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Classificazione 2022 dei tumori tiroidei secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità
Francesca Perticone
Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Ospedale San Raffaele, Milano
(aggiornato ad agosto 2024)
Nel 2022 è stata pubblicata dall’OMS la quinta classificazione dei tumori endocrini e neuroendocrini, all’interno della quale la sezione sui tumori tiroidei rappresenta il capitolo più ampio (1). In questa nuova edizione sono stati apportati cambiamenti alla nomenclatura utilizzata per definire diverse proliferazioni tiroidee, con lo scopo di rispecchiare maggiormente la biologia, l’istologia, la patogenesi e il profilo molecolare dei tumori della tiroide. Tali caratteristiche sono, infatti, associate a specifici comportamenti clinici, in termini di diffusione loco-regionale e a distanza, risposta alla terapia radio-metabolica, rischio di recidiva e prognosi. Particolare attenzione è stata data inoltre ad alcuni aspetti istologici e molecolari, che consentono di definire il grado e l’attività proliferativa del tumore, ai fini di agevolare la stratificazione clinica del rischio e la valutazione prognostica.
LESIONI BENIGNE (tabella 1)
La quarta edizione della classificazione OMS delle neoplasie endocrine prevedeva un’unica lesione tiroidea benigna, l’adenoma follicolare. Nella corrente edizione tale lesione è stata meglio caratterizzata e riclassificata in entità distinte, sulla base di specifiche caratteristiche istologiche e del profilo molecolare; è stata inoltre introdotta l’espressione “malattia follicolare nodulare della tiroide” per indicare quei quadri caratterizzati da plurimi noduli, tradizionalmente definiti come “gozzo ” (1).
Tabella 1 Lesioni tiroidee benigne |
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Istologia | Profilo molecolare | |
Malattia follicolare nodulare della tiroide | Lesioni iperplastiche e adenomatose multiple | Frequentemente ma non sempre clonali |
Adenoma follicolare | Neoplasia follicolare incapsulata non invasiva | Frequenti mutazioni di RAS |
Adenoma follicolare con architettura papillare | Adenoma follicolare con crescita papillare centripeta intra-follicolare (non atipie nucleari del PTC) | Associato a mutazioni di TSH-R, GNAS e/o EZH1 (adenomi iperfunzionanti) e DICER1 (non iperfunzionanti) |
Adenoma oncocitico | Adenoma follicolare con > 75% di oncociti | Alterazioni genoma mitocondriale/gene GRIM19, variazioni numero di copie |
Il termine “gozzo multi-nodulare” è ritenuto inaccurato, dal momento che l’architettura dei noduli tiroidei in questi quadri è altamente variabile e include sia formazioni adenomatose che iperplastiche. Si suggerisce pertanto di sostituirlo con l’espressione “malattia follicolare nodulare della tiroide”, a indicare la natura follicolare di proliferazioni che possono presentare o meno crescita clonale, sviluppandosi quindi come adenomi o lesioni iperplastiche. La clonalità di alcune di tali lesioni spiega come possano talvolta presentarsi foci di evoluzione maligna (2).
Per “adenoma follicolare” si intende invece una neoplasia a crescita follicolare, incapsulata e non invasiva.
Secondo la nuova classificazione OMS, un’entità distinta è rappresentata dall’”adenoma follicolare con architettura papillare”, una neoplasia benigna a crescita follicolare, incapsulata e non invasiva, caratterizzata da una crescita papillare centripeta intra-follicolare, più organizzata rispetto al carcinoma papillare della tiroide (PTC) e con cellule prive delle alterazioni tipiche del PTC. Il profilo molecolare di questa neoplasia è differente rispetto all’adenoma follicolare. Mentre nell’adenoma follicolare sono infatti frequenti le mutazioni del gene RAS, gli adenomi follicolari con architettura papillare presentano spesso mutazioni attivanti il TSH-R (fino al 70% dei casi), mutazioni del gene GNAS e/o di EZH1 (3). Tali mutazioni si traducono in attivazione dell’adenil-ciclasi con incremento dell’AMP ciclico intra-cellulare, con conseguente stimolazione della funzione e della proliferazione cellulare. Si tratta, infatti, spesso di adenomi autonomi, determinanti un’iperfunzione tiroidea, caratteristici della sindrome di McCune-Albright (dovuta a mutazioni germinali di GNAS) e del Carney complex (caratterizzato da mutazioni inattivanti di PRKAR1A, che causano anch’esse attivazione costitutiva della via cAMP-protein-chinasi A) (4). Gli adenomi follicolari ad architettura papillare non iperfunzionanti possono invece presentare mutazioni del gene DICER1 e sono stati riportati anche in pazienti con sindrome DICER1 (5). L’associazione con l’iperfunzione tiroidea e con alcune sindromi genetiche rende quindi importante la distinzione clinica di tale entità.
