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Pagina per pazienti (e medici): Condivisione con il paziente delle scelte sulla sua salute e coinvolgimento dei pazienti nelle scelte di politica sanitaria
Dominique Van Doorne & Moreno Busolin
PARTE I: PER I MEDICI
La relazione medico-paziente è oggi, più che mai, fondamentale e complessa. Il paziente non è più passivo nella scelta terapeutica e neanche nelle scelte di politica sanitaria.
L’interazione fra organismi sanitari pubblici e privati, medici, pazienti, personale sanitario e industrie che producono farmaci e/o dispositivi medici è al centro dell’attenzione. Opinioni e raccomandazioni provenienti da organismi esterni non dovrebbero essere considerati alla stregua di interferenze indebite, ma come fonte di dialogo e scambio fra le parti, con lo scopo di aumentare la condivisione tra i vari protagonisti e la trasparenza.
Il paziente informato
I pazienti possono acquisire informazioni mediche attraverso libri, giornali specializzati e programmi radiotelevisivi, ma quello che fa la differenza con i primi anni ’90 è l’avvento di Internet. Nel giro di pochi istanti si possono acquisire informazioni esaurienti riguardo a una specifica malattia, ai possibili trattamenti farmacologici e/o chirurgici, ai centri specializzati e ai medici esperti nella diagnosi e cura. Naturalmente sono tutte informazioni da verificare e in genere i pazienti non sono in grado di distinguerne la qualità. Se si lancia sul web la ricerca sulla parola “tiroide”, si ottengono 41.700.000 risultati in 0.18 secondi! Questa quantità di informazioni non è gestibile dal pubblico e quindi nella maggior parte dei casi l’attenzione si focalizza sui primi risultati della lista, dove si possono trovare fonti attendibili (da Wikipedia a siti gestiti da società scientifiche o organizzazioni di pazienti), ma anche fonti meno indipendenti, spesso finanziate da privati con interessi nel campo.
La nuova sfida per il medico è come affrontare un paziente che arriva a consulto dopo essersi informato su Internet. Più di 30 anni fa la maggior parte dei pazienti, vista la scarsità di informazioni mediche e l’impossibilità di cercare cure altrove, doveva fidarsi solo del proprio medico. Nessun paziente si sarebbe mai sognato di mettere in dubbio le indicazioni ricevute, limitandosi a incrociare le dita o affidandosi al Signore. Oggi i pazienti vogliono saperne di più sulla propria malattia, sui sintomi e sulla cura e apprezzano i medici che illustrano le possibili terapeutiche, i risultati attesi e i possibili effetti collaterali, confrontando le informazioni ricevute dal medico con quelle ricavate da Internet. Il medico oggi non deve sottrarsi alle domande del paziente, che sono preziose perché gli permettono di capire quali informazioni ha tratto da Internet e di completarle o correggerle per migliorare l’adesione alla cura.
È più che mai necessario dedicare un tempo adeguato a dare spiegazioni corrette, trasparenti e comprensibili, che rinforzino la fiducia del paziente e ne rinsaldino la relazione con il medico.
La relazione annuale del 2012 del Forum Europeo dei Pazienti (FEP) afferma che: “Una strategia efficace di responsabilizzazione comincia con l’alfabetizzazione sanitaria. Questa dà al paziente la conoscenza e gli strumenti necessari per assumere un ruolo attivo nella gestione della propria salute; aiuta il paziente a ricavare il massimo delle informazioni dal personale sanitario per ottenere dei risultati migliori in termini di salute con un miglior rapporto costo-efficacia. Il FEP crede che sia necessaria una strategia informativa per i pazienti a livello europeo. Ottenere informazioni di alta qualità sulla salute, la malattia e le opzioni terapeutiche è di importanza vitale per la sicurezza e il coinvolgimento del paziente.”
Il paziente informato è più responsabile e quindi segue meglio il trattamento e i consigli del medico; questo porta a migliorare il risultato finale in termini di salute, qualità della vita e soddisfazione del paziente.
“La maggior parte delle cause legali in campo sanitario non riguarda veri errori, ma piuttosto difetti di comunicazione e problemi nelle relazioni inter-personali. Una forte relazione medico-paziente, per esempio in cui il medico spiega personalmente le procedure proposte e risponde alle domande pertinenti, può essere cruciale per evitare conseguenze medico-legali” (1).
La comunicazione medico-paziente è ancora ben lungi dall’essere ottimale: nel 2000 Britten et al (2) in uno studio su 20 MMG inglesi hanno descritto 14 categorie di incomprensione, dalle informazioni riguardanti il paziente ignote al medico alle informazioni contraddittorie ottenute da medici diversi, alla mancata comunicazione delle ragioni che avevano portato alla scelta di una particolare strategia clinica.
Se c’è scarsa comunicazione medico-paziente, l’insorgenza di una complicanza può definitivamente compromettere la fiducia del paziente: il paziente può capire la complicanza, ma non può accettare la negligenza, la mancanza di informazione o il rifiuto del dialogo.
