneficio. Attualmente non esistono ragioni per fissare un limite temporale all’utilizzo dell’HRT, anche se la paziente deve essere rivalutata annualmente con un controllo clinico e della sintomatologia. La decisione di continuare, sospendere o modificare il trattamento dipende dall’obiettivo di ciascun individuo e dalla rivalutazione del rapporto rischio/beneficio per ciascuna paziente (6). Al contrario, la presenza di patologie croniche e degenerative, clinicamente manifeste o subcliniche, nelle donne con età > 60 anni, rende irrazionale e non accettabile per i potenziali rischi associati l’inizio della TOS sistemica a dosaggi standard.
MODALITÀ DI SOMMINISTRAZIONE E DOSAGGI
Estrogeni
Estrogeni Coniugati Equini per via orale. Si tratta di un preparato costituito dall’associazione di almeno 10 differenti sostanze estrogeniche, estratte e purificate da urine di giumenta gravida: esteri solfati dell’anello estrogenico B saturo (estrone, 17beta-estradiolo, 17alfa-estradiolo) ed esteri solfati dell’anello estrogenico B insaturo (equilina, 17beta-diidroequilina, 17alfa-diidroequilina, equilenina, 17beta-diidroequilenina, 17alfa-diidroequilenina, delta-8-estrone). Numerosi studi mostrano come tutti e dieci gli estrogeni siano biologicamente attivi, sebbene alcuni di essi abbiano effetti più potenti (estrone solfato, equilina solfato e 17alfa-diidroequilina). Dopo l’assunzione, questi estrogeni sono rapidamente solforilati e circolano sotto questa forma. La dose standard è di 0.625 mg/die. Recenti studi mostrano come i soggetti trattati abbiano benefici anche con la somministrazione di dosi più basse di ECE (0.30 mg/die). Attualmente non sono più disponibili in Italia, se non nell’associazione ECE 0.45 mg/die + bazedoxifene 20 mg (Duavive).
17β-estradiolo per via orale. La micronizzazione della formulazione costituisce un mezzo per facilitare l’assorbimento senza necessità di coniugazione. Nonostante la scarsa biodisponibilità dell’E2 assunto per questa via, tanto nella forma micronizzata che come valerato, esso riesce a produrre adeguati effetti metabolici. La somministrazione orale di E2 micronizzato determina un picco ematico dopo 2-4 ore dall’assunzione, poiché l’assorbimento è accelerato dal piccolo volume delle molecole. La concentrazione plasmatica si mantiene elevata per circa 8-10 ore; il wash-out di E2 e dei suoi metaboliti si completa dopo 72 ore dall’assunzione di una singola dose.
17β-estradiolo per via trans-dermica. Questa via abolisce il primo passaggio epatico (non si hanno modificazioni dei marcatori della sintesi proteica) e determina livelli circolanti terapeutici di estradiolo con livelli più bassi di estrone e estrone solfato, per cui richiede dosi minori rispetto alla via orale. Si ha una variabilità inter-individuale nell’assorbimento e nel 6-8% dei casi il cerotto non aderisce perfettamente o si hanno problemi di allergia. Attualmente in commercio vi sono cerotti a matrice, efficaci e ben tollerati, ad eccezione di lievi reazioni cutanee al collante; tra di essi vi sono dispositivi che durano sette giorni. Questi cerotti determinano una maggiore stabilità dei livelli plasmatici di E2 rispetto al precedente sistema a serbatoio, attualmente in disuso. Dopo la rimozione del cerotto, i livelli di estradiolo declinano in 12-24 ore.
17β-estradiolo in gel. La formulazione è costituita da un gel idro-alcolico, attraverso il quale il principio attivo è assorbito dalla pelle, determinandosi a livello sottocutaneo un “effetto riserva” dell’ormone della durata di 24 ore. Le concentrazioni plasmatiche di E1 ed E2 sono significativamente elevate, stabili e con una ridotta variabilità intra-individuale, contrariamente a quanto avviene con la somministrazione orale di E2, in cui sono presenti ampie fluttuazioni. Si ha minore incidenza di reazioni cutanee rispetto al cerotto. Questa modalità terapeutica si adatta facilmente alle singole esigenze, con possibilità di somministrare dosaggi da 0.5 a 1 mg/die/dose di E2.
Estrogeni spray. Recentemente è stato introdotto in Italia un estrogeno trans-dermico in formulazione spray, con possibilità di somministrare 1.5 mg di E2 per nebulizzazione.
Estrogeni per via vaginale. Questa via di somministrazione è indicata per il mantenimento o il ripristino del trofismo a livello uro-genitale, in assenza di sintomatologia sistemica. I prodotti contenenti estrogeni possono essere somministrati sotto forma di crema, ovuli, compresse e anello vaginale. Gli estrogeni sono rapidamente assorbiti attraverso la parete vaginale: gli effetti non sono soltanto locali, soprattutto durante la fase iniziale del trattamento, quando l’epitelio vaginale è ancora atrofico e può presentare anche micro-fissurazioni della mucosa, e si assiste pertanto ad un certo grado di assorbimento sistemico. Nel momento in cui l’epitelio matura in risposta alla terapia, l’assorbimento diminuisce e, inoltre, sono sufficienti dosi più basse di estrogeni per prevenire la recidiva dell’atrofia. Diversi estrogeni con differente potenza possono essere somministrati per via vaginale (estradiolo, estriolo, promestriene).
- Estradiolo (cpr da 25 µg): ha un limitato assorbimento sistemico, con concentrazioni plasmatiche < 20 pg/mL nelle donne trattate con continuità. Concentrazioni plasmatiche inferiori sono state rilevate con l’utilizzo dell’anello vaginale contenente 2 mg di estradiolo emiidrato (con rilascio giornaliero di 7.5 µg/24h). Con entrambe le modalità di trattamento non sono stati osservati casi di proliferazione endometriale, per cui non sembra essere indicata l’aggiunta di un progestinico, anche se pare utile un controllo ecografico dell’endometrio durante il trattamento, a causa della variabilità individuale dell’assorbimento ormonale. Il dosaggio dovrebbe essere individualizzato. Dosaggi inferiori possono essere meglio tollerati e avere un migliore rapporto rischio/beneficio.
- Estriolo è un estrogeno debole a breve emivita, somministrabile sotto forma di crema, gel o ovuli. L’efficacia terapeutica sulla sindrome genito-urinaria e la sua sicurezza rispetto all’iperplasia endometriale sono ben noti (7).
- Promestriene (Colpotrophine) è un derivato estrogenico con una peculiarità farmacodinamica: non viene degradato dal citocromo P450 e non viene perciò assorbito dalla membrana basale cellulare. La sua azione risulta quindi esclusivamente locale a livello della mucosa vaginale, senza modificazione dei livelli plasmatici di gonadotropine ed estradiolo e senza stimolo alla proliferazione endometriale (8).
Nella somministrazione della TOS, dosaggi bassi di estrogeni (tabella 3) associati a bassi dosaggi di progestinici si sono dimostrati efficaci soprattutto nei confronti dei sintomi vasomotori e genito-urinari. Quantità di estrogeni inferiori a quelle tradizionalmente prescritte richiedono però, spesso, trattamenti più prolungati per ottenere la massima efficacia. Se dopo un periodo iniziale di 3-4 settimane di terapia a basso dosaggio l'effetto clinico non risultasse soddisfacente, sarà opportuno passare alla terapia con dosaggi standard. Basse dosi di estradiolo sono disponibili in varie formulazioni (gel, creme, spray). Per quanto riguarda gli effetti soprattutto a livello endometriale, con l’aggiunta all’estrogeno di un progestinico per almeno 12-14 giorni al mese, non si ha iperplasia, e si osservano elevati tassi di amenorrea in caso di utilizzo combinato continuo (> 80% dal 1° mese).
Tabella 3 Dosaggi degli estrogeni in menopausa |
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Formulazione | Dose standard | Dose bassa |
Estrogeni coniugati equini | 0.625 mg/die | 0.3-0.45 mg/die |
17β-estradiolo micronizzato per via orale | 2 mg/die | 0.5 mg/die |
17β-estradiolo trans-dermico (cerotto) | 50 µg/die | 14-37.5 µg/die |
17β-estradiolo trans-dermico (gel) | 1.5 mg/die | 0.014 mg/die |
17β-estradiolo spray nasale | 0.03 mg/die | 0.015 mg/die |
Estrogeni per via vaginale | 25 µg/die | 10 µg/die |
Progestinici
La farmacocinetica e la farmacodinamica seguono le seguenti regole: rapido assorbimento con concentrazione plasmatica massima dopo 2-5 ore, metabolizzazione epatica, lunga emivita (da 6 a 48 ore a seconda del progestinico utilizzato), con livelli plasmatici stabili se il trattamento viene protratto. Oltre che con il recettore progestinico, possono interagire con altri recettori steroidei (androgenici, mineralcorticoidi, glucocorticoidi, estrogenici) ed essere quindi dotati di differenti specificità di profilo.
Progestinici per via orale. Questa via è utilizzata nella maggior parte dei casi, per la maggiore biodisponibilità rispetto al progesterone naturale (che viene rapidamente catabolizzato nel fegato e nell’intestino).
Progestinici per via intra-uterina. Questa modalità di somministrazione, con l’impiego di un dispositivo intra-uterino (LNG-IUS) a forma di T, della durata di 3-5 anni, determina il rilascio di levonorgestrel direttamente a contatto con la mucosa endometriale. Questa tipologia di rilascio determina bassi livelli plasmatici dell’ormone, mentre le sue concentrazioni tissutali sono particolarmente elevate a livello endometriale.
Progestinici per via trans-dermica. Noretisterone acetato e levonorgestrel possono essere somministrati sotto forma di patch in associazione a 17β-E2, rilasciati da una matrice acrilica adesiva che li incorpora.
Progesterone naturale (P). Viene così definito il composto chimicamente uguale al progesterone di origine ovarica. La via orale di somministrazione del P ne determina una biodisponibilità relativamente bassa, con scarso assorbimento e rapido metabolismo epatico (effetto di primo passaggio), ma la micronizzazione rende la biodisponibilità del P simile a quella dello steroide naturale e la variabilità intra- ed inter-individuale è simile a quella dei progestinici di sintesi. Inoltre, la sospensione in olio e il confezionamento in capsule in gelatina aumentano ulteriormente l’assorbimento intestinale del progesterone micronizzato. La concentrazione plasmatica è proporzionale alla dose somministrata e il picco plasmatico varia da caso a caso, anche a seconda delle caratteristiche della flora batterica intestinale e dell’assunzione o meno di cibo, ecc. L’ingestione concomitante di alimenti ne incrementa i livelli plasmatici, stimolandone quindi assorbimento e biodisponibilità, senza modificare la percentuale assorbita. L’affinità dei metaboliti del P per i recettori GABA-ergici fa sì che la sua somministrazione per questa via abbia un effetto ipno-inducente, che può essere desiderabile per soggetti che hanno disturbi del sonno e che per questo preferiranno l’assunzione serale del farmaco. Tuttavia, in alcuni soggetti particolarmente sensibili l’assunzione orale può determinare anche stati confusivi e per questo si preferisce la somministrazione per via vaginale. La possibilità di utilizzare il P naturale per una via diversa dall’orale consente di impiegare il preparato a basse dosi, disponibili soprattutto a livello endometriale, dove è altamente efficace nell’indurre la maturazione secretiva. Per via vaginale si possono utilizzare compresse, ovuli, crema, gel all’8%. La somministrazione intra-vaginale di progesterone ne determina un picco plasmatico un pò più tardivo o un pò più basso rispetto alla via orale. Come dosi si utilizzano 200 mg per via vaginale in un’unica o in due somministrazioni, oppure 90 mg in gel a giorni alterni; per via orale, a causa della rapida metabolizzazione, si consigliano 100 mg x 2/die.
Tabella 4 Dosaggi dei progestinici in menopausa |
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Tipo | Dose in sequenziale | Dose in combinata | Dose del solo progestinico in commercio |
Medrossiprogesterone acetato | 10 mg | 2.5 mg | 5-10-20 mg |
Noretisterone acetato | 1 mg | 1 mg | 10 mg |
Nomegestrolo acetato | 5-2.5 mg | 2.5 mg | 5 mg |
Medrogestone | 5 mg | 5 mg | 5 mg |
Diidrogesterone | 10-20 mg | 5 mg | 10 mg |
Progesterone per via vaginale (cp) | 200 mg | 100 mg | 100-200 mg |
Progesterone per via orale (cp) | 200-300 mg | 100 mg | 100-200 mg |
Schemi di terapia ormonale
Nelle donne non isterectomizzate la TOS segue preferenzialmente lo schema tradizionale o sequenziale ciclico, in cui il progestinico viene aggiunto all’estrogeno nella seconda fase di ogni ciclo (per 12-14 giorni), seguito da una breve pausa di sospensione del trattamento; in tal caso, se la dose di estrogeno è sufficiente a far crescere la mucosa endometriale, si hanno dei flussi simil-mestruali, che debbono essere considerati normali quando conseguano alla sospensione del progestinico.