L’”adenoma oncocitico” viene riconosciuto dalla nuova classificazione come lesione distinta, per indentificare quelle lesioni follicolari benigne con percentuale di cellule oncocitarie ≥ 75%. Tali tumori presentano, infatti, un profilo molecolare specifico, caratterizzato da alterazioni del genoma mitocondriale, mutazioni del gene GRIM19 e/o variazioni del numero di copie (presenti in più di un terzo dei casi) (1).
NEOPLASIE A BASSO RISCHIO (tabella 2)
Le neoplasie incluse in questa categoria erano già contemplate e definite nella quarta classificazione OMS del 2017, anche se descritte in capitoli diversi. L’attuale edizione ha ampliato lo spettro delle lesioni a basso rischio, includendo in tale categoria, oltre al NIFTP, anche i tumori a incerto potenziale di malignità e il tumore ialinizzante trabecolare (1). Si tratta di neoplasie con caratteristiche morfologiche e comportamento clinico intermedio tra i tumori benigni e maligni. Pur possedendo, infatti, la potenzialità di sviluppare metastasi linfonodali e a distanza, l’incidenza di tali eventi è estremamente bassa (6).
Tabella 2 Neoplasie tiroidee a basso rischio |
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Istologia | Profilo molecolare | |
Neoplasia tiroidea follicolare non invasiva con aspetti nucleari simil-papillari (NIFTP) | Neoplasia follicolare con caratteristiche nucleari di PTC, non invasione capsulare/vascolare, non sottotipi aggressivi, non corpi psammomatosi, papille < 1% |
Frequenti mutazioni di RAS (per il NIFTP la mutazione BRAF -V600E esclude la diagnosi) |
Tumore tiroideo follicolare a incerto potenziale di malignità (FT-UMP) | Neoplasia follicolare incapsulata con dubbia invasione capsulare/ vascolare (WD-UMP ha caratteristiche nucleari di PTC) | |
Tumore tiroideo ben differenziato a incerto potenziale di malignità (WD-UMP) | ||
Tumore tiroideo ialinizzante trabecolare (HTT) | Architettura trabecolare, caratteristiche nucleari di PTC | Riarrangiamenti gene GLIS |
Il termine NIFTP è stato proposto nel 2016 e i criteri diagnostici sono rimasti invariati rispetto all’edizione del 2017, ma è stato introdotto come criterio di esclusione la presenza della mutazione V600E del gene BRAF. Nell’attuale edizione inoltre possono essere classificati come NIFTP anche tumori del diametro ≤ 1 centimetro e neoplasie con > 75% di cellule oncocitarie (NIFTP oncocitico) (7).
I “tumori a incerto potenziale di malignità (UMP)” sono definiti come neoplasie ben delimitate, per le quali l’invasione capsulare e/o vascolare rimangono dubbie dopo attenta e minuziosa valutazione da parte del patologo. È stata confermata la suddivisione di tali tumori in follicolare (FT-UMP) e ben differenziato (WD-UMP), caratterizzati, rispettivamente, da architettura follicolare e da caratteristiche nucleari cellulari, più o meno pronunciate, simili a quelle del PTC. Nei centri in cui questi termini vengono utilizzati nell’abituale pratica clinica, l’incidenza di tali neoplasie è compresa tra lo 0.5 e il 3% delle tiroidectomie (8). Sia i NIFTP che gli UMP presentano elevata prevalenza di mutazioni del gene RAS (1).
Il “tumore ialinizzante trabecolare (HTT)” è caratterizzato da alterazioni nucleari simili al PTC e da architettura trabecolare, con accumulo di materiale ialino intra-trabecolare come conseguenza della secrezione di una proteina attiva sulla membrana basale. L’HTT presenta specifiche alterazioni molecolari, non identificate in altri tumori tiroidei: non sono comuni, infatti, le mutazioni di RAS e BRAF, mentre è tipica la presenza di riarrangiamenti del gene GLIS (in particolare PAX8::GLIS3 e con minor frequenza PAX8::GLIS1), che portano a incremento nell’espressione di geni correlati alla matrice extra-cellulare (9).
NEOPLASIE MALIGNE (tabella 3)
La nuova classificazione OMS ha apportato importanti modifiche al capitolo delle neoplasie maligne, ai fini di correlare maggiormente la definizione istopatologica dei carcinomi al loro comportamento biologico e clinico (1). Rispetto alla precedente edizione, i cambiamenti principali riguardano:
- l’introduzione di due nuove e distinte entità: la variante follicolare invasiva incapsulata del PTC (IEFV-PTC) e il carcinoma tiroideo differenziato ad alto grado (DHGTC);
- la suddivisione del carcinoma oncocitico (sconsigliato l’utilizzo dell’espressione “a cellule di Hürthle) in tre sottotipi (minimamente invasivo, angio-invasivo e ampiamente invasivo), parimenti a quanto già previsto per il carcinoma follicolare;
- l’abolizione del carcinoma squamoso come entità a sé stante, da considerare invece come sottotipo o particolare aspetto morfologico del carcinoma anaplastico;
- la sostituzione del termine “variante” con “sottotipo”, per definire i diversi possibili aspetti architetturali del PTC;
- l’introduzione di un sistema per la valutazione del grading del carcinoma midollare.