D’altro canto, la pressione sui medici e in particolare sui chirurghi è molto alta, costretti come sono fra bisogni e informazione del paziente, qualità chirurgica, gestione dell’errore, aspetti medico-legali, medicina difensiva e, non ultimo, restrizioni di spesa.
È cresciuta la consapevolezza dei pazienti ed è molto più alta la possibilità di trascinare in giudizio i medici. Anche questo influenza il sistema sanitario, poiché la cosiddetta “medicina difensiva” nuoce a tutti: i medici guardano ai pazienti come potenziali querelanti, i costi della sanità aumentano per i premi assicurativi e per l’accanimento diagnostico e terapeutico. In un’inchiesta statunitense sui medici fatta da una compagnia assicurativa, il 75% dei medici ammette di prescrivere più esami, procedure e farmaci del necessario nel tentativo di evitare grane legali. Hal Scherz e Wayne Oliver hanno affermato che “la medicina difensiva e l’abuso delle cause per malasanità sono tra le cause maggiori che stanno portando fuori controllo i costi del sistema sanitario” (Forbes 2013).
Diverse organizzazioni non profit di pazienti, come “Pazienti per un equo compenso”, propongono un sistema “non giudiziale”, con commissioni formate da rappresentanti esterni di pazienti, di medici e della struttura sanitaria, per la valutazione dell’errore e dell’eventuale compenso economico.
Il consenso informato
Prima di ogni intervento chirurgico o procedura invasiva, il paziente deve firmare un “consenso informato”, a dimostrazione del fatto di aver ricevuto le informazioni corrette da parte del suo medico. La strada per arrivare a questo è stata lunga. Nel 1914 per primo il Giudice Benjamin Cardoso della Corte d’Appello di New York notava che “ogni essere umano ha il diritto di decidere cosa deve essere fatto sul suo corpo”, stabilendo così il concetto che del consenso con cui il paziente ha il diritto di accettare o rifiutare un trattamento. Nel 1955 ci furono due casi in cui fu stabilito che i medici hanno il dovere di illustrare ai pazienti i potenziali rischi chirurgici. Da lì nasce il concetto di consenso informato, che richiede che il paziente dia un libero consenso al trattamento, dopo essere stato pienamente informato dei rischi della procedura, dei benefici e delle possibili alternative. Negli anni seguenti il consenso informato è diventato “il processo attraverso il quale il sanitario fornisce informazioni appropriate a un paziente in modo di permettergli di capire e poi di decidere volontariamente se accettare o rifiutare il trattamento” (3).
Questa definizione di consenso informato rappresenta una specie di contratto, dove le due parti firmano un accordo basato su informazione appropriata e capacità del paziente di recepirla.
Le informazioni appropriate comprendono (4):
- natura e procedura del trattamento medico;
- possibili alternative al trattamento proposto;
- rischi, benefici e incertezze correlate a ciascuna procedura;
- valutazione della comprensione del paziente;
- accettazione della procedura da parte del paziente.
Il consenso informato è scritto dal medico, il che può essere discutibile: rappresentanti dei pazienti e medici dovrebbero lavorare insieme per arrivare a un consenso informato migliore e più comprensibile, con meno gergo “medichese” (5). Dovrebbero essere coinvolti i rappresentanti dei pazienti, perché sono più informati dei medici non solo su quello che i pazienti possono capire e hanno bisogno di sapere, ma anche su come vogliono che venga loro spiegato e con quale linguaggio.
Nuove tecnologie e trattamenti chirurgici innovativi
La comunicazione fra medico e paziente è estremamente importante quando si propone una nuova tecnica chirurgica: qui più che mai il paziente deve fidarsi del suo medico e sentirsi libero di esprimere le sue richieste e i suoi dubbi. Infatti, sia il chirurgo che il paziente si assumono rischi maggiori rispetto alle procedure chirurgiche tradizionali, perché esistono pochi dati su efficacia e sicurezza della nuova procedura.
Mentre per i nuovi farmaci il sistema degli studi clinici controllati garantisce un certo controllo da parte di un organismo terzo, il Comitato Etico, nel caso delle nuove procedure chirurgiche non esiste niente del genere. Chi stabilisce che grado di rischio si può correre? I Comitati Etici sono chiamati in causa solo nell’adozione di nuove tecnologie.
Nei Paesi Occidentali la valutazione del profilo di rischio e beneficio di farmaci innovativi e nuove tecnologie è un processo molto lungo e complicato, che che disincentiva l’industria farmaceutica e tecnologica e rischia di essere un ostacolo al processo diagnostico e terapeutico. Oggi la maggior parte delle nuove tecnologie sono sperimentate prima su pazienti in Asia e in Sud-America. I primi dati clinici così ottenuti, insieme ai dati derivanti dalla sperimentazione in vitro e sugli animali, sono poi parte essenziale dei documenti inoltrati alle autorità regolatorie sanitarie occidentali per l’approvazione. Il sistema occidentale di approvazione delle nuove tecnologie deve essere rivalutato ed è necessario che tutte le parti coinvolte nel sistema di cura sanitario, compresa la voce dei pazienti, partecipino alla discussione dei temi etici ed economici. Dobbiamo prendere in considerazione l’idea di costituire un gruppo di lavoro di pazienti e consumatori per i nuovi dispositivi medici, come affermato dal FEP: “È necessario tener conto della prospettiva dei pazienti nel valutare il rapporto fra rischi e benefici.”.
