dell'iperparatiroidismo
Ipofosfatasia
Cristina Eller Vainicher
UO Endocrinologia e Diabetologia, Fondazione Ca' Granda Ospedale Maggiore Policlinico IRCCS, Milano
(aggiornato al 17 settembre 2015) questo capitolo è in attesa di aggiornamento
Epidemiologia
L'ipofosfatasia è una malattia rara, la cui frequenza è stata stimata in circa 1/100.000 per quanto riguarda le forme gravi ad esordio neonatale. L'espressione clinica è proteiforme e la prevalenza della forma più lieve, che entra in diagnosi differenziale con l'osteoporosi, è verosimilmente sottostimata.
Patogenesi
La malattia è dovuta a mutazioni del gene della fosfatasi alcalina ossea/epatica/renale (ALP), che codifica per la fosfatasi alcalina non tessuto-specifica (TNSALP). L'inattivazione della fosfatasi alcalina comporta l'accumulo di alcuni substrati della TNSALP: Pirofosfato inorganico (PPi), Piridossal 5'-fosfato (PLP) e Fosfo-etanolamina (PEA). Il PPi rappresenta un potente inibitore della formazione di cristalli di idrossi-apatite ed è responsabile del difetto di mineralizzazione della matrice scheletrica, che provoca deformità scheletriche che danno origine a rachitismo nei bambini e osteomalacia negli adulti. Inoltre, può indurre una lieve ipercalcemia e iperfosfatemia e la formazione di cristalli di pirofosfato di calcio di-idrato (CPPD), che possono portare allo sviluppo di pseudo-gotta e nefrocalcinosi. Il PLP rappresenta la principale forma di vitamina B6 circolante, che non è in grado di passare la barriera emato-encefalica e nelle forme più gravi può portare allo sviluppo di crisi epilettiche responsive alla vitamina B6.
Classificazione e aspetto clinico
La malattia è caratterizzata da un difetto di mineralizzazione delle ossa e/o dei denti.
Può comprendere la morte neonatale, in assenza di mineralizzazione delle ossa, oppure la perdita prematura dei denti, in assenza di sintomi scheletrici. I sottotipi principali sono 4, di cui 3 ad esordio pediatrico (prima dei 18 anni):
- perinatale (esordio in utero): gravi anomalie della mineralizzazione in utero, insufficienza respiratoria, prognosi infausta;
- neonatale (entro i primi 6 mesi di vita): i sintomi clinici comprendono le complicazioni respiratorie, la cranio-sinostosi prematura, la demineralizzazione diffusa e le alterazioni rachitiche nelle metafisi, crisi epilettiche rispondenti alla vitamina B6; perdita prematura dei denti decidui;
- infantile o giovanile (dai 6 mesi ai 18 anni): caratterizzata da anomalie scheletriche, bassa statura e andatura a base allargata; perdita prematura dei denti decidui;
- dell'età adulta: fratture da stress, in particolare metatarsali, osteomalacia, condrocalcinosi, artrosi, pseudo-fratture, dolori ossei e muscolari, pseudo-gotta, nefrocalcinosi; possono essere presenti anomalie dentarie.
Esistono inoltre una forma pre o perinatale benigna e l'odonto-ipofosfatasia, nella quale non si osserva convolgimento del tessuto scheletrico.
Diagnosi
Posto il sospetto clinico in base alla presenta di manifestazioni cliniche tipiche (rachitismo/osteomalacia, fratture con alterata formazione callo osseo, fratture atipiche e da stress, osteopenia/osteoporosi, cranio-sinostosi, perdità prematura denti decidui o patologia peridontale), va valutata la presenza di altri sintomi clinici (debolezza muscolare, dolore cronico, nefrocalcinosi e ipercalciuria, condrocalcinosi/gotta, insufficienza respiratoria, crisi epilettiche, ecc) e dosata l'ALP sierica. In presenza di ridotti livelli di ALP, la conferma diagnostica viene posta mediante il dosaggio dei substrati dell'ALP: FEA urinaria o PLP sierico. È possibile inoltre eseguire il sequenziamento del DNA del gene ALP.
Esami bioumorali: l'esame di laboratorio fondamentale per porre la diagnosi è la valutazione della fosfatasi alcalina, che nei pazienti con ipofosfatasia è inferiore ai limiti di norma (il range di normalità deve essere sempre aggiustato per età e sesso del paziente, tab 1).
