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Giorgio Borretta, Endocrinologo, Ospedale S. Croce e Carle, Cuneo
Giusi Beretta Anguissola, Endocrinologo, Campus Biomedico, Roma
Daniela Bosco, Endocrinologo, Ospedale S. Giovanni, Roma
Roberto Cesareo, Endocrinologo, Ospedale S. Maria Goretti, Latina
Vincenzo Fiore, Endocrinologo, Ospedale Civile di Tivoli
G. Mancini, Endocrinologo, Ospedale Civile di Palestrina
Laura Mallardo, Endocrinologo, Ospedale S. Pertini, Roma
Sergio Mariani, Endocrinologo, Ospedale S. Spirito, Roma
Giuseppe Monti, Endocrinologo, Ospedale Sant’Andrea, Roma
Andrea Palermo, Endocrinologo, Campus Biomedico, Roma
Gregorio Reda, Endocrinologo, Ospedale S. Pertini, Roma
R. Tozzi, Fisiatra, Ospedale S. Maria Goretti, Latina
Michele Zini, Endocrinologo, Arcispedale A. Maria Nuova, Reggio Emilia

 

COSA È L’OSTEOPOROSI?

L’osteoporosi è una malattia dello scheletro caratterizzata da alterazioni qualitative e quantitative della massa ossea, che predispongono l’osso stesso a un aumentato rischio di fratture. Questa malattia interessa soprattutto le ossa sottoposte a maggior carico, cioè le vertebre, il femore, le ossa del polso e le coste.
Sono considerate primitive le forme di osteoporosi che compaiono dopo la menopausa e con l’avanzare della età, secondarie quelle determinate da un ampio numero di patologie e farmaci.
L’osteoporosi è una malattia di rilevanza sociale. La sua incidenza aumenta con l’età e interessa la maggior parte della popolazione oltre l’ottava decade di vita.
Le fratture osteoporotiche rappresentano una delle maggiori cause di mortalità tra gli anziani.

 

COME SI MANIFESTA L’OSTEOPOROSI?

L’osteoporosi è una malattia insidiosa, perchè decorre per lungo tempo senza che ci siano segni clinici o sintomi rilevanti.
Tra le manifestazioni cliniche più importanti ricordiamo:

  • dolore osseo acuto, che può essere la spia di una frattura ossea (soprattutto vertebrale);
  • dolore cronico persistente, che tende a peggiorare con la stazione eretta prolungata o con l’attività fisica;
  • riduzione della statura (quando superiore a 4 cm è indice di osteoporosi di grado severo);
  • modificazioni della postura e atteggiamento cifotico della colonna.

 

QUALI SONO I FATTORI DI RISCHIO PER L’OSTEOPOROSI?

Il 30% del rischio di osteoporosi è rappresentato da fattori genetici, il rimanente 70% è riconducibile a fattori ambientali, sui quali si può intervenire tramite opera di prevenzione e informazione.
Tra i più importanti fattori di rischio ricordiamo:

  • età
  • sesso femminile
  • menopausa precoce
  • inadeguata assunzione di calcio e vitamina D
  • familiarità per fratture osteoporotiche
  • immobilizzazione prolungata a letto
  • malattia della tiroide o delle paratiroidi
  • insufficienza renale
  • malassorbimento
  • magrezza (BMI < 19)
  • fumo
  • abuso di alcool
  • farmaci (soprattutto cortisone)

 

OSTEOPOROSI SECONDARIA

L’osteoporosi secondaria va sempre distinta da quella post-menopausale o senile.
Le cause di osteoporosi secondaria più comuni sono:

  • endocrine: ipogonadismo, ipertiroidismo, ipercortisolismo, iperparatiroidismo, diabete mellito
  • nutrizionali: malattia celiaca, carenza di vitamina D, sindromi da malassorbimento
  • farmaci: cortisone, ormoni tiroidei, eparina, anti-epilettici, GnRH-agonisti, diuretici dell’ansa, ciclosporina, inibitori dell’aromatasi, chemioterapici
  • malattie renali
  • altre: artrite reumatoide e altre patologie reumatiche, trapianti d’organo, mieloma, anoressia.