Ruolo delle Organizzazioni dei Pazienti nel processo decisionale sanitario
La Federazione Internazionale delle Organizzazioni dei Pazienti afferma che “Le decisioni di politica sanitaria, a qualunque livello vengano prese, alla fine influenzano la vita dei pazienti. Per questo motivo i pazienti hanno il diritto etico e morale di avere un ruolo significativo nello sviluppo delle politiche sanitarie. Il coinvolgimento dei pazienti e dei loro rappresentanti nel processo decisionale delle politiche sanitarie aiuta a garantire che vengano tenuti in conto bisogni, preferenze e capacità dei pazienti e delle loro famiglie. Questo porta a scelte che rispondono in modo appropriato, anche dal punto di vista del rapporto costo-efficacia, ai bisogni del numero sempre maggiore di persone affette da condizioni croniche. D’altro canto, l’importanza del coinvolgimento dei pazienti sulle scelte di politica sanitaria può essere limitata da numerosi fattori, come problemi pratici e finanziari, diverse basi conoscitive, barriere culturali e attitudini personali”.
Per affrontare alcuni di questi problemi, nel febbraio 2012 è nata l’Accademia dei Pazienti Europei per l’Innovazione Tecnologica (l’acronimo inglese è EUPATI), con lo scopo di aumentare le capacità dei pazienti e delle loro organizzazioni di rappresentare i loro interessi nel processo di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci. EUPATI svilupperà e diffonderà informazioni obiettive, credibili, corrette e aggiornate sul processo di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci per un pubblico non addetto ai lavori. L’Accademia formerà degli esperti fra i rappresentanti dei pazienti attraverso un programma di formazione certificato e aumenterà le competenze dei pazienti e del pubblico in generale attraverso la creazione di strumenti su Internet, quali un sito educazionale dedicato e una biblioteca pubblica.
EUPATI inoltre faciliterà il coinvolgimento dei pazienti in diversi tavoli decisionali e di lavoro, attraverso la collaborazione con Università, Autorità politiche e amministrative, Enti regolatori del farmaco, industrie e Comitati Etici e attraverso la creazione di linee guida sulle buone pratiche. I moduli educazionali saranno focalizzati sulle seguenti aree: processo di sviluppo farmacologico dalla ricerca all’approvazione; medicina personalizzata e predittiva; sicurezza e valutazione rischio/beneficio dei farmaci; farmaco-economia, economia sanitaria e valutazione delle tecnologie sanitarie; disegno e obiettivi di studi clinici, compresi i soggetti coinvolti; ruolo e responsabilità dei pazienti nello sviluppo dei farmaci. Questo progetto rappresenta un nuovo paradigma per quanto riguarda il coinvolgimento dei pazienti nel processo di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci.
I pazienti dovrebbero essere coinvolti in tutti i processi di innovazione sanitaria, nelle politiche sanitarie e nelle decisioni sulla distribuzione delle risorse, per assicurare che queste vengano investite nelle aree corrette e rispondano appropriatamente ai bisogni dei pazienti.
PARTE II: PER I PAZIENTI
Alcuni consigli per ricavare da Internet informazioni corrette: come valutare la qualità delle informazioni trovate in rete?
Sulla rete si possono ricavare in pochi secondi informazioni esaurienti su qualunque malattia e potenziale rimedio medico o chirurgico. Se si lancia sulla rete la ricerca “nodulo tiroideo”, si ottengono 1.830.000 risultati in 0.36 secondi. Si possono trovare informazioni di buona qualità e attendibilità o si può finire in qualche sito bizzarro e spesso inattendibile. Allora, cosa fare? Basta aprire le prime pagine che compaiono sullo schermo?
Ecco alcune raccomandazioni da seguire per capire la fonte e l’attendibilità delle informazioni mediche in rete.
Per sapere chi ha creato la pagina web, le sue motivazioni e la trasparenza delle informazioni date, cliccate sui tasti “Informazioni sul sito” oppure “Chi siamo” oppure “About us”. Può trattarsi di:
- una società scientifica con una sezione dedicata ai pazienti;
- un’Università, Ospedale o Clinica;
- Wikipedia o UpToDate o altre enciclopedie mediche con sezioni dedicate ai pazienti;
- un’Organizzazione di Pazienti con un Comitato Scientifico;
- un’Organizzazione di Pazienti senza Comitato Scientifico;
- una pagina Internet di un singolo medico a scopo auto-promozionale;
- un sito sponsorizzato da un’industria;
- un forum web o un blog personale.
Le prime 4 eventualità sono solitamente più attendibili, perché sono curate da professionisti sanitari. Le altre sono fonti meno neutre, perché possono essere a scopo di lucro, come siti di singoli professionisti o industrie, anche se le informazioni contenute possono essere comunque corrette.