Tabella 1 Limite inferiore normalità ALP |
|
Età | U/L (M/F) |
< 1 mese | 60 |
1-11 mesi | 70 |
1-3 anni | 125 |
4-11 anni | 150 |
12-13 anni | 160/110 |
14-15 anni | 130/55 |
16-19 anni | 60/40 |
> 20 anni | 40 |
L'inattivazione della TNSALP provoca la mancata degradazione dei suoi substrati. Per questo, i test di laboratorio mostrano elevati livelli di FEA urinario e PLP sierico, quest'ultimo considerato essere il più sensibilie e patognomonico. La gravità del quadro clinico correla negativamente con i livelli di ALP e positivamente con i livelli di PLP.
Nel neonato sono frequenti ipercalcemia e ipercalciuria, meno frequenti nella forma pediatrica e nell'adulto. Nel 50% dei casi di ipofosfatasia pediatrica dell’adulto, i livelli sierici di fosforo possono essere elevati.
Inoltre, in caso di sospetta ipofosfatasia dell'adulto è utile escludere altre forme di osteoporosi secondaria, in particolare basso turnover scheletrico (i.e. ipercortisolismo, celiachia misconosciuta), l'utilizzo di farmaci che inibiscono il turnover scheletrico e inducono una riduzione secondaria dei livelli di ALP (bisfosfonati, denosumab, glucocorticoidi).
Esami radiologici
- Forma in utero: può essere individuata ecograficamente durante il secondo trimestre di gestazione; alla radiografia è presente una quasi totale mancanza di mineralizzazione ossea e/o alterazioni tipiche del rachitismo.
- Ipofosfatasia del lattante: l’esame radiologico mostra demineralizzazione scheletrica generalizzata e progressiva, e i segni tipici del rachitismo.
- Pazienti pediatrici: le radiografie delle ossa lunghe possono mostrare difetti nella cartilagine a livello metafisario, denominate lingue; inoltre, in presenza di cranio-sinostosi, il cranio può avere un aspetto a “rame battuto”.
- Forma dell’adulto: la radiologia può mostrare pseudo-fratture indicative di osteomalacia, osteopenia generalizzata e condro-calcinosi. La densitometria (DEXA) conferma l’eventuale bassa densità ossea nel femore e nella colonna vertebrale.
- Odonto-ipofosfatasia: la radiografia dentale mostra ridotto osso alveolare, camere pulpari e canali radicolari allargati.
Analisi molecolare
Con il sequenziamento, sono state identificate circa il 95% delle mutazioni responsabili delle forme gravi (perinatale e neonatale) della malattia. La consulenza genetica è complicata da variabilità della trasmissione (autosomica dominante o autosomica recessiva), dall'esistenza della forma prenatale benigna e dalla penetranza incompleta del gene-malattia. L'analisi mutazionale del DNA sui villi coriali rende possibile la diagnosi prenatale dell'ipofosfatasia grave.
Diagnosi differenziale
Gli esami bioumorali indirizzano verso la diagnosi differenziale con forme similari (tabella 2).
Tabella 2 Diagnosi differenziale biochimica |
|||||
Parametro | Ipofosfatasia |
Rachitismo nutrizionale |
Rachitismo ipofosfatemico X-linked | Osteogenesi imperfetta | Osteoporosi primaria |
ALP | diminuita | aumentata | aumentata | = | normale |
Calcemia | aumentata/= | ridotta | normale | = | normale |
Fosfatemia | aumentata/= | ridotta | ridotta | = | normale |
PTH | diminuito/= | aumentato | aumentato/= | = | normale |
Vitamina D | = | ridotta | ridotta/= | = | normale |
Terapia
Fino ad oggi, la gestione dell’ipofosfatasia si basava soprattutto su trattamenti palliativi per il miglioramento dei sintomi, sul mantenimento del bilancio del calcio e sull’adozione di interventi fisici, occupazionali, odontoiatrici e ortopedici, quando necessario. Nelle forme più gravi è importante evitare la supplementazione con calcio e vitamina D, nelle forme dell'adulto che entrano in diagnosi differenziale con l'osteoporosi, è inoltre fondamentale una corretta diagnosi, per evitare terapie con farmaci anti-riassorbitivi che possono aggravare il quadro (controindicazione assoluta alla terapia con amino-bisfosfonati o denosumab).