Tabella 3 Neoplasie maligne della tiroide |
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Peculiarità | Profilo molecolare | Caratteristiche cliniche | |
Carcinoma follicolare (FTC) Carcinoma oncocitico (OCA) Variante follicolare incapsulata invasiva del PTC (IEFV-PTC) |
Suddivisione in:
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Frequenti mutazioni del gene RAS |
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Carcinoma papillare (PTC) |
Sottotipi:
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Frequenti mutazioni di BRAF e di altri geni della via MAP-chinasi |
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Carcinoma differenziato ad alto grado (DHGTC) |
Modalità di crescita simile ai carcinomi differenziati Necrosi e/o conta mitotica ≥ 5/2 mm² |
Più frequenti mutazioni di BRAF |
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Carcinoma scarsamente differenziato (PDTC) |
Modalità di crescita solida, trabecolare e/o insulare Necrosi e/o conta mitotica ≥ 3/2 mm² |
Più frequenti mutazioni di RAS | |
Carcinoma anaplastico (ATC)
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Indifferenziato, comprende anche il carcinoma squamoso | BRAF possibile target genetico | Molto aggressivo, rapida prognosi infausta |
Per quanto riguarda il carcinoma follicolare (FTC) rimane la suddivisione, già prevista dalla quarta edizione, in carcinoma minimamente invasivo (con sola invasione capsulare), incapsulato angio-invasivo (definizione ancora controversa in merito al numero di vasi coinvolti) e ampiamente invasivo. Tali tumori sono caratterizzati da una sopravvivenza libera da malattia a 40 mesi molto variabile, rispettivamente del 97% per l’FTC minimamente invasivo, dell’81% per quello angio-invasivo e del 45% per l’FTC ampiamente invasivo (1). I tumori minimamente invasivi sono considerati a basso rischio di recidiva e possono essere trattati con la sola resezione locale, mentre gli FTC con invasione vascolare e/o con ampia invasione nel parenchima circostante richiedono generalmente un approccio terapeutico più aggressivo (es tiroidectomia di completamento, terapia radiometabolica adiuvante) (10). Si tratta, come è noto, di tumori che presentano frequenti mutazioni di RAS, tendono a crescere in modo espansivo, con alterazioni nucleari lievi e tendenza alla disseminazione per via ematogena.
Il carcinoma papillare (PTC) è un tumore a crescita tendenzialmente infiltrativa (occasionalmente anche espansiva e molto raramente confinata in una cisti), con alterazioni nucleari caratteristiche e particolarmente pronunciate, che tende a diffondersi per via linfatica. Le mutazioni più frequenti riguardano geni che coinvolgono la via delle MAP-chinasi, con netta prevalenza per la mutazione V600E di BRAF. Nel 10% dei PTC vi è una mutazione di TERT come secondo evento patogenetico, associato a comportamento clinico più aggressivo. I riarrangiamenti di RET sono un’altra possibile alterazione genetica alla base del PTC, specialmente nei tumori indotti da radiazioni, mentre alterazioni meno comuni sono le fusioni dei geni NTRK. Nella corrente classificazione il PTC è suddiviso in diverse sotto-categorie definite “sottotipi”. Il termine “variante” viene sconsigliato, per maggiore uniformità con le classificazioni di altri tumori e per evitare una possibile confusione con il termine di diagnostica molecolare “variante genetica”:
- il sottotipo classico è caratterizzato dalla crescita in papille;
- il sottotipo follicolare infiltrativo non ha crescita in papille, ma follicolare infiltrativa, con caratteristiche nucleari tipiche del PTC e comportamento clinico simile;
- i sottotipi aggressivi sono:
- il PTC a cellule alte (che nel 90% circa dei casi presenta la mutazione BRAF-V600E);
- il PTC a cellule colonnari;
- il PTC hobnail;
- il PTC sclerosante diffuso, caratterizzato dal coinvolgimento diffuso, uni- o bilaterale, del parenchima tiroideo con infiltrazione linfatica diffusa, densa sclerosi e numerosi corpi psammomatosi (che sono generalmente visibili in ecografia come foci iperecogeni distribuiti diffusamente all’interno del parenchima), spesso in associazione a un quadro di tiroidite cronica;
- il PTC solido/trabecolare può mimare il carcinoma scarsamente differenziato, ma, a differenza di quest’ultimo, non presenta aree di necrosi né alto indice mitotico;
- sottotipi di PTC a impatto prognostico non chiarito:
- PTC classico oncocitico;
- PTC Warthin-like;
- PTC a cellule chiare (raro).