È opportuno confrontare fonti diverse in modo da valutare l’attendibilità delle informazioni ottenute. Le pagine web che non dichiarano chi le ha create e chi scrive le informazioni non sono attendibili.
Come scegliere un chirurgo?
L’esperienza del chirurgo è fondamentale. Molti studi indicano come i risultati chirurgici migliorino in proporzione al numero di operazioni eseguite in un anno (il cosiddetto volume operatorio). Per esempio, per considerare esperto un chirurgo in campo tiroideo, la maggior parte degli autori ritiene che il volume operatorio minimo debba essere di almeno 50 tiroidectomie/anno, meglio se maggiore di 100, anche se questi numeri necessitano di essere confermati (6). Lo stesso si può dire per tutta l’équipe chirurgica, compresi gli infermieri e i ferristi. Potrebbe sembrare indelicato chiedere a un chirurgo i dati sul suo volume operatorio, ma per il chirurgo si tratta di una domanda assolutamente normale e quindi non abbiate timore a porgliela.
L’argomento è di importanza ancora maggiore quando il chirurgo suggerisce un nuovo tipo di intervento chirurgico oppure l’uso di una nuova tecnologia, alternativa alla tradizionale: è indispensabile assicurarsi di essere in un centro specializzato in patologie tiroidee, con esperti altamente qualificati nel campo.
BIBLIOGRAFIA
- Fleeter TB. Informed consent: more than just a signature. AAOS Now, Jan 2010.
- Britten N, et al. Misunderstandings in prescribing decisions in general practice: qualitative study. BMJ 2000, 320: 484–8.
- Appelbaum PS. Assessment of patients' competence to consent to treatment. N Engl J Med 2007, 357: 1834-40.
- De Bord J. Informed Consent. Ethics in Medicine. University of Washington School of Medicine, 2014.
- Farrington C. Reconciling managers, doctors, and patients: the role of clear communication. J Roy Soc Med 2011, 104: 231-6.
- Kandil E, Noureldine SI, Abbas A, Tufano RP. The impact of surgical volume on patient outcomes following thyroid surgery. Surgery 2013, 154: 1346-52.
Pagina per pazienti: asse ipotalamo-ipofisi
Federica Innaimi
Palermo
L'ipotalamo può essere considerato il centro di coordinamento del sistema endocrino. E' situato alla base del cervello, sotto il terzo ventricolo e appena sopra il chiasma ottico ed è collegato all’ipofisi dal peduncolo ipofisario. Appartiene al sistema nervoso centrale e i suoi neuroni ricevono segnali sia dalle strutture nervose superiori, sia dalle ghiandole del sistema endocrino, che non sono strutture nervose. E’ la sede in cui si verificano le connessioni tra sistema nervoso centrale e sistema endocrino. L'ipotalamo fornisce precisi segnali all’ipofisi, stimolando la produzione e l’ingresso nel sangue degli ormoni ipofisari. In particolare, l’asse ipotalamo-ipofisario agisce direttamente sulle funzioni della tiroide, delle ghiandole surrenaliche e delle gonadi, regolando anche l’ormone della crescita, la prolattina e l'equilibrio idrico.
L'ipotalamo è anche coinvolto in diverse importanti funzioni non endocrine, come la regolazione della temperatura corporea, l'attività del sistema nervoso autonomo e il controllo dell’appetito. L'anatomia e la fornitura di sangue dell'asse ipotalamo-ipofisario sono essenziali per la sua funzione.
L’ipofisi è una ghiandola situata alla base del cranio, nella sella turcica dell’osso sfenoide, in prossimità del chiasma ottico ed è divisa in due lobi: lobo anteriore (adeno-ipofisi) e lobo posteriore (neuro-ipofisi), strutturalmente e funzionalmente diversi. L'ipofisi è accessibile chirurgicamente attraverso la parte posteriore del naso (attraverso l'osso sfenoide).
L’adeno-ipofisi è collegata all’ipotalamo dai vasi sanguigni nel quale vengono immessi gli ormoni ipotalamici che arrivano all’ipofisi e viceversa. Il plesso venoso si svuota nei seni petrosi e poi nella circolazione periferica attraverso le vene giugulari interne. Il sangue venoso nei seni petrosi ha una concentrazione relativamente alta di ormoni ipofisari ed è un sito utile per valutare in casi particolari la funzione ipofisaria, attraverso un cateterismo selettivo (andando a raccogliere direttamente il sangue in quella sede).
La neuro-ipofisi è una struttura nervosa nella quale arrivano direttamente alcune sostanze prodotte dai neuroni dell’ipotalamo, che vengono poi immesse nel circolo sanguigno ed hanno azioni su tutto l’organismo.
Pagina per i pazienti: sindrome di Cushing
Federica Innaimi
Palermo
PANORAMICA
Normalmente, la produzione di cortisolo da parte delle ghiandole surrenali è attentamente controllata dall’ipotalamo e dall’ipofisi. Il cortisolo ha molte funzioni importanti ed è necessario per la vita. Tuttavia, un eccesso di questo ormone ha effetti negativi sul corpo.