Altri tentativi terapeutici, con risultati alternanti:
- infusione di fosfatasi alcalina purificata da pazienti con morbo di Paget o estratta da placente umane sane;
- trapianto di frammenti ossei di osteoblasti coltivati;
- trapianto allogenico di midollo osseo e di cellule mesenchimali;
- cortisone;
- trattamento a breve termine con zinco e magnesio;
- paratormone ricombinante.
Recentemente sono stati pubblicati dati promettenti su una terapia enzimatica sostitutiva asfotase-alfa. La somministrazione di questo enzima a 11 neonati o bambini con ipofosfatasia potenzialmente letale ha permesso di migliorare i reperti radiografici scheletrici e la funzionalità respiratoria e fisica. Nel giugno 2015 l'FDA (Food and Drug Administration) e l'EMA (European Medicines Agency) hanno assegnato a questo farmaco lo status di farmaco orfano per il trattamento dell'ipofosfatasia. Attualmente ha l'indicazione per la malattia con interessamento osseo ad esordio in età pediatrica.
Letture consigliate
- Bianchi ML. Hypophosphatasia: an overview of the disease and its treatment. Osteop Int 2015, DOI: 10.1007/s00198-015-3272-1.
- White MP, et al. Enzyme-replacement therapy in life-threatening hypophosphatasia. N Engl J Med 2012, 366: 904-13.
- White MP, et al. Hypophosphatasia: validation and expansion of the clinical nosology for children from 25 years experience with 173 pediatric patients. Bone 2015, 75: 229-39.
Scheda romosozumab
Fabio Vescini, Antonio Stefano Salcuni & Alessandro Brunetti
SOC Endocrinologia, Azienda Sanitaria Universitaria – Friuli Centrale
(aggiornato al 20 dicembre 2023)
Meccanismo d’azione
È un anticorpo monoclonale umanizzato diretto contro la sclerostina, una glicoproteina secreta dagli osteociti che agisce prevalentemente come inibitore dell’osteoblastogenesi. L’inibizione della sclerostina determina un potente effetto anabolico, ma romosozumab ha dimostrato anche un effetto anti-riassorbitivo, inibendo l’attivazione degli osteoclasti da parte di osteoblasti ed osteociti. Pertanto, romosozumab è attualmente l’unico farmaco disponibile nella pratica clinica dalla duplice azione anabolica ed anti-riassorbitiva. Nello studio clinico randomizzato FRAME (Fracture Study in Postmenopausal Women with Osteoporosis), effettuato su circa 7200 donne con osteoporosi post-menopausale, il trattamento per 12 mesi con romosozumab ha ridotto del 73% le fratture vertebrali e del 36% le fratture cliniche in qualsiasi sede rispetto al placebo (1). Sulla base di tale studio, il farmaco è stato approvato nel 2019 sia dalla Food and Drug Administration (FDA) che dalla European Medicines Agency (EMA) per il trattamento dell’osteoporosi nella donna in post-menopausa.
Indicazioni
Attualmente l’uso del farmaco è approvato solo nelle donne in post-menopausa, nonostante alcuni studi evidenzino risultati promettenti anche nella popolazione maschile (2,3).
Modalità di somministrazione
La somministrazione è sottocutanea al dosaggio di 210 mg mensili, indipendentemente del peso corporeo. Attualmente il farmaco è commercializzato in penne pre-riempite da 105 mg (Evenity); è necessario, pertanto, effettuare due somministrazioni simultanee ogni mese. Il periodo di trattamento previsto è di massimo 12 mesi, poiché non è stato dimostrato un aumento significativo della BMD per un periodo più prolungato. Al termine del trattamento, è necessario avviare una terapia anti-riassorbitiva per mantenere l’incremento della BMD e ridurre ulteriormente il rischio fratturativo.
Effetti avversi e controindicazioni
Gli effetti avversi comunemente riportati sono per lo più lievi (reazioni nel sito d‘iniezione, artralgie, cefalea, reazioni cutanee). Tuttavia, due importanti trial clinici, BRIDGE (Study to Compare the Safety and Efficacy of Romosozumab Versus Placebo in Men With Osteoporosis) e ARCH (Active-Controlled Fracture Study in Postmenopausal Women With Osteoporosis at High Risk), hanno dimostrato un incremento degli eventi cardio-vascolari e cerebro-vascolari, rispettivamente negli uomini trattati con romosozumab vs placebo e nelle donne trattate con romosozumab vs alendronato (2,4). Pertanto, il farmaco è attualmente controindicato nei pazienti con storia di infarto del miocardio o ictus ischemico, o comunque ad alto rischio CV.