 

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

L’esclusione di forme secondarie può essere fatta con pochi esami di primo livello: emocromo, VES, protidemia frazionata, calcio, fosforo, fosfatasi alcalina totale, creatinina, calciuria nelle 24 h.
Le forme di osteoporosi secondaria comportano percorsi diagnostici specifici, con esami di II livello: calcio ionizzato, TSH, PTH, 25OH-vitamina D, cortisolo libero urinario, testosterone, immunofissazione sierica e/o urinaria, anticorpi anti-transglutaminasi, esami specifici per patologie associate.
Almeno nei soggetti anziani, visto l'alto tasso di carenza di vitamina D, il dosaggio della vitamina D andrebbe inserito tra gli esami di primo livello.

 

COME SI FA LA DIAGNOSI DI OSTEOPOROSI?

Oltre all’esame clinico e agli esami di laboratorio, il miglior modo di identificare i pazienti a rischio elevato di osteoporosi è la valutazione qualitativa e quantitativa della densità ossea tramite i seguenti esami strumentali.

 

Densitometria ossea (DEXA)
È a tutt’oggi l’esame di riferimento per la diagnosi di osteoporosi, in quanto in grado di quantificare la riduzione della massa ossea e valutare nel tempo l’efficacia del trattamento.
Il parametro di elezione per la diagnosi di osteoporosi secondo i criteri OMS è una Bone Mineral Density (BMD) con valore di T-score < - 2.5 misurata con tecnica DEXA.
L’esame è rapido, indolore e comporta una irrilevante esposizione radiante. La DEXA va eseguita in tutte le donne dopo i 65 anni di età, ma in presenza di fattori di rischio va anticipata nelle donne e eseguita anche nei maschi. L’esame è eseguito a livello della colonna lombare e del femore, e in casi particolari a livello dell’avambraccio. La sua ripetizione è raramente giustificata a intervalli inferiori ai 2 anni. Densitometri di ultima generazione sono anche in grado di rilevare parametri dell'osso di tipo qualitativo, finalizzati alla valutazione della microarchitettura dell'osso e che pertanto forniscono dati aggiuntivi alla valutazione del rischio di frattura.

 

Ultrasonografia ossea (QUS)
Fornisce parametri che sono indici indiretti di massa e integrità strutturale dell’osso, misurati a livello del calcagno e delle falangi. Il suo utilizzo è complementare alla densitometria ossea (DEXA).

 

Rx colonna vertebrale
Permette lo studio morfometrico delle vertebre. Tale esame, inutile per porre diagnosi di osteoporosi, è fondamentale quando abbiamo il sospetto che il paziente possa avere una frattura vertebrale. Il tratto della colonna vertebrale che deve essere valutato è quello dorso-lombo-sacrale.

 

COME SI PREVIENE L’OSTEOPOROSI?

La prevenzione è possibile e si effettua correggendo i fattori di rischio.

Astensione dal fumo e dall’alcool.

Attività fisica continuativa, al fine di prevenire il rischio di cadute e fratture: camminare per più di 30 minuti al giorno oppure attività fisica personalizzata, tesa al rinforzo muscolare e alla rieducazione all’equilibrio e alla deambulazione.

Adeguato apporto di calcio: il fabbisogno di calcio quotidiano varia a seconda delle varie età della vita come si vede nella tabella.

 

Necessità di calcio
1-5 anni 800 mg/die
6-10 anni 800-1200 mg/die
11-24 anni 1200-1500 mg/die
25-50 anni 1000 mg/die
Gravidanza e allattamento 1200-1500 mg/die
Donne post-menopausa in trattamento estrogenico
Uomini di 50-65 anni
1000 mg/die
Donne post-menopausa senza trattamento estrogenico
Uomini oltre i 65 anni
1500 mg/die

 

 

Contenuto medio di calcio in alcuni alimenti
Alimento mg Ca/100 g alimento
Formaggi a lunga stagionatura (grana, emmenthal) 900-1100
Formaggi a media stagionatura (taleggio, fontina, provolone) 600-900
Formaggi frechi (ricotta, mozzarella, robiola) 400-600
Pesce azzurro 350
Rucola 300
Mandorle, noci, nocciole 250-300
Cavoli, rape, verze, fagioli 250
Gamberetti 120
Latte e yogurth (intero e magro) 100-120
Spinaci, broccoli 80-100

 

Adeguato apporto di vitamina D (indispensabile all’ assorbimento del calcio). La vitamina D è prodotta dal nostro organismo dopo sufficiente esposizione alla luce solare (almeno mezz’ora ogni giorno) ed è assunta in minor misura con gli alimenti.