Più di recente è stato adottato lo schema combinato continuo, con assunzione continuativa dell’estrogeno e del progestinico contemporaneamente. Tale tipo di somministrazione porta alla pressoché totale atrofia della mucosa endo-uterina, così che dopo alcuni mesi di perdite ematiche irregolari si giunge, nella maggior parte dei casi, alla scomparsa dei flussi.
I RISULTATI
Le vampate di calore
Una revisione sistematica ed una metanalisi di 12 studi sulla terapia con estrogeni della durata di almeno 3 mesi, controllati verso placebo (9), hanno evidenziato che il numero di vampate di calore era significativamente ridotto, senza riscontrare significative differenze tra i vari tipi di estrogeni utilizzati (17ß-E2 per via orale o per via trans-dermica o ECE). L'aggiunta di un progestinico agli estrogeni non influenzava significativamente i risultati ottenuti. Dati simili sono stati osservati in una seconda metanalisi di 24 studi (10): la frequenza delle vampate era ridotta del 75% rispetto al gruppo placebo.
Va sottolineato che la maggior parte dei dati disponibili in letteratura a questo riguardo si basa sull’utilizzo di estrogeni a dosi standard. Tuttavia, si è visto che anche i dosaggi più bassi di estrogeni (tabella 3) sono in grado di ridurre significativamente le vampate di calore (11). In molte donne è risultato efficace un dosaggio ancora più basso (17ß-E2 0.014 mg/die per via trans-dermica).
Di recente per le vampate di calore sono state utilizzate terapie alternative (soia/isoflavoni, anti-depressivi e gabapentina, vedi oltre): sebbene questi agenti non siano efficaci quanto gli estrogeni, sono significativamente migliori del placebo (12).
Quando le vampate sono di lieve entità, allo stato attuale non vi è consenso se consigliare alcune integrazioni terapeutiche quali soia/isoflavoni, per mancanza di dati conclusivi, in particolare nelle donne con tumore della mammella. I cibi ricchi di isoflavoni potrebbero essere una scelta migliore rispetto alla supplementazione o ai cibi fortificati. Mancano dati sull’efficacia e non c’è consenso sull’impiego di ginseng, liquirizia, agopuntura, magnetoterapia, ecc.
Quando le vampate sono più severe e incidono sulla qualità della vita, deve essere presa in considerazione la terapia ormonale. Si raccomanda di utilizzare la dose più bassa per il controllo dei sintomi vasomotori. Con il regime ciclico ci può essere una ricomparsa delle vampate nel periodo di pausa, soprattutto con l’impiego del 17ß-E2 che ha una clearance più rapida.
Se le vampate persistono, dopo adeguamento del dosaggio, per più di 2-3 mesi di terapia, occorre prendere in esame altre cause del sintomo.
In conclusione, la TOS dà una riduzione delle vampate di calore: -75% di frequenza (IC 64-82%) e -87% di gravità (IC 73-94%).
Atrofia vaginale
La terapia con estrogeni promuove la crescita delle cellule vaginali, la maturazione cellulare, favorisce la ricolonizzazione con i lattobacilli, migliora lo spessore e l’elasticità della mucosa e ne aumenta il flusso sanguigno, diminuisce il pH vaginale a livelli pre-menopausali e migliora la risposta sessuale. Dosi basse di estrogeni, come 10 µg inseriti in vagina due volte a settimana o 7.5 µg/die con anello vaginale, migliorano sensibilmente l’atrofia vaginale e ne riducono i sintomi. Dosi da 7.5 a 25 µg di estradiolo per due volte alla settimana non sembrano determinare un’azione stimolatoria a livello endometriale.
In conclusione, l’effetto della TOS è positivo.
Sessualità
Gli estrogeni da soli possono non essere sufficienti per risolvere il problema sessuale e i progestinici possono avere effetti diversi, in base all’androgenicità. L’estrogenizzazione è importante, ma è necessario anche tenere conto che la TOS può interferire con la produzione epatica di SHBG e con la secrezione surrenalica degli androgeni, che possono avere un forte impatto sulla libido.
L’aggiunta di testosterone potrebbe migliorare il desiderio e l’attività sessuale, soprattutto quando è chiaramente evidente una carenza di androgeni come nella menopausa chirurgica, dove viene repentinamente a mancare la quota di androgeni prodotta dalle ovaie, tuttavia non vi è un consenso all’utilizzo, poiché tale terapia è sostenuta da dati limitati e gli effetti a lungo termine non sono noti. Le Linee Guida dell’Endocrine Society sconsigliano l’utilizzo di terapia androgenica nella donna, fatta eccezione nelle donne in post-menopausa con grave disordine ipoattivo del desiderio, senza controindicazioni ed esclusivamente in uno studio clinico durato 3-6 mesi, con monitoraggio dei livelli di testosterone plasmatici (13,14).
Tra i vari farmaci a disposizione, il tibolone (vedi oltre) sembra avere effetti specifici proprio sulla libido, oltre agli effetti positivi sui sintomi vaginali e generali della menopausa.
Gli estrogeni possono concorrere a migliorare il desiderio in modo diretto, in quanto contribuiscono a mantenere più trofici gli indicatori biologici, anatomici e funzionali, dell’identità sessuale femminile, e indiretto, sia perchè riducono i sintomi vasomotori, neurovegetativi e psichici che possono concorrere alla caduta della libido, sia perché possono ridurre i disturbi dell’eccitazione e la dispareunia, che possono inibire la risposta sessuale, causando una caduta secondaria del desiderio.
I progestinici possono avere invece azione diversa, a seconda della molecola di origine, dell’interazione, agonista o antagonista, con i recettori ormonali (progestinici, estrogenici, androgenici), dell’affinità con l’SHBG (se presente ed elevata, sposta il testosterone, aumentandone la frazione libera), dell’inibizione o meno della 5-alfa-reduttasi di tipo 2 (che converte il testosterone nella sua forma attiva, DHT).
In conclusione, la somministrazione della terapia ormonale personalizzata migliora la sessualità.
Apparato urinario
I dati sono molto contraddittori: estrogeni utilizzati localmente possono dare beneficio alle donne con vescica iperattiva e diminuzione del rischio di infezioni ricorrenti delle vie urinarie, ma gli estrogeni assunti per via sistemica sembrano peggiorare o provocare incontinenza, mentre bassi dosaggi di estradiolo trans-dermico non sembrano incidere sull’incontinenza (15). Al momento attuale nessun prodotto ormonale è però stato approvato e quindi non vi è nessuna indicazione per la cura delle patologie delle vie urinarie con la terapia ormonale.
Depressione
Alcuni studi randomizzati (16), anche se piccoli e di breve durata, hanno evidenziato come la TOS con estrogeni possa svolgere una significativa azione anti-depressiva, soprattutto se assunta per os nelle donne sintomatiche più giovani in peri-menopausa, mentre altri studi condotti nelle donne in post-menopausa avanzata non hanno dimostrato alcuna significativa azione protettiva (17). Sebbene la TOS abbia un effetto positivo sul tono dell’umore, non può essere considerata un anti-depressivo (18). Pertanto, un primo episodio depressivo lieve o moderato può costituire indicazione al trattamento ormonale sostitutivo. Negli episodi gravi, tuttavia, è indicata la terapia con anti-depressivi associati a psicoterapia.
Declino cognitivo e demenza senile
Numerosi studi osservazionali hanno evidenziato il possibile ruolo degli estrogeni nel prevenire il declino cognitivo e il rischio di demenza, se iniziati precocemente prima dei 65 anni, particolarmente dopo menopausa chirurgica o in presenza di sintomi associati alla menopausa, ma gli studi prospettici non lo hanno confermato. Lo studio collaterale del WHI sulle funzioni cognitive (WHIMS, 19), condotto su più di 7500 donne > 65 anni, durato circa 6 anni e che prevedeva test di memoria e di ideazione, misurazione delle attività relative alla memoria e altre funzioni cerebrali, non ha dimostrato nessun significativo effetto positivo con l’utilizzo della TOS. Anche il Nurses’ Health Study (NHS) non ha evidenziato alcun beneficio sulla funzione cognitiva a lungo termine con l'uso della TOS tra le donne che avevano iniziato la terapia già nei primi mesi della menopausa, anzi si è addirittura evidenziato un più rapido declino cognitivo proprio tra le donne che utilizzavano la terapia (20). Nello studio Women’s Health Across the Nation (21) le donne che avevano assunto terapia orale contraccettiva in peri-menopausa e poi la interrompevano in post-menopausa avevano un effetto cognitivo benefico, al contrario delle donne che iniziavano la terapia in post-menopausa, nelle quali si osservava un effetto negativo sulla performance cognitiva. Per le donne in post-menopausa di età > 65 anni, i risultati dei più ampi studi clinici ben disegnati indicano che la terapia con estrogeni non migliora la memoria o le altre abilità cognitive e che la terapia combinata estro-progestinica sembra addirittura peggiorare le capacità mnemoniche. Lo studio WHI, condotto su donne di età compresa tra 65 e 79 anni, ha registrato un aumento dell'incidenza della demenza con l’uso della TOS (19): la stima dei casi di demenza attribuiti alla TOS è di 12/10.000 donne per anno con i soli estrogeni (non significativo) e di 23/10.000 donne per anno con l’utilizzo dell’associazione E+P (aumento significativo). Dati dello studio WHI of Cognitive Aging, accessorio del WHI, e dello studio Memory WHI (22), che ha arruolato donne > 66 anni, hanno indicato peggioramento della memoria verbale ma effetto positivo sulla memoria figurata tra le donne che utilizzavano E+P rispetto a quelle che non la utilizzavano. Ultimamente, il Registro Finlandese per l’Osteoporosi ha riportato come l’utilizzo di TOS in donne di età compresa tra 47 e 56 anni riduca il rischio di sviluppare Alzheimer. Al momento non ci sono RCT che possano fornirci ulteriori informazioni. In sintesi, i dati disponibili non chiariscono adeguatamente se l’utilizzo della TOS assunta subito dopo la menopausa aumenti o diminuisca il tasso di declino cognitivo o riduca e ritardi il rischio di demenza. Attualmente è in corso uno studio per valutare il differente impatto della TOS sulle funzioni cognitive a seconda dell’età al trattamento, dei vari preparati estrogenici (ECE o estradiolo), della via di somministrazione, dell’associazione con progesterone micronizzato rispetto ai progestinici di sintesi (KEEPS Cognitive and Affective Study). In assenza di conclusioni più certe, l’inizio della TOS a dosi standard dopo i 65 anni non è raccomandato per la prevenzione della demenza e il declino cognitivo (15,18,23).
Osteoporosi e fratture
L’obiettivo del trattamento dell’osteoporosi è la prevenzione delle fratture. La scelta del trattamento deve essere basata sul rapporto rischio/beneficio e costo del farmaco. Pertanto, un trattamento specifico deve essere effettuato sulla base del rischio fratturativo individuale a 10 anni (modello FRAX per il calcolo del rischio di frattura, specifico per ogni Paese), o in presenza di osteoporosi (T-score ≤ -2.5 alla densitometria DEXA) o di osteopenia con ulteriori concomitanti fattori di rischio.
La TOS a dosi standard è efficace nel controllo dell’eccessivo turnover osseo, previene la perdita ossea in post-menopausa e riduce l’incidenza delle fratture, sia vertebrali che femorali, anche in donne senza rischio elevato di frattura: la TOS è infatti la sola terapia con comprovata efficacia nella riduzione delle fratture in donne con osteopenia. La TOS a basso dosaggio è risultata efficace nel ridurre la perdita di massa ossea, ma non vi sono dati rispetto alla riduzione dell’incidenza del rischio fratturativo.
Sebbene la TOS sia in grado di prevenire le fratture in post-menopausa ad ogni età, è fondamentale l’età di inizio del trattamento: i benefici sull’osso sono maggiori nel gruppo di donne tra i 50 e i 60 anni o entro 10 anni dall’ultima mestruazione, e superano nettamente i rischi; pertanto la TOS deve essere considerata la terapia di prima linea in questo caso. Nella fascia di età 60-70 anni occorre valutare attentamente i rischi correlati alla TOS e preferire l’utilizzo di altri farmaci per il trattamento dell’osteoporosi (6,15).
La durata del trattamento non ha un limite predefinito, ma deve essere rivalutata periodicamente rispetto all’obiettivo che ci si pone e agli eventuali rischi che possono insorgere all’aumento dell’età, poiché alla cessazione della terapia vi è una quota imprevedibile di perdita di massa ossea, sebbene permanga un certo grado di protezione dalla frattura dopo la cessazione della TOS.
Metabolismo
La TOS in menopausa è associata in generale alla riduzione del peso corporeo e della massa grassa.
Studi osservazionali e randomizzati come il WHI hanno dimostrato che la TOS (ECE con o senza MAP) riduce il rischio di sviluppare diabete, indipendentemente dai suoi effetti sul BMI. Questo effetto protettivo non sembrerebbe legato esclusivamente al miglioramento della sensibilità all’insulina.
Sistema cardio-vascolare
In tutto il sistema cardio-vascolare sono presenti recettori per estrogeni, progesterone e androgeni e gli steroidi sessuali lo influenzano profondamente.