La sindrome di Cushing si verifica quando c’è un eccesso di cortisolo, prodotto dalle ghiandole surrenali.
La sindrome di Cushing colpisce circa tre volte di più le donne rispetto agli uomini.
Oggi, tutte le persone possono essere trattate efficacemente, e molte possono essere guarite.
Poiché la sindrome di Cushing è potenzialmente mortale se non trattata, le persone con questa condizione dovrebbero avere cure mediche regolari e seguire da vicino il loro piano di trattamento.
LE CAUSE
La causa è solitamente divisa in due grandi categorie, a seconda che il problema iniziale sia:
- nella “ghiandola ipofisaria”, chiamata comunemente ipofisi;
- nelle “ghiandole surrenali”, che si trovano sopra i reni.
Spesso i pazienti con sindrome di Cushing hanno tumori benigni ipofisari (chiamati adenomi) che producono quantità in eccesso di ACTH, l’ormone che stimola le ghiandole surrenali per la produzione di cortisolo. Questa condizione è chiamata morbo di Cushing, che non dovrebbe essere confuso con la sindrome di Cushing. La maggior parte di questi tumori sono molto piccoli e possono essere difficili da identificare.
Altre cause di livelli alti di ACTH nel sangue sono i tumori non – ipofisari che producono ACTH. Questa forma di sindrome di Cushing è chiamata sindrome di ACTH ectopica. Molti di questi tumori sono localizzati nei polmoni o altrove, soprattutto nel torace.
I SINTOMI
I sintomi derivano da un eccesso di cortisolo. La maggior parte dei pazienti sviluppa almeno alcuni di questi sintomi, e i sintomi in genere peggiorano nel tempo. Tuttavia, i sintomi di ogni persona dipendono da diversi fattori, tra cui:
- il grado e la durata dell’eccesso di cortisolo
- i livelli di altri ormoni surrenalici
- la causa della sindrome di Cushing
Nei pazienti con adenoma surrenalico (tumore benigno), i sintomi possono essere molto lievi nelle persone con più di 50 anni di età.
Aumento di peso: l’aumento progressivo di peso è il sintomo più comune della sindrome di Cushing. Questo aumento di peso di solito colpisce viso, collo, tronco e addome più che gli arti, che diventano sottili. I pazienti spesso sviluppano un volto arrotondato e grasso indietro e alla base del collo, a forma di gibbo.
Cambiamenti di pelle: la pelle tende a diventare sottile, fragile e sensibile alle infezioni e contusioni. Difficilmente le ferite guariscono. Striature ampie di colore rossastro-viola, chiamate strie (smagliature) possono svilupparsi nelle aree dell’aumento di peso (soprattutto all'addome, glutei, cosce).
Irregolarità mestruale: le donne possono avere una varietà di problemi mestruali, periodi mestruali infrequenti o assenti. Spesso hanno difficoltà a restare incinte.
Sintomi da eccesso di androgeni: queste donne possono avere un eccesso di ormoni maschili (androgeni), come ad esempio eccesso di peluria (irsutismo), pelle grassa e acne.
Perdita e debolezza dei muscoli: la sindrome di Cushing prolungata provoca un assottigliamento dei muscoli della parte superiore delle braccia e delle gambe, che diventano sottili e più deboli.
Perdita di massa ossea: assottigliamento delle ossa (osteoporosi), che alla fine provoca fratture delle ossa lunghe, delle costole e delle vertebre.
Intolleranza al glucosio: aumento dei livelli di glucosio del sangue fino al diabete mellito grave.
Ipertensione e malattie cardiovascolari: pressione sanguigna alta, e stress cardiaco.
Sintomi psicologici: oltre la metà di tutti i pazienti con sindrome di Cushing ha sintomi psicologici, che vanno dalla perdita di controllo emotivo, irritabilità e depressione, fino ad attacchi di panico e paranoia. Anche l’insonnia è comune.
Infezioni: il cortisolo inibisce il sistema immunitario, quindi le persone con sindrome di Cushing possono sviluppare infezioni più frequentemente.
Coaguli di sangue: tendono a formarsi coaguli di sangue più facilmente
Calcoli renali: è anche frequente la possibilità della formazione di calcoli renali.
DIAGNOSI
Le persone con questa sindrome saranno sottoposte a test e prove di laboratorio. Le prove di laboratorio sono necessarie per misurare i livelli di cortisolo. Il test può includere una o più delle seguenti operazioni:
- misurazioni di cortisolo nelle urine delle 24 ore
- la misurazione su sangue o saliva per verificare la normale quotidiana ascesa e caduta notturna dei livelli di cortisolo (questo test può richiedere la raccolta di sangue o saliva a mezzanotte).
Determinare la causa
Una volta diagnosticata l'esistenza della sindrome di Cushing, altri test sono usati per determinare la causa della produzione di cortisolo in eccesso. Il tipo e il numero di test consigliati dipenderà dai risultati delle prove preliminari.