 

Contenuto medio di vitamina D in alcuni alimenti
Alimento UI di vitamina D/porzione
Olio di fegato di merluzzo 1360/cucchiaio
Salmone grigliato 360/100 g
Sgombro grigliato 345/100 g
Sardine in scatola 250/50 g
Tonno in olio 200/85 g
Uovo 20/tuorlo
Formaggio svizzero 12/30 g

 

Qualora l’apporto di calcio e vitamina D sia insufficiente, è necessaria una supplementazione farmacologica. Le dosi di calcio vanno commisurate al grado di carenza alimentare e in genere oscillano tra i 500-1000 mg al giorno. È sempre utile una supplementazione con 800-1000 UI/die di vitamina D.
Un adeguato apporto di calcio e vitamina D rappresenta la premessa per qualsiasi trattamento farmacologico specifico. La carenza di calcio e vitamina D è la causa più comune di mancata risposta alla terapia farmacologica dell’osteoporosi.

 

QUALE ATTIVITÀ FISICA?

Nelle persone anziane la forza muscolare si riduce dal 2 al 4% ogni anno, a partire dalla sesta decade. Questo è dovuto alla riduzione sia della massa muscolare che delle dimensioni e del numero di fibre e di cellule nervose nel midollo spinale. Dopo gli 80 anni la riduzione della forza muscolare è inoltre associata a un graduale aumento delle limitazioni funzionali e della frequenza di cadute.
L'attività fisica, migliorando la forza muscolare, è efficace nella prevenzione dell'osteoporosi e delle cadute.
Negli anziani è controindicata un'attività fisica a elevato impatto, come la corsa o i salti, perché può provocare dolore articolare, fratture da stress e danni della cartilagine articolare. È consigliabile quindi praticare attività con basso o moderato impatto di carico come il cammino e gli esercizi di resistenza (sollevare e abbassare un carico leggero per più ripetizioni). Le continue contrazioni muscolari e le sollecitazioni dei tendini stimolano l’aumento della densità dell’osso. Negli anziani anche un’attività moderata, come una passeggiata, viene attualmente considerata valida nella prevenzione dell’osteoporosi e delle fratture. Camminare per più di 30 minuti al dì svolge un’azione positiva, aumentando la destrezza e riducendo il rischio di cadute.
È opportuno sottolineare che, con caratteristiche e obiettivi diversi, l’attività fisica è indispensabile in ogni età al fine di prevenire l’insorgenza dell’osteoporosi.

Attività fisica adattata all’età
Nei bambini e in età giovanile, dove è necessario il raggiungimento del massimo picco di massa ossea, è consigliabile un’attività sportiva regolare, preferibilmente in carico e con un impatto importante (calcio, basket, atletica leggera, pallavolo, …).
Nella prima età post-menopausale e nelle donne in pre-menopausa si devono creare i presupposti per un mantenimento o una minore riduzione possibile della massa ossea, incoraggiando una regolare attività fisica, personalizzando la tipologia degli esercizi.
Nelle persone anziane l'attività fisica ha come obiettivi la prevenzione delle cadute, il miglioramento dell’agilità, dell’equilibrio e della coordinazione.A volte l’anziano può trovare beneficio da attività collettive come la danza che, oltre a migliorare la forza muscolare e la capacità aerobica, può svolgere un ruolo determinante nel migliorare l’equilibrio e la coordinazione, prevenendo le cadute, costituendo anche un’alternativa per quei soggetti non adatti a praticare esercizi di rinforzo muscolare.

 

TERAPIA FARMACOLOGICA

A tutt’oggi sono in commercio numerosi farmaci in grado di arrestare l’evoluzione della malattia e di ridurre, in particolare, il rischio di fratture vertebrali, non vertebrali e di femore.
Esula tuttavia dallo scopo di questa trattazione la descrizione di tali farmaci e per essi si rimanda ad un confronto con lo specialista di fiducia esperto in patologie osteometaboliche.

 

CONCLUSIONI

L’approccio moderno al paziente con osteoporosi, accanto alla valutazione dei valori densitometrici, pone particolare attenzione alla valutazione dei fattori di rischio. Il peso di tali fattori, valutato singolarmente e/o in associazione, può aumentare considerevolmente il rischio fratturativo a 10 anni e rendere giustificabile una terapia farmacologica prescindendo, in alcuni casi, dalla valutazione densitometrica.