Per quanto riguarda la prevenzione primaria, tutti i dati della letteratura (provenienti da studi osservazionali, RCT e metanalisi) sono concordi sul fatto che la TOS, se iniziata prima dei 60 anni e entro 10 anni dall’insorgenza della menopausa, riduca l’incidenza delle malattie cardio-vascolari e tutte le cause di morte. Al contrario, quando iniziata dopo i 60 anni o dopo 10 anni dalla menopausa, la TOS ha effetto nullo o anche avverso sul rischio cardio-vascolare. Quando le coronarie presentano già placche aterosclerotiche, gli estrogeni somministrati per via orale incrementano i livelli di metallo-proteinasi (MMP) che provocano instabilità della placca, con rischio di rottura e successiva trombosi. Questo fenomeno non si presenta nelle donne più giovani, con assenza o presenza minima di placche aterosclerotiche vasali, meglio se in menopausa da meno di 6 anni. Inoltre, la somministrazione di estrogeni per via trans-dermica non incrementa i livelli di MMP e pertanto ha rischio trombotico minore o nullo.
Vari studi dimostrano che la TOS riduce sia lo spessore dell’intima e della media della carotide (indice diretto di aterosclerosi subclinica, predittivo di rischio di eventi cardio-vascolari), sia l’accumulo di calcio a livello arterioso, correlato a sua volta con rischio di arteriosclerosi ed eventi cardio-vascolari.
Infine, studi clinici randomizzati ipotizzano una differente azione nella riduzione del rischio coronarico a seconda della tipologia di preparato utilizzato (24,25).
Sistema cerebro-vascolare
La selezione delle pazienti e l’inizio precoce della TOS sono determinanti sul rischio vascolare determinato dalla terapia. Entrambi questi fattori potrebbero spiegare i dati discordanti derivati da differenti studi sul rischio di ictus. Il rischio di ictus è età-correlato, quantificabile in un caso in più di 1000 donne per anno, ossia è un evento raro.
I risultati di studi osservazionali su TOS e rischio di ictus sono contraddittori. Diversi studi indicano un aumento del rischio di ictus ischemico, in linea con i risultati del WHI. Nel Nurses' Health Study, il RR di ictus nelle donne di 50-59 anni in terapia con E+P non era significativamente elevato (RR 1.34, IC95% 0.84-2.13), ma era significativamente maggiore tra le donne della stessa età che stavano utilizzando la terapia con soli estrogeni (RR 1.58, IC95% 1.06-2.37). Inoltre, la terapia con bassi dosaggi di estrogeni non sembra aumentare il rischio di ictus (bassi livelli di evidenza) e il dosaggio minimo di estrogeni impiegato (per esempio 0.3 mg ECE) non sembra associato ad un aumento del rischio, anche se bisogna considerare il numero relativamente basso di donne che stavano assumendo la terapia (26). Al contrario, altri studi non hanno dimostrato nessun significativo aumento del rischio di ictus quando viene utilizzata la TOS in menopausa (27-29). Alcuni studi suggeriscono un piccolo incremento del rischio di ictus ischemico anche in donne più giovani (50-60 anni) con l’utilizzo di estrogeni orali a dosi medio-alte, mentre la via di somministrazione trans-dermica non aumenta il rischio di ictus nella popolazione generale (6,25).
Non vi è un aumento significativo di ictus in donne di età < 60 anni che inizino la TOS entro 10 anni dall’ultima mestruazione. Lo studio Heart and Estrogen/Progestin Replacement (30) e lo studio di prevenzione secondaria Women’s Estrogen for Stroke (31) hanno evidenziato che il rischio di ictus non è significativamente aumentato. Lo studio Women’s International of long Duration Oestrogen after Menopause (32) non ha evidenziato alcun eccesso di rischio di ictus dopo 1 anno di terapia nelle donne trattate con E+P rispetto al gruppo placebo.
In conclusione, l’utilizzo di preparazioni estrogeniche trans-dermiche deve essere considerato a rischio trombotico basso/nullo, perciò come improbabile fonte di rischio di ictus e malattie cardio-vascolari (23).
Mortalità
La TOS è stata associata a una riduzione del 40% circa della mortalità totale femminile negli studi in cui le partecipanti avevano un'età media < 60 anni o erano già in menopausa da almeno 10 anni (33).
I RISCHI
Trombo-embolia venosa (TEV)
La TEV è il più frequente effetto collaterale correlabile all’utilizzo di estrogeni per os in donne in post-menopausa, con un rischio maggiore durante il primo anno di trattamento.
Gli estrogeni orali esercitano un effetto pro-trombotico dovuto all’effetto di “primo passaggio” epatico, con successivo incremento dei livelli plasmatici di D-dimero e trombina, riduzione dei livelli plasmatici di proteina C ed S coagulative, AT III e APC ratio, aumento dell’angiotensinogeno e alterazione del quadro lipidico (34). Inoltre, il rischio di TEV aumenta con l’età ed è direttamente correlato all’obesità e alla trombofilia.
Studi epidemiologici hanno dimostrato che non vi è alcun incremento del rischio di TEV con l’utilizzo di estradiolo trans-dermico (che non ha alcuna interferenza sui parametri coagulativi). Inoltre, vi sono forti evidenze che differenti tipi di progestinico utilizzati nella TOS influenzino in maniera diversa il rischio trombotico. Una terapia ormonale costituita da estrogeni trans-dermici e progesterone naturale ha un minor impatto sul rischio trombotico, specie in donne con più elevato rischio di base, mentre l’utilizzo di medrossiprogesterone acetato aumenta significativamente il rischio di TEV (6,15,23).
Non vi è indicazione ad effettuare uno screening per la trombofilia prima di iniziare una TOS, ma è fondamentale un’anamnesi familiare e personale accurata.
Anche il fumo potrebbe aumentare ulteriormente il rischio di TEV. Le donne fumatrici che volessero intraprendere una terapia ormonale in menopausa devono provare a smettere di fumare.
Alla luce di questi dati, le linee guida della North American Menopause Society (NAMS), dell’Endocrine Society, dell’International Menopause Society e dell’European Menopause and Andropause Society (EMAS) per la gestione delle donne in menopausa con una storia personale o familiare di TEV contengono affermazioni positive per quanto riguarda l’utilizzo trans-dermico, sia dell’estradiolo che del progesterone micronizzato: questa associazione trans-dermica conferisce un rischio significativamente più basso per TEV, ictus e malattie della colecisti. Sulla base di questi dati, ora inclusi nelle linee guida, l'uso di estradiolo e progesterone micronizzato per via trans-dermica potrebbe ridurre o addirittura annullare il rischio di TEV, ictus, colecistite, e forse anche di cancro della mammella, che è invece associato alla TOS per via orale.
Bisogna ricordare che interventi chirurgici, fratture e immobilizzazione possono predisporre alla trombosi venosa e che il rischio è aggravato di circa 2 volte quando viene utilizzata la terapia combinata orale E+P. Non esistono dati certi che la sospensione della terapia ormonale in menopausa possa ridurre il rischio di trombosi venosa, ma poichè si è visto che la terapia combinata per via orale può determinare un aumento del rischio di eventi trombo-embolici anche del 30%, si consiglia la sospensione in occasione di eventuali interventi chirurgici o nei casi che potrebbero aumentarne il rischio.
Malattie della colecisti
Gli estrogeni da soli o in combinazione con i progestinici aumentano il rischio di malattie della colecisti (colecistite, colelitiasi, colecistectomia). Tuttavia, alcuni studi osservazionali hanno evidenziato minori rischi di patologia della colecisti quando viene utilizzata la terapia trans-dermica (oppure quella orale a bassi dosaggi) rispetto a quella orale standard.
Cancro della mammella
L’incidenza di cancro della mammella è differente a seconda dei Paesi considerati, per cui non si possono estrapolare dati sulla TOS generalizzabili alle differenti etnie. Inoltre, i dati riguardanti il rischio di carcinoma mammario nelle donne che utilizzano la TOS rispetto a quelle che non la utilizzano sono ancora piuttosto contrastanti, perché la maggior parte degli studi a lungo termine prende in considerazione uno specifico preparato ormonale costituito dall’associazione di ECE + MAP e suggerisce un possibile incremento del rischio durante il trattamento. Inoltre, l’aumento della densità mammaria durante la TOS comporta una minore facilità di lettura della mammografia.
La terapia con soli estrogeni (ECE alla dose standard di 0.625 mg/die) ha dimostrato di non aumentare il rischio di tumore della mammella, anche con 15 anni di utilizzo. Sebbene alcuni studi abbiano ipotizzato un piccolo incremento del rischio sia con l’utilizzo di ECE che con estradiolo, nello studio WHI era presente persino una riduzione dell’incidenza di tumore mammario nel braccio di trattamento con soli estrogeni. Tuttavia l’associazione con il MAP è stata dimostrata incrementare il rischio di tumore della mammella.
Il possibile aumento di rischio di cancro mammario associato all’utilizzo della TOS è < 0.1% annuo (cioè meno di 1 cancro ogni 1000 donne, per anno di utilizzo), simile o addirittura inferiore al rischio associato a stili di vita scorretti (ridotta attività fisica, obesità, abuso di alcool) (15).
L’opinione attuale è che la TOS possa esercitare una stimolazione sulla proliferazione di cellule di tumori occulti pre-esistenti, troppo piccoli per essere diagnosticati dall’esame obiettivo o dagli studi di diagnostica per immagini. Probabilmente alcuni di questi piccoli tumori non sarebbero progrediti senza la stimolazione della terapia ormonale. Questa tipologia di tumore, a lenta progressione e con recettori per gli estrogeni positivi, potrebbe aumentare la sua velocità di sviluppo nelle donne in TOS, particolarmente con l’associazione con un certo tipo di progestinico. La terapia con soli estrogeni avrebbe invece un effetto molto ridotto o trascurabile nello sviluppo di questo tipo di tumore (25).
Secondo l’ipotesi long gap time, la riduzione del cancro della mammella associata all'uso di soli estrogeni osservata nel WHI potrebbe riflettere un effetto pro-apoptotico degli estrogeni nelle donne che intraprendono la terapia molti anni dopo l'insorgenza della menopausa. Studi in vitro su cellule cancerogene mammarie hanno, infatti, dimostrato che, se queste vengono deprivate di estrogeni per un lungo periodo, si sensibilizzano all’effetto pro-apoptotico dell’estradiolo (35). La diminuzione del rischio di cancro della mammella osservata nel braccio di soli E del WHI non è stata osservata nel MWS (36), dove il rischio relativo è risultato invece maggiore nelle donne che hanno intrapreso la terapia con estrogeni entro 5 anni dopo la menopausa, con un aumento assoluto del rischio di 13 casi ogni 10.000 donne per anno. Non è stato stabilito se la differenza tra questi risultati e il braccio WHI con soli E rifletta le differenze nei tempi di inizio della terapia, i tipi di estrogeni utilizzati, le popolazioni di studio, l'aumento della sorveglianza mammografica delle donne che usavano la terapia ormonale, o altri fattori non controllati in uno studio osservazionale. Il rischio di cancro della mammella aumentava quando la terapia con soli estrogeni veniva prolungata oltre 15 anni (37,38). Una grande meta-analisi, che ha analizzato dati di 67.370 donne negli studi osservazionali, non ha evidenziato nessun aumento del rischio di cancro della mammella in donne che avevano utilizzato la terapia con soli estrogeni per meno di 5 anni (39).
Tre studi successivi al WHI (di cui un ampio studio osservazionale europeo) hanno dimostrato come l’associazione di progesterone micronizzato o didrogesterone alla terapia con estradiolo orale o trans-dermico sia correlata ad un rischio di cancro mammario nullo rispetto a quello rilevato con l’utilizzo di progestinici sintetici. Tuttavia, la mammografia deve essere effettuata annualmente nellle donne in TOS (15,23): nel caso di pazienti che presentino una mammografia di difficile interpretazione per aumentata densità, è possibile ripeterla dopo 30 giorni di sospensione della TOS.
Possiamo concludere che attualmente non è possibile calcolare il rischio assoluto di carcinoma della mammella per ogni donna, poichè questo dipende da vari fattori, come il momento della menopausa, il tipo di trattamento, il BMI, l’eventuale progestinico utilizzato, la lunghezza del periodo di trattamento e la familiarità.