Esami del sangue: possono determinare i livelli di cortisolo e ACTH. I livelli di cortisolo e ACTH possono aiutare a distinguere tra le diverse cause della sindrome di Cushing.
Cateterismo dei seni petrosi: prendendo un campione di sangue da questi seni (che sono dei "laghi vascolari", che si trovano al di sotto dell’ipofisi), si possono misurare i livelli di ACTH e distinguere la malattia ipofisaria da quelle forme in cui l’ACTH viene prodotto in una sede ectopica, cioè al di fuori dell'ipofisi. Questa operazione viene eseguita mentre il paziente è sotto anestesia, inserendo un catetere in una vena dell’inguine fino ad arrivare in prossimità dei vasi sanguigni che portano all’ipofisi. I livelli di ACTH nel sangue dai seni petrosi sono confrontati con quelli misurati nel sangue di una vena dell’avambraccio:
- se i livelli di ACTH sono superiori nei seni petrosi è probabile un adenoma ipofisario
- livelli simili in entrambe le posizioni suggeriscono la secrezione di ACTH da un tumore non-ipofisario.
Esami radiologici: la Tomografia Computerizzata o la Risonanza Nucleare Magnetica dei surreni, ipofisi, polmoni e addome possono identificare i tumori.
Scintigrafia: comporta l’iniezione di una sostanza radioattiva, seguita da una serie di immagini corporee. Questo test è utile per l’individuazione di tumori non visibili con le altre indagini radiologiche che causano la sindrome di ACTH ectopico.
TERAPIA
Una volta identificata la causa (quale tumore a livello dell'ipofisi o dei surreni o in altra sede), la sua asportazione chirurgica è il modo più sicuro e veloce di arrivare alla guarigione.
Se l'asportazione non è possibile o non riesce, esistono alcuni farmaci che possono aiutare a tenere la malattia sotto controllo.
È poi indispensabile prendere quei farmaci che tengono sotto controllo la pressione alta, la glicemia alta, l'indebolimento delle ossa e tutte le altre complicazioni della malattia.
Pagina per i pazienti: acromegalia
Federica Innaimi
Palermo
PANORAMICA
È una malattia caratterizzata da un progressivo ingrossamento delle ossa, delle mani, dei piedi e dei lineamenti del viso. E' causata da una prolungata ed eccessiva secrezione dell'ormone della crescita (GH). La causa più comune di acromegalia è un tumore (adenoma) delle cellule che producono il GH, all'interno della ghiandola ipofisaria anteriore. Questi tumori sono sempre benigni.
L'acromegalia è una malattia rara: sono diagnosticati solo tre o quattro casi per milione di persone ogni anno. Si sviluppa in modo molto graduale e non viene riconosciuta se non dopo molti anni.
L’acromegalia può portare a gravi complicazioni se non trattata, tuttavia, la maggior parte dei pazienti può essere trattata con successo.
SINTOMI
L'eccessiva produzione di GH stimola la sovraproduzione di un altro ormone, chiamato insulin-like growth factor-1 (IGF-1), da parte del fegato. IGF-1 stimola la crescita di pelle, tessuto connettivo, cartilagine, ossa, organi, tessuti e altre parti del corpo. Altri sintomi sono causati dalla crescita dell’adenoma ipofisario, che può comprimere strutture vicine, come il chiasma ottico, causando disturbi visivi.
L’ingrossamento delle ossa, delle mani, dei piedi e le modificazioni dei lineamenti del viso sono tra i sintomi più evidenti della malattia.
Il viso e la testa: le caratteristiche del viso (naso, labbra, orecchie e fronte) diventano più ampie e più grandi, si ingrossa la lingua, lo spazio tra i denti aumenta e la mandibola cresce in maniera tale che causa problemi di masticazione. Altri sintomi sono cefalea e irsutismo (eccesso di crescita di peli).
La gola: l’eccessiva crescita dei tessuti molli della gola e delle corde vocali può portare a una voce profonda o apnea nel sonno, una condizione in cui una persona smette di respirare temporaneamente durante il sonno, provocando livelli bassi di ossigeno e l’aumento della pressione arteriosa.
Mani e piedi: l’ingrossamento delle mani e dei piedi spesso costringe i pazienti ad indossare anelli e scarpe di dimensioni più grandi. La crescita eccessiva dei tessuti del polso può portare alla compressione dei nervi delle mani, con conseguente formicolio o dolore alle dita (detta sindrome del tunnel carpale). La sudorazione eccessiva può manifestarsi anche durante il riposo.
Le ossa: la crescita eccessiva delle ossa può danneggiare la cartilagine e causare un'artrosi molto grave, che può richiedere interventi chirurgici di protesi (anca, ginocchio).
I tumori: predisposizione alla formazione di tumori benigni dell'utero (fibromi). I polipi del colon sono più comuni e possono diventare cancerosi se non vengono rimossi chirurgicamente.
Il cuore: alterazioni cardiovascolari causate dall’ingrossamento del muscolo cardiaco ed ipertensione.
Diabete: elevati livelli di glucosio nel sangue sono una caratteristica del paziente acromegalico. Le persone con precedente diagnosi di diabete possono richiedere dosi maggiori di farmaci.