La variante follicolare incapsulata invasiva del PTC (IEFVT-PTC) non è più considerata un sottotipo di PTC, ma un’entità diagnostica distinta, che presenta le caratteristiche nucleari tipiche del PTC, crescita follicolare espansiva e profilo molecolare caratterizzato da mutazioni del gene RAS. La presenza di chiara invasione capsulare lo differenzia dal NIFTP e dal WD-UMP. Si tratta di un tumore che non può chiaramente essere classificato né tra i carcinomi follicolari (per la presenza di alterazioni nucleari caratteristiche del PTC), né tra i carcinomi papillari (per l’associazione con le mutazioni di RAS, la crescita espansiva e il comportamento biologico con tendenza all’invasività locale e alle metastasi per via ematogena) (2). Visto il comportamento analogo agli altri tumori RAS-mutati, anche l’IEFVT-PTC è suddiviso in minimamente invasivo, angio-invasivo e ampiamente invasivo (1).
Il termine carcinoma oncocitico (OCA) deve essere utilizzato per i tumori maligni follicolari composti da almeno il 75% di cellule oncocitarie. L’espressione “carcinoma a cellule di Hürthle” è sconsigliata, dal momento che Hürthle descrisse in realtà le cellule C parafollicolari della tiroide e non le cellule oncocitarie. Non vi sono differenze significative nella classificazione istologica degli OCA rispetto alla quarta edizione OMS, se non la suddivisione (come per l’FTC e l’IEFVT-PTC) in carcinoma minimamente invasivo, angio-invasivo e ampiamente invasivo. I carcinomi oncocitici rappresentano circa il 5% delle neoplasie tiroidee, sono spesso associati a mutazioni del gene RAS e hanno comportamento simile ai carcinomi follicolari. È stata tuttavia segnalata una minore responsività di tali neoplasie alla terapia radiometabolica, fattore che potrebbe rendere più complesso il trattamento di eventuali recidive (11).
L’attuale classificazione OMS si è proposta inoltre di caratterizzare meglio il sottogruppo di tumori tiroidei con prognosi intermedia tra i tumori ben differenziati (a decorso tendenzialmente favorevole) e il carcinoma anaplastico (a rapida evoluzione infausta). Si riconoscono, infatti, nella nuova edizione due tipi di carcinoma di derivazione follicolare, non anaplastico, ad alto grado:
- il carcinoma tiroideo scarsamente differenziato (PDTC) è un carcinoma invasivo che presenta scarsa differenziazione cellulare all’esame istologico. I criteri diagnostici sono la crescita solida, trabecolare e/o insulare e la presenza di necrosi tumorale (segno caratteristico di questi tumori). Se quest’ultima è assente, per differenziare questi tumori dal sottotipo solido/trabecolare del PTC è necessario che la conta mitotica superi almeno le 3 mitosi/2 mm² (si preferisce l’utilizzo dei mm² rispetto ai “campi”, trattandosi di una misura standard con maggiore riproducibilità);
- il carcinoma differenziato ad alto grado (DHGTC), categoria introdotta nell’attuale edizione, si riferisce a quei tumori che conservano ancora chiare caratteristiche di differenziazione cellulare ma elevato indice proliferativo, in termini di necrosi tumorale e di attività mitotica. Presentano modalità di crescita simile a quella dei tumori ben differenziati, per la maggior parte di tipo papillare. Per la diagnosi è necessaria la presenza di necrosi tumorale e/o una conta mitotica ≥ 5 mitosi/2 mm² (2).
Le caratteristiche cliniche ed epidemiologiche dei DHGTC sono simili a quelle dei PDTC: tumori aggressivi, nel 50% dei casi iodio-refrattari, che si manifestano come masse in rapida crescita, con dimensioni generalmente > 4 cm e caratteristiche di alto rischio di recidiva e mortalità (es estesa invasione vascolare, infiltrazione dei tessuti muscolari, invasione peri-neurale, metastasi linfonodali) (12). Rappresentano dall’1 al 6.7% dei carcinomi tiroidei, con maggiore incidenza in Europa e in Sud America. La sopravvivenza a 10 anni specifica per malattia è del 60% per i PDTC e del 56% per i DHGTC (13).
Entrambi i tumori presentano frequenti mutazioni di BRAF, RAS o fusioni dei geni RET o NTRK3; le mutazioni di RAS sono più frequenti nei PDTC e quelle di BRAF maggiormente associate ai DHGTC (2). Si possono inoltre riscontrare seconde mutazioni associate a comportamento più aggressivo, come quelle di TERT, di PIK3CA e di TP53.