Cancro dell’ovaio
I dati pubblicati sul ruolo della terapia ormonale sul rischio di carcinoma ovarico sono contrastanti. Alcuni studi non hanno trovato nessuna associazione (40,41), ma vi è un cospicuo numero di dati sperimentali osservazionali, che evidenziano un'associazione tra rischio di cancro ovarico e TOS, in particolare se utilizzata per un lungo periodo (42,43). Nel National Institutes of Health American Association of Retired Person Diet and Health Cohort (44) non si è osservato nessun aumento di rischio per cancro ovarico se la terapia con soli estrogeni veniva utilizzata per meno di 10 anni, ma il rischio aumentava significativamente quando si superavano i 10 anni di trattamento. Un'importante metanalisi ha evidenziato un aumento del rischio annuo per cancro ovarico: con E + P di 1.11 volte (IC95% 1.02-1.21) e con solo E di 1.28 volte (IC95% 1.18-1.40) (45). Una seconda metanalisi sull’uso di qualsiasi TOS ha evidenziato un RR di 1.24 (IC95% 1.15-1.34) per studi di coorte e di 1.19 (IC95% 1.02-1.40) per studi caso-controllo (46). L’aumento del rischio riguarda esclusivamente i tumori sierosi ed endometrioidi e si evidenzia con un caso di cancro dell’ovaio in più di 1000 donne in TOS di età media 50 anni (con mortalità di un caso in più ogni 1700 utilizzatrici). Tuttavia, a causa di numerosi bias nei vari studi, mancano dati scientifici di buona qualità per definire l’esatto rischio di cancro dell’ovaio in TOS (15).
In conclusione, l'associazione tra cancro ovarico e terapia con E + P se utilizzata per più di 5 anni è rara, ma le donne ad aumentato rischio di cancro ovarico (per esempio, quelle con una storia familiare) devono essere informate circa questa potenziale associazione.
Carcinoma endometriale
L’utilizzo della terapia con estrogeni in assenza di associazione con progestinico in donne in post-menopausa non isterectomizzate correla con una maggiore incidenza del carcinoma dell’endometrio; tale rischio è dose- e tempo (di utilizzo)-dipendente. Un’importante metanalisi ha evidenziato un RR generale di 2.3 (IC95% 2.1-2.5), che saliva a 9.5 se gli estrogeni venivano utilizzati per oltre 10 anni (47). Il rischio era presente in maniera significativa anche dopo diversi anni dalla sospensione della terapia. Per ridurre il rischio, è raccomandato per le donne con utero intatto l’assunzione concomitante di un progestinico.
L’utilizzo di terapia sequenziale ciclica a lungo termine (3-5 anni) sembra essere associata a un incremento lieve ma statisticamente significativo di iperplasia endometriale, mentre la terapia ormonale combinata continua ne riduce il rischio. Tuttavia, il controllo dell’iperplasia endometriale dovuta alla proliferazione estrogeno-indotta dipende dalla tipologia, dalla dose e dal tempo di utilizzo del progestinico. Per bilanciare una terapia con estradiolo 2 mg/die per os oppure estradiolo trans-dermico 50 µg/die sono necessarie adeguate dosi di progesterone micronizzato (200 mg/die per 12-14 giorni al mese); in donne che utilizzino una terapia estrogenica a più elevato dosaggio o che abbiano un elevato BMI dovrebbero essere prese in considerazione dosi più elevate. Inoltre, nelle donne in terapia sequenziale ciclica bisogna prendere in considerazione un monitoraggio ecografico dello spessore endometriale, per valutare un eventuale adeguamento del dosaggio del progestinico nei casi a rischio di iperplasia (15,23).
La terapia con estrogeni non è consigliata a donne in post-menopausa con pregresso cancro dell’endometrio.
Cancro del colon
La maggior parte degli studi osservazionali mostra una riduzione del rischio di cancro del colon nelle donne che fanno uso di TOS e 3 metanalisi riportano un mantenimento di questo beneficio nei 4 anni successivi alla sospensione del trattamento. Nello studio WHI è stata rilevata una riduzione dell’incidenza dei tumori del colon nel braccio in terapia combinata (circa 6 casi in meno per 10.000 donne/anno), in accordo con alcuni studi osservazionali. Limitandosi alle donne di età < 60 anni, il beneficio è da considerarsi pressoché inesistente, perché in questa fascia di età l’incidenza dei tumori del colon è molto bassa nelle donne a rischio normale, mentre in quelle a rischio più alto (specie per familiarità) è fortemente raccomandato lo screening endoscopico per la diagnosi precoce.
In conclusione la TOS riduce l’incidenza di carcinoma del colon e la mortalità correlata, ma questo non può costituire un’indicazione alla TOS, sebbene possa in teoria entrare nella valutazione complessiva del rapporto beneficio-rischio.
ALTRI TRATTAMENTI ORMONALI
La Terapia Ormonale Bioidentica
Il termine “bioidentico” identifica una terapia che abbia la stessa struttura molecolare delle sostanze prodotte nel corpo umano, pertanto estradiolo e progesterone realizzati da industrie farmaceutiche e sottoposti a rigorosi controlli dalle Autorità preposte sono da intendersi come forme bioidentiche di TOS. Invece, ciò che commercialmente viene definita come terapia ormonale bioidentica (BHT) è una definizione inadeguata per descrivere preparazioni ormonali che contengono una miscellanea di vari ormoni, compresi estradiolo, estrone, estriolo, progesterone, DHEA e testosterone, normalmente prodotte in modo galenico, ma non soggette ai rigorosi controlli di qualità imposti ai prodotti farmacologici registrati. Gli ormoni bioidentici non sono “naturali”, ma sono sintetizzati in laboratorio da precursori di origine vegetale. Inoltre è stato riscontrato un incremento di carcinoma endometriale con l’utilizzo di BHT, in quanto il progesterone utilizzato in questi composti non sembra essere sufficiente a controbilanciare l’effetto estrogenico di stimolazione endometriale. In conclusione, i composti ormonali bioidentici non offrono comprovati benefici né sono sicuri per la salute delle donne. Tutte le società scientifiche e i dati clinici mettono in guardia sull’utilizzo di questo tipo di trattamento ormonale (15,23).
Tibolone
È uno steroide sintetico, 19-nortestosterone derivato, spesso descritto come prodotto di utilizzo per la TOS, ma con un profilo farmacologico unico e con significative differenze nel meccanismo d’azione rispetto alla terapia estrogenica o estro-progestinica. Infatti, ha contemporaneamente proprietà estrogeniche, progestiniche e androgeniche ed effetti tessuto-selettivi, con attività simil-estrogenica su osso, vagina e cervello, ma senza attività di stimolo proliferativo a livello endometriale. Inoltre, riduce in modo significativo l’SHBG, aumentando i livelli di testosterone libero circolante.
È utilizzato per ridurre i sintomi della menopausa, approvato per l'uso in Europa e Australia, ma non negli Stati Uniti (l’FDA ha negato l’autorizzazione nel 2006, richiedendo supplementi di dati che l’azienda non ha più fornito). Il tibolone è, infatti, in grado di alleviare in maniera significativa i sintomi vasomotori in menopausa e migliorare l'atrofia uro-genitale.
Il tibolone (1.25 mg/die per 2 anni) riduce nelle donne anziane in post-menopausa la perdita di massa ossea a livello della colonna lombare e dell'anca rispetto al raloxifene (60 mg/die). Lo studio LIFT (Long-Term Intervention on Fractures with Tibolone)(48), disegnato per testare se il trattamento con tibolone fosse in grado di ridurre il rischio di fratture vertebrali e, in secondo luogo, di modificare il rischio di fratture non vertebrali, cancro mammario, trombosi venosa profonda e malattie cardio-vascolari in donne anziane con osteoporosi, è stato interrotto prematuramente per un aumento del rischio di ictus (49). Lo studio LIBERATE (The Livial Intervention following Breast cancer; Efficacy, Recurrence And Tolerability Endpoints) (50) della durata di 3 anni in donne osteoporotiche di età > 60 anni, era partito dal presupposto che una crescente percentuale di donne con diagnosi di tumore mammario si rivolge al medico per risolvere o attenuare disturbi vasomotori e sessuali, spesso conseguenti al trattamento adiuvante della neoplasia. Lo studio ha dimostrato una significativa riduzione dell'incidenza di fratture vertebrali e non vertebrali, ma è stato sospeso in anticipo per l’eccesso di recidive di carcinoma mammario. Tibolone è stato associato anche a un aumentato rischio di ictus nelle donne anziane (ma non nelle più giovani) (34). Il tibolone non sembra aumentare il rischio di TEV o eventi coronarici (51). Ci sono dati contrastanti in letteratura circa la sicurezza endometriale di tibolone: in un RCT di grandi dimensioni (52) vs. ECE + MAP, il tibolone non ha indotto iperplasia endometriale o carcinoma nelle donne in post-menopausa ed è stato associato a miglior profilo di sanguinamento vaginale.
Il tibolone sembra, inoltre, in grado di migliorare il benessere sessuale in donne in post-menopausa, con aumento di desiderio, eccitazione, soddisfazione, e migliore compliance nei confronti della terapia trans-dermica estro-progestinica (53).
Raloxifene
È un SERM (Selective Estrogen Receptor Modulator), che esercita effetti:
- estrogenici su tessuto osseo, fattori della coagulazione, lipidi, utero, tessuti vaginali e centri cerebrali che controllano le vampate di calore;
- anti-estrogenici sulla mammella.
Come risultato delle sue azioni estrogeniche, il raloxifene a dosaggi di 60 mg/die migliora la BMD (colonna lombare +2.6%; collo del femore +2.1% a 4 anni) (54) e riduce le fratture vertebrali (RR 0.63, IC95% 0.52-0.77), ma non le fratture dell'anca (55).
L'incidenza di episodi di TEV è aumentata (RR 2.76, IC95% 1.30-5.86), anche se non si sono osservati aumenti della patologia coronarica (RR 0.95, IC95% 0.84-1.07) (56) o di ictus (RR 0.91, IC95% 0.58-1.41) (57). È stato osservato un aumento della mortalità da ictus solo nelle donne con un alto rischio in base al punteggio di Framingham (RR 1.75, IC95% 1.01-3.02), ma non in quelle a basso rischio (RR 1.08, IC95% 0.47-2.37)(58).
Come risultato delle sue azioni anti-estrogeniche, le donne trattate con raloxifene per osteoporosi avevano minore incidenza di cancro della mammella, come risulta dallo studio MORE (Multiple Outcomes of Raloxifene)(RR 0.28 IC95% 0.17-0.46) (59). Questo effetto è stato osservato sia nei sottogruppi a basso rischio (RR 0.67, IC95% 0.23-0.92) sia in quelli ad alto rischio (RR 0.33, IC95% 0.16-0.67), come riportato nello studio CORE (Continuing Outcomes Relevant to Evista) (60). La riduzione del rischio di carcinoma mammario invasivo con l’utilizzo di raloxifene è risultata simile all’uso del tamoxifene nello studio STAR (61), ma il tamoxifene riduceva maggiormente il carcinoma in situ. In uno studio caso-controllo (62) è stata osservata una riduzione del rischio di carcinoma endometriale (RR 0.50, IC95% 0.29-0.85) con raloxifene. La frequenza di vampate di calore è risultata aumentata (63).
Ospemifene
L’ospemifene è un SERM (Selective Estrogen Receptor Modulator), che agisce con effetto estrogenico agonista a livello vaginale ed effetto minimo o neutro su altri organi estrogeno-dipendenti (endometrio e mammella). Assunto alla dose giornaliera di 60 mg per os, ha un’emivita di 26 ore, ed è metabolizzato a livello epatico. Negli Stati Uniti è approvato come terapia per la dispareunia moderata/severa in donne in post-menopausa, mentre in Europa è indicato per l’atrofia vaginale moderata/severa nelle donne in post-menopausa che non siano “candidate” alla terapia con estrogeni locali. In studi clinici condotti su oltre 2000 donne in menopausa, l’utilizzo di ospemifene ha evidenziato una riduzione della dispareunia e della secchezza vaginale, con riduzione del pH vaginale e aumento delle cellule superficiali vaginali. È stata anche evidenziata una proliferazione endometriale, ma senza sviluppo di iperplasia o carcinoma endometriale dopo un anno di trattamento alla dose di 60 mg/die. Eventi avversi in corso di terapia possono essere vampate e crampi muscolari. Controindicazioni all’utilizzo sono neoplasie estrogeno-dipendenti (tumore mammario ed endometriale), aumentato rischio o pregressa TEV, infarto del miocardio ed ictus (64).
Complesso tessuto selettivo degli estrogeni (TSEC)
Con questo termine si intende l’associazione di uno o più estrogeni con un SERM. Questa nuova terapia è stata concepita per ottimizzare l’azione di ogni componente in maniera selettiva a livello tessutale, ovvero per minimizzare gli effetti negativi degli estrogeni su endometrio e mammella, mantenendo gli effetti positivi su osso e sintomatologia vasomotoria. Ogni SERM ha la capacità di indurre modificazioni strutturali differenti nel recettore estrogenico, modificazioni che influenzano la capacità del recettore stesso di interagire con co-attivatori o co-repressori coinvolti nella regolazione della trascrizione del gene bersaglio. La differenza nell’azione dei SERM può pertanto essere differente a seconda del recettore interessato, del cofattore, della successiva risposta che può condurre ad attività agonista o antagonista. La variabilità individuale (legata alle differenze fenotipiche degli individui) dell’espressione di coattivatori comporta una variabilità nella risposta tessutale alla terapia.
Tra tutti i SERM il basedoxifene si colloca come antagonista puro degli effetti estrogenici a livello di mammella ed endometrio, e come agonista a livello di osso e vampate, ed è pertanto stato associato agli ECE come trattamento farmacologico approvato in Europa per il trattamento della sintomatologia vasomotoria in donne intolleranti al progestinico. Attualmente è presente in commercio in Italia l’associazione di ECE 0.45 mg + bazedoxifene 20 mg/die (Duavive).