Limitazioni prescrittive
Con l’ultimo aggiornamento della nota AIFA 79 del 7/2/2023, romosozumab è stato incluso nei trattamenti per l’osteoporosi rimborsabili da parte del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). La rimborsabilità a carico del SSN dipende dalle seguenti condizioni:
- T-score colonna o femore < -2.5 DS associato ad almeno una condizione tra:
- ≥ 1 frattura vertebrale moderata o grave;
- ≥ 2 fratture vertebrali lievi;
- ≥ 2 fratture non vertebrali;
- frattura di femore;
- T-score colonna o femore < -2.0 DS associato ad almeno una condizione tra:
- 2 fratture vertebrali moderate o gravi;
- frattura di femore nei 2 anni precedenti.
In aggiunta le pazienti devono soddisfare questi ulteriori requisiti:
- rischio di frattura a 10 anni ≥ 20% (determinato con calcolatore validato);
- impossibilità a eseguire altri trattamenti efficaci (intolleranza, inefficacia o scadenza del periodo di impiego autorizzato).
Bibliografia
- Cosman F, et al. Romosozumab treatment in postmenopausal women with osteoporosis. N Engl J Med 2016, 375: 1532–43.
- Lewiecki EM, et al. A phase III randomized placebo-controlled trial to evaluate efficacy and safety of romosozumab in men with osteoporosis. J Clin Endocrinol Metab 2018, 103: 3183–93.
- Padhi D, et al. Multiple doses of sclerostin antibody romosozumab in healthy men and postmenopausal women with low bone mass: a randomized, double-blind, placebo-controlled study. J Clin Pharmacol 2014, 54: 168–78.
- Saag KG, et al. Romosozumab or alendronate for fracture prevention in women with osteoporosis. N Engl J Med 2017, 377: 1417–27.
Scheda burosumab
Gregorio Guabello
Ambulatorio di Patologia Osteo-Metabolica, UO Reumatologia, IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi; Ambulatorio di Endocrinologia Oncologica, IRCCS Ospedale San Raffaele; Milano
Meccanismo di azione
Anticorpo monoclonale anti-FGF23, che ne contrasta l’effetto fosfaturico determinando un aumento della fosfatemia.
Indicazioni
Trattamento dell’ipofosfatemia X-linked (XLH) con evidenza radiografica di malattia ossea, nei bambini di età > 1 anno e negli adolescenti con sistema scheletrico in crescita.
Controindicazioni
Ipersensibilità al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti.
Somministrazione concomitante con fosfato e analoghi della vitamina D attiva per via orale.
Fosfatemia a digiuno superiore all’intervallo della norma per l’età, a causa del rischio di iperfosfatemia.
Pazienti con compromissione renale severa o malattia renale in fase terminale.
Preparazioni, vie di somministrazione, posologia
Crysvita, flac 10, 20, 30 mg.
La dose iniziale raccomandata è 0.8 mg/kg, somministrati ogni due settimane. Le dosi devono essere arrotondate ai 10 mg più vicini. La dose massima è 90 mg. È necessario un aggiustamento del dosaggio in base ai livelli di fosfatemia in corso di terapia.
Effetti collaterali
Quelli segnalati più comunemente (> 10%) nei pazienti pediatrici trattati per un periodo fino a 64 settimane durante gli studi clinici sono stati: reazioni in sede di iniezione (56%), tosse (56%), cefalea (50%), piressia (43%), dolore alle estremità (40%), vomito (39%), ascesso dentario (35%), diminuzione della vitamina D (32%), diarrea (25%), eruzione cutanea (24%), nausea (15%), stipsi (11%), carie dentaria (11%), mialgia (11%).
Limitazioni prescrittive
Classe H, obbligatoria compilazione scheda di monitoraggio.
