Roberto Castello, Medicina/Endocrinologia, AOUI Verona
Francesca Zambotti, Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, AOUI Verona
Il ciclo mestruale si suddivide in due fasi:
- fase follicolare o estrogenica, dalla mestruazione all’ovulazione;
- fase luteinica o progestinica, dall’ovulazione alla mestruazione successiva.
L’ovulazione separa le due fasi e molte donne possono riconoscere soggettivamente il momento dell’ovulazione in base ad alcuni segni: presenza nei giorni precedenti di perdite (con secrezioni filanti e trasparenti) o dolore al basso ventre.
La durata media di un ciclo mestruale è di 28 giorni, contando dal primo giorno di comparsa del sanguinamento mestruale al primo giorno del ciclo successivo. Proprio perché tale valore è una media sono considerate normali piccole variazioni intorno a tale valore. Si ritengono invece patologici:
- cicli di durata più breve di 25 giorni, ossia la comparsa di un maggior numero di cicli mestruali in un anno, definita polimenorrea;
- cicli di durata superiore a 35 giorni che comportano quindi un minor numero di cicli all’anno, condizione definita oligomenorrea.
L’assenza di mestruazioni per più di 3 mesi si definisce amenorrea.
Oltre alle variazioni della durata dei cicli possono presentarsi anche alterazioni dell’entità del sanguinamento mestruale, anche se ciò è più difficile da quantificare e la norma è una questione individuale.
- Menorragia è un flusso mestruale di durata maggiore rispetto alla norma della paziente.
- Ipermenorrea è un sanguinamento mestruale di entità maggiore rispetto alla norma (> 80 mL).
- La comparsa di perdite ematiche vaginali al di fuori del periodo mestruale si definisce spotting se è di lieve entità, oppure metrorragia se si parla di una quantità più abbondante.
Le alterazioni del ciclo mestruale non sono sempre patologiche. Infatti subito dopo il menarca, cioè la prima mestruazione della vita di una donna, o in vicinanza della menopausa la presenza di irregolarità è abbastanza frequente e non richiede accertamenti medici a meno che non persista.
All’interno del periodo fertile di una donna, che va dal menarca alla menopausa, la gravidanza è la principale causa di alterazioni del ciclo mestruale e la prima da escludere in ogni caso. Può sembrare banale, ma a volte e soprattutto in chi ha cicli non molto regolari l’avvio di una gravidanza può non essere evidente alla donna stessa. Escludere una gravidanza è importante anche per la scelta di possibili esami diagnostici e terapie, dato che alcuni di questi potrebbero essere dannosi per il feto.
Una volta esclusa una gravidanza in atto, esistono altre molteplici cause di alterazioni del ciclo mestruale. La complessa sequenza di attivazioni ormonali che permette la regolarità mestruale risente, infatti, di molte influenze esterne, quali lo stress, le variazioni di peso (sia in difetto che in eccesso) o l’eccessiva attività fisica. Anche per questo la regolarità mestruale è un indicatore di buona salute fisica e psicologica della donna. Fra le patologie la causa più diffusa di alterazioni mestruali e in particolare di amenorrea o di oligomenorrea è la sindrome dell’ovaio policistico. Molto diffusa nella popolazione femminile peraltro sana, questa sindrome consiste nella presenza contemporanea di manifestazioni cliniche di eccesso di androgeni (come l’irsutismo) o nella conferma di un eccesso di androgeni ai dosaggi di laboratorio, più la presenza di alterazioni mestruali o di multiple microcisti ovariche all’ecografia. Cause meno frequenti di alterazioni mestruali coinvolgono patologie di organi capaci di produrre ormoni, come ipofisi, surrene, ovaio e tiroide, oppure malattie importanti che mettono in sofferenza l’intero organismo, come l’insufficienza renale o l’insufficienza epatica, oppure patologie limitate a tube e utero, che vanno da semplici infezioni e infiammazioni ai tumori benigni e non. Anche alcuni farmaci e integratori possono dare alterazioni mestruali, alcuni volutamente, come i contraccettivi orali, altri come effetti collaterali, come alcuni anti-psicotici, anti-androgeni, anti-coagulanti, ginseng, ginko, soia.
Per alcune donne la mestruazione si associa a un dolore tale da rendere difficile o impossibile lo svolgimento delle attività quotidiane o comunque necessitare di un trattamento specifico. Tale problematica si definisce dismenorrea, è più frequente nelle adolescenti e tende a ridursi con gli anni, dopo le gravidanze e con l’uso di contraccettivi orali. Fumo di sigaretta, sedentarietà, depressione e l’ansia nei riguardi delle mestruazioni possono invece peggiorare il dolore. Il dolore può iniziare prima o contemporaneamente alla comparsa del flusso mestruale e dura 1-3 giorni. È localizzato alla parte bassa dell’addome sotto forma di crampi, ma può anche presentarsi come un dolore sordo e costante, che si irradia alla schiena o alle gambe e spesso si associa a mal di testa, nausea, stipsi o diarrea, a volte vomito. Il dolore deriva principalmente dalle normali contrazioni dell’utero, che espelle lo strato cellulare che ne riveste la cavità per rigenerarlo prima del ciclo successivo. In alcuni casi, invece, il dolore deriva dalla presenza di malformazioni o malattie a carico dell’apparato genitale.
Alla dismenorrea spesso si associa la sindrome premestruale, che consiste in disturbi, di intensità variabile da donna a donna, che compaiono nell’ultima parte del ciclo mestruale. La forma lieve è diffusissima, ma non altera in maniera rilevante le attività della donna e non necessita di terapia specifica. I sintomi tipici includono irritabilità e variabilità dell’umore, depressione, difficoltà di concentrazione, stanchezza, insonnia, dolore o tensione delle mammelle, sensazione di gonfiore, mal di testa, disturbi dell’appetito, diarrea o stitichezza, dolori addominali e muscolari, acne. È dovuta alle fluttuazioni degli ormoni, estrogeni e progesterone, che possono causare una temporanea ritenzione di sali e liquidi.