Il TSEC ha dimostrato una significativa efficacia nel ridurre la frequenza e l’intensità delle vampate, nel migliorare la qualità del sonno e la sindrome genito-urinaria. Inoltre, rispetto al placebo si è evidenziato un incremento significativo a 12 mesi della BMD lombare e femorale in donne in menopausa a rischio di frattura, con una riduzione significativa degli indicatori sierici di riassorbimento osseo. Per quanto riguarda tollerabilità e sicurezza, l’associazione di estrogeni e SERM a livello endometriale riduce in modo significativo il sanguinamento, con un tasso cumulativo di amenorrea elevato già dal primo mese di trattamento. Vi sono dati rassicuranti anche sul rischio di iperplasia e carcinoma endometriale dopo 12 e 24 mesi di trattamento, anche se sono necessari ulteriori studi di conferma del dato.
Rispetto al placebo l’utilizzo di TSEC non modifica la densità mammaria. Questo potrebbe avere una rilevanza clinica sul problema del tumore, perché la maggior densità mammaria è un fattore indipendente di rischio ed è associata con minor capacità della mammografia di individuare un tumore. Tuttavia, i dati disponibili sono limitati a due anni di trattamento farmacologico.
Per quanto riguarda l’apparato cardio-vascolare, non pare esserci un rischio additivo di ECE e bazedoxifene ma non è attualmente possibile conoscere il reale rischio di TEV, a causa del basso tasso di eventi in entrambi i gruppi, del ridotto tempo di follow-up e delle incognite sul meccanismo con cui ECE e SERM contribuiscono al rischio di TEV con TSEC.
È segnalata la necessità di precauzioni nell’utilizzo del farmaco in pazienti con BMI > 27 (per la possibile ridotta biodisponibilità del bazedoxifene e il conseguente rischio di iperplasia endometriale) o che utilizzino farmaci inibitori della CYP3A4, a causa dell’imprevedibile assorbimento e biodisponibilità del farmaco, oppure in donne con malattie epatiche/renali, perché il farmaco ha un primo passaggio epatico ed è escreto per via urinaria (65).
TERAPIE ALTERNATIVE
Fito-estrogeni
È così definita qualsiasi molecola non steroidea prodotta dal mondo vegetale che si leghi ai recettori degli estrogeni. Questi composti sono caratterizzati dalla presenza di due gruppi fenolici e presentano numerose analogie strutturali con gli estrogeni naturali, con quelli sintetici e con gli anti-estrogeni.
Gli isoflavoni sono strutturalmente simili al 17ß-estradiolo. Una volta assunti, vengono metabolizzati a daidzeina, che può essere ulteriormente metabolizzata dai batteri intestinali in equolo, un composto stabile che presenta una tipica attività simil-estrogenica. L’effetto simil-estrogenico degli isoflavoni è stato evidenziato soprattutto nelle donne asiatiche in post-menopausa, nelle quali si era osservato che l’abbondante assunzione alimentare era associata a minore incidenza di vampate di calore ed osteoporosi. Ci sono limitate evidenze a supporto del miglioramento della sintomatologia vasomotoria nelle donne di razza caucasica che utilizzino isoflavoni o cimicifuga racemosa. Una recente metanalisi del 2016 su numerosi studi clinici conclude con un’insufficiente evidenza di beneficio sulle vampate della cimicifuga racemosa. Nelle donne con pregresso tumore della mammella le linee guida NICE sconsigliano l’utilizzo di cimicifuga racemosa (66) e di isoflavoni (compreso il trifoglio rosso) (67).
In conclusione, i dati clinici sull’uso dei fito-estrogeni in menopausa dimostrano un insufficiente beneficio sulla sintomatologia vasomotoria, e ne controindicano attualmente l’utilizzo in donne con pregresso tumore mammario.
Anti-depressivi
Le linee guida internazionali EMAS 2015 e NAMS 2015, e le revisioni sistematiche di RCT raccomandano l’utilizzo degli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) e degli inibitori della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SNRI) per il trattamento non ormonale della sintomatologia vasomotoria. Tuttavia, le linee guida NICE ne sconsigliano l’utilizzo come trattamento di prima linea.
Gli effetti collaterali di questa classe di farmaci sono dose-dipendenti e includono xerostomia, sonnolenza, costipazione e inappetenza.
Fra gli SSRI, quelli che hanno mostrato maggior beneficio sulla sintomatologia vasomotoria si sono rivelati la venlafaxina (da 37.5 mg/die sino al massimo di 150 mg/die), la paroxetina (al dosaggio di 10 mg/die) e il citalopram (al dosaggio di 10-30 mg/die) (66,67). La paroxetina può essere però associata a sindrome da astinenza nel 7% dei casi, un effetto collaterale inaccettabile (68). Inoltre, l’attività del citocromo CYP2D6 (che converte il tamoxifene nei suoi metaboliti attivi) è inibita dagli SSRI, in particolare da paroxetina e fluoxetina, che sono pertanto sconsigliati alle donne con sintomatologia vasomotoria operate per carcinoma mammario, mentre venlafaxina e citalopram hanno minor effetto interferente e possono essere perciò utilizzati (15).
Clonidina
L’alfa2-stimolante centrale clonidina riduce la reattività vascolare ed è l'anti-ipertensivo più studiato nel trattamento dei disturbi della menopausa (registrato anche per questa indicazione).
Dosi orali (0.1 mg/die) e trans-dermiche (1 mg/settimana) riducono in modo lieve, ma significativo (del 30-40%) gli episodi vasomotori, anche in donne mastectomizzate in terapia con anti-estrogeni (69,70).
Gli effetti collaterali sono dose-dipendenti: il maggiore è rappresentato dall’insonnia (in almeno il 50% dei casi). Essendo un anti-ipertensivo, ne é sconsigliato l’utilizzo alle pazienti ipotese (66,67).
Gabapentina
È un anti-epilettico, utilizzato anche per il dolore di tipo neuropatico.
Una revisione della letteratura di 13 RCT ne ha dimostrato l’efficacia (al dosaggio di 300 mg x 3/die) nel ridurre l’entità e il numero delle vampate in donne in menopausa con pregresso tumore mammario. La gabapentina sembra essere più efficace della venlafaxina sulla sintomatologia vasomotoria, ma è generalmente meno tollerata. Gli effetti collaterali sono dose-dipendenti: sonnolenza, capogiri, stanchezza, incremento ponderale (66,67).
Terapie comportamentali
Le terapie cognitive comportamentali riducono significativamente (almeno del 50%) la valutazione dell’impatto negativo della sintomatologia vasomotoria nelle donne con o senza pregresso tumore mammario, con un beneficio che si mantiene almeno per 6 mesi. Inoltre, riducono la frequenza delle sudorazioni notturne nel 39% delle donne in menopausa, fatta eccezione per quelle con pregresso tumore della mammella, il che potrebbe riflettere la differente eziopatogenesi della sintomatologia.
Le linee guida della NAMS raccomandano le terapie cognitive comportamentali per il trattamento della sintomatologia vasomotoria in menopausa (66,67).
Ipnosi
Le linee guida NAMS raccomandano l’ipnosi come trattamento della sintomatologia vasomotoria sulla base di studi clinici randomizzati in donne con e senza pregresso tumore della mammella, che mostrano una riduzione statisticamente significativa della frequenza soggettiva e oggettiva delle vampate (riduzione media del 55.8% dopo 12 settimane) (66,67).
Al contrario, attualmente non sono stati dimostrati benefici statisticamente significativi sulla sintomatologia vasomotoria di meditazione, rilassamento, esercizio fisico o yoga (66,67).
INDICAZIONI PER LA PRATICA CLINICA
Sono necessari i progestinici quando la donna usa gli estrogeni per via topica?
La necessità di associare un progestinico quando la donnea utilizza preparazioni estrogeniche per via vaginale è stata valutata in numerosi studi clinici e in una revisione Cochrane. Le preparazioni studiate comprendono crema e ovuli a base di estriolo, compresse vaginali di estradiolo alle dosi di 25 μg e 10 μg, crema agli ECE in due dosi e anelli vaginali che rilasciano estradiolo. Mentre le preparazioni di estriolo per via topica non sembrano stimolare l’endometrio, sia le preparazioni a base di ECE che quelle a base di estradiolo possono esercitare un effetto dose-dipendente di stimolazione. In una revisione Cochrane del 2006 (71) è stata riportata iperplasia endometriale in due studi in cui venivano utilizzate creme a base di ECE e in nessun caso in un altro studio che utilizzava ovuli all’estriolo. In studi recenti non sono state riscontrate aumentata incidenza di iperplasia o modificazioni dello spessore endometriale dopo 1–2 anni con compresse vaginali di estradiolo alla dose di 10-25 μg o con crema a base di ECE a basso dosaggio. Uno studio di 48 settimane che ha confrontato anello vaginale a rilascio di estradiolo e compresse vaginali di estradiolo alla dose di 25 μg non ha riscontrato modificazioni dello spessore endometriale, ma le utilizzatrici dell’anello avevano minore sanguinamento (72,73).
Tabella 5 Condizioni particolari e indicazioni della terapia ormonale |
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Ipertrigliceridemia severa | Meglio la via trans-dermica |
Fibromatosi uterina | Preferibile lo schema combinato-continuo o il tibolone |
Storia di epatopatia o colelitiasi | Valutare prima la funzione epatica e preferire la via trans-dermica |
Storia di malattie trombo-emboliche | Preferire la via trans-dermica |
Emicrania e cefalea | Preferire lo schema combinato-continuo trans-dermico |
Endometriosi | Preferire lo schema combinato-continuo o il tibolone |
Che fare nella donna con menopausa precoce?
Con questo termine, o meglio con quello di insufficienza ovarica precoce (POI), si intende una condizione associata a funzione ovarica residua intermittente, con possibilità anche di gravidanze spontanee in donne giovani, la cui triade diagnostica secondo le recenti linee guida ESHRE è costituita da amenorrea ≥ 4 mesi, sintomatologia da deficit di ormoni sessuali e 2 valori di FSH ≥ 25 UI/L a distanza di almeno 1 mese (74,75). Secondo le ultime linee guida (76,77), la POI è una condizione patologica le cui conseguenze sulla salute devono essere valutate in maniera diversa rispetto a quelle della menopausa fisiologica.
A seconda dell’eziopatogenesi e dell’età di insorgenza della disfunzione ovarica, la POI può presentarsi con amenorrea primaria e funzione riproduttiva già compromessa, oppure con amenorrea secondaria molto precoce o un po’ più tardiva, o come vera e propria menopausa precoce quando insorge oltre i 40 anni ma prima dei 45. Le conseguenze a breve e lungo termine dell’esaurimento ovarico sono sovrapponibili a quelle dovute alla menopausa spontanea, ma queste donne, che sono giovani, presentano inoltre un rischio cardio-vascolare molto aumentato, così come la possibilità di danno osseo, disfunzioni cognitive e aumentato rischio di morte precoce dovuta a qualsiasi patologia. Le possibili co-morbilità sono ancora più rilevanti in quei soggetti che non presentano sintomatologia vasomotoria e per questo motivo temporeggiano nell’assumere un’eventuale terapia sostitutiva. Questa è necessaria e fondamentale per la paziente, ma deve essere personalizzata in base all’età, all’intermittenza e imprevedibilità della funzione ovarica residua, ai bisogni della paziente (eventuale necessità contraccettiva), oltre che rispetto alle cause che hanno determinato la POI (genetiche, iatrogene, autoimmuni, ecc) e ai possibili rischi da esse derivanti (78).
La TOS nelle pazienti con POI è un’efficace terapia per le conseguenze a breve e lungo termine, indicata per prevenire l’osteoporosi, le patologie cardio-vascolari e la sindrome genito-urinaria, e migliorare la qualità di vita. Pertanto, il primo approccio terapeutico nella donna con POI e osteoporosi dev’essere la TOS e non i bisfosfonati. La somministrazione di estrogeni naturali per via trans-dermica permette di ottenere un effetto positivo sul quadro lipidico, sui marcatori dell’infiammazione e sulla pressione arteriosa, un netto miglioramento della funzione endoteliale vascolare, con assenza di effetto soppressivo sui livelli di IGF-I, mentre l’aggiunta del progesterone naturale o del didrogesterone ha un effetto metabolico neutro. La TOS dev’essere somministrata a dosaggi ormonali fisiologici, ed è preferibile al contraccettivo orale (il cui utilizzo deve essere considerato in caso di necessità contraccettiva); dev’essere inoltre proseguita fino all’età fisiologica per la menopausa.
Che fare nella donna con osteoporosi già nota o forte familiarità per osteoporosi?