Per quanto riguarda il carcinoma anaplastico (ATC), nella corrente edizione viene classificato come tale anche il carcinoma a cellule squamose, che non rappresenta più quindi un’entità separata. Recenti studi multicentrici hanno, infatti, dimostrato che l’atteggiamento e la prognosi di questi tumori sono sovrapponibili. Viene inoltre sottolineata l’importanza per questi tumori di una rapida ricerca della mutazione V600E di BRAF, dal momento che può rappresentare un potenziale obiettivo terapeutico di farmaci inibitori di BRAF e MEK (14).
Una delle principali novità della quinta classificazione OMS dei tumori tiroidei è l’introduzione di un sistema per la valutazione del grading del carcinoma midollare (MTC). Tale sistema è stato validato da due studi indipendenti (e da un successivo studio di coorte) ed è risultato un parametro predittivo di recidiva e di sopravvivenza, indipendentemente da stadio di malattia, dimensioni del tumore, caratteristiche epidemiologiche, livelli di CEA e calcitonina e dalla presenza di mutazione del gene RET (15). Per definire “ad alto grado” un MTC, è necessaria la presenza di almeno uno dei seguenti parametri: necrosi tumorale, conta mitotica ≥ 5 mitosi/2 mm² e/o un indice proliferativo Ki67 ≥ 5%. Negli studi di validazione circa un quarto degli MTC sono risultati ad alto grado.
La quinta classificazione OMS dei tumori tiroidei ha inoltre suddiviso i restanti tumori tiroidei, estremamente rari, in quattro categorie:
- carcinomi intra-tiroidei delle ghiandole salivari (carcinoma muco-epidermoide e carcinoma secretore), con caratteristiche istologiche simili ai tumori delle ghiandole salivari (rispettivamente 48 e 12 casi descritti in letteratura);
- carcinomi tiroidei a incerta istogenesi:
- carcinoma muco-epidermoide sclerosante con eosinofilia (meno di 60 casi descritti, assenza di positività per marcatori espressi dalle cellule follicolari);
- carcinoma tiroideo cribriforme morulare (un tempo classificato come variante del PTC, viene classificato invece come entità distinta per il peculiare profilo molecolare caratterizzato dall’assenza di mutazioni di BRAF e altri geni della via delle MAP-chinasi, con tipiche alterazioni di geni della via Wnt/ß-catenina, come APC; può essere associato con la poliposi adenomatosa familiare);
- tumori timici intra-tiroidei (timoma, tumore epiteliale fusato con elementi simil-timici, carcinoma timico), che si ritengono di provenienza da cellule timiche ectopiche o da residui sulla linea timica di differenziazione embrionale;
- neoplasie tiroidee embrionali (tireoblastoma).
TUMORI FOLLICOLARI CON CARATTERISTICHE NUCLEARI DEL PTC (tabella 4)
Da quanto finora esposto, emerge come sia possibile riconoscere uno spettro di neoplasie tiroidee a crescita follicolare, con caratteristiche dei nuclei cellulari tipiche del PTC (ingrandimento del nucleo, contorni irregolari, distribuzione periferica della cromatina, nucleoplasma chiaro, presenza di pseudo-inclusi citoplasmatici,…), che comprendono forme indolenti (NIFTP, WD-UMP) e forme maligne quali l’IEFV-PTC.
Tabella 4 Neoplasie follicolari della tiroide con caratteristiche nucleari del PTC |
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NIFTP | WD-UMP | IEVF-PTC | |
Invasione capsulare/ vascolare | Assente | Dubbia | Presente |
Metastasi linfonodali | No | No | Rare |
Metastasi a distanza | No | Rare | Frequenti nell’IEVF-PTC ampiamente invasivo |
Approccio terapeutico | Lobectomia e follow-up | Angio-invasivo e ampiamente invasivo richiedono generalmente tiroidectomia + RAI | |
Mutazione BRAF-V600E | Assente | ||
Mutazioni RAS | Frequenti |
Per la diagnosi differenziale è necessaria una minuziosa e accurata valutazione della capsula tumorale, dal momento che l’invasione della stessa identifica le forme maligne, che richiedono approccio terapeutico e follow-up più aggressivi. Sono lesioni capsulate e ben delimitate, associate a mutazioni del gene RAS, che tendono pertanto a crescere in modo espansivo e non presentano tendenza all’invasione linfatica. Le forme maligne (IEVF-PTC) sono angio-invasive e danno metastasi a distanza per via ematogena.
La diagnosi differenziale pre-operatoria (sia ecografica che citologica) di tali neoplasie è molto difficile, dal momento che le caratteristiche morfologiche e cellulari sono sovrapponibili, e le mutazioni del gene RAS si possono riscontrare anche nelle forme benigne, rendendo pertanto spesso necessario l’intervento chirurgico per la valutazione della capsula tumorale.