DIAGNOSI
Se si sospetta l'acromegalia, la diagnosi deve essere confermata con la misurazione dei livelli ematici di IGF-1 e/o GH. Il livello di IGF-1 può essere determinato in un singolo campione di sangue prelevato a qualsiasi ora del giorno. Il GH deve essere misurato prendendo diversi campioni di sangue, prima e dopo aver bevuto una soluzione contenente glucosio.
Una volta confermata l’eccessiva secrezione di GH, si effettua la Risonanza Magnetica (RM) per confermare la presenza di un adenoma nella ghiandola ipofisaria
TERAPIA
I pazienti con acromegalia sono trattati per evitare il rischio di conseguenze, anche se non ci sono sintomi evidenti. L'obiettivo della terapia è di abbassare il livello di GH e IGF-1 nel sangue. Se il trattamento avrà successo, si avrà una diminuzione dei sintomi e delle patologie che caratterizzano la malattia, con una migliore qualità della vita.
Ci sono tre forme principali di trattamento: chirurgia, farmaci e radioterapia.
Chirurgia
La chirurgia offre la possibilità di guarigione se il tumore ipofisario può essere completamente rimosso, il che è più probabile nelle persone il cui adenoma non si estende al di fuori dei normali confini della ghiandola ipofisaria. Per questo motivo, la chirurgia è la prima scelta in questa situazione. La chirurgia è anche la prima scelta di trattamento quando l'adenoma non è invasivo.
Viene effettuata chirurgia trans-sfenoidale, attraverso la quale il chirurgo è in grado di visualizzare e rimuovere il tessuto adenomatoso. I neurochirurghi usano un dispositivo dotato di microscopio.
La chirurgia è di solito efficace nel ridurre i livelli di GH, anche se i livelli non sempre tornano alla normalità. La possibilità che i livelli di GH tornino alla normalità dopo l'intervento chirurgico dipende dalle dimensioni dell’adenoma prima dell'intervento: i livelli di GH e IGF-1 torneranno alla normalità in circa l’80 per cento delle persone con adenomi di piccole dimensioni, i cosiddetti microadenomi ipofisari; solo circa il 30 per cento di persone che hanno grandi adenomi, i cosiddetti macroadenomi ipofisari che si estendono oltre la ghiandola ipofisaria, avranno livelli ormonali normali dopo l'intervento chirurgico.
Se l'adenoma viene completamente rimosso, il livello di GH nel sangue rientra nella norma entro poche ore dopo l'intervento chirurgico e il livello di IGF-1 torna alla normalità nel giro di settimane o mesi.
Complicanze gravi sono rare quando la procedura viene eseguita da un neurochirurgo di grande esperienza in chirurgia ipofisaria. La possibilità di complicazioni gravi, come peggioramento della vista, meningite, o perdita nasale di liquido spinale, è inferiore al 5 per cento. La possibilità di danni alla ghiandola ipofisaria è di circa il 7 per cento: può portare a ipoattività della tiroide, delle ghiandole surrenali e delle ovaie nelle donne o dei testicoli negli uomini.
Farmaci
I farmaci disponibili appartengono a tre categorie. Essi agiscono abbassando i livelli ematici di GH o bloccando gli effetti del GH.
Gli analoghi della somatostatina: bloccano l’ipersecrezione ormonale da parte delle cellule tumorali.
- Octreotide (marca: Sandostatina LAR ® e Longastatina LAR ®) viene utilizzato con una iniezione ogni quattro settimane.
- Lanreotide (marca: Ipstyl Autogel ®) viene somministrato ogni quattro settimane per iniezione.
Questi farmaci possono essere utilizzati come trattamento iniziale, specialmente quando un adenoma è troppo grande per essere rimosso completamente con la chirurgia. Possono anche essere usati dopo intervento chirurgico inefficace nelle persone che hanno ancora dopo la chirurgia tessuto adenomatoso residuo e un'elevata concentrazione nel sangue di GH.
Gli analoghi della somatostatina riducono le concentrazioni nel sangue di GH e IGF-1 nella maggior parte dei pazienti con acromegalia, sebbene il ritorno ai livelli normali avvenga in meno della metà dei pazienti. Gli analoghi della somatostatina possono anche ridurre le dimensioni dell’adenoma.
Gli analoghi della somatostatina sono generalmente ben tollerati, ma possono causare effetti collaterali. Gli effetti indesiderati più comuni comprendono dolori addominali, gonfiore e diarrea durante il primo mese di trattamento. Questi sintomi generalmente si risolvono continuando il trattamento. Si sviluppano calcoli biliari in circa il 20 per cento dei pazienti entro i primi sei mesi di trattamento, di solito non richiedono l’interruzione del trattamento, fatta eccezione per la piccola percentuale di persone che soffrono di infiammazione della cistifellea (colecistite).