I principali fattori di rischio per frattura osteoporotica sono rappresentati da ridotta massa ossea, storia di precedenti fratture, età e familiarità per fratture. Le donne candidate al trattamento sono soprattutto quelle con precedenti fratture da fragilità (vertebre, femore, radio e omero) e le donne con riduzione della densità ossea compatibile con osteoporosi (T-score < -2.5). Gli interventi terapeutici devono comprendere un adeguato introito alimentare di calcio e di vitamina D, meglio se sotto forma di dieta equilibrata contenente latte e derivati. La dose giornaliera di calcio raccomandata varia a seconda dell’età, ma è generalmente compresa tra 1000-1500 mg (vedi prevenzione dell’osteoporosi). È opportuno mantenere un BMI non < 19 kg/m2 e seguire stili di vita sani, praticando se possibile esercizio fisico in modo regolare. Per quanto riguarda l’utilizzo di farmaci specifici, vedi capitolo terapia osteoporosi.
La TOS prescritta per il controllo della sintomatologia post-menopausale riduce significativamente il rischio di fratture vertebrali e non vertebrali, incluse quelle di femore. Il dosaggio standard con 0.625 mg/die di ECE (o dosaggi equivalenti di altri composti) riduce il turn-over, aumenta la BMD e riduce il rischio di frattura in tutti i distretti esaminati (vertebre, femore, polso). Diverse preparazioni a basso dosaggio (25 µg E2 trans-dermico, 0.5-1 mg E2 orale, 0.3-0.45 mg ECE orali) hanno dimostrato un effetto positivo su turn-over osseo e BMD, suggerendo un effetto anti-fratturativo simile a quello del dosaggio standard. La FDA ha approvato per la prevenzione dell’osteoporosi un prodotto trans-dermico contenente E2 a un dosaggio pari a 14 µg/die (ultra-low-dose).
Dopo la pubblicazione dello studio WHI, è stata rivalutata con attenzione la raccomandazione all’utilizzo della TOS come terapia di prima scelta per l’osteoporosi (79,80). Attualmente i dati disponibili in letteratura dimostrano che, sebbene la TOS in post-menopausa sia in grado di prevenire le fratture ad ogni età, è fondamentale l’età di inizio del trattamento:
- tra i 50 e i 60 anni (o entro 10 anni dall’ultima mestruazione) i benefici sull’osso sono maggiori (e superano nettamente i rischi); pertanto, in queste pazienti la TOS deve essere considerata come terapia di prima linea. La durata del trattamento deve essere rivalutata periodicamente rispetto all’obiettivo che ci si pone e agli eventuali rischi che possono insorgere all’aumento dell’età, poiché alla cessazione della terapia vi è una quota imprevedibile di perdita di massa ossea, sebbene dopo la cessazione della TOS permanga un certo grado di protezione dalla frattura;
- nella fascia di età 60-70 anni occorre valutare attentamente i rischi correlati alla TOS e preferire l’utilizzo di altri farmaci per il trattamento dell’osteoporosi (6,15).
Che fare nella donna con familiarità per tumore mammario?
Limitati studi osservazionali suggeriscono che la TOS non aumenti ulteriormente il rischio di carcinoma mammario in donne con storia familiare positiva o con pregressa ovariectomia profilattica per mutazioni di BRCA 1 o 2.
Che fare nella donna con pregresso tumore mammario?
È fondamentale la modifica dello stile di vita (abolizione di fumo e alcool, calo ponderale, attività fisica, alimentazione corretta) per migliorare la sintomatologia vasomotoria, la qualità di vita e ridurre il rischio di recidiva (81).
La TOS è controindicata nelle donne con pregresso carcinoma mammario, ma ci sono numerose controversie.
Complessivamente, i risultati degli RCT suggeriscono cautela nell’utilizzo di una TOS con estrogeni orali in donne operate per tumore della mammella, anche se gli studi HABITS (Hormonal replacement therapy After Breast cancer. Is It Safe?) e Stockholm sono stati interrotti prematuramente e hanno rivelato numerosi bias. A causa del limitato numero di studi sulla sicurezza dell’utilizzo di tibolone e TSEC in donne con pregresso tumore della mammella, entrambi i trattamenti sono sconsigliati per queste pazienti (82,83).
Dopo il fallimento delle terapie locali non ormonali e dopo consulto con l’oncologo curante, potrebbe essere preso in considerazione l’uso di una terapia estrogenica locale, preferibilmente con promestriene.
L’uso degli SSRI ha un effetto positivo sulla sintomatologia vasomotoria, ma tali farmaci (soprattutto paroxetina e fluoxetina, ma meno venlafaxina e citalopram) sono controindicati nelle pazienti che assumono tamoxifene, poiché sono potenti inibitori del citocromo CYP2D6.
Il trattamento con laser a livello vaginale è indicato per l’atrofia nelle donne con pregresso carcinoma mammario (mentre è sconsigliato per le pazienti operate per tumore della portio e della vagina).
Che fare nella donna con anamnesi oncologica (diversa da quella mammaria)?
- Carcinoma endometriale: limitati studi indicano che il tumore di basso grado, al primo stadio e tipo I non è una controindicazione assoluta all’utilizzo della TOS, mentre ne è assolutamente sconsigliato l’uso nelle pazienti con carcinoma endometriale avanzato.
- Tumore dell'ovaio: le donne con tumore di tipo epiteliale o a cellule germinali potrebbero avere un beneficio dall’utilizzo della TOS, che è invece controindicata nell’adenocarcinoma di tipo endometrioide e nei tumori ovarici di origine granulosa.
- Tumori cervicali e vulvari a cellule squamose: non sono ormono-dipendenti e non costituiscono quindi una controindicazione alla TOS.
- Tumori ematologici (linfomi/leucemia): l’utilizzo della TOS è consigliato nelle giovani donne che vanno incontro a insufficienza ovarica precoce in seguito a chemioterapia, sebbene sia necessaria un’attenta sorveglianza mammaria in donne con pregresso trattamento radioterapico a livello mediastinico. È preferibile utilizzare in queste pazienti una terapia a basso impatto metabolico (estrogeni trans-dermici e progesterone micronizzato oppure didrogesterone).
- Pregresso carcinoma del colon: limitati studi suggeriscono che la TOS può essere utilizzata nelle donne con sintomatologia vasomotoria.
- Carcinoma polmonare: i dati riguardanti la sicurezza della TOS sono insufficienti e viene consigliata estrema cautela nella somministrazione.
- Melanoma: l’utilizzo della TOS non è controindicato nelle donne con melanoma localizzato, anche se si ipotizza un ruolo diverso per le formulazioni con solo estrogeno e per quelle con progestinico associato (84), ma se ne sconsiglia l’utilizzo nelle pazienti con melanoma metastatico.
In taluni tipi di tumore, qualora la terapia ormonale sistemica sia sconsigliata, potrebbero essere utilizzati gli estrogeni locali a livello vaginale per il trattamento della sindrome genito-urinaria. Tuttavia, sono necessari ulteriori RCT per valutare la possibile associazione tra somministrazione della TOS in donne con alcune patologie tumorali (polmone, melanoma, carcinoma del colon) e rischio di ripresa di malattia. Allo stesso modo è fondamentale ottenere ulteriori dati sul significato della presenza di recettori ormonali di alcuni tumori (polmone, endometrio, melanoma), che potrebbero modificare la decisione nell’utilizzo o meno di TOS nelle donne con queste patologie (83).
Che fare nella donna con fibromi uterini?
I fibromi uterini non rappresentano una controindicazione all’impiego della TOS. È comunque consigliabile valutare sempre prima le loro dimensioni e la sintomatologia della menopausa, con particolare riserva nei confronti dei fibromi sotto-mucosi. Considerare possibilmente uno schema combinato continuo o il tibolone, monitorando eventualmente la possibile modificazione volumetrica del fibroma con ecografia trans-vaginale periodica.
Che fare nella donna con dislipidemia?
Bisogna mirare al controllo dei fattori di rischio cardio-vascolari con mezzi non farmacologici e farmacologici. La terapia con statine non controindica l’uso della TOS.
La terapia estrogenica per os riduce i livelli circolanti di LDL e di Lp(a), aumenta i livelli di HDL e di trigliceridi. I trigliceridi aumentano in maniera dose-dipendente fino al 25% per probabile effetto di induzione epatica (o rallentamento della clearance), mentre non c’è uniformità di vedute circa l’incremento dose-dipendente delle HDL e la riduzione delle LDL in relazione al tipo di estrogeno utilizzato (E2 o ECE). Inoltre, la tipologia di progestinico associato può influenzare questo effetto sino a ridurlo in maniera significativa (come nel caso dei derivati del 19-nortestosterone). Al contrario, il progesterone micronizzato o il didrogesterone non interferiscono con l’azione degli estrogeni orali sul quadro lipidico. La Lp(a) non è influenzata dalla dieta o dall’attività fisica e le sole terapie veramente efficaci nel ridurne i livelli circolanti sono estrogeni e niacina.
Poiché la terapia con estrogeni orali aumenta anche i marcatori infiammatori (come la PCR), prima di intraprendere la terapia è consigliabile definire il rischio cardio-vascolare. Nella donna definita a rischio è opportuno eseguire al basale e durante il follow-up profilo lipidico completo, CPK, γGT (se statine); sulla base del rischio individuale, valutare se effettuare ulteriori esami, come omocisteina, PCR (marcatore di danno vascolare e infiammatorio) ed eco-colordoppler dei tronchi sovra-aortici.
Poiché la via di somministrazione della TOS condiziona la sua efficacia sul metabolismo delle lipoproteine, nelle donne con ipertrigliceridemia è preferibile un trattamento con estrogeni trans-dermici a basso dosaggio.
Che fare nella donna ipertesa?
Il trattamento farmacologico con anti-ipertensivi non controindica generalmente l’uso della TOS, ove non sia presente danno d’organo.
La via di somministrazione della terapia ormonale é importante nel caso in cui si voglia trattare una donna ipertesa (grado lieve-medio) o con valori pressori borderline: in questi casi è preferibile la via trans-dermica in associazione a un progestinico con profilo farmacologico più simile al progesterone naturale.
Che fare nella donna diabetica?
Il diabete compensato non controindica l’uso della TOS se la paziente è sintomatica. Si dovrebbe preferire una TOS per via trans-dermica con estrogeno a basso dosaggio in associazione al progesterone naturale. Inoltre, le donne con diabete mellito tipo 2 dovrebbero essere rassicurate rispetto all’assenza di interferenza della TOS sui livelli glicemici, e sull’assenza di effetti collaterali particolari, in assenza di complicanze diabetiche già presenti.
Che fare nella donna obesa?
L’obesità costituisce da sola un fattore di rischio cardio-vascolare. Le donne obese hanno, rispetto a quelle di peso normale, un aumento di mortalità per cancro dell’endometrio, cervice, vescica, colon, ovaio e in post-menopausa per la mammella. La carenza estrogenica può essere alla base degli sfavorevoli cambiamenti nella distribuzione (androide) del grasso corporeo in menopausa. L’uso della TOS tende a migliorare la distribuzione del grasso corporeo, mantenendo una distribuzione di tipo ginoide, anche se tale dato non è stato confermato. Ovviamente deve essere associato un adeguato programma dietetico, con riduzione dell’introito calorico, e l’attività fisica.
Le raccomandazioni IMS 2016 (15) consigliano la somministrazione di estrogeni per via trans-dermica nelle donne obese con sintomatologia vasomotoria, preferendo l’associazione con progesterone naturale. Le donne obese devono essere monitorate per il carcinoma endometriale.
Che fare nella donna con trombofilia nota o pregressa patologia trombo-embolica?
La condizione di trombofilia può essere ereditaria (mutazione del fattore V Leiden o della protrombina, deficit di AT III o di proteina C o S coagulative, ecc) e/o acquisita (invecchiamento, obesità, fumo, malattie croniche intestinali, sindrome da anticorpi anti-fosfolipidi, ecc).
Il rischio trombotico attribuibile alla TOS è differente a seconda della via di somministrazione, della dose giornaliera e della struttura chimica del composto estrogenico e dalla classe farmacologica del progestinico associato.
Gli estrogeni somministrati per os, a causa del loro effetto di “primo passaggio epatico”, causano una modificazione delle proteine della coagulazione, con riduzione delle proteine C ed S coagulative e dei livelli plasmatici di AT III e APC ratio, e contemporaneo aumento del D-dimero, del fattore VII coagulativo e della produzione di trombina, che comportano un aumentato rischio di eventi trombotici. Si è dimostrato invece che la somministrazione trans-dermica degli estrogeni non ha effetto sui marcatori della coagulazione e della fibrinolisi (34,85). Le pazienti con mutazione del fattore V o della protrombina presentano un rischio personale di sviluppare un evento trombo-embolico triplicato-quadruplicato rispetto alla popolazione generale. Nel caso di utilizzo di TOS con somministrazione di estrogeni per via trans-dermica questo rischio resta invariato, mentre la somministrazione di estrogeni per via orale ne moltiplica il rischio x 13 oppure x 25, a seconda degli studi considerati (84-86).
Inoltre l’associazione con progestinici di sintesi, specialmente il MAP, pare a maggior rischio di TEV rispetto all’associazione con progesterone micronizzato, anche se necessitano ulteriori studi per la conferma del dato.