Per quanto riguarda invece la diagnosi differenziale con altre neoplasie, il NIFTP si distingue dall’adenoma follicolare per le anomalie citologiche, mentre l’IEVF-PTC si distingue dal PTC per la crescita follicolare espansiva. Il sottotipo follicolare infiltrativo del PTC ha invece un comportamento biologico e un profilo molecolare identici al PTC (con crescita infiltrativa, tendenza alle metastasi linfonodali e frequente associazione con le mutazioni di BRAF); si differenzia da quest’ultimo solo per l’assenza di papille e viene pertanto considerato una variante del PTC e non un’entità clinica distinta.
CONCLUSIONI
La quinta edizione della classificazione OMS delle neoplasie tiroidee si differenzia dalle precedente per il maggior rilievo dato all’istopatogenesi e al profilo molecolare, parametri che hanno dimostrato una chiara correlazione con il comportamento biologico e clinico di queste neoplasie. L’introduzione del concetto di “grado”, sia per i tumori differenziati dell’epitelio follicolare che per il carcinoma midollare, consente inoltre di identificare in maniera più accurata quel sottogruppo di tumori tiroidei aggressivi e a prognosi sfavorevole, permettendo al clinico di riconoscerli più rapidamente e di impostare le adeguate terapie e controlli più ravvicinati. Punto cardine di questa nuova classificazione è infatti l’integrazione degli aspetti morfologici e istologici delle neoplasie tiroidee con il profilo molecolare e l’attività proliferativa delle stesse, nell’ottica di produrre uno schema solido, che rispecchi anche gli aspetti clinici di tali neoplasie.
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Anatomia della tiroide e corrispondenza con imaging e chirurgia
Pierpaolo Trimboli
Servizio di Endocrinologia e Diabetologia, Ospedale Israelitico di Roma
ANATOMIA
Forma e posizione
La tiroide è costituita da due lobi laterali, uniti da un istmo mediano. I due lobi hanno forma conica, e si estendono da metà altezza della cartilagine tiroidea fino al quinto anello tracheale. Hanno una lunghezza di circa 3 cm, uno spessore che varia da 0.5 cm dell’apice a 2 cm della base. L’istmo unisce i due lobi in prossimità della loro base, all’altezza dei primi due anelli tracheali. Dal margine superiore dell’istmo può dipartire verso l’alto un prolungamento ghiandolare di lunghezza variabile, che prende il nome di lobo piramidale. Esso rappresenta una testimonianza del percorso compiuto dalla ghiandola durante il suo sviluppo embrionale. Le dimensioni complessive della tiroide variano molto a seconda dell’età e del sesso.
Rapporti
La tiroide è applicata sulla superficie ventrale della laringe e dei primi due anelli tracheali, parzialmente coperta dai muscoli sternocleido-mastoideo, sterno-tiroideo e omoioideo, e dalla fascia cervicale media. La ghiandola si trova all’interno di una guaina fibrosa (guaina tiroidea), attraverso la quale è in contatto con gli organi circostanti. Posteriormente alla guaina tiroidea dipartono tralci connettivali che assicurano l’organo alla laringe (legamento sospensore), alla cartilagine laringea e ai primi anelli tracheali (legamenti laterali interni), e alla guaina che circonda il fascio vascolo-nervoso del collo (legamenti laterali esterni). Posteriormente, il lobo sinistro è inoltre in contatto con il tubo faringo-esofageo, dove decorre il nervo laringeo inferiore. La ghiandola è ricoperta dall’interno all’esterno dalla propria guaina connettivale, dallo spazio pericoloso tiroideo (un intreccio di arterie e vene dell’organo) e dalla guaina peri-tiroidea.
Vasi e nervi
La tiroide è irrorata dalle arterie tiroidee superiori destra e sinistra, rami delle carotidi comuni esterne, e dalle arterie tiroidee inferiori destra e sinistra, rami del tronco tireo-cervicale della succlavia. A volte è presente l’arteria tiroidea ima, ramo dell’arteria brachi-cefalica oppure della carotide comune, che raggiunge dal basso l’istmo. I rami di divisione dell’arteria tiroidea inferiore sono in stretto contatto con il nervo laringeo inferiore (o ricorrente), ramo del nervo vago.
Le vene reflue dal circolo intra-tiroideo formano un plesso nello spazio pericoloso, da cui originano le vene tiroidee superiori destra e sinistra (tributarie della vena giugulare interna omolaterale) e inferiori destra e sinistra (tributarie della vena brachio-cefalica omolaterale).
I vasi linfatici sono tributari della catena giugulare interna (verso l’alto) e dei linfonodi para-tracheali e pre-tracheali (verso il basso).
La tiroide riceve nervi dal simpatico cervicale e dai due nervi laringei del nervo vago.
Figura 1. Rappresentazione di vasi e nervi della tiroide.