Antagonista del recettore dell'ormone della crescita: pegvisomant (marca: Somavert ®) blocca gli effetti del GH legandosi al suo recettore, diminuendo di conseguenza la produzione di IGF-1. Può essere impiegato in tutti quei pazienti che dopo l'intervento o la radioterapia presentano ancora valori elevati di GH e di IGF-1 durante il trattamento con gli analoghi della somatostatina o che non tollerano questi farmaci. Viene somministrato tutti i giorni per iniezione. In oltre il 90 per cento dei soggetti che sono trattati con pegvisomant si osserva un abbassamento di IGF-1, che raggiunge la normalità in circa il 70%.
Effetti collaterali: in alcuni casi si verificano alterazioni reversibili della funzionalità epatica (aumento delle transaminasi), per cui devono essere effettuati periodicamente test epatici. Poichè la dimensione dell’adenoma può aumentare durante l'uso di questo farmaco, è consigliata la Risonanza Magnetica una volta all'anno per monitorare le dimensioni del residuo dell'adenoma.
I dopamino-agonisti: possono bloccare la secrezione del GH e, quindi, ridurre i livelli di IGF-1, anche se non sono generalmente efficaci come altre classi di farmaci. Alcuni studi riportano che la cabergolina (marca: Dostinex ®) riduce alla normalità il livello di GH e IGF-1 in un terzo dei pazienti. La bromocriptina (marca: Parlodel ®) è un altro dopamino-agonista, meno efficace e non raccomandato per gli effetti collaterali che può determinare.
Gli effetti collaterali sono rari: i più comuni sono nausea, annebbiamento mentale, disturbi dell'umore, fatica, congestione sinusale, brutti sogni. Gli effetti collaterali, soprattutto nausea, possono essere minimizzati assumendo il farmaco con i pasti o prima di coricarsi e assumendo inizialmente la dose più bassa, aumentandola gradualmente.
Radioterapia
La radioterapia è stata usata per molti anni per il trattamento degli adenomi ipofisari, compresi quelli che producono l'ormone della crescita. La radioterapia è di solito efficace nel bloccare la crescita dell’adenoma e nel diminuire i valori di GH e IGF-1. Tuttavia, la diminuzione della secrezione del GH (e il miglioramento clinico) è molto lenta: anche 10 o 20 anni dopo il trattamento, solo una piccola percentuale di pazienti raggiunge un normale livello nel sangue di GH.
Gli effetti collaterali che si verificano durante o subito dopo il trattamento sono rari e comprendono affaticamento, nausea. Questi problemi di solito si risolvono in poche settimane o mesi dopo il trattamento.
Entro 10 anni dopo il trattamento, circa il 50 per cento dei pazienti trattati con radiazioni all’ipofisi sviluppano una carenza di uno o più ormoni ipofisari, tra cui gli ormoni che controllano la tiroide, le ghiandole surrenali, le ovaie o i testicoli.
GRAVIDANZA E ACROMEGALIA
Poco si sa circa l'interazione tra acromegalia e gravidanza, anche se sembra che le donne di solito sono in grado di portare la gravidanza a termine. Suggerimenti ragionevoli per le donne con acromegalia sono:
- consultare un endocrinologo prima e durante una gravidanza
- monitorare il campo visivo nelle donne con adenoma
- eseguire RM se insorgono nuovi problemi visivi. La RM è generalmente ritenuta sicura per la madre e il feto durante la gravidanza se viene effettuata senza l'utilizzo di gadolinio (mezzo di contrasto) a partire dal quarto mese di gravidanza.
MONITORAGGIO
I pazienti devono essere monitorati durante tutta la vita per garantire che il trattamento sia ottimale e ridurre al minimo il rischio di complicanze della malattia e gli effetti collaterali del trattamento.
I pazienti dovranno valutare se il trattamento migliora i sintomi, come mal di testa, l'allargamento del viso, mani e piedi.
Fino a quando i livelli ematici di GH e IGF-1 non ritornano normali, i pazienti e i loro medici dovrebbero controllare l’apnea notturna.
A causa del rischio di polipi del colon, nei pazienti che continuano a presentare attività di malattia dopo i 50 anni deve essere eseguita periodicamente (ogni due/quattro anni) la colonscopia.
Per valutare la risposta al trattamento, bisogna misurare nel sangue il GH e l'IGF-1: l'obiettivo è raggiungere livelli di GH minori di 2.5 ng/ml, ma soprattutto IGF-1 normale. I livelli di IGF-1 vanno sempre considerati in rapporto all'età e al sesso.
I pazienti con acromegalia possono produrre quantità insufficienti di altri ormoni ipofisari a causa della compressione dell’adenoma ipofisario o a causa di un intervento chirurgico o per la radioterapia. Bisogna quindi controllare, oltre alla prolattina, anche i livelli di ormoni prodotti dalla tiroide, dai surreni e dalle ovaie o testicoli.
Se l’adenoma inizialmente era più grande di 1 cm, è importante controllare con la RM se se il trattamento ne ha diminuito le dimensioni.
Se il trattamento iniziale non ha avuto successo, bisogna prendere in considerazione ulteriori trattamenti.
I pazienti con malattia ben controllata hanno un minor rischio di complicanze.