Per la prescrizione della TOS è necessario escludere eventi trombotici e/o ischemici nell’anamnesi personale e familiare. Non è indicato effettuare lo screening trombofilico se l’anamnesi è muta. In caso di trombofilia (APCR, fattore V di Leiden, deficit proteina C, proteina S-libera e antitrombina III, protrombina), la TOS è da valutare attentamente in base all’età della paziente, alle indicazioni al trattamento, al bilancio tra rischio e beneficio e alla tipologia di preparato e via di somministrazione dell’eventuale TOS prescritta.
Che fare nella donna con epatopatia?
La malattia epatica cronica con normali test di funzionalità epatica non è una controindicazione alla terapia ormonale, ma ovviamente si preferisce la via trans-dermica. Anche in questo caso, la scelta di effettuare una TOS dipende dall’età, dalla patologia di base e dal bilancio rischio/beneficio. Ad esempio nelle pazienti con insufficienza ovarica precoce per patologia genetica (s. di Turner), in cui coesistono alterazioni del quadro epatico, la TOS è assolutamente indicata. In queste donne, in cui possono coesistere ulteriori fattori di rischio (anomalie cardio-vascolari, ipertensione, ipertrigliceridemia, obesità, sindrome metabolica, ecc) è preferibile l’utilizzo di una TOS a impatto metabolico neutro rispetto alla somministrazione di estrogeni per os (87).
Il danno epatico presente nelle pazienti con Thalassemia Major, che spesso incorrono in amenorrea secondaria ipogonadotropa a causa dell’accumulo ipofisario di ferro, è sovente data dall’associazione di un danno da accumulo marziale con epatopatia HCV-correlata. Questi fattori espongono le pazienti a maggior rischio trombotico, dovuto a deficit di AT III, proteine C ed S coagulative, aumento dei livelli plasmatici di D-dimero, oltre alla presenza di un danno vascolare endoteliale correlato all’emolisi. Per queste donne è fortemente controindicato sia l’utilizzo di un contraccettivo orale che di una TOS con somministrazione di estrogeni per os. Al contrario, la somministrazione di estrogeni trans-dermici associati a didrogesterone o progesterone micronizzato consente la presenza di flussi mestruali regolari, senza modificazione del rischio trombotico né impatto negativo a livello epatico (88).
Uno studio meno recente su donne in menopausa con epatite C cronica dimostra inoltre una minor evoluzione in fibrosi delle cellule epatiche nelle donne in terapia sostitutiva, ipotizzando un ruolo inibitorio degli estrogeni sulla trasformazione miofibroblastica delle cellule stellate (89).
In casi dubbi o con pluri-patologia è necessario un approccio multi-disciplinare.
Che fare nella donna che fuma?
Nello studio WHI il 50% delle 8.500 donne in TOS aveva fumato prima o continuato a fumare durante lo studio. È stato dimostrato che il fumo può ridurre o annullare completamente l'efficacia degli estrogeni somministrati per via orale, a seconda della durata e dell'intensità del consumo di nicotina. Il fumo è responsabile di circa la metà di tutte le morti evitabili e costituisce un importante fattore di rischio cardio-vascolare. La cessazione del fumo di sigaretta riduce del 50-65% il rischio di malattia coronarica, con annullamento dopo 2-3 anni e riduzione del 25% della mortalità. Nella patogenesi dell’osteoporosi il fumo riveste un ruolo importante, poichè è in grado di agire direttamente sull’osso, inibendo l’attività osteoblastica e alterando il micro-circolo. Il fumo determina un ipoestrogenismo relativo, con aumento dei livelli di androgeni e distribuzione del tessuto adiposo di tipo centrale, può anticipare l’epoca della menopausa e causare una sintomatologia vasomotoria più intensa e meno responsiva alla TOS per l’accelerato metabolismo degli estrogeni.
È stato osservato che gli effetti favorevoli della TOS con gli estrogeni non si riducono se somministrati per via trans-dermica nelle donne fumatrici. Questo tipo di terapia consente non solo un utilizzo degli estrogeni a più basso dosaggio, ma evita anche la formazione di metaboliti non fisiologici by-passando il fegato.
Sebbene alcuni studi caso-controllo sembrassero dimostrare un ruolo protettivo della TOS verso il tumore del polmone, soprattutto adenocarcinoma (OR 0.79, IC95% 0.66-0.95) e microcitoma (OR 0.37, IC95% 0.19-0.71), una recente metanalisi non ha confermato tale evidenza. Pertanto, considerati anche gli effetti dannosi CV del fumo, è prudente raccomandare alle donne che iniziano un trattamento sostitutivo di smettere di fumare (90,91). Le donne che, nonostante tutti gli avvertimenti, continuano a fumare dovrebbero essere trattate con TOS per via trans-dermica (92).
CONCLUSIONI E RACCOMANDAZIONI PER LA PRATICA CLINICA (6,14,15,23,76,77,93,94)
- La modificazione dello stile di vita è essenziale: in tutte le donne in menopausa è consigliabile evitare il fumo, praticare regolare attività fisica, evitare il consumo di alcool, evitare i cibi piccanti, ridurre lo stress, ridurre il sovrappeso.
- Prima di intraprendere un percorso terapeutico farmacologico, è consigliabile farlo precedere da interventi di “counseling”, spiegando i vantaggi e gli eventuali svantaggi della terapia e condividendo il tipo di farmaco da utilizzare, il dosaggio e la via di somministrazione.
- La terapia ormonale sostitutiva (TOS) rappresenta il trattamento più efficace per ridurre i sintomi della menopausa, dai sintomi vasomotori alla sindrome genito-urinaria a quelli dell’umore.
- I benefici superano i rischi se la terapia viene intrapresa prima dei 60 anni e a meno di 10 dall’inizio della menopausa, dopo avere escluso la presenza di contro-indicazioni.
- La TOS deve essere personalizzata in funzione delle caratteristiche individuali della donna, della storia personale e familiare, dei risultati degli eventuali esami clinici strumentali, delle preferenze e delle aspettative, oltre che della sintomatologia prevalente.
- Non esiste un dosaggio o una terapia ideale, adatta per tutte le donne a qualsiasi età. Ogni combinazione può avere caratteristiche peculiari che possono essere opportunamente utilizzate. I farmaci oggi a nostra disposizione consentono di personalizzare la terapia, modificando il dosaggio, la scelta del progestinico e la via di somministrazione, in base alle caratteristiche, agli obiettivi che si vogliono raggiungere e alle preferenze di ogni singola donna, per garantire efficacia e sicurezza.
- La dose da impiegare è la minima efficace, iniziando con dosi basse per poi eventualmente modificarle in funzione della risposta clinica e della possibile comparsa di effetti collaterali da sovra-dosaggio.
- Per quanto riguarda il tempo di utilizzo della TOS, non vi è alcuna indicazione a porre tassative limitazioni: la decisione di continuare o sospendere la terapia dipende dalle condizioni individuali della donna e dagli obiettivi clinici che si vogliono raggiungere. In assenza di contro-indicazioni, la TOS potrà essere utilizzata fintanto che la donna ne trarrà benefici e soprattutto se questi supereranno i rischi.
- L’insufficienza ovarica precoce deve essere considerata una patologia, le cui conseguenze sulla salute devono essere valutate in maniera diversa rispetto a quelle della menopausa fisiologica. Pertanto, la TOS deve essere considerata il primo approccio terapeutico e deve essere proseguita fino all’età fisiologica per la menopausa.
- Per le donne che non possono o non vogliono usare la TOS, dopo i cambiamenti dello stile di vita le terapie alternative rappresentano una possibile opzione, i cui dati di efficacia nella maggior parte dei casi sono limitati dalla mancanza di studi clinici controllati con placebo.
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Epidemiologia della PCOS
Giovanna Spiazzi
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, AOU Integrata di Verona
(aggiornato a settembre 2024)
La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) viene considerata l’endocrinopatia più comune nelle donne in età riproduttiva (interessa fino a una donna su cinque), ma le dimensioni epidemiologiche reali del problema restano ad oggi ancora mal definite. Questa incertezza è legata a diversi fattori, in primo luogo la scarsa accuratezza e riproducibilità di molte delle misure utilizzate ai fini diagnostici e l’afferenza di queste pazienti a figure mediche diverse, per la presentazione clinica eterogenea della sindrome, con approccio spesso settoriale e scarsa visione d’insieme del problema (1).
La prevalenza di PCOS, nelle differenti aree geografiche del mondo, varia dal 5 al 10% considerando i criteri diagnostici più restrittivi proposti nel 1990 da una consensus dell’NIH (vedi oltre per le modalità di diagnosi della PCOS), sale al 6-25% utilizzando i criteri ESHRE/ASRM, oggi prevalenti (Consensus di Rotterdam 2003 e successive rivisitazioni, l’ultima nel 2023), e si assesta a valori intermedi secondo i criteri AE-PCOS prposti nel 2006. Le sensibili differenze di prevalenza riscontrate in Paesi diversi possono essere attribuite a intrinseche diversità etniche, alla non standardizzazione degli studi di popolazione e all’utilizzo di criteri di diagnosi eterogenei (2).
La diagnosi e la stima della dimensione epidemiologica diventano ancora più complesse quando si considerino le adolescenti e le donne in post-menopausa. Queste ultime non presentano più gli elementi diagnostici classici, se non su base anamnestica, ma possono presentare sequele con implicazioni terapeutiche potenzialmente assai rilevanti (3).
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Terapia della PCOS in età fertile
Giovanna Spiazzi
Endocrinologia e Malattie Metaboliche, AOU Integrata di Verona
(aggiornato a settembre 2024)
Il trattamento della PCOS dovrebbe tener conto sia delle problematiche di interesse immediato per la paziente che di quelle a lungo termine, non prescindendo mai dal miglioramento dello stile di vita, che viene riconosciuto come elemento strategico nella gestione di questa patologia. Questo approccio è fondamentale, in particolare in presenza di eccesso di peso, meno chiari sono i benefici quando il peso è nella norma.
Il trattamento di sovrappeso/obesità o semplicemente dell’alterata composizione corporea costituisce una strategia chiave in queste donne, per i benefici attesi sulla qualità della vita oltre che sull'insulino-resistenza, con potenziali effetti positivi sugli aspetti psicologici oltre che su quelli metabolici e riproduttivi (1). Le più recenti LG (2) non suggeriscono l’utilizzo di una dieta specifica, dato che mancano adeguate evidenze in questo senso, ma raccomandano genericamente una dieta equilibrata, basata sugli obiettivi personali e sulle preferenze individuali, supportata quando necessario da professionisti sanitari qualificati.
Anche per quanto riguarda il volume e il tipo di attività fisica non vi sono indicazioni specifiche, ma si raccomanda di evitare uno stile di vita sedentario e si rinvia a quanto suggerito nella popolazione generale, anche in questo caso per la mancanza di adeguate evidenze specifiche per la patologia. Se lo scopo è prevenire l’aumento di peso e mantenersi in salute, è raccomandato un minimo settimanale di 150 minuti di attività fisica di moderata intensità o di 75 minuti di attività vigorosa, suddivisi in almeno tre giorni/settimana e con l’inclusione di attività di potenziamento muscolare in due giorni non consecutivi della settimana. Se lo scopo è un moderato calo di peso, è raccomandato un minimo settimanale di 250 minuti di attività fisica di moderata intensità o di 150 minuti di attività vigorosa aerobica o una combinazione delle due tipologie di attività, sempre associate con attività di potenziamento muscolare in due giorni non consecutivi della settimana. L’uso della tecnologia (conta-passi, applicazioni smartphone) può essere di supporto motivazionale. Viene sottolineato che in queste strategie la terapia comportamentale è fondamentale nel conseguire risultati a lungo termine. Deve essere, inoltre, posta attenzione anche in questa ottica alla cura degli aspetti psico-sociali, proponendo, quando necessario, l’utilizzo di psico-terapia e di terapia ansiolitica e anti-depressiva.
Terapia estetica e farmacologica delle manifestazioni fenotipiche
Le procedure estetiche sono uno strumento ampiamente utilizzato, con minimo rischio di effetti avversi in mani esperte. Sono in particolare indispensabili nel trattamento dell’irsutismo. Le tecniche più efficaci appaiono essere la terapia laser e quella con luce pulsata, anche se la letteratura sugli effetti a lungo termine di questi strumenti resta molto limitata (3). Maggiori dettagli su queste procedure sono reperibili in un’altra sezione di Endowiki. Nelle donne con PCOS, rispetto a quelle con altre cause di irsutismo, è spesso necessario un numero di sessioni maggiore per ottenere risultati soddisfacenti e i risultati vengono potenziati dalla combinazione con farmaci.
L’approccio farmacologico alla PCOS è ancora essenzialmente sintomatico e fa spesso ricorso a farmaci non approvati per questo utilizzo. La terapia va in ogni caso sempre discussa con la paziente e “ritagliata” sulle manifestazioni fenotipiche e sulle alterazioni che la paziente avverte e il medico ritiene di maggior rilevanza nel caso specifico.