Struttura
La ghiandola tiroidea è suddivisa in lobuli, formati da esili tralci che si dipartono dalla capsula connettivale. I vasi e i nervi raggiungono le singole unità funzionali con i tralci connettivali.
Follicoli tiroidei. La tiroide ha una organizzazione follicolare. È costituita infatti da una serie di vescicole (follicoli tiroidei) con una parete (l’epitelio follicolare). L'epitelio follicolare è formata da uno strato singolo di cellule follicolari (o tireociti), e costituisce una cavità all’interno della quale si ritrova un materiale amorfo (colloide). I tireociti sono responsabili della sintesi e immissione in circolo dei due ormoni tiroidei, T3 e T4. Le dimensioni dei follicoli variano molto a seconda dello stato funzionale. In una condizione di ipofunzionalità si riscontrano facilmente macrofollicoli, con una cavità molto dilatata ripiena di colloide. I follicoli con questo atteggiamento non contribuiscono a fornire ormoni circolanti, ma costituiscono una forma di riserva di ormoni. I tireociti sono caratterizzati da una doppia polarità: nella fase di sintesi operano sul lato luminale accumulando colloide, nella fase di immissione ormonale in circolo operano sul versante opposto. Nella prima fase viene prodotta una glicoproteina (tireoglobulina) in parte nel reticolo endoplasmatico e in parte nell’apparato di Golgi. Oltre alla tireoglobulina, le vescicole contengono un enzima ossidativo (perossidasi tiroidea) che ossida gli ioduri che i tireociti captano dal sangue. Nella fase di immissione di ormoni in circolo la membrana cellulare forma estroflessioni che attorniano gocciole di colloide e per fagocitosi le introducono all’interno del tireocita, ricco in questa fase di fagosomi. Con la formazione di complessi di fagolisosomi avviene la scissione degli ormoni tiroidei, e quindi la loro emissione.
Cellule parafollicolari o cellule C. Oltre ai tireociti, la tiroide possiede un altro tipo cellulare (cellule parafollicolari, o cellule C), intercalate tra i tireociti o sparse nell’interstizio tra i follicoli. Sono voluminose cellule a citoplasma chiaro, presenti sulla membrana basale del follicolo, ma sprovviste di una faccia luminale. Queste cellule sono facilmente riconoscibili al microscopio elettronico per la presenza di un reticolo endoplasmatico rugoso meno evidente e di un apparato di Golgi peri-nucleare. Il loro citoplasma contiene numerose vescicole di secrezione. Le cellule C producono la calcitonina, un polipeptide di 32 aminoacidi, accumulato all’interno di vescicole di secrezione insieme a serotonina e somatostatina.
Linfonodi del collo di interesse tiroideo
I linfonodi del collo possono essere classificati, in base alla loro sede, in sei livelli, dall'alto verso il basso. Il VII livello è costituito dai linfonodi del mediastino alto. Tutti i livelli possono essere sede di ripetizione metastatica di tumori a partenza da varie strutture della testa, del collo, dell'addome superiore e del torace (Figura 2). I linfonodi di interesse nella patologia tumorale tiroidea sono principalmente quelli del III e IV omolaterali con il lobo tiroideo sede del tumore primario, e quelli del VI livello (compartimento centrale). Meno frequentemente vengono compromessi anche quelli del V livello (sovraclaveari), omolateralmente con il tumore. Talvolta anche i linfonodi del VII livello possono essere sede di metastasi da tumori differenziati della tiroide. Questi ultimi risultano non valutabili ecograficamente.
Figura 2. Rappresentazione schematica della anatomia dei linfonodi del collo di interesse tiroideo. I livelli interessati da possibili metastasi tiroidee sono, in ordine di frequenza, VI, IV, III, V, II e I. In giallo sono evidenziati gli altri organi in grado di dare metastasi cervicali.
Bibliografia
1. Trattato di Anatomia Umana. Ed. edi-ermes. Cap 13 (vol II).
CORRISPONDENZA TRA ANATOMIA ED ECOGRAFIA TIROIDEA
Sulla base delle conoscenze anatomiche, l’ecografia rappresenta il miglior metodo di valutazione della morfologia tiroidea. La densità ecografica della ghiandola tiroidea si presenta tipicamente superiore (iperecogena) rispetto alle strutture vicine, e questo la rende facilmente visualizzabile (figura 3). La visualizzazione della tiroide consente di valutare le dimensioni dei due lobi e il volume della ghiandola, i suoi profili, l’omogeneità e l’ecogenicità della sua struttura, l'eventuale presenza di noduli palpabili e non.
La tiroide in condizioni normali si presenta con profili regolari, con ecostruttura omogenea ed ecogenicità conservata, cioè come detto iperecogena rispetto alle strutture circostanti. L’omogeneità del tessuto è legata alla normale organizzazione follicolare, mentre l’ecogenicità si associa al normale rapporto tra cellule e colloide.