Scheda abaloparatide
Fabio Vescini, Antonio Stefano Salcuni & Alessandro Brunetti
SOC Endocrinologia, Azienda Sanitaria Universitaria – Friuli Centrale
(aggiornato al 20 dicembre 2023)
Meccanismo d’azione
Abaloparatide è un analogo sintetico della Parathyroid Hormone-related Protein (PTHrP), in grado di attivare la via di segnale del recettore 1 del paratormone, esercitando sull’osso un effetto anabolico. L’efficacia di abaloparatide è stata dimostrata nello studio Abaloparatide Comparator Trial in Vertebral Endpoints (ACTIVE), un RCT di fase 3 di confronto fra abaloparatide e teriparatide in circa 2000 donne in post-menopausa. Dopo 18 mesi di trattamento, la riduzione delle fratture vertebrali e l’aumento della BMD era simile nelle pazienti dei due bracci, mentre l’efficacia sulla BMD femorale è risultata maggiore con abaloparatide rispetto a teriparatide (+4.2% vs +3.3%, p < 0.01) (1). Sulla base di tali risultati, nel 2017 il farmaco è stato approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento dell’osteoporosi. Tuttavia, la European Medical Agency (EMA) ha inizialmente negato l’approvazione a causa della mancata riduzione significativa delle fratture non vertebrali e del riscontro di aumento della frequenza cardiaca (3). Studi successivi e analisi post-hoc sulle pazienti dello studio ACTIVE hanno comunque confermato l’efficacia di abaloparatide nella riduzione sia delle fratture vertebrali che non-vertebrali e la sostanziale sicurezza dal punto di vista CV (3).
Indicazioni
Il farmaco è stato approvato per il trattamento dell’osteoporosi dall’EMA nel 2022 e successivamente dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) all’inizio del 2023.
Modalità di somministrazione
La dose consigliata di Eladynos è di 80 μg/die somministrata mediante iniezione sottocutanea, per un periodo massimo di 18 mesi, al termine del quale è consigliato avviare un trattamento anti-riassorbitivo.
Effetti avversi
Sono per lo più sovrapponibili a quelli di teriparatide, anche se per abaloparatide è stata documentata una minore incidenza di ipercalcemia (1).
Limitazioni prescrittive
Attualmente non è ancora prevista la rimborsabilità a carico del Sistema Sanitario Nazionale.
Bibliografia
- Miller PD, et al. Effect of abaloparatide vs placebo on new vertebral fractures in postmenopausal women with osteoporosis: a randomized clinical trial. JAMA 2016, 316: 722–33.
- Miller PD, et al. Bone mineral density response rates are greater in patients treated with abaloparatide compared with those treated with placebo or teriparatide: results from the ACTIVE phase 3 trial. Bone 2019, 120: 137–40.
- Brent MB. Abaloparatide: a review of preclinical and clinical studies. Eur J Pharmacol 2021, 909: 174409.
Scheda ranelato di stronzio
Fabio Vescini
SOC Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria S. Maria della Misericordia, Udine
Meccanismo d’azione
In vitro il ranelato di stronzio ha indotto un aumento sia della replicazione dei precursori osteoblastici, sia della sintesi del collagene; inoltre, è risultata incrementata la produzione di osteoprotegerina, con conseguente inibizione del reclutamento dei precursori osteoclastici. In vivo sono state osservate modificazioni speculari dei marcatori di turn-over osseo (incremento di quelli di formazione e diminuzione di quelli di riassorbimento), ma l’ampiezza della variazione è stata di modesta entità. Alcuni aspetti del meccanismo d’azione di questo farmaco non sono ancora completamente chiariti.
Preparazioni, via di somministrazione, posologia
Osseor, Protelos (bustine da 2 grammi): 1 bustina/die, non sono più disponibili.
Indicazioni
Trattamento dell’osteoporosi nelle donne in post-menopausa, per ridurre il rischio di fratture vertebrali e del femore.
Contro-indicazioni
Bambini e adolescenti
Gravidanza e allattamento
Donne di età > 80 anni
Tromboembolia venosa
Pazienti che abbiano presentato reazioni da ipersensibilità, anche ad altri farmaci
Insufficienza renale di grado severo (VFG < 30 mL/min)
Effetti collaterali
Nausea, diarrea
Precauzioni d’uso
Il farmaco è registrato esclusivamente per l’uso in donne in menopausa
Non assumere in vicinanza dei pasti (attendere almeno 2 ore dalla cena in quanto i cibi possono ridurre l’assorbimento intestinale del farmaco del 50-60%)
Utilizzare con cautela nelle pazienti con aumentato rischio di tromboembolia venosa, incluse quelle con anamnesi positiva per TEV
In caso di comparsa di rash cutaneo sospendere immediatamente il trattamento
In caso di comparsa di rash associato a febbre, eosinofilia, adenopatia, epatite, nefropatia e pneumopatia interstiziali (sindrome di DRESS) sospendere immediatamente il trattamento ed istituire opportuna terapia steroidea
Limitazioni prescrittive
Nota AIFA 79