La prima scelta, in assenza di controindicazioni, è rappresentata da un contraccettivo orale combinato (COCP) (2). La terapia estro-progestinica è in particolare la terapia di scelta, secondo quanto riportato dalle LG, per la gestione dell’irsutismo e/o delle irregolarità mestruali nelle donne con PCOS. Eventuali controindicazioni a tale tipologia di farmaci vanno valutate sulla base delle indicazioni per la popolazione generale (4), dato che anche in questo caso non ci sono adeguate informazioni patologia-specifiche. Va ricordato che gli estro-progestinici possono esercitare un potenziale effetto negativo anche su taluni aspetti metabolici, in particolare la sensibilità insulinica e i livelli di trigliceridi, e sulla base di dati osservazionali ottenuti in ampie popolazioni generali comportano un piccolo ma significativo incremento del rischio cardio-vascolare (CV), soprattutto con i progestinici di seconda generazione (come il levonorgestrel), e in modo particolare di quello trombo-embolico, soprattutto con quelli di terza generazione (come desogestrel e gestodene), drospirenone e ciproterone acetato (5,6). Il fumo, l’età e l’eccesso ponderale incrementano questi rischi, che devono essere tenuti presenti. La COCP è comunque indicata in queste pazienti perché regolarizza (anche se artificialmente) il ciclo mestruale, contrasta il rischio potenziale di iperplasia e neoplasia endometriale, garantisce la contraccezione, spesso opportuna data la difficoltà di prevedere eventuali ovulazioni, in modo particolare quando si associno farmaci anti-androgeni, ed esercita un effetto favorevole sull’acne e, più modesto, sull’irsutismo.
Le recenti LG 2023 suggeriscono di preferire in linea generale formulazioni contenenti estrogeni naturali o etinilestradiolo a basse concentrazioni (20-30 μg/die), valutando il bilancio tra efficacia, profilo di rischio metabolico e CV, effetti collaterali, costo e disponibilità. La combinazione etinilestradiolo 35 μg + ciproterone acetato 2 mg viene indicata come seconda scelta rispetto ad altre formulazioni, in rapporto ai potenziali effetti avversi, in particolare trombo-embolici. La minipillola con solo progestinico viene indicata come soluzione alternativa utilizzabile per la protezione endometriale, pur in assenza, ancora una volta, di adeguati studi nelle donne con PCOS (2). L’utilizzo in questi preparati di progestinici ad azione anti-androgena non riceve specifica attenzione nelle attuali LG, in mancanza di evidenze che ne sostengano l’effettiva utilità. La scelta del drospirenone come progestinico, in particolare, gode attualmente di una certa popolarità, soprattutto per l’azione anti-androgena propria di questa sostanza, ma non vi sono studi controllati che documentino una maggior efficacia delle combinazioni che lo contengono. Inoltre, l’effetto anti-androgeno atteso è in realtà modesto alle dosi presenti nei contraccettivi.
Un approccio terapeutico completamente diverso, in queste pazienti, è quello basato sui farmaci insulino-sensibilizzanti, in particolare la metformina, che è in grado di migliorare non solo le alterazioni metaboliche ma, in molti casi, anche le alterazioni riproduttive tipiche di queste donne. Una frazione significativa delle donne con PCOS riprende, infatti, ad avere cicli regolari e ovulatori durante terapia con metformina (7). Resta ancora oscuro se questo risultato dipenda dall’attenuazione, comunque parziale, dell’insulino-resistenza o da altri meccanismi. Scarsi sono invece i risultati che si possono avere con questo farmaco in termini di miglioramento dell’irsutismo, anche se la letteratura in proposito è di qualità assai modesta (8). Le LG 2023 suggeriscono di considerare la metformina terapia di prima linea nelle donne con BMI > 25 kg/m2 per gli esiti antropometrici e metabolici (2), ma è un’opzione utilizzabile anche nelle donne con valori di BMI inferiori, pur in presenza di evidenze meno chiare. La metformina può essere anche combinata con gli estro-progestinici per la terapia complessiva delle problematiche cliniche di queste pazienti, alterazioni mestruali, irsutismo e problemi metabolici, in particolare nella paziente obesa e/o ad alto rischio di diabete tipo 2 (2). Quando viene prescritta, è sempre consigliabile raccomandare l’assunzione della metformina a stomaco pieno e iniziare con basse dosi, non > 500 mg/die, per ridurre il rischio di effetti collaterali gastro-enterici, incrementando la posologia ogni 1-2 settimane, fino al dosaggio massimo di 2.5 g/die. Va ricordata la possibile insorgenza (specie in pazienti con DM, sottoposte a chirurgia bariatrica, vegane, ecc) di carenza di vitamina B12, che va ricercata e trattata se presente.
Da alcuni anni si discute l’efficacia, in queste pazienti, di integratori alimentari a base di inositolo, in una delle sue isoforme disponibili, da solo o in associazione con acido folico e/o altre sostanze, con l’obiettivo principale di esercitare potenziali effetti favorevoli sulla sensibilità insulinica. I dati relativi alla potenziale efficacia di questa strategia sugli aspetti metabolici e riproduttivi sono però ancora molto limitati ed è in ogni caso da considerarsi uno strumento di minor efficacia clinica rispetto alla metformina, anche se privo di effetti gastro-intestinali avversi. Al momento la letteratura disponibile non permette di suggerire specifici dosaggi, tipologie di preparato o combinazioni nell’utilizzo di questi integratori (2).
Il pioglitazone, farmaco insulino-sensibilizzante della categoria dei tiazolidinedioni, ha pure dimostrato benefici sugli aspetti riproduttivi, ma gli studi sono assai scarsi e limitati e il farmaco presenta un profilo di sicurezza incerto in relazione all’obiettivo di ripristinare la capacità ovulatoria. Le LG attuali non fanno menzione di questa possibilità terapeutica, che deve essere considerata sperimentale.
I farmaci anti-obesità, come gli agonisti GLP-1 (liraglutide, semaglutide) e l’orlistat possono essere utilizzati in queste pazienti, come nella popolazione generale, per trattare l’obesità, sempre in associazione con le azioni di miglioramento dello stile di vita e assicurando ove necessario adeguata copertura contraccettiva, quando si utilizzino i GLP-1R agonisti, dati i rischi potenziali di questi farmaci sul prodotto del concepimento. Vi sono segnalazioni promettenti che gli analoghi del GLP-1 possano portare anche alla regolarizzazione del ciclo mestruale, attraverso il calo ponderale e forse altri meccanismi (9). Il loro utilizzo a fini riproduttivi è però da considerarsi sperimentale. Anche la chirurgia bariatrica può essere presa in considerazione in queste donne, anche in questo caso secondo le LG della popolazione generale.
Una categoria di farmaci ampiamente utilizzata in queste pazienti è quella degli anti-androgeni. Vanno presi in considerazione, secondo le più recenti LG, sempre in combinazione con un'efficace contraccezione, dopo almeno sei mesi di terapia con COCP e/o trattamento estetico con risposta clinica subottimale (2). Nella scelta va in ogni caso privilegiata la sicurezza di utilizzo. Sotto questo profilo è possibile utilizzare con sufficiente tranquillità lo spironolattone, antagonista recettoriale degli androgeni (oltre che dell’aldosterone), alla posologia di 25-100 mg/die.
Il ciproterone acetato può essere prescritto in dosi elevate (> 10 mg/die), superiori a quelle presenti nei COCP che lo contengono, per sfruttare meglio la sua azione anti-androgena. È però un’opzione attualmente sconsigliata in rapporto ai suoi rischi potenziali, che includono l’insorgenza di meningioma. Per la sua potente azione progestinica deve essere in ogni caso sempre combinato, anche a dosaggi inferiori, con gli estrogeni.
Una potenziale alternativa è la finasteride, inibitore della 5 alfa-reduttasi senza effetti collaterali di rilievo. La flutamide e la bicalutamide, antagonisti non-steroidei del recettore androgenico, sono potenzialmente molto efficaci, ma hanno purtroppo un rischio di possibile epato-tossicità, non frequente ma talora assai grave (10), che deve essere tenuto presente.
Va ricordato che la valutazione dell’efficacia di un trattamento anti-androgeno richiede almeno 6 mesi di terapia e che si tratta sempre (in Italia) di trattamenti off-label, fatto salvo l’utilizzo di combinazioni estro-progestiniche pre-formulate contenenti basse dosi di ciproterone acetato.
Terapia dell’infertilità
Va ricordato che nelle donne con PCOS la gravidanza può essere in molti casi ottenuta in modo naturale, anche se con qualche ritardo rispetto a quanto accade nella popolazione generale (11). Spesso è però necessario o conveniente, in rapporto all’età e all’attesa, ricorrere a strumenti farmacologici.
Se il desiderio della paziente è concepire e vi è eccesso ponderale, vanno in primis messe in atto misure di miglioramento dello stile di vita per mitigare gli effetti avversi della sindrome e dell’eccesso di peso sulla fertilità, migliorare l’esito delle terapie pro-fertilità e minimizzare i rischi di complicanze durante la gravidanza.
La terapia farmacologica di prima scelta per l’induzione della gravidanza, secondo le LG internazionali più recenti (2), è quella con letrozolo, inibitore dell'aromatasii. Vi sono buone evidenze che questo farmaco sia superiore al trattamento con clomifene citrato in termini di tasso di ovulazione, tasso di gravidanza clinica e bambini nati vivi (12). Va tenuto presente che al momento questa terapia per l’infertilità della donna con PCOS è off-label nel nostro come in numerosi altri Paesi e che da noi è ancora assai poco impiegata.
In alternativa, può essere considerato l’approccio tradizionale con clomifene citrato, eventualmente associato a metformina (con migliori risultati sull’ovulazione, sulla percentuale di gravidanze e di nati vivi), o anche la metformina da sola, pur con beneficio atteso inferiore. Il clomifene è comunque un farmaco che va incontro ad accumulo tissutale e non dovrebbe essere utilizzato per una terapia pro-ovulatoria cronica. Va ricordato che anche quello della metformina è peraltro un utilizzo off-label nel nostro Paese, in pazienti non diabetiche.
Se questo primo livello di approccio non si dimostra efficace, si passa alla seconda linea di terapia, che prevede l’utilizzo delle gonadotropine associate al monitoraggio US, considerando eventualmente, secondo disponibilità locale di adeguata expertise, la chirurgia ovarica laparoscopica (drilling ovarico).
Infine come terza linea, dopo fallimento delle precedenti, si può ricorrere alla fertilizzazione in vitro (2). Il rischio di gravidanze multiple e di sindrome da iperstimolazione ovarica indotto dalla stimolazione dell’ovulazione è maggiore in queste pazienti e va per quanto possibile mitigato. È utile anche a questo scopo l’utilizzo della metformina, adiuvante nelle procedure di fertilizzazione in vitro e capace di ridurre il rischio della sindrome da iperstimolazione ovarica (13).
Le LG internazionali 2023 concludono che l’utilizzo dell’inositolo, da solo o in combinazione, come terapia dell’infertilità in queste donne va considerato un’opzione puramente sperimentale, perché i benefici sono ancora troppo incerti per poterlo raccomandare (2).
La tabella riassume le possibili strategie terapeutiche attuabili nelle donne con PCOS.
Principali approcci terapeutici raccomandati dalle LG 2023 sulla PCOS, in rapporto all’obiettivo terapeutico | ||||
Intervento | Obiettivo | Efficacia (scala arbitraria) |
Uso approvato (in Italia) | |
Terapia globale | Interventi sullo stile di vita | Eccesso peso/ alterazioni metaboliche | +± | NA |
Insulino-sensibilizzanti | Alterazioni metaboliche/ anovulazione | +± | No | |
Inositoli | Alterazioni metaboliche/ anovulazione/ irsutismo (?) | ± | NA | |
Infertilità | Clomifene citrato | Gravidanza | +± | Sì |
Gonadotropine | +± | Sì | ||
Drilling ovarico | ± | Sì | ||
Fertilizzazione in vitro | ++± | Sì | ||
Inibitori aromatasi | ++/- | Sì | ||
Metformina | +± | No | ||
Anovulazione cronica | Interventi sullo stile di vita | Funzione riproduttiva | ± | NA |
Metformina | Oligo-anovulazione cronica | +± | No | |
Rischio endometriale | Estro-progestinici | Protezione | +± | Sì |
Progestinici | Protezione (in particolare quando uso COCP è indesiderato o controindicato) | +± | Sì | |
Iperandrogenismo | Misure estetiche | Irsutismo | +± | NA |
Terapia specifica, per via generale e topica (antibiotici, derivati Vit A, ecc) | Acne | +± | Sì | |
Estro-progestinici | Irsutismo/acne | ±/+± | Sì | |
Anti-androgeni | Irsutismo/acne/(FPHL) | +± | No | |
Alterazioni tolleranza ai carboidrati | Interventi sullo stile di vita | IFG/IGT/Diabete tipo 2 | ++± | NA |
Metformina | IFG/IGT | +± | No | |
Diabete tipo 2 | +± | Sì | ||
Obesità (seguire LG per la popolazione generale) | Interventi sullo stile di vita | Calo di peso | ± | NA |
Analoghi GLP-1 | ++± | Sì | ||
Orlistat | +± | Sì | ||
Chirurgia bariatrica | +++ | Sì |
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