Figura 3. Corrispondenza fra strutture anatomiche e visualizazione ecografica in sezione trasversa (C = carotide, SI = muscolo sterno-ioideo, ST = muscolo sterno-tiroideo, E = esofago)
Alterazioni ecografiche ghiandolari
Diversi studi hanno dimostrato come un quadro ecografico tiroideo con ecostruttura disomogenea ed ecogenicità ridotta si associ a condizioni di tiroidite cronica e/o ipotiroidismo istologicamente dimostrabili (1-3). In una tiroide con tale aspetto, l’ecostruttura è disomogenea per sofferenza ghiandolare, e l’ecogenicità è ridotta a causa dell’alterato rapporto colloide/cellule a favore delle cellule, in questo caso di tipo infiammatorio. Al contrario, pochi studi hanno analizzato l’associazione tra ecostruttura ed ecogenicità normali e funzione tiroidea. Un recente lavoro, non di popolazione, indica come il 20% circa dei soggetti adulti con tiroide ecograficamente normale presenterebbe un’alterazione biochimica tiroidea (4). Tuttavia, queste alterazioni di laboratorio potrebbero non avere un reale significato clinico, e si può ipotizzare che una tiroide normale all’esame ecografico presenti una normale funzione e negatività sierica di anticorpi anti-tiroidei. Studi basati sulla popolazione sarebbero necessari per chiarire questi aspetti. Per quanto riguarda infine la corrispondenza tra stima ecografica del volume tiroideo e anatomia, non esistono ad oggi studi che abbiano chiarito quale sia il normale volume ghiandolare in un soggetto adulto. Diversi autori riportano invece come in soggetti in età infantile o adolescenziale il volume tiroideo aumenti con l’aumentare dell’età e del peso corporeo.
Classificazione ecografica dei noduli e corrispondenza anatomica
I noduli tiroidei si presentano ecograficamente come lesioni focali, con ecostruttura ed ecogenicità variabili in base alla diversa struttura tissutale. Generalmente i noduli tiroidei possono essere distinti ecograficamente in solidi, isoecogeni o ipoecogeni, misti con quote solide più o meno prevalenti, o anecogeni e privi di aree solide. Questa sommaria classificazione ecografica ha una buona corrispondenza con l’anatomia nodulare solo in alcuni casi.
- Nei noduli isoecogeni, definiti tali perchè l'ecogenicità è non dissimile dal tessuto ghiandolare sano circostante, è conservato il rapporto colloide/cellule.
- I noduli ipoecogeni, definiti tali quando l'ecogenicità è inferiore al tessuto ghiandolare sano circostante, hanno invece un aumento della quota cellulare rispetto alla colloide. La scarsa colloide e l'abbondante cellularità è una caratteristica tipica delle neoplasie tiroidee sia citologicamente che istologicamente.
- Riguardo la struttura nei noduli misti c'è una preponderanza della quoata liquida ed una quota solida variabile mentre i noduli cistici (anecogeni) sono completamente liquidi o quasi.
Gli apparecchi ecografici di ultima generazione permettono la valutazione delle caratteristiche dei margini nodulari. In alcuni casi è possibile evidenziare un'irregolarità dei margini e questo rappresenta una caratteristica ecografica di forte sospetto. Non sono ad oggi disponibili studi che analizzino la corrispondenza istologica di noduli con margini classificati ecograficamente come irregolari (figura 4).
Figura 4. Nodulo tiroideo del lobo sinistro ghiandolare. Il nodulo si presenta all'ecografia solido, ipoecogeno, con margini irregolari (segni di invasione) e lievi cenni di vascolarizzazione. Dopo l'escissione chirurgca si può notare la corrispondenza del quadro ecografico con la valutazione macroscopica dell'irregolarità dei margini nodulari.
Bibliografia
- Rago T, Chiovato L, Grasso L, et al. Thyroid ultrasonography as a tool for detecting thyroid autoimmune diseases and predicting thyroid disfunction in apparently healthy subjects. J Endocrinol Invest 2001, 24: 763-9.
- Marcocci C, Vitti P, Cetani F, et al. Thyroid ultrasonography helps to identify patients with diffuse lymphocytic thyroiditis who are prone to develop hypothyroidism. J Clin Endocrinol Metab 1991, 72: 209-13.
- Rago T, Di Coscio G, Ugolini C, et al. Clinical features of thyroid autoimmunity are associated with thyroiditis on histology and are not predictive of malignancy in 570 patients with indeterminate nodules on cytology who had a thyroidectomy. Clin Endocrinol (Oxf) 2007, 67: 363-9.
- Trimboli P, Rossi F, Thorel F, et al. One in five subjects with normal thyroid ultrasonography has altered thyroid tests. Endocr J 2012, 59: